Sabino Cassese e Giorgio Napolitano
Noi, come i lettori ben sanno, siamo fervidi ammiratori del professor Sabino Cassese da Atripalda (Avellino), giudice costituzionale emerito ed ex tantissime altre cose. E ci rallegra vederlo apparire nelle tv (ultimamente collegato da casa con le cuffiette da teenager per evitare il contagio che prende di mira soprattutto i suoi coetanei), sempre arzillo e combattivo alla veneranda età di 85 anni, sempre teso al bene comune. Inteso, si capisce, come il bene suo e del suo cenacolo di allievi, che negli anni ha sparso dappertutto nella PA con la pervasività della mucillagine. Ai tempi belli dell’Italia e di Cassese, non c’era governo che, per ministri, viceministri, sottosegretari, capi di gabinetto, direttori generali, capuffici legislativi, comitati di saggi e saggetti, non attingesse a piene mani dal pescoso laghetto denominato, sulle carte topografiche, “Allievidicassese”. Una volta era per la trota Giulio Napolitano (incidentalmente figlio di Re Giorgio), una per la tinca Bernardo Giorgio Mattarella (casualmente figlio del più illustre Sergio), un’altra per la triglia Giacinto della Cananea (nominato nell’aprile 2018 dal povero Di Maio, via Colle, “saggio” per la ricerca di compatibilità fra i programmi di M5S e Pd e giunto invece alla terrificante conclusione che i programmi più compatibili erano quelli di Pd e Lega).
Il record di allievidicassese si raggiunse nei tre governi di larghe intese – Monti, Letta e Innominabile – usciti dal cilindro di Re Giorgio e del suo tigellino Sabino, che ha sempre avuto una predilezione per il ministero della PA (già Funzione pubblica, poi Semplificazione burocratica): prima ne fu titolare nel governo Ciampi (1993-’94), poi lo controllò con gli allievidicassese che facevano da balie asciutte ai ministri pro tempore, ultima l’ineffabile Madia. Il che rende umoristiche le sue filippiche contro la burocrazia che asfissia l’Italia per colpa di Conte, visto che lui e la sua progenie hanno avuto 30 anni per disboscarla. Ma ciò che più lo inquieta, ultimamente, è il “golpe di Conte” che, fra decreti legge e dpcm, avrebbe calpestato e “dimenticato la Costituzione”. Un’accusa gravissima anche per il presidente della Repubblica che i dpcm ha concordato e i decreti ha firmato. Ma anche esilarante, visto che quattro anni fa il Cassese disprezzava la Carta al punto da volerla stravolgere, da uomo-sandwich della scombiccherata controriforma renziana, scritta a quattro piedi da Boschi&Verdini. Dopodiché propose di commissariare la sindaca Raggi con un non meglio precisato “gestore” perché non l’aveva scelta lui, ma il lurido popolo romano.
Attaccò i giallo-verdi perché osavano nominare chi pareva a loro e non a lui, o perché insidiavano il dogma dell’infallibilità di Bankitalia in base al bizzarro concetto di una “democrazia ridotta a elezioni” (anziché a lezioni: le sue). E si batteva come un leone, dopo il crollo del ponte Morandi, in difesa di Autostrade Spa che gli aveva garantito un bel posto in Cda con allegati 700mila euro. Ma nessuno, nelle copiose ospitate televisive e nelle quotidiane interviste qua e là, osa mai rammentargli i suoi trascorsi. Anzi, gli intervistatori lo trattano come l’oracolo di Delfi: mani giunte, sguardo estatico e boccuccia a cul di gallina. Ieri, per dire, l’anziano stalker pontificava sul Giornale contro il premier e il governo che, non essendo allievidicassese, sono “improvvisati” e “procedono per continui aggiustamenti”. A chi obiettasse che così fan tutti i governi del mondo, Cassese risponderebbe che lui è molto meglio di Conte e Mattarella: sa tutto, sul virus e sul da farsi. Il Genio di Atripalda non gradisce neppure che Conte parli agli italiani, come del resto tutti i capi di governo del mondo. All’inizio della pandemia, disse in tv che avrebbe preferito “far parlare il ministro della Salute”. Ma Conte, incurante, perseverò. E ora l’Emerito Irpino gli rimprovera di “usare strumenti sbagliati” (tipo la voce e il microfono) e soprattutto di non essere “la cancelliera tedesca” (che inopinatamente parla ai tedeschi pur non essendo il ministro della Salute), candidandosi anche a nuovo Casalino. Già che c’è, si crede pure il Csm e dà una lezione alle Procure che osano indagare sui morti ammazzati nelle Rsa: guai a “tornare alla Repubblica giudiziaria, all’Etat de justice che si sostituisce all’Etat de droit, su cui lo storico francese Jacques Krynen ha scritto tre importanti volumi”, dunque i pm prendano buona nota. Quanto ai politici, dovrebbero avere “idee, progetti, menti. Ma non ne vedo in giro”, a parte se stesso, si capisce.
A leggere parole così sconsolate e a vederlo così imbronciato e malmostoso, come il vecchietto dei western che sputacchia per terra bestemmiando mentre raccoglie nelle casse di legno i cadaveri della sfida all’Ok Corral, noi fan restiamo un po’ male. Il buonumore è fondamentale per gli anticorpi, soprattutto a un’età a rischio come la sua. Quindi Conte faccia qualcosa per restituire il sorriso all’emerito stalker. Trovi un posticino a lui o a un suo allievo in una delle sue numerose task force, o magari nella prossima. Basta poco per farlo contento. Appena si accomoda in poltrona, si ammansisce subito: non disturba, non sporca, dove lo metti sta.