lunedì 25 aprile 2011

"Mauro aveva capito che a Trapani insabbiavano le indagini sulla mafia".


Chicca Roveri, compagna di Mauro Rostagno: "Mauro aveva scoperto che c'era un verminaio che proteggeva i colletti bianchi".
di Gianfranco Criscenti

Mauro Rostagno aveva capito che a Trapani c’era un "verminaio" capace di insabbiare le indagini sulla mafia che avrebbero potuto arrivare ai colletti bianchi. Il giornalista e sociologo assassinato a Lenzi, vicino Trapani, il 26 settembre 1988, appuntò nomi e cognomi dei soggetti che componevano quel "verminalio", li mise nero su bianco su alcuni fogli, scoperti nel 1996 dalla compagna Chicca Roveri e consegnati agli investigatori.In testa a quegli appunti c’è il nome di Antonio Coci, il procuratore della Repubblica di Trapani dell’epoca. «I ragionamenti che Mauro faceva erano tosti», ha detto oggi Chicca Roveri in Corte di Assise, durante il controesame del collegio di difesa. In quegli appunti, Mauro Rostagno ha annotato di «carte ferme da 2 anni», di indagini bloccate, come quella sulla raffineria di eroina scoperta ad Alcamo nel 1985 e sulla loggia massonica copertaScontrino.

«Mauro muore perchè ha capito quello che c’era a Trapani» ha detto la Roveri. Ed una conferma sull’inquietante commistione tra istituzioni e mafia, l’avrebbe avuta, pochi mesi prima di essere ucciso, in un incontro con il procuratore di Marsala Paolo Borsellino.
Per la Roveri, «il fatto che per 8 anni nessuno ha mai indagato sulla mafia, come pure le difficoltà incontrate per arrivare a questo processo, dimostrano cosa è, ancor’oggi, Trapani».

Anche in quest’ultima udienza, è emerso che le indagini dei carabinieri non sarebbero state per nulla limpide: «il brigadiere Beniamino Cannas (lo stesso sottufficiale che non ricordava di un’informativa in cui Rostagno riferiva dell’incontro tra il boss Mariano Agate e Licio Gelli, ndr) - ha spiegato la Roveri - si mostrava amico di Mauro per poi scrivere una serie di falsità, come quella che il mio compagno difendeva l’onorevole Francesco Canino (oggi sotto processo per mafia, ndr), quanto è notorio che lo ha sempre accusato e duramente criticato».

http://www.iquadernidelora.it/articolo.php?id=211


Pacco bomba a casa Ciancimino, sullo sfondo appare l'ombra di un "puparo".


Tre candelotti recapitati nella casa di via Torrearsa a Palermo la settimana scorsa. Il figlio del sindaco li avrebbe "bagnati" con l'acqua e seppelliti in giardino, dove gli artificieri e i tecnici della polizia scientifica li hanno ritrovati questo pomeriggio. "Non ho falsificato io il pizzino di mio padre" ha aggiunto in lacrime durante l'interrogatorio
di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza

Massimo CianciminoL’unica certezza e’ l’esplosivo, tre candelotti di tritolo collegati a due detonatori attraverso altrettanti cavi, definito dagli artificieri ‘’serio’’, di ‘’pericolosita’ medio alta’’ e spuntato oggi alla fine di una giornata ricca di colpi di scena con l’effetto di proiettare improvvisamente un’ombra pesante sull’intera vicenda che ruota attorno al superteste della trattativa tra mafia e Stato. Lo hanno trovato questo pomeriggio i tecnici della polizia scientifica di Palermo nel giardino dell’appartamento di Massimo Ciancimino, in via Torrearsa, a due passi dalla centralissima piazza Politeama seguendo le indicazioni fornite dal figlio di don Vito, interrogato nel primo pomeriggio nel carcere di Parma dai pm della Dda di Palermo Antonio Ingroia, Nino Di Matteo e Paolo Guido.

Tra lacrime, pianti e singhiozzi il giovane Ciancimino ha negato di avere falsificato il documento attribuito al padre che colloca Gianni De Gennaro tra gli investigatori collusi di un ipotetico ‘quarto livello’, motivo per il quale e’ finito nel carcere di Parma per calunnia pluriaggravata. Non e’ stato lui, Massimo, a falsificare quel documento, ne’ ha idea di chi possa averlo fatto, né in quale periodo. "Ho presentato tantissimi documenti – ha detto - di moltissimi non conosco l'origine". E improvvisamente, a sorpresa, ha tirato fuori la rivelazione: ‘’Qualcuno – ha detto ai pm - nei giorni scorsi ha citofonato a casa mia e mi ha detto: c’e’ una cosa per lei che questa volta potra’ aprire, la prossima volta forse no’’. Lui si e’ spaventato, ha aspettato un poco di tempo, poi e’ uscito e ha trovato un pacco nel portone. Non sapendo che fare, ci ha buttato dell' acqua sopra con la doccetta del giardino, e siccome non voleva farlo vedere alla moglie, per non farla spaventare, l’ha lasciato nel suo giardinetto. Poi e’ partito con la famiglia per le vacanze pasquali, diretto in Francia.

Se la giustificazione del falso documento ‘’l’ho trovato tra le carte di mio padre’’Casa Ciancimino in via Torrearsanon ha convinto per nulla i magistrati, ancor meno, a parte il ritrovamento dell’ordigno, e’ apparso il racconto dei candelotti di esplosivo. Ciancimino jr lo legge come l’ennesima minaccia recapitatagli a casa, ma, i pm sono perplessi e attribuiscono al suo racconto una ‘’parziale credibilita’’’. Lo scopo della minaccia e’ tutto da scoprire, cosi’ come bisogna chiarire perche’ su un fatto cosi’ grave Massimo Ciancimino, prontissimo in passato a denunciare ogni segnale intimidatorio ricevuto, questa volta abbia taciuto. ‘’Per paura’’, si giustifica lui. Insomma, alla fine dell’interrogatorio durato quasi tre ore, la versione di Ciancimino jr fa acqua da tutti i lati. E riferendosi alle sue giustificazioni sul documento taroccato, i pm alla fine sono pure sbottati: ‘’Se continua cosi, gli hanno detto, lei non si fa aiutare’’.

E per la prima volta si e’ rafforzato il sospetto che dietro l’evoluzione delle sue dichiarazioni ci sia un regista, qualcuno che Ciancimino forse protegge, un ‘’puparo’’ che muove i fili di un testimone-karaoke, che reciterebbe testi non suoi. Per il procuratore aggiunto Antonio Ingroia, questa ‘’e’ un’ipotesi che non si può scartare". Il caso Ciancimino ha provocato reazioni anche in politica, e se Cicchitto e Gasparri ne approfittano, ancora una volta per attaccare i magistrati (‘’la procura di Palermo vuole continuare a gestirlo in proprio’’, dice Cicchitto), per il senatore dell’Idv Luigi Ligotti "capire per chi e per cosa Ciancimino abbia scientificamente mischiato falsità e menzogne rappresenta la risposta agli interrogativi sullo stragismo e sulla trattativa’’. Al processo Mori, martedi prossimo, salta la sua deposizione. Subito dopo Pasqua, Ciancimino sara’ tradotto da Parma a Palermo, nel frattempo il fermo verra’ convalidato dai giudici di Parma, poi gli atti verranno trasmessi nel capoluogo siciliano. E adesso come si comporteranno i pm di Palermo? Aspettiamo di vedere la convalida, dicono, e poi decideremo se riconvocarlo.

http://www.iquadernidelora.it/articolo.php?id=221


Napolitano: la Costituzione non si tocca.



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NAPOLITANO, LA COSTITUZIONE NON SI DISCUTE
Forte richiamo al rispetto della Carta Costituzionale da parte del Capo dello Stato, che a chiusura del suo discorso all'Altare della Patria ha dichiarato: «Si proceda alle riforme considerate mature e necessarie, come in questi anni ho sempre auspicato; lo si faccia con la serietà che è doverosa e senza mettere in forse punti di riferimento essenziali, in cui tutti possono riconoscersi». «Senza mettere in forse - ha aggiunto - quei principi e quella sintesi, così comprensiva e limpida, dei diritti di libertà, dei diritti e dei doveri civili, sociali e politici, che la Costituzione ha nella sua prima parte sancito».

NAPOLITANO, NON PREVALGA CIECO E ACCESO SCONTRO, TENERE FERMO CIÒ CHE CI UNISCE NONOSTANTE CLIMA ELETTORALE
«Non facciamo prevalere il cieco e acceso scontro» nonostante ci sia già un clima elettorale. Bisogna tenere fermo ciò che ci unisce e che ci tiene uniti come italiani. È questo l'appello che arriva dal capo dello Stato Giorgio Napolitano durante la cerimonia per il 25 aprile.

NAPOLITANO,SERVE NUOVO SENSO RESPONSABILITÀ NAZIONE
«La difficoltà delle sfide di oggi e del futuro richiedono nuovo senso di responsabilità nazionale, una rinnovata capacità di coesione nel libero confronto delle posizioni alla ricerca di ogni terreno di convergenza». Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo intervento all'Altare della Patria in occasione della cerimonia per il 25 aprile.


NAPOLITANO,RESISTENZA HA RECUPERATO VALORI NASCITA D'ITALIA
Il periodo della Resistenza ha recuperato quei valori di «libertà, indipendenza e unità» che sono alla base della nascita della nazione italiana 150 anni fa. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano alla cerimonia del 25 aprile all'Altare della Patria. «Ci sono - ha detto Napolitano - punti di contatto evidenti nonostante la distanza e le diversità tra i due momenti della lotta alla liberazione e la nascita dell'Italia 150 anni fa. Le forze migliori della nostra storia diedero libertà, indipendenza e unità, valori che furono recuperati nella Resistenza con il recupero della nostra libertà negata dal fascismo, dell'indipendenza negata dal nazifascismo e dell'unità recuperata dopo la divisione in due del paese nel conflitto».

MARONI A NAPOLITANO: GRAZIE DI COLTIVARE MEMORIA COMUNE
«Grazie per aver coltivato una memoria comune». Lo ha detto il ministro dell'Interno Roberto Maroni, rivolgendosi al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, parlando all'altare della patria in occasione della festa della Liberazione.
Il «lavoro della memoria nella celebrazione del 25 aprile è prezioso e importante», perchè si tratta di una «data che segna al conclusione di un dramma», «scia di sofferenze del popolo itailano», un «passaggio decisivo», un «punto di arrivo di una vicenda dolorosa» e «un punto di partenza della ricostruzione della nostra democrazia». È un passaggio del discorso del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, all'altare della patria in occasione della festa della Liberazione.

LA RUSSA FISCHIATO ALL'ALTARE DELLA PATRIA
Il ministro della Difesa Ignazio La Russa è stato fischiato da alcuni cittadini che assistevano alle celebrazioni del 25 aprile all'Altare della patria. Quando il ministro ha preso la parola per fare il suo intervento alla cerimonia si sono levati alcuni fischi, ma La Russa ha proseguito con il suo discorso.

A TORINO 9 ORE DI MUSICA ININTERROTTA PER FESTEGGIARE IL 25 APRILE
Nove ore di musica ininterrotta con oltre venti artisti e gruppi italiani che si alternano sul palco insieme agli studenti piemontesi per venti letture sul tema della Resistenza. Torna per il quarto anno consecutivo il grande concerto del 25 aprile in occasione della Festa Nazionale della Liberazione. A ingresso gratuito, il concerto prende il via alle 15 in piazza San Carlo, per una giornata di musica e letture fino a mezzanotte.


SINDACO MORATTI, APRIAMO STAGIONE RICONCILIAZIONE «Abbiamo bisogno di aprire una stagione nuova, fatta di memoria e di riconciliazione». Questo il messaggio del sindaco di Milano Letizia Moratti per il 66/o anniversario della Liberazione. Il primo cittadino ha preso parte in mattinata alle celebrazioni istituzionali del 25 aprile in città, deponendo corone sulle targhe commemorative sul municipio in piazza Scala, alla Loggia dei Mercanti e al sacrario dei Caduti a Sant' Ambrogio. «Questa memoria e questa riconciliazione - ha detto il sindaco, ricandidata alle elezioni di maggio - sono ancor più importanti nell'anno del 150/o anniversario dell'Unità d'Italia, perchè ci aiutano a guardare avanti con il senso del nostro passato ma anche con la consapevolezza che la storia futura si costruisce con il rispetto, con l'attenzione all' altro. Per questo credo che una stagione di riconciliazione sia quanto mai necessaria».

LIVORNO, STELLE A 5 PUNTE SU LUOGHI CELEBRAZIONI LASCIATI VOLANTINI PRO LIBIA CON FOTO DI BERLUSCONI,GHEDDAFI,HITLER
Una trentina di simboli tra stelle a cinque punte e falce e martello sono comparsi la notte scorsa sulle facciate di alcuni palazzi di via Magenta, nel centro di Livorno. La strada questa mattina è al centro delle celebrazioni di oggi per la festa della Liberazione. Le scritte, vergate con vernice rossa, sono già state cancellate dagli addetti dell'amministrazione comunale dopo la segnalazione di vigili urbani e Digos. Alcuni simboli sono stati realizzati anche su alcune bandiere tricolore appese ad alcuni lampioni lungo la strada. Sul posto sono stati rinvenuti anche alcuni volantini con le immagini di Silvio Berlusconi, Muammar Gheddafi e Adolf Hitler e con una scritta in cui si paragona la rivolta popolare in Libia con la Resistenza al nazifascismo.

A MILANO SIMBOLO FORZA NUOVA SU LAPIDE RESISTENZA
Un atto vandalico con della vernice nera è stato messo a segno, la scorsa notte, a Milano, nel giorno delle ricorrenze per il 25 aprile. Lo sfregio è stato compiuto su una lapide commemorativa della Resistenza ubicata in Piazza Costantino, nella periferia nord-est della città. Secondo quanto riferito dalla Questura nella parte inferiore del monumento, all'altezza della bandiera italiana che ne era parte integrante, è stato apposto il simbolo di Forza Nuova. E poco distante, su un muro, il simbolo dell'organizzazione dell' estrema destra è stato ripetuto. Nessuno dei vandali è stato notato da testimoni e per la Polizia lo sfregio potrebbe essere stato fatto nelle prime ore del mattino.


COMANDANTE 'OTELLO', TOCCARE L'ART. 1? FERMARE ACEFALI
«Vogliono toccare l'articolo 1 della costituzione? Io dico che occorre subito un'azione forte, non dico cruenta, non coi mitragliatori, ma con la stessa convinzione dei partigiani quando dovettero liberare l'Italia dai nazi-fascisti». Parola del battagliero comandante 'Otellò, Placido Armando Follari, 88 anni ottimamente portati, a capo del distaccamento della nona Brigata Santa Justa, Vessillo tricolore, «cattolica, così Berlusconi - chiosa - non può dire nulla». Parla durante la cerimonia in memoria del 25 aprile, al Guardino Inglese di Palermo. Medaglia al valore militare, Croce al merito di guerra, Distintivo d'onore per avere partecipato al Corpo volontari per la libertà, il comandante 'Otellò ricorda di avere fermato con i suoi uomini per 45 minuti i tedeschi sulla sponda nord del Po prima dell'arrivo delle truppe inglesi: «Un'azione memorabile. Dobbiamo fare lo stesso adesso, fermare - senza mitragliatori, ovviamente - quegli acefali che pensano di modificare le parti fondamentali della Costituzione e che farebbero bene a fare un altro mestiere. Il primo articolo non si tocca e tutti sono obbligati a difendere questo principio: dal servo più umile che sono io, ai servi più grandi che sono il capo del governo e il presidente della Repubblica».

ZINGARETTI, MANIFESTI? SEGNO FRUSTRAZIONE CODARDI
«Giudico quei manifesti come segni di impotenza e di frustrazione». Lo ha detto il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, che stamane ha deposto una corona a Porta S.Paolo in occasione delle celebrazioni per il 25 aprile. «Sono dispetti di quattro deficienti e codardi - ha aggiunto - che non avendo la forza e l'onesta di esprimere le proprie idee lo fanno nel silenzio della notte e non firmandosi. Il che - ha concluso Zingaretti - conferma di che pochezza di persone stiamo parlando».

TUTTO PRONTO AD ALTARE PATRIA PER CERIMONIA UFFICIALE
È tutto pronto in piazza Venezia per le celebrazioni all'Altare della Patria del 66esimo anniversario della Liberazione. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sarà accolto dall'inno d'Italia suonato dalla banda dell'esercito. Quindi passerà in rassegna il reparto d'onore e deporrà una corona d'alloro all'Altare della patria. Alla cerimonia ci saranno il ministro dell'Interno Roberto Maroni e quello della Difesa Ignazio La Russa. E poi il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il presidente della Regione Lazio Renata Polverini, il sindaco di Firenze Matteo Renzi e il presidente della Toscana Enrico Rossi con altri rappresentanti delle istituzioni toscane. Alla fine delle celebrazioni il presidente Napolitano consegnerà una medaglia d'oro al valore civile ai familiari di Mario Pucci fiorentino ucciso a vent'anni dalle squadracce fasciste. Presenti anche molte delegazioni dell'Anpi.


25 APRILE, L'APPELLO DELL'ANPI
Il Comitato nazionale dell'Anpi-Associaziona nazionale partigiani italiani, ha lanciato un appello per il 25 aprile, festa della Liberazione: «Cari compagni, ora tocca a noi. Andiamo a raggiungere gli altri tre gloriosi compagni caduti per la salvezza e la gloria d'Italia. Voi sapete il compito che vi tocca. Io muoio, ma l'idea vivrà nel futuro, luminosa, grande e bella. Siamo alla fine di tutti i mali. Questi giorni sono come gli ultimi giorni di vita di un grosso mostro che vuol fare più vittime possibile. Se vivrete, tocca a voi rifare questa povera Italia che è così bella, che ha un sole così caldo, le mamme così buone e le ragazze così care. La mia giovinezza è spezzata ma sono sicuro che servirà da esempio. Sui nostri corpi si farà il grande faro della Libertà». Giordano Cavestro ('Mirko'), 18 anni, studente di Parma, medaglia d'oro al valor militare, scrisse questa lettera appena prima di essere fucilato dai nazifascisti il 4 maggio 1944. Il 25 aprile ha il suo nome. Il 25 aprile ha il nome di tutti quei meravigliosi ragazzi e ragazze che immolarono la loro breve vita, senza alcuna esitazione, alla causa della liberazione del proprio Paese dalla tirannia nazifascista. Il 25 aprile avremo i loro nomi nel cuore, nella coscienza, e li diffonderemo nelle piazze, ne faremo una ragione di impegno, ancora, per il futuro di una democrazia che, come sappiamo, come vediamo, non è data una volta per tutte, non vive di respiri propri, ma va irrobustita, vivificata, giorno per giorno. Il 25 aprile diremo il nome di Giordano Cavestro a quei senatori della destra, che stanno tentando, con una ignobile proposta di legge, di abrogare la XII disposizione transitoria della Costituzione che vieta la riorganizzazione del partito fascista. Diremo NO! È una vergogna, un oltraggio ai caduti per la libertà. All'Italia intera. Il 25 aprile diremo che dalla Liberazione non si torna indietro. Da tutte le piazze, vie, scuole, caserme, mostreremo ancora una volta, e questa volta di più, il volto dell'Italia più bella e civile: quella che non dimentica. L'Italia democratica e antifascista.

BERSANI E' A MILANO
Il Segretario del Partito Democratico Pier Luigi Bersani, è a Milano per partecipare alla manifestazione organizzata dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia per la Festa della Liberazione. L’appuntamento del Partito democratico con il Segretario nazionale, Pier Luigi Bersani, è alle ore 14.00 in Corso Venezia angolo via Palestro per proseguire in corteo fino alla manifestazione conclusiva a Piazza Duomo.

LA CGIL A LAMPEDUSA
Stamattina una delegazione della Cgil porterà fiori sulle tombe dei «morti senza nome» sepolti a Lampedusa, dove un angolo del cimitero è stato dedicato ai migranti che hanno perso la vita nelle traversate dal Nordafrica all'isola delle Pelagie. «È il nostro modo di celebrare il 25 aprile - dice il segretario della Cgil siciliana, Antonio Riolo, che guida la delegazione di cui fanno parte il responsabile migrazione del sindacato, Pietro Milazzo, e due dirigenti della Fiom di Brescia -. Vogliamo sottolineare che questi migranti sono anche vittime del rigurgito neo fascista e capitalista che investe l'Europa». «In questo luogo di frontiera - aggiunge Riolo - arrivano migranti in cerca di pane e libertà, del diritto a una vita dignitosa e a un mondo più giusto. Il 25 aprile è l'occasione per ricordare chi muore per affrancarsi dall'oppressione». Lo scorso 2 aprile, nel pieno dell'emergenza immigrazione, la Cgil ha aperto a Lampedusa una sede del sindacato.


domenica 24 aprile 2011

Al pronto soccorso con la sorella la moglie raccontò delle percosse. - di Sandra Amurri



Ieri Vittorio Feltri dalle pagine di Libero ha definito l’articolo pubblicato da Il Fatto sull’onorevole Remigio Ceroni (“Vuole riformare la Costituzione e mena la moglie”, questo il titolo) “lacunoso” e privo di “particolari utili per comprendere l’accaduto”. Facendo seguire una serie di domande: “Dove Ceroni ha menato la moglie fino a renderne necessario il ricovero al pronto soccorso? In quale ospedale la poveraccia è stata medicata? Quale prognosi i medici hanno emesso? Quali le cause del pestaggio?”. Concludendo: “Neanche un cenno di risposta ai basilari interrogativi.

Pazienza. A volte anche i cronisti provetti e i loro capi lavorano maluccio e con risultati deludenti...”

È VERO A VOLTE anche i giornalisti provetti e i loro capi lavorano maluccio ma non è questo il caso, visto che il Fatto Quotidiano ha pubblicato una notizia dopo averla verificata e documentata esattamente come è in grado di dimostrare. “È facile sbagliare - ancora Feltri - l’importante è riparare. Il problema è un altro e ben più grave. La signora Ceroni alla domanda sulle percosse postale da Libero, ha sorriso ed ha risposto candidamente anche un pò stupita e un po’ divertita: “L’unica volta che sono stata in un letto d’ospedale è stato quando ho partorito”. Allora, conclude Feltri, le ipotesi sono due o Il Fatto o la sposa del deputato ha detto una bugia pietosa...

Quando un parlamentare che fino a un giorno prima era un “signor nessuno” fa una battaglia politica, a prescindere che la faccia al servizio di Berlusconi o meno, è normale che ci si chieda chi sia quest’uomo, che si raccolgano notizie, che se ne tracci un ritratto. E quando si fa un ritratto si può scoprire di tutto. Anche, come in questo caso, che l’onorevole Ceroni ha usato violenza sulla moglie. A quel punto si ha il dovere di pubblicare la notizia seppure non c’entri nulla con la modifica della Costituzione da lui proposta. Lo abbiamo fatto con il dispiacere e la malinconia del cronista che indaga su fatti a volte illuminanti della personalità e del carattere. Non c’è nessun fango.

Nelle famiglie accade che si litighi, ma un litigio è diverso dal picchiare la moglie. E nessuno può solidarizzare con chi lo fa.

Non crediamo che Feltri picchi o abbia mai picchiato sua moglie e ci stupisce che ci rimproveri di non aver scritto “quali sarebbero le cause del pestaggio”. Perché - ipotizziamo - se la signora fosse stata sorpresa con un altro uomo, il marito sarebbe stato legittimato a menarla? Poi una donna può decidere di restare con chi vuole ma che il marito parlamentare l’abbia picchiata resta una notizia vera.

È QUESTA la ragione per cui non commentiamo le dichiarazioni della signora: “C’è chi si inventa tali falsità e le scrive sui giornali. Tutta pubblicità per mio marito. Lui è un uomo pacifico, inoffensivo. Se mio marito mi avesse picchiato non saremmo arrivati a 38 anni di matrimonio”. Noi comprendiamo il suo stato d’animo, purtroppo, comune a molte donne nella sua stessa situazione. Così come sorvoliamo sulle offese a chi scrive rese ai giornali e scritte su Facebook dalle figlie e ci stupiamo di vedere pubblicata su Libero la foto della famiglia Ceroni compresa quella della figlia minorenne. E prendiamo atto che l’onorevole Ceroni che ha invocato l’intervento delPresidente della Repubblica e del Presidente della Camera, mente quando afferma che si tratta di “volgari menzogne. Non farei mai del male alla donna che amo appartiene alla fantasia di questa giornalista”. E mente quando dichiara che chi scrive ha telefonato a metà paese alla ricerca di gossip.

I fatti. La signora Silvia Di Stefano, moglie di Remigio Ceroni ai tempi sindaco di Rapagnano, l’11febbraio del 1998 alle ore 9:48:52 riferisce ai medici di guardia del Pronto soccorso dell’ospedale Augusto Murri di Fermo - dove si è recata accompagnata dalla sorella - “di essere stata percossa dal marito” che il fatto è accaduto “ieri alle 22.30 circa presso la propria abitazione”.

I medici redigono il referto e lo inviano in copia all’autorità giudiziaria. Questa la diagnosi: “Ecchimosi spalla destra, spalla sinistra, braccio destro, contusione escoriata gamba destra, ematoma gamba destra, ecchimosi guancia destra, ematoma orbitario sinistro, contusione piramide nasale”. E queste le prestazioni eseguite: “Visita medica, medicazione, fasciatura semplice ig tetano bendaggio elastico. Esami richiesti: rx orbita zigomo sinistro ossa nasali più Ect Muscolare gamba destra consulenza oculistica e otorino”. Prognosi: venti giorni.

La signora è stata accompagnata al Pronto Soccorso la mattina seguente perché subito dopo essere stata picchiata è scappata di casa facendo perdere le sue tracce. Ascoltata dai carabinieri ha confermato il referto aggiungendo che avrebbe sposto querela nei confronti del marito. Cosa che ha ribadito ad un avvocato da cui si è recata alcuni giorni dopo accompagnata dalla sorella.

Questi i fatti: l’onorevole Ceroni intanto annuncia che querelerà Il Fatto.

Da: Il Fatto Quotidiano.

Gentilmente fornito da:

http://ilgiornalieri.blogspot.com/2011/04/il-referto-ce-ma-ceroni-annuncia.html


sabato 23 aprile 2011

Dopo 17 anni sboccia il fiore che sa di cadavere.


Si è finalmente aperto a Basilea l’Aro gigante , il fiore dall’odore inconfondibile e dalla forma fallica

Grande sorpresa nelGiardino Botanico di Basilea. Nella città renana è finalmente sbocciato l’enorme fiore chiamato Aro gigante. Dopo moltissimi anni il raro fiore, che cresce solo inIndonesia, si è così aperto attirando un’enorme massa di curiosi, stabilendo un record di partecipazione per il giardino botanico della città svizzera che confina con la Germania e con la Francia. Una folla che non è stata per nulla scoraggiata da una delle caratteristiche principali del fiore, l’odore di cadavere che emana.

LUNGA ATTESA - Diciassette anni ci sono voluti perchè l’Aro gigante, conosciuto anche come il pene di Titano per la sua inconfondibile forma fallica, sbocciasse completamente. Il clima dell’Indonesia è ovviamente difficilmente ricreabile lungo le sponde del Reno, e il lungo periodo trascorso è comunque servito per apprezzare ancora di più la fioritura, a giudicare dalla partecipazione all’evento registrata Venerdì Santo nella città renana. A Basilea l’apertura del fiore che sa di cadavere e assomiglia ad un fallo, una combinazione ossimorica tra eros e tanathos che avrebbe fatto impazzire Sigmund Freud, ha attirato diecimila persone, accorse al Giardino Botanico, e altrettante sono attese per il lungo weekend pasquale.

EVENTO RARO - L’Aro gigante era già fiorito in Svizzera, ben settantacinque anni fa come ricorda il Blick. I particolarissimi petali a forma di ombrello arrivano a misurare quasi un metro, che fanno da corredo alla maestosa dimensione del fiore, circa quattro metri, mentre il suo odore caratteristico è avvertibile ad un distanza di quasi un chilometro. Il sapore di cadavere viene emesso quando il fiore vuole essere impollinato, ed è solitamente più intenso durante le ore notturne. Il boom di visitatori ha fatto registrare anche un’impennata del merchandising, e le bancherelle del giardino botanico che vendevano souvenir dell’enorme fiore fallico sono andate esaurite in pochissimo tempo.

http://www.giornalettismo.com/archives/122614/dopo-17-anni-sboccia-il-fiore-che-sa-di-cadavere/


Bologna, le continue gaffe del candidato sindaco fanno tremare il Pd. - di Ferruccio Sansa


Il peggior nemico di Virginio Merola sono le sue figuracce. Dal "sogno" rossoblu di andare in serie A, alla sconfitta contro il Brescia, fino al bidone per la festa della Liberazione. Tutti assist insperati per il candidato del centrodestra

Virginio Merola? È meglio di Filippo di Edimburgo”. Ormai anche quelli del Pd bolognese ci scherzano su. A denti stretti. Il loro candidato sindaco si è guadagnato una fama di gaffeur da far tremare il marito della Regina d’Inghilterra. Prima il Bologna, adesso la festa della Liberazione. Ma ogni battuta fa scendere i sondaggi. Le ingenuità di Merola sono diventate un’arma politica per gli avversari che gli cuciono addosso l’etichetta di portasfiga.

L’ultima battuta che circola a Bologna: “L’avversario del Pd? Merola”. I cronisti assiepati ai dibattiti stringono la penna pronti a cogliere ogni defaillance. Più delle questioni politiche si discute delle battute del probabile futuro sindaco.

A cominciare dal Bologna Calcio. E pensare che Merola è un politico navigato: da casellante autostradale, sedici anni fa è diventato presidente di quartiere, quindi assessore all’Urbanistica con Cofferati, infine consigliere provinciale. Una carriera sotto l’ala del Partito. Eppure Merola ignora una regola aurea della politica: gli italiani perdonano concussione e prostituzione minorile, ma non le mancanze verso la squadra del cuore.
Così mentre Merola navigava con i sondaggi in poppa (venti punti sull’avversario leghista) se n’è uscito con una frase kamikaze: “Spero che il Bologna vada in serie A”. Peccato che in serie A ci sia già. Scoppia uno scandalo che neanche un’indagine per mazzette. E Merola va nel pallone: “Ho solo detto che speravo che il Bologna tornasse in serie B”. Oddio, addirittura la serie B. Poi arriva Report. L’intervistatore ricorda: oggi si gioca con il Brescia. E Merola trionfante: “Il Brescia non ha speranze”. Detto, fatto: il Bologna incassa un secco 3 a 1.

Aperta la breccia, gli avversari ci si buttano a capofitto. Quelli del centrodestra, ma anche quelli interni, perché il Pd non ha accettato compatto la candidatura. Le cronache ricordano che Merola era arrivato terzo alle primarie precedenti, dietro Flavio Del Bono e Maurizio Cevenini. Poi il destino, e il Pd, ci mettono lo zampino: il sindaco Del Bono viene indagato (patteggerà una condanna a un anno e sette mesi) e si dimette. Il testimone passa a Cevenini. Ma il candidato più caro alla Curva che al Partito, viene colto da un malore e rinuncia. Il partito, scartata l’eventualità di ricorrere a un esorcista, sonda la società civile: si parla di Lorenzo Sassoli De Bianchi, presidente di Valsoia e amico di Luca Cordero di Montezemolo. Poi di Andrea Segré, preside di Agraria di Bologna e padre del Last minute market. Ma qui Merola si comporta come un esperto terzino: vede gli attaccanti distratti, parte dalle retrovie e segna. Coglie il Pd alla sprovvista e si candida: alle primarie prende il 58%. Certo, Merola non è l’ultimo arrivato, può contare per esempio sull’appoggio dei vertici di Unipol.

La strada è spianata: il Pdl ha candidato Manes Bernardini, un leghista. E la Lega, per quanto in crescita, alle Regionali non ha superato l’8%. Ma a frenare la corsa del Pd ci si mette proprio lui, Merola. Così Antonio Amorosi, ex assessore della Giunta Cofferati uscito dopo aver denunciato uno scandalo nell’assegnazione delle case popolari, rispolvera una registrazione radiofonica in cui il candidato parlerebbe con voce un po’ “impastata”. Amorosi sul suo blog scrive: “Sembra alticcio”. Una battuta? La notizia comunque finisce sui quotidiani nazionali. Ed ecco un dibattito con i suoi avversari. Merola tiene testa agli altri candidati fino allo scivolone: “Da dieci anni non è in declino la città, ma il suo ceto politico”. E la claque dei leghisti gli salta al collo: “Ritirati!”.
Fino alla festa della Liberazione, che a Bologna si celebra il 21 aprile. Come ogni anno l’Anpi si ritrova in piazza. Sorpresa: l’unico candidato presente è il leghista. Merola? “È malato”, spiegano i suoi. Peccato che due ore dopo sia stato visto a un incontro con i dipendenti dell’azienda di trasporto pubblico. “Si era sentito meglio”, è la spiegazione ufficiale.

La Lega si frega le mani, pregusta un ballottaggio che sarebbe un successo. E nel Pd qualcuno si lascia scappare: “Virginio sarà sindaco. Ma speriamo che quando ricorderemo la strage della stazione, il 2 agosto, lui non faccia il ponte”.



“Quelli del Pdl hanno cercato di comprarmi”.


Una telefonata della Gelmini e poi l'offerta di un posto sicuro in Mondadori per fare pace con Nicole Minetti. A parlare è Sara Giudice, l'ex pidiellina, adesso passata a Fli, che ha criticato i metodi di selezione del suo ex partito

“Mi hanno offerto un posto in Mondadori per rientrare nei ranghi”. Se proprio in quel momento non fosse arrivata in studio la notizia della solidarietà espressa da B. a Roberto Lassini, (l’uomo dei manifesti “Fuori le Br dalle procure”), forse Sara Giudice, la giovane ex pidiellina che ha raccolto 12 mila firme per chiedere le dimissioni di Nicole Minetti dal Consiglio regionale della Lombardia, lo avrebbe detto in diretta ad ‘Annozero‘. Invece ha avuto solo il tempo di raccontare che qualcuno aveva cercato di “comprarla”. Ecco la storia completa.

Sara, chi ha cercato di comprarla?
Poco più di un mese fa ho ricevuto una telefonata di Maria Stella Gelmini. Ero appena stata daGad Lerner, la famosa puntata della chiamata di Berlusconi in cui parlava di “cosiddette signore” e stavo per essere ospitata ad ‘Annozero‘. La Gelmini mi chiese di non partecipare alla trasmissione di Santoro, perché la mia presenza, in un momento di estrema difficoltà per il presidente del Consiglio, non era opportuna.

A che titolo le ha telefonato?
La Gelmini è stata coordinatore regionale del Pdl e abbiamo lavorato insieme.

E lei cosa ha risposto?
Ho rivendicato il diritto di discutere nel merito la questione che ponevo, cioè il metodo di selezione della classe dirigente all’interno del Popolo della Libertà, cosa che ho tentato, invano, di fare anche con Berlusconi.

E il ministro come ha reagito al suo rifiuto?
Ne ha preso atto. Il giorno dopo ha rilasciato un’intervista a Repubblica accusandomi di aver raccolto le firme perché, a differenza della Minetti, ero stata esclusa dal listino bloccato. Una questione personale insomma.

E poi cos’è successo?
Qualche giorno dopo sono stata avvicinata da alcuni dirigenti del Pdl, che so per certo essere persone di fiducia di Maria Stella Gelmini. Mi hanno proposto un caffè con Nicole Minetti in favore di telecamera, una specie di “carrambata” per chiudere l’incidente. E per essere convincenti, conoscendo la mia condizione di lavoratrice precaria, mi hanno fatto capire che se avessi accettato ci sarebbe stato un posto sicuro in Mondadori per me.

E lei?
Ovviamente ho rifiutato. É stato in quel momento che ho capito che non c’era più niente da fare e ho lasciato il Pdl per Fli.