Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 27 aprile 2013
Spagna in rivolta.
Spagna, assedio al Parlamento ieri 25/4/2013 E L'INFORMAZIONE ITALIANA NASCONDE TUTTO!
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=370214836416242&set=a.129496543821407.20587.128744460563282&type=1&theater
LA DISPERAZIONE DELLA SPAGNA STRETTA NEL DRAMMA DELLA DISOCCUPAZIONE
A Madrid un migliaio di giovani convocati dalla piattaforma "En Pie!" (in piedi) si sono riuniti per occupare la piazza antistante il Congresso. C'erano più poliziotti che manifestanti. Mille e quattrocento agenti erano impegnati a difesa della piazza: ai lanci di bottiglie, petardi e pietre hanno risposto con alcune cariche.
Il bilancio è di una quindicina di manifestanti fermati, mentre sono ventinove i feriti, non gravi, tredici dei quali poliziotti.
Gli “indignados” si erano in anticipo chiamati fuori da una manifestazione che incitava alla “rivolta popolare”. Tra le bandiere anarchiche e repubblicane campeggiava uno striscione "6,2 milioni di ragioni". Chiaro il riferimento alla cifra-record dei disoccupati appena comunicata dal Governo.
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=365300690242733&set=a.272605116178958.51513.272575799515223&type=1&theater
Alberto Bagnai: capire la crisi economica.
Un lungo intervento di Alberto Bagnai espone con chiarezza e analiticità la crisi economica e l'errore tecnico, oltre che politico, dell'introduzione dell'euro.
http://www.appelloalpopolo.it/?p=8773
I nuovi ministri: Alfano, Gelmini, D’Alema. Contenti? - Petizione
E’ pazzesco ma proprio gli stessi politici che hanno portato l’Italia al collasso e hanno fatto accordi sottobanco per mesi potrebbero essere ricompensati venendo eletti ministri, a meno che non facciamo sentire subito la nostra voce.
Gelmini, Violante, D’Alema, Alfano e altri dinosauri che hanno portato al collasso il nostro paese, il sistema scolastico e quello giuridico vengono ora presi in considerazione per posti di rilievo nel nuovo governo. Stanno cercando di non far trapelare alcun nome fino all’ultimo perché temono sollevazioni popolari. Dobbiamo far sentire la nostra voce ora e dire NO a chiunque faccia parte della vecchia politica prima che sia troppo tardi.
Letta prenderà una decisione nelle prossime ore, dobbiamo agire immediatamente. Mostriamogli che il loro piano è irrealizzabile, che il popolo non lo accetterà e che se ci escluderanno del tutto, non potranno governare. Usiamo il potere del popolo ora, prima che sia troppo tardi. Firmate ora per dire “NO ai dinosauri” nel nuovo governo e condividete con tutti quelli che conoscete; abbiamo solo poche ore per fermare questa follia.
Al nuovo Presidente del Consiglio Enrico Letta e ai maggiori leader di partito :
L’Italia è al collasso e ha bisogno di un rinnovamento radicale. Al governo non accetteremo i politici della vecchia guardia che ci hanno portato a questo disastro, alcuni perfino condannati per corruzione. Quando è troppo, è troppo! Abbiamo bisogno di una nuova leadership politica che lavori in cooperazione con i cittadini. Se rispetterete la la necessità di cambiamento, avrete il necessario sostegno per le riforme di cui l’Italia ha bisogno. Se non lo farete, i cittadini rifiuteranno questo governo e torneremo a uno stato di crisi.
http://www.avaaz.org/it/italy_new_gov_fbb/?bUxjVab&v=24551
Ilva Taranto, sindaco Stefàno indagato per abuso e omissione di atti d’ufficio. - Francesco Casula
La proroga delle indagini nell'ambito dell'inchiesta denominata 'Ambiente svenduto'. Nel frattempo la procura ha negato ancora una volta il dissequestro del milione e 700mila tonnellate di acciaio a cui la Finanza aveva messo i sigilli il 26 novembre. Sì, invece, allo sblocco della materia prima acquistata nel dicembre 2011 dalla società irachena Scop.
La procura di Taranto nega ancora una volta il dissequestro del milione e 700mila tonnellate di acciaio a cui il 26 novembre la Guardia di finanza aveva apposto i sigilli. La procura ha infatti trasmesso l’ennesima istanza dell’Ilva al gip Patrizia Todisco chiedendo anche questa volta di dichiararla inammissibile perché non sono ancora giunti dalla Corte costituzionale né il dispositivo né le motivazioni in base alle quali la Consulta ha dichiarato legittima la legge “salva Ilva”, che consentirebbe all’azienda anche la commercializzazione dei prodotti. I pubblici ministeri, però, hanno deciso di sbloccare l’acciaio acquistato nel dicembre 2011 dalla società irachena Scop. Come già avvenuto per la Snam rete gas, infatti, la procura ionica ha deciso di dissequestrare il materiale tutelando l’acquisto in buona fede della società irachena. Un contratto che prevede la fornitura di circa 64mila tonnellate di acciaio per un valore complessivo di poco superiore ai 20 milioni di dollari.
Intanto il lavoro degli inquirenti sull’inchiesta ‘ambiente svenduto‘ prosegue. Nella bufera giudiziaria ora è ufficialmente coinvolto anche il sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno. Nella richiesta della proroga di indagini firmata dal procuratore Franco Sebastio, dall’aggiunto Pietro Argentinoe dai sostituti Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile e Remo Epifani, compare per la prima volta anche il nome del primo cittadino. Per lui le ipotesi di reato sono di abuso e omissione di atti d’ufficio sulla base, secondo indiscrezioni, di un esposto presentato tempo fa dal consigliere comunale Aldo Condemi nel quale si portava la magistratura a conoscenza delle misure che il sindaco Stefàno non avrebbe preso a tutela della salute dei cittadini.
Il primo cittadino afferma di aver appreso la notizia dagli organi di stampa e in un comunicato precisa che “a tutt’oggi non ho ricevuto alcuna comunicazione in tal senso, ed ove ciò dovesse accadere, prontamente lo renderò noto alla città. Il mio stato d’animo – ha aggiunto Ippazio Stefàno, eletto lo scorso anno per il secondo mandato – resta assolutamente sereno, convinto come sono di aver assolto ai miei doveri di sindaco nell’esclusivo interesse della città, a difesa della quale ed in tempi non sospetti presentai un circostanziato esposto all’autorità giudiziaria sui fatti ambientali della grande industria. Sono dunque pronto ad essere ascoltato dai magistrati per fornire loro tutti i dovuti chiarimenti in ordine ai fatti a me eventualmente contestati”.
Il sindaco Stefano era già finito sulla graticola per una telefonata intercettata dalla Guardia di finanza di Taranto con l’ex responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà, finito in carcere il 26 novembre scorso con le accuse di associazione a delinquere insieme con alcuni membri della famiglia Riva, finalizzata al disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e corruzione in atti giudiziari. Quel 29 luglio 2010 fu Archinà a chiamare Stefàno per chiedere di fissare il referendum cittadino sulla chiusura dell’Ilva il più tardi possibile. “La data la più lontana possibile” chiese Archinà ottenendo un primo “va bene” dal sindaco per poi motivare la richiesta dicendo “per farci lavorare un po’ tranquilli” e ricevendo una nuova rassicurazione dal sindaco “tranquilli!!! va benissimo ciao Girolamo”.
venerdì 26 aprile 2013
Garante privacy: "Grave intrusione in mail M5S" Polizia postale: "Presto novità su indagini".
Giulia Sarti, una delle parlamentari M5S vittima del furto di corrispondenza
"L'intrusione nella corrispondenza privata dei parlamentari M5S e la minaccia della pubblicazione del contenuto delle email costituiscono fatti gravissimi, suscettibili di essere valutati, oltre che dal punto di vista della violazione del Codice privacy, anche da quello penale". Sono state queste le parole del Garante della privacy, Antonello Soro, dopo la minaccia da parte di un gruppo di pirati informatici di pubblicare la corrispondenza elettronica dei parlamentari del Movimento di Beppe Grillo. "Sicuramente - ha proseguito il Garante per la protezione dei dati personali - costituisce una lesione della privacy il comportamento degli hacker che avrebbero copiato i contenuti delle email, ma potrebbero verificarsi delle violazioni anche da parte dei mezzi di informazione che si prestassero a ripubblicare i contenuti eventualmente resi noti dagli stessi hacker".
"Occorre infatti considerare - ha spiegato il presidente - che nelle e-mail è molto probabile vi siano anche informazioni legate unicamente alla vita privata dei parlamentari, magari sotto forma di fotografie e filmati. E il codice deontologico dei giornalisti in materia di privacy esclude che possano essere indiscriminatamente pubblicate notizie relative ad una persona per il solo fato che si tratti di un personaggio noto o che eserciti funzioni pubbliche, richiedendo invece il pieno rispetto della loro vita privata quando le notizie o i dati non hanno rilievo sul loro ruolo e sulla loro vita pubblica. Inoltre, considerata nel caso di specie la palese illiceità della raccolta, dovrebbe essere verificato se la pubblicazione da parte dei media anche di notizie relative alla attività politica e pubblica dei parlamentari coinvolti integri comunque una violazione".
Per i casi più gravi di violazione, il Garante può anche disporre il blocco dei trattamenti o vietare la pubblicazione dei dati da parte degli organi di informazione, ma l'eventuale adozione di provvedimenti tanto penetranti potrà essere valutata solo in seguito: per ora il Garante ha solo cominciato a raccogliere preliminarmente informazioni sul caso ed ogni decisione potrà essere assunta solo quando si avrà un quadro più chiaro sulla base degli elementi acquisiti.
Ritmo serrato nelle indagini. Intanto proseguono le indagini da parte della polizia postale: "Stiamo lavorando sul caso con la Procura di Roma. A breve potrebbero essere delle novità", ha dichiarato Antonio Apruzzese, direttore del Servizio polizia postale e delle comunicazioni del Dipartimento Pubblica Sicurezza. Sugli sviluppi la polizia postale mantiene il più stretto riserbo, ma gli accertamenti proseguono a ritmo intenso.
La mano di Anonymous. Le novità di cui parla la polizia postale potrebbero essere legate in qualche modo a quanto affermano gli Anonymous italiani che, subito dopo l'intrusione, avevano fatto sapere di voler intervenire per rintracciare subito dati, nomi e mail del gruppo che si è reso responsabile dell'attacco mail dei parlamentari 5 Stelle, e consegnarli alla polizia postale. E così hanno già fatto, secondo quanto si legge sul sito Fanpage.it: "Ci siamo riusciti". E ancora: "Anonymous si distacca COMPLETAMENTE da tutte le Crew che si stanno formando in Internet in questi tempi… Detto questo. Ogni attacco ai Pubblici ministeri, enti locali e privati che verrà fatto da ora in poi, e non verrà rivendicato da Anonymous, sapete di chi è… We Are Anonymous…"
"Occorre infatti considerare - ha spiegato il presidente - che nelle e-mail è molto probabile vi siano anche informazioni legate unicamente alla vita privata dei parlamentari, magari sotto forma di fotografie e filmati. E il codice deontologico dei giornalisti in materia di privacy esclude che possano essere indiscriminatamente pubblicate notizie relative ad una persona per il solo fato che si tratti di un personaggio noto o che eserciti funzioni pubbliche, richiedendo invece il pieno rispetto della loro vita privata quando le notizie o i dati non hanno rilievo sul loro ruolo e sulla loro vita pubblica. Inoltre, considerata nel caso di specie la palese illiceità della raccolta, dovrebbe essere verificato se la pubblicazione da parte dei media anche di notizie relative alla attività politica e pubblica dei parlamentari coinvolti integri comunque una violazione".
Per i casi più gravi di violazione, il Garante può anche disporre il blocco dei trattamenti o vietare la pubblicazione dei dati da parte degli organi di informazione, ma l'eventuale adozione di provvedimenti tanto penetranti potrà essere valutata solo in seguito: per ora il Garante ha solo cominciato a raccogliere preliminarmente informazioni sul caso ed ogni decisione potrà essere assunta solo quando si avrà un quadro più chiaro sulla base degli elementi acquisiti.
Ritmo serrato nelle indagini. Intanto proseguono le indagini da parte della polizia postale: "Stiamo lavorando sul caso con la Procura di Roma. A breve potrebbero essere delle novità", ha dichiarato Antonio Apruzzese, direttore del Servizio polizia postale e delle comunicazioni del Dipartimento Pubblica Sicurezza. Sugli sviluppi la polizia postale mantiene il più stretto riserbo, ma gli accertamenti proseguono a ritmo intenso.
La mano di Anonymous. Le novità di cui parla la polizia postale potrebbero essere legate in qualche modo a quanto affermano gli Anonymous italiani che, subito dopo l'intrusione, avevano fatto sapere di voler intervenire per rintracciare subito dati, nomi e mail del gruppo che si è reso responsabile dell'attacco mail dei parlamentari 5 Stelle, e consegnarli alla polizia postale. E così hanno già fatto, secondo quanto si legge sul sito Fanpage.it: "Ci siamo riusciti". E ancora: "Anonymous si distacca COMPLETAMENTE da tutte le Crew che si stanno formando in Internet in questi tempi… Detto questo. Ogni attacco ai Pubblici ministeri, enti locali e privati che verrà fatto da ora in poi, e non verrà rivendicato da Anonymous, sapete di chi è… We Are Anonymous…"
Letta, Grillo, Berlusconi e le dieci bugie oggi di moda. - Andrea Scanzi
“E’ tutta colpa di Grillo”. E’ sempre colpa di Grillo. Se cade il governo, se piove, se c’è il sole. La tesi autossolutoria del Pd – il cui elettorato tende incredibilmente a ingoiare di tutto, passando dalla fregola per l’iper-democrazia al giubilo per l’abbraccio mortale con Berlusconi – è ora quella di ripetere che “il governissimo c’è perché Grillo ci ha portato a farlo”. Sarebbe vero se non ci fosse stata l’apertura Rodotà. Ma quell’apertura c’è stata. Il M5S ha sbagliato a non fare un nome al secondo giro di consultazioni (non sarebbe cambiato nulla, ma avrebbe tolto alibi al Partito Disastro), ma da Rodotà in poi è stato impeccabile: appoggiate questo nome (più vostro che nostro) e faremo un percorso insieme. A dire no è stato il Pd. Perché? Perché ha sempre voluto – nella maggioranza dei suoi parlamentari – l’inciucio. Infatti è stato scelto Enrico Letta, lo zio di suo zio. Quello che “è meglio votare Berlusconi che Grillo”.
“Su Rodotà non c’era maggioranza”. Bugia a metà. C’era la maggioranza degli elettori del Pd, ma non della maggioranza dei parlamentari piddini. Ciò significa, inequivocabilmente, che tra elettorato e rappresentanti c’è una scollatura drammatica. I Boccia non rappresentano nessuno, se non se stessi. Però decidono.
“Rodotà non è stato votato perché votato solo da 4mila persone”. Macché. Le Quirinarie sono state fantozziane, ma se i modi risultano discutibili non lo sono (stati) i contenuti. Per quanto raffazzonate, hanno portato alla scelta di un nome condiviso da milioni di italiani: la piazza reale, non virtuale (quella piazza che tanto terrorizza i giovani vecchi del Pd, tipo Speranza, uno che non merita quel cognome. Un po’ come se Ghedini si chiamasse Figo). Rodotà è stato il treno del cambiamento perso. Perso dal Pd e solo dal Pd: non da altri. Di questa colpa risponderà alla storia e, per il momento, agli elettori (infatti è un partito morto, che può vincere solo se si affida a ribelli come Serracchiani). Rodotà non è stato votato perché: 1) è stato proposto da Grillo (motivazione-asilo Mariuccia); 2) è troppo di sinistra; 3) è troppo laico (cioè “mangiapreti”); 4) è troppo intelligente, quindi libero e non irreggimentabile; 5) è troppo antiberlusconiano (e questo, per il Pd, è davvero inaccettabile).
“Sì, ma 4mila persone sono proprio poche”. Certo che lo sono. Ma sono comunque molto più delle persone (una) che avevano scelto Marini e poi (seicento) Napolitano.
“Non faremo mai il governissimo”. Per due mesi, o poco meno, Bersani e la sua ghenga tragicomica hanno ripetuto che il governissimo non l’avrebbero mai fatto. Qualche esempio (antologizzato stamani da Civati nel suo blog). «Pensare che dopo 20 anni di guerra civile in Italia, nasca un governo Bersani-Berlusconi non ha senso. Il governissimo come è stato fatto in Germania qui non è attuabile» (Enrico Letta, 8 aprile 2013). «Il Pd è unito su una proposta chiara. Noi diciamo no a ipotesi di governissimi con la destra» (Anna Finocchiaro, 5 marzo 2013). «I nostri elettori non capirebbero un accordo con Berlusconi» (Ivan Scalfarotto, 28 febbraio). «Un governo Pd-Pdl è inimmaginabile» (Matteo Orfini, 27 marzo 2013). Eccetera. Adesso avviene il contrario (e chi osa ricordarlo è un disfattista). Perché? Perché il Pd è bravissimo a sbagliare. E perché senza Berlusconi il Pd non esiste: ne è la più grande polizza assicurativa. Così facendo, il Pd imploderà (e questo tutto sommato è un bene) e regalerà a Berlusconi una nuova vittoria (e questo decisamente è un disastro).
“Letta ha vinto lo streaming”. Questa non è una bugia. E’ la verità. Che non stupisce. Letta fa politica da quando ha sei mesi. E’ nato vecchio, un Benjamin Button che mai diventerà Brad Pitt. Nella supercazzola democristiana (parlare e parlare senza dire nulla) nessuno lo batte. Con Crimi e Lombardi, che continuano a sbagliare tutto, ha usato la Tecnica-Asciugo: li ha intortati con una grandinata di nulla politichese. E li ha storditi. Quando si è trovato in difficoltà (Rodotà), ha detto al Duo Harakiri che “dovevate Prodi”. Sarebbe bastato rispondere: “Prodi non l’avete votato neanche voi, forse neanche lei. Con quale faccia incolpate noi?”. Ma non l’hanno detto. Come nulla o quasi hanno detto su conflitto di interessi, leggi ad personam, franchi tiratori, incoerenza sul no-inciucio. E via così. Letta ha vinto per mancanza di avversari. Esaurita tale erezione triste per la vittoriuccia di Pirro di Benjamin Letta, vorrei però che i giubilanti di adesso tenessero bene a mente che il loro hero sta lavorando per un governo con i D’Alema, gli Amato e i Brunetta. Un’apocalisse farebbe meno male.
“Non ci sono alternative”. No. C’erano: bastava votare Rodotà. Ma non è stato fatto. Ora il governissimo – il vero obiettivo di Pd e Pdl, sin dall’inizio – viene spacciato come “governo di salvezza nazionale”. Ma de che? Cosa può fare un governo che contempli contemporaneamente Civati e Mussolini? Al massimo una legge elettorale anti-M5S, atta anzitutto a disinnescarli. Berlusconi sta al senso dello Stato come Robinho alle quadriplette. Opera per salvare se stesso e in questo è un fenomeno. Il governo Letta sarà un tirare a campare. Un ulteriore arroccarsi dei politicanti nel Parlamento-bunker. Mi si dirà: “L’alternativa è andare al voto, ovvero un’oscenità”. No: persino andare subito al voto sarebbe più onesto. Anche con la stessa legge elettorale. Un pareggio non ci sarebbe, non stavolta. Vincerebbe Berlusconi, si ridimensionerebbe Grillo, crollerebbe il Pd. Brutta prospettiva? Sì. Ma è l’Italia, baby. E quantomeno avremmo un governo Berlusconi evidente e dichiarato, senza questa ipocrisia nauseabonda delle “larghe intese”.
“Il Movimento ha abbassato i toni”. Ma figuriamoci. Dopo lo schiaffo in faccia ricevuto su Rodotà, il M5S farà solo e soltanto opposizione. I toni sono stati abbassati unicamente da Pisolo Crimi e Simpatia Lombardi, che ieri dormivano (e un po’ li capisco) mentre parlava Benjamin Letta. Dopo il caso Rodotà, la rottura tra M5S e Pd è definitiva. Insanabile. Eterna.
“Il Movimento 5 Stelle è in calo”. Bugia a metà. In Friuli la tramvata è stata evidente, pur con tutte le attenuanti, ma agli occhi di molti elettori 5 Stelle la trama degli ultimi giorni ha confermato che Pd e Pdl pari sono o giù di lì. I sondaggi (Swg) li danno al 27 percento. Se questo è un calo, il Pd è già allo stadio di decomposizione. E’ però vero che il M5S è percepito da molti come una forza che sa dire solo di no. E questo, per loro, è un male. Aggiungo poi che esiste nel Movimento un problema di rappresentanza. L’anomalia non è che Mastrangeli sia stato (giustamente) espulso, ma che sia stato (clamorosamente) prima scelto e poi eletto. E a proposito di espulsioni, che – secondo quasi tutta la stampa – sono giuste se le decide il Pd e sinonimo di fascismo se le appluica il M5S: caro Civati, prendi atto che nel Pd sei un corpo estraneo e vola altrove. Magari nel “cantiere della sinistra” a cui sta lavorando Vendola, ampolloso e barocco come sempre ma tra i pochi ad essere risultato coerente e coraggioso negli ultimi giorni. Questa “critica dall’interno” è sterile, pleonastica e alla lunga pure noiosa.
“La stampa deve cooperare”. E’ l’ultima trovata di Re Giorgio e dei suoi prodi discepoli (quasi tutti), Scalfari e derivati in testa. L’intoccabilità di Napolitano ha ormai del leggendario. Ho rispetto della persona, e della sua età, come lo ho per la memoria storica. Il migliorista Napolitano è sempre stato un “comunista di destra”. Gaber, quelli come lui, li chiamava “grigi compagni del Pci”. Napolitano è quello che appoggiò i cingolati sovietici contro la rivolta ungherese (salvo poi dire decenni dopo che “Mi sono sbagliato, aveva ragione Nenni”), quello che attaccò Berlinguer (Enrico) sulla questione morale, quello che a fine 2011 ci ha imposto Monti allungando la vita politica di Berlusconi (e rafforzando involontariamente Grillo); è quello del “non ho sentito il boom”, delle telefonate a Mancino, delle firme alle leggi vergogna. Capisco la stima, ma Pertini era un’altra cosa. Come lo è il giornalismo. Che non deve “cooperare”, ma raccontare e talvolta denunciare. L’invito a cooperare di Napolitano, dopo l’orrore dello scorso weekend (tra i più neri nella storia della Repubblica italiana), mi ricorda l’adagio del “ci pisciano in testa e poi dicono che piove”. Si ha la sensazione che qualcuno ci abbia conficcato ben bene l’ombrello di Altan. E che quel qualcuno, adesso, ci dica “Ehi, non lamentarti, altrimenti sei un irresponsabile”. Un po’ troppo, come masochismo.
Il Pd avverte i dissidenti «Chi vota contro è fuori».
Il partito teme la fronda di chi non vuole fare nascere un governo con Berlusconi.
L’esperienza insegna. Dopo Franco Marini e Romano Prodi, il Pd corre ai ripari per evitare che anche Enrico Letta cada sotto il fuoco amico dei franchi tiratori. Ufficialmente sono 21 i membri della Direzione del partito che martedì hanno votato contro o hanno preferito non esprimersi sulla scelta di far nascere un esecutivo insieme a Silvio Berlusconi. Ma tra i parlamentari democratici (non tutti fanno parte della Direzione ndr ) i contrari al cambio di linea sono sicuramente di più.
Alcuni, probabilmente, si lasceranno convincere dall’aut aut posto da Giorgio Napolitano («non c’è alternativa»), altri invece continuano da giorni a ribadire la propria posizione. Minacciando di non votare la fiducia quando l’esecutivo guidato da Letta e composto da ministri provenienti dalle file del centrodestra si presenterà davanti alle Camere.
Lo dice chiaramente il deputato Pippo Civati intervistato dal Fatto Quotidiano : «L’ipotesi di governissimo è quella che abbiamo sempre escluso e ora si fa un super governissimo. Al massimo potevo accettare un esecutivo di scopo. Se le cose restano come in questo momento non voterò la fiducia».
Sulla stessa linea la senatrice Laura Puppato che, intervistata da Repubblica , rilancia: «Se ci sono Alfano e Schifani, allora non posso dare la fiducia. Diventa un problema di coscienza. I nomi che arrivano dal Pdl sembrano una provocazione, soprattutto perché a Berlusconi interessano il dicastero della Giustizia e tutti quei ministeri utili alle sue attività per le leggi ad pesonam. Berlusconi non ha senso dello Stato e del Paese. E non è una posizione preconcetta o una faziosità, ma ne abbiamo una lunga esperienza».
«Letta dovrebbe sfidarli su un governo di scopo e basta - insiste -. Il rischio resta quello che abbiamo paventato in più persone nella Direzione del partito: il centrodestra a questo punto chiederà il via libera per altrettante figure politiche. E del resto se il Pdl avesse subito offerto personalità di innovazione non staremmo qui a parlare e non avremmo perso tutto questo tempo».
Insomma i distinguo non mancano. E lo stesso Capo dello Stato ne era ben consapevole quando, per evitare di radere al suolo ciò che restava del Pd, ha deciso di rinunciare a Giuliano Amato per puntare sul vicesegretario. Un modo per vincolare anche i più scettici al principio di lealtà nei confronti di chi guida il partito.
Ma al momento lo scetticismo rimane. Al punto che c’è chi avverte i dissidenti sui rischi della loro posizione. «Nessuna minaccia ai colleghi - spiega il lettiano Francesco Boccia intervenendo telefonicamente a SkyTg24 -, ma ci sono delle regole che vanno rispettate ed è chiaro che chi non dovesse votare la fiducia al governo sarebbe fuori dal partito». Parole che scatenano l’immediata reazione di Civati: «Chi non è d’accordo va ascoltato, non espulso. A cominciare dai 101 che non hanno votato Prodi, che sarei felice di conoscere».
Ma Boccia non è l’unico sostenitore della linea dura. Con lui anche Dario Franceschini, Debora Serracchiani e il capogruppo alla Camera Roberto Speranza. Tutti sottolineano la necessità di evitare altri colpi di testa. Anche perché il voto di fiducia al governo è palese e i Democratici, dopo i richiami di Napolitano, non possono permettersi altri passi falsi. «Io vorrei davvero che questi franchi tiratori si palesassero - sottolinea Serracchiani -, si presentassero e naturalmente uscissero dal mio partito perché non credo che ci siano le condizioni per andare avanti insieme».
Mentre Boccia ribadisce: «La richiesta del rispetto delle regole, almeno di quelle che ci siamo dati tutti insieme, avanzata da me e da molti altri esponenti del nostro Partito, non può e non deve essere mai considerata come una minaccia». Meglio chiamarlo un «avviso». E come insegna la saggezza popolare: uomo avvisato...
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