sabato 5 novembre 2011

Anche il Financial Times scarica Berlusconi “In nome di Dio e dell’Italia, vattene”



Il quotidiano inglese dedica alle vicende nostrane tutta la prima pagina per affermare quello che nel Belpaese è noto a sempre più persone: "Solo un cambio di leadership potrà ridare credibilità all'Italia"



Il Financial Times ha rivolto al presidente del Consiglio italiano un invito inequivocabile: “In nome di Dio, dell’Italia e dell’Europa, vai”. Il quotidiano inglese dedica alle vicende italiane tutta la prima pagina per affermare quello che nel Belpaese è noto a sempre più persone: “solo un cambio di leadership potrà ridare credibilità all’Italia”. Se il cambio della guardia a Palazzo Chigi è un “imperativo”, il Ft mette però in guardia anche quelli che pensano che la cacciata di  possa essere la panacea di tutti i mali per uscire dalle secche della crisi economica e del debito. “Sarebbe ingenuo credere che quando Berlusconi se ne andrà, l’Italia possa reclamare subito piena fiducia dei mercati”, scrive il foglio britannico.

Negli articoli di cronaca si sottolinea poi che al G20 di Cannes, l’Italia ha accettato un monitoraggio del Fondo monetario internazionale “altamente intrusivo”. E, secondo i cronisti inglesi, è una “concessione senza precedenti” perché l’Italia, per il momento, è un paese che non è ancora fallito.

Ma le parole più brucianti sono nell’editoriale in cui il Cavaliere viene paragonato a  George Papandreou, primo ministro greco. “Tutti e due si reggono su una sottile e risicata maggioranza parlamentare, e tutti e due stanno litigando con il loro ministro delle Finanze. Ma, la cosa più importante di tutte, hanno entrambe la tendenza a rinnegare le loro promesse in un periodo nel quale i mercati sono preoccupati sulle finanze pubbliche dei loro paesi”. E poi la stoccata finale: “Il rischio che potrebbe minare il Paese riguarda il leader attuale: avendo fallito l’obiettivo di realizzare riforme nelle due decadi passate in politica, Berlusconi manca della credibilità per portare avanti questi significativi cambiamenti”.

Così, anche se non sarebbe una soluzione a tutti i problemi, “il cambio di leadership è imperativo” e “un nuovo primo ministro impegnato nell’agenda della riforma potrebbe rassicurare il mercato, che è alla ricerca disperato di un piano credibile per bloccare la corsa del quarto debito più grande del mondo”.

Tuttavia il fatto che il Cavaliere sia arroccato alla sua poltrona, è cosa nota anche in riva al Tamigi. Tant’è che il pezzo dedicato alla politica di casa nostra viene titolato così: “il sopravvissuto dell’Italia determinato a durare”.


“La maggioranza non c’è più”. Letta, Bonaiuti, Alfano e Verdini avvertono il premier. - di Sara Nicoli




I vertici del Pdl accolgono Berlusconi di ritorno da Cannes con una comunicazione allarmata sui numeri della maggioranza in vista del prossimo voto di fiducia. Il coordinatore: "Siamo a 306, non c’è verso di riportarli indietro, forse se ci parli tu, ma io a questo punto ci conterei poco..”. Paradossalmente, a salvare il governo anche martedì, potrebbe essere l'effetto dell'appello di Napolitano sulla credibilità del Paese, che deve evitare di entrare in esercizio economico straordinario.


Quattro giorni all’alba. Cioè, quattro giorni alla fine del ventennio berlusconiano. Roba da non crederci, tanto che ieri sera, tornato fresco da quello che lui considerava l’ennesimo successo internazionale a Cannes, credeva davvero di essere davanti a quattro matti che gli raccontavano di un incubo incomprensibile ai suoi occhi e alle sue orecchie: “Silvio, la maggioranza non c’è più”. Gliel’avesse detto un altro, al Cavaliere, che il suo tempo politico era finito, questione di ore più che di giorni, ecco lui l’avrebbe licenziato con il solito sorrisetto sardonico di chi ne sa di più. E, invece, sentirselo dire da Letta, Bonaiuti, dallo sguardo vitreo del delfino di cartone Angelino Alfano e, soprattutto, da Denis Verdini, è stato un colpo anche per Berlusconi.


Raccontano che ieri sera, a palazzo Grazioli, assenti i suoi “famigli” come Valentino Valentini e il neo deputato Luca D’Alessandro, entrambi maratoneti a New York, il Cavaliere sia rimasto silenzioso per qualche minuto a guardare nel vuoto, gesto quantomeno inusuale durante questi mini vertici della nomenklatura più stretta dove lui, di solito, detta la linea e gli altri stanno zitti e prendono appunti mentalmente. Invece, ha parlato Verdini. Lapidario. “Siamo a 306, non c’è verso di riportarli indietro, forse se ci parli tu, ma io a questo punto ci conterei poco..”.


Certo, che schiaffo. Vedere la propria condanna firmata da quelli che lui ha sempre considerato mezzecalze, gente di poco conto, buoni solo per la propaganda e ad obbedir tacendo, quelli che si sono fatti belli in tv (Stracquadanio, per esempio) solo perché lui ce li ha mandati a difendere la sua immagine. Oppure una come la Bertolini, uno come Mazzuca, incapaci di qualunque azione autonoma. Prima di oggi, prima di ieri.


Insomma, il regno crolla. Verdini li ha contati e ricontati. Ha provato – senz’altro – con il solito sortilegio del denaro, dell’offerta, dell’incarico di privilegio, ma niente da fare; i numeri parlano chiaro. Da una maggioranza di 316 dell’ultima fiducia del 14 ottobre, si è passati di schianto a quota 306, per colpa di questi “maiali” , li ha chiamati Cicchitto – ma pare che il suggerimento del vocabolo sia direttamente del Cavaliere – che visto il baratro “preferiscono rifarsi una verginità subito – sempre parola di Cicchitto – per paura di essere travolti e non riemergere più”.


Adesso si va allo show down, quindi. Martedì, in aula, ripassa per la seconda volta il rendiconto dello Stato, quello già bocciato l’11 ottobre scorso “per una svista”, si è sempre detto nel Pdl, perché erano tutti alla bouvette a bere il caffè e il governo è andato sotto sull’articolo 1. L’hanno riscritto, lo hanno fatto ripartire velocemente dal Senato e martedì 8 novembre sarà di nuovo lì, alla Camera. Tutti vorrebbero vederla questa scena di Berlusconi che assiste al tramonto del suo regime mentre il tabellone dell’Aula impietosamente sancisce che no, la Camera non approva. Ma c’è qualcosa che, paradossalmente, anche stavolta gioca a suo favore. Ed è il Quirinale. Perché bocciare ancora il rendiconto generale dello Stato significa certo far cadere il governo, ma anche mettere il Paese in esercizio economico straordinario (succede quando la legge finanziaria, ovvero il rendiconto, viene bocciato) in un momento in cui l’Italia “non è credibile” agli occhi del mondo, come è stato ricordato in mille modi durante il G20 di Cannes, ecco questo Napolitano proprio non può permetterlo. Certo, il Capo dello Stato non interverrà direttamente sui singoli deputati per far capire loro che, in questo caso, andrebbe fatto uno sforzo e che a far cadere Berlusconi si potrà pensare un po’ più avanti, casomai sulla legge di Stabilità quando arriverà alla Camera, questione prevista per la fine del mese. Ma di sicuro un tentativo di moral suasion su alcuni sarà fatto. Come andrà a finire, tuttavia, è un’incognita. A cui Napolitano, ovviamente, guarda con grande apprensione.


E’ da settimane, d’altra parte, che al Colle si lavora, sottotraccia, per dare forma ad un nuovo esecutivo e ad una maggioranza solita che possa traghettare il Paese a fine legislatura (o anche solo fino a giugno) in modo da portare a termine le misure che l’Europa (e anche il mondo, a questo punto) hanno chiesto con grande forza all’Italia “commissariata dal Fmi” . Nei giorni scorsi, per esempio, Napolitano ha visto Mario Monti. Con il professore varesino il Capo dello Stato ha un’antica consuetudine, ma l’incontro dei giorni scorsi non è passato ovviamente inosservato. Pare che, nell’occasione, Napolitano abbia chiesto a Monti persino un elenco di nomi di possibili ministri, trovando un interlocutore già molto preparato sulla materia, ma il colloquio si è poi fermato lì: ad un nuovo governo serve anche una maggioranza che lo sostenga. E, in questo caso, non si può fare i conti senza la Lega. Ecco perché, alla fine, il nome che pià circola in queste ore come possibile successore a tempo di Berlusconi è quello di Gianni Letta. L’unico, si sostiene in ambienti della maggioranza, a cui il Cavaliere proprio “non potrebbe dire di no”, che garantirebbe la permanenza di Maroni al Viminale e una sorta di continuità politica dell’esecutivo uscito dalle urne del 2008. Nessun ribaltone, nessun governo istituzionale, solo un passo indietro del Cavaliere, “il vero problema di tutto”. La questione è sul tavolo in queste ore. Ore drammatiche, durante le quali si dovrà capire se Berlusconi, per una volta almeno, darà ascolto ai suoi e farà un passo indietro prima di martedì, oppure accetterà la sfida dei numeri sperando nel fatto che nessuno si vorrà prendere la responsabilità politica di portare l’Italia in esercizio straordinario in pieno tsunami finanziario. Ancora una volta, forse, la sua temerarietà potrebbe dargli ragione. Ma di certo sarà l’ultima.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/05/la-maggioranza-non-ce-piu-letta-bonaiuti-alfano-e-verdini-avvertono-il-premier/168654/

I costi della politica.



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Too Big To Fail - Troppo grandi per fallire.





Dopo il passaggio al Festival del Film di Roma, il filmone di Curtis Hanson "Too Big to Fail" sulla crisi finanziaria globale sarà trasmesso su Sky Cinema 1HD. Cast stellare che affianca William Hurt a Paul Giamatti, e Bill Pullman a James Wood. Da non perdere
Ricordate quei giorni di fuoco e fiamme del 2008 quando gli Stati Uniti d’America sembravano a un passo dal default? Vi ricordate le vecchie immagini di Ronald Reagan che che inneggiava alladeregulation e alla libertà  incontrastabili  delle banche commerciali? E chi si ricorda Bush figlio gridare a destra e a manca che una casa per tutti era a portata di mano, naturalmente senza nulla dire del fatto che i mutui a pioggia e senza garanzie avrebbero fatto precipitare l’intera economia?
Incredibilmente, a pochi giorni dal crollo delle borse e dopo il passaggio al Festival di Roma come Evento speciale, questo notevolissimo film di Curtis Hanson targato HBO Films arriva in prima tv su Sky Cinema 1HD (h 21.10). Il titolo ci dice tutto in un lampo: Too big to fail. Troppo grandi per fallire, appunto.
Praticamente imperdibile perchè il regista di L.A.Confidential sa stringere tutte le regole, quelle rispettate (pochissime) e quelle violate (quasi tutte) del mondo reale della finanza americana e della politica finaziaria americana nella forma e, miracolosamente, nel ritmo del thriller, incollando chi guarda anche se tutto si consuma tra finanzieri e superaddetti ai lavori senza mai uscire dalle eleganti e algide stanze del potere che conta.
Tranne con qualche sequenza, una su tutte quelle in cui uno dei protagonisti fa jogging per strada e considera (come per la prima volta) che “queste persone non hanno idea di ciò che gli sta capitando”.
Basato sull’omonimo bestseller di Andrew Ross Sorkin, reporterdel New York Times, che svelò retroscena e scandali dietro le quinte di quella crisi che non può (con cambio di soggetti) non farci pensare a quella di oggi, il film ci lascia negli occhi le immagini di Hank Paulson, ex numero uno della Goldman Sachs e del Segretario del Tesoro dell’ultima presidenza di George W.Bush(interpretato da un William Hurt teso e disperato) che gestì salvataggi di banche, spinse alla dichiarazione di fallimento la Lehman Brothers, tentò il tutto per tutto per evitare il crack più grave dal 1929, persino iniettando capitali nella speranza che le  banche riaprissero i rubinetti e prestassero ma sbagliò.
Persino lui, che quel sistema lo conosceva bene, si illuse. E il resto è storia nota. La Grande Depressione del terzo millennio. 

Links correlati
http://www.romacinemafest.org

http://www.cinespettacolo.it/csmain/articolo.asp?aid=7779

Al college con i libri digitali.

(Epa)


Il progetto nello stato americano di Washington
«Possibile risparmiare fino a 41 milioni di dollari»

MILANO – Un anno al college, oltre alla retta, al dormitorio, ai pasti e a tutti gli extra, costa mediamente altri 1.200 dollari (circa 870 euro) di libri di testo. Tomi tecnici immensi, che singolarmente possono anche raggiungere i 200 dollari di prezzo (145 euro). Tanto che lo stato americano di Washington, con capitale Seattle, sta per approvare un progetto lungimirante che permetta alle famiglie di far studiare i ragazzi senza ricorrere a prestiti bancari: tutti i libri di testo dei college di Seattle e zone limitrofe potrebbero presto essere disponibili anche online, insieme con dispense, materiali raccolti nel corso di letture e seminari, esercizi e contenuti multimediali. Da scaricare in versione ebook e sfogliare online.
IL PROGETTO – All'idea hanno già aderito 81 tra i migliori istituti scolastici dello stato. Coordinati dagli Washington State Colleges, insieme hanno creato l'Open Course Library , un progetto collaborativo per riversare intere opere all'interno di una biblioteca telematica. I testi, il cui uso sarà concesso in licenza Creative Commons, si potranno consultare e scaricare direttamente dal sito, a partire dal prossimo anno. Per ora questa biblioteca aperta sta raccogliendo adesioni dai vari istituti, dai professori e dagli autori e case editrici dei testi scolastici. E da gennaio 2012 l'Open Course Library entrerà nella sua fase operativa: riversare online, creare un sistema di iscrizione per gli studenti e non solo. Perché l'associazione dei college di Washington prevede che possano accedere ai materiali anche studenti di altri stati o persone non iscritte ai corsi.
IL RISPARMIO – Se tutte le scuole dello stato di Washington aderissero a questo progetto, sostengono i sindacati, verrebbero risparmiati ogni anno 41,6 milioni di dollari (30 milioni di euro), e soprattutto molti studenti potrebbero arrivare alla fine del loro corso scolastico. Tra i motivi dell'abbandono degli studi infatti, i costi esorbitanti della vita al college (5mila dollari l'anno in media, testi inclusi) sono sempre ai primi posti. Una recente ricerca svolta sugli studenti americani degli istituti superiori, dichiarava che 7 studenti su 10 rinunciano ad acquistare i libri di testo per via dei costi troppo alti. Tanto che già a settembre in diversi atenei americani era scoppiata la «Textbook revolution», una campagna per chiedere ai professori di adottare libri di testo versione ebook, da scaricare magari a capitoli, a partire da meno di 2 dollari l'uno. E nei progetti della Open Course Library, tra accessi e dispense, ogni studente non dovrà mai più pagare oltre 30 dollari l'anno per i materiali su cui studiare.
Eva Perasso

Pistoia: compra intera pagina di giornale per sollecitare gli italiani ad acquistare titoli di Stato.

Pistoia: compra intera pagina di giornale per sollecitare gli italiani ad acquistare titoli di Stato


La crisi economica è arrivata a un punto tale da spingere molte persone a compiere azioni impensabili, che suscitano perplessità e stupore. Un uomo ha ritenuto di  acquistare  un’intera pagina del Corriere della Sera al fine di sollecitare tutti i cittadini   italiani all’acquisto dei  titoli di Stato, per far sì che la nazione non debba essere ancor più stretta dalla morsa della crisi. L’uomo che ha avuto questa singolare idea non è un imprenditore facoltoso e potente come  Della Valle ma bensì  un libero professionista, ossia  Giuliano Melani, responsabile leasing di una  banca.
Quello che vorrebbe Melani è che gli italiani comprassero i titoli italiani anche con un basso rendimento in modo che le richieste di acquisto su Btp, Cct, Ctz determinino una scia  di acquisti tali che elimini  lo spread con in Bund tedeschi.
Per la cronaca, il libero professionista pistoiese si è obbligato a comprare, lunedì prossimo,  20.000 euro in Btp, che si aggiungono ai 20.570 sborsati al Corriere dela Sera per riservare tutta  una pagina per il suo annuncio. Chissà se gli italiani seguiranno l’iniziativa di Melani?