domenica 3 novembre 2013

Dai consulenti ai portaborse, più di un milione di persone vivono di politica. - Salvatore Cannavò

Dai consulenti ai portaborse, più di un milione di persone vivono di politica


Non ci sono solo gli eletti in Parlamento e negli enti locali. Secondo uno studio della Uil, coloro che traggono una fonte durevole di guadagno da ruoli legati all'amministrazione pubblica sono in 1.128.722. E i costi, diretti e indiretti, ammontano a 23,9 miliardi.

Un milione di persone. Nemmeno Max Weber, quando scriveva ’La politica e la scienza come professioni’ pensava ci si potesse spingere a tanto. Il grande sociologo tedesco scriveva infatti nel 1919: “Si vive ‘per’ la politica oppure ‘di’ politica”. Chi vive ‘per’ la politica costruisce in senso interiore tutta la propria esistenza intorno ad essa” […] Mentre della politica come professione vive colui che cerca di trarre da essa una fonte durevole di guadagno”.
Secondo uno studio della Uil, invece, coloro che cercano “di trarre dalla politica una fonte durevole di guadagno” sono più di un milione: 1.128.722. Un “paese nel paese” ma non nella forma poetica in cui Pier Paolo Pasolini definiva il Pci. Piuttosto “un mondo a sé”, come lo descrive il segretario confederale della Uil, Guglielmo Loy che ha curato la ricerca. La cifra viene ricavata sommando voci tra loro diverse ma tutte legate alla politica: gli eletti e gli incarichi di Parlamento e governo (1.067) quelli nelle Regioni (1.356),nelle Province (3.853) o nei Comuni (137.660). L’incidenza delle cariche elettive sul numero totale non è molto alta, il 12%.
La forza del sottoboscoI numeri si fanno più forti man mano che ci si addentra nel sottobosco: i Cda delle aziende pubbliche ammontano, infatti, a 24.432 persone; si sale a 44.165 per i Collegi dei revisori e i Collegi sindacali delle aziende pubbliche; 38.120 sono quelli che lavorano a “supporto politico” nelle varie assemblee elettive. I numeri fondamentali della ricerca sono riscontrabili nelle due ultime voci, quelle decisive: 390.120 di“Apparato politico” e 487.949 per “Incarichi e consulenze di aziende pubbliche”. “Quest’ultimo dato si basa su numeri certi e verificati” assicura Loy, mentre quello relativo agli “apparati” costituisce una “stima della stessa Uil ma una stima attendibile”. Nella nota metodologica, infatti, il sindacato spiega che i numeri derivano da banche dati ufficiali e da quello “che ruota intorno ai partiti” (comitati elettorali, segreterie partiti, collegi elettorali, “portaborse”, ecc.”. Loy la spiega così: “Ventimila voti di preferenza non sono il risultato solo di un voto ideologico ma espressione di relazioni concrete”. E, in tempi in cui l’ideologia è fortemente in crisi, “si affermano gli interessi e la spinta ad aumentare il proprio tenore di vita, l’affermazione di un sistema economico”.
La politica si fa industria, quindi. E il dato è riscontrabile nei numeri. Si pensi al costo dei CdA dei quasi settemila enti e società pubbliche: si tratta di 2,65 miliardi mentre per “incarichi e consulenze” la cifra è di oltre 1,5 miliardi di euro. Stiamo parlando di gente che lavora, ovviamente. Alcuni di loro, come i dipendenti di Rifondazione comunista, sono anche finiti in cassa integrazione oppure, come in An, licenziati. “Ma non hanno fatto alcuna selezione pubblica, non hanno seguito nessun merito” commenta Loy, “e vengono pagati con soldi di tutti”. Parliamo di collaborazioni dirette nei vari ministeri, assessorati, consigli elettivi, incarichi elargiti da questo o quel politico di turno. Oltre ai Francesco Belsito, Franco Fiorito, ai diamanti della Lega, alle ricevute di Formigoni o alle consulenze di Alemanno, gli esempi possono essere tutti leciti ma del tutto interiorizzati dalla politica.
I vari ministeri hano speso, nel 2012, oltre 200 milioni per collaborazioni dirette. Tra i dicasteri più attivi, gli Interni, l’Economia e Finanze, la Difesa e la Giustizia. Del ministero diretto da Alfano ci occupiamo a parte. Il Mef dispensa centinaia di incarichi nelle società partecipate. Alla Difesa, il ministro dispone di ben 18 collaboratori quanti ne ha quello della Giustizia. Gli incarichi sono quasi tutti di pertinenza politica. Come proprio addetto stampa, ad esempio, il ministro ha la stessa persona che ha lavorato per Pierferdinando Casini dal 2006 al 2013 e prima, ancora, con l’Udc Vietti, attuale videpresidente del Csm. Una “ricollocazione” avvenuta tutta nei rapporti della politica.
Fedeli al ministroNell’Ufficio di gabinetto troviamo l’autrice di un libro, Guerra ai cristiani, troppo presto dimenticato e scritto insieme allo stesso Mauro. Più esemplare è il caso del “Consigliere per gli affari delegati, del Sottosegretario di stato alla Difesa On. dott. Gioacchino Alfano”, Nicola Marcurio. L’interessato ha iniziato la carriera politica nel Comune di Sant’Antonio Abate, dove organizzava le iniziative religiose per il Giubileo. Diviene consigliere comunale nel 2000 e di nuovo nel 2005. Poi va a lavorare presso il Commissariato per l’emergenza di Pompei, da lì alla Protezione civile per il G8 dell’Aquila. Finisce al ministero come consigliere di Gioacchino Alfano il quale, guarda caso, è stato sindaco proprio di Sant’Antonio Abate. L’altro sottosegretario, Roberta Pinotti, Pd, tiene nel proprio staff Pier Fausto Recchia, deputato non rieletto alle ultime elezioni e quindi ricollocato. Tra i collaboratori del ministro della Giustizia, Cancellieri, troviamo Roberto Rao, già deputato, non rieletto, e già portavoce di Casini ma anche Luca Spataro, già segretario Pd di Catania. Se un deputato non viene rieletto gli si trova un nuovo incarico. Come a Osvaldo Napoli, pidiellino molto presente in tv, bocciato lo scorso febbraio e oggi vicepresidente dell’Osservatorio Torino-Lione. Moltiplicando questi casi per l’intero numero delle cariche elettive si può avere un’idea del fenomeno. Alla Regione Lazio, il presidente Zingaretti dispone di un ufficio stampa con ben dieci addetti mentre in Lombardia, i consulenti della Regione sono passati, con la gestione Maroni, da 57 a 93, tutti riscontrabili sul sito ufficiale. Per questa voce l’ente regionale spende 2,6 milioni di euro l’anno. L’esercito della politica vive e si autoalimenta così.
Un tesoretto da 10,4 miliardi
Secondo lo studio della Uil i costi della politica, diretti e indiretti, ammontano a circa 23,9 miliardi di euro. Per il funzionamento degli organi istituzionali si spendono 6,4 miliardi di euro, le consulenze e il funzionamento organi delle società partecipate 4,6 miliardi di euro, per altre spese (auto blu, personale di “fiducia politico” ecc) 5,8 miliardi di euro, per il sistema istituzionale 7,1 miliardi di euro. La somma che equivale al 11,5% del gettito Irpef pari a 772 euro medi annui per contribuente. La Uil quantifica in almeno 7,1 miliardi di euro i risparmi possibili con “una riforma per ammodernare e rendere più efficiente il nostro sistema istituzionale”. Tra le proposte, l’accorpamento “degli oltre 7.400 comuni al di sotto dei 15 mila abitanti”, con un risparmio di circa 3,2 miliardi. Se le Province “si limitassero a spendere risorse soltanto per i compiti attribuiti dalla Legge”, il risparmio sarebbe di 1,2 miliardi. “Con una più ‘sobria’ gestione del funzionamento degli uffici regionali”, si potrebbero risparmiare 1,5 miliardi di euro mentre 1,2 miliardi di euro l’anno potrebbero arrivare da una razionalizzazione del funzionamento dello Stato centrale. Aggiungendo a questi, una riduzione del 30% dei costi di funzionamento delle istituzioni si potrebbe arrivare a 10,4 miliardi di risparmi annui.

sabato 2 novembre 2013

Cancellieri, e Giulia Ligresti disse: “Il figlio ha distrutto tutto ma è talmente protetto”. - Giovanna Trinchella

Cancellieri, e Giulia Ligresti disse: “Il figlio ha distrutto tutto ma è talmente protetto”

La figlia di don Salvatore al telefono: "E' stato messo dalle banche e si è preso cinque milioni". Sulla buonuscita di Peluso l'ex ad Marchionni Fonsai (oltre 10 milioni per lui, ndr) intercettato e preoccupato perché Report sta preparando una puntata sulle onorificenze dice: "E per me verrà fuori l'azienda ha fatto crack, lui si è messo in tasca questi soldi magari il figlio della ministra se n'è messi in tasca di più di me...". Procura di Milano e Torino valutano ruolo.

Uno “messo lì dalle banche”, uno “che ha distrutto tutto”, uno “talmente protetto” che dopo aver incassato “cinque milioni e mezzo” da FonSai “figurati cosa gli daranno in Telecom”. E’ il ritratto che Giulia Maria Ligresti, ex vice presidente del CdA della società assicurativa, fa di Piergiorgio Peluso, figlio del ministro Anna Maria Cancellieriche per 14 mesi di lavoro da direttore generale aveva incassato nell’ottobre dell’anno scorso 3,6 milioni di euro solo di buonuscita.
Chissà cosa penserà la Guardasigilli finita nella bufera proprio per essersi messa a disposizione della famiglia siciliana per aiutare Giulia (detenuta e malata ma poi scarcerata) di questa fotografia del figlio. Certo è che il manager, 45 anni, bocconiano, ora dirigente finanziario Telecom, ha proseguito “a intrattenere rapporti con alcuni dirigenti del Gruppo, interessandosi sia alle vicende giudiziarie che di quelle societarie” anche molto dopo il suo addio d’oro. Il report delle Fiamme Gialle in cui si sottolineano questi contatti è del 29 agosto, Giulia viene scarcerata il 28. 
Eppure il 19 ottobre dell’anno prima la Ligresti parlava così del figlio della ministra “…omissis… sto Peluso che è entrato da noi un anno, è uscito con cinque  - rivela al telefono a una amica – ieri gli hanno deliberato in consiglio la buona uscita di cinque milioni e mezzo capito? Tutto è stato deciso dalla banche, noi ci fanno il mazzo, infatti c’era lì una persona che lì con mio papà, diceva, se quel nome o quei soldi fossero stati deliberati per te o per me o per Paolo, per qualcuno, il giorno dopo dal consiglio veniva fuori una denuncia, per questo qui che è entrato, ha distrutto tutto eh, è venuto ha avuto il mandato come se tu entri in una azienda svalorizzi tutto, distruggi tutto, fai in modo che, che uno se la può prendere zero, e pi si vedeva che era uno mandato, è uscito appena fatta con cinque milioni e mezzo”.  A inviare Peluso per un tentativo di salvataggio è Unicredit detentrice del 6,6 per cento della compagnia assicurativa. Una operazione impossibile o quasi visto che lo stesso top manager confessa ai pm che lo chiamano a testimoniare che la compagnia non ha abbastanza riserve. La fusione con Unipol va avanti nonostante tutto. Poi Peluso va via con un piccolo tesoretto considerato che la società aveva 800 milioni di buco.
Sul compenso di Peluso ha qualcosa da dire anche l’ex ad di FonSai, Fausto Marchionni. Al telefono con Alberto Alderisio, vicino alla famiglia Ligresti, si sfoga raccontandogli che di aver declinato l’invito della trasmissione Report sulle onorificenze. Il cavaliere del Lavoro Marchionni (che ha incassato come buonuscita 10 milioni stando alle cronache dell’epoca, ndr) ha paura che intervenire possa essere boomerang: “E per me verrà fuori l’azienda ha fatto crack, lui si è messo in tasca questi soldi magari il figlio della ministra se n’è messi in tasca di più di me ma ce lo dimentichiamo e… verrà fuori qualcuno! Ma te lo faccio sapere! Bah insomma, speriamo, speriamo!”. L’interlocutore non ha dubbi: “Na sai il figlio della ministra, ma intanto questo lo sanno cani e porci, tanto gliel’ha dati non certo eh….ma glieli ha dati Unpiol…eh sì Unipol”.
Su Peluso si concentrano anche i dubbi della pm di Torino quando disponendo l’intercettazione del suo cellulare si chiedono se sia stato “il promotore di quella che è stata una vera e propria "pulizia di bilancio" oppure abbia agito “con l’intento di escludere l’azionista di riferimento (famiglia Ligresti) ovvero abbia fatto emergere lacune (e quindi falsità) relative ai bilanci relativi agli esercizi precedenti”. Il manager ha ricoperto il ruolo di dg nel periodo “più delicato” attraversato da FonSai, coinciso con la chiusura di bilancio 2011 che ha registrato una perdita di oltre un miliardo di euro. Nel documento i pm Vittorio Nessi e Marco Gianoglio spiegano è necessario intercettarlo in considerazione del suo ruolo ruolo e “anche alla luce delle relazioni che Peluso ancora intrattiene con alcuni indagati (ed in particolare con Emanuele Erbetta, ad di Fonsai nel periodo di interesse”. Non solo la Procura di Torino si interessa a Peluso; il pm di Milano Luigi Orsi  sta vagliando il suo ruolo nell’ingresso del fondo Amber nel capitale della compagnia assicurativa. 

giovedì 31 ottobre 2013

Spazio minimalista.



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Ligresti, la Cancellieri al telefono: “Qualsiasi cosa possa fare conta su di me”.

Anna Maria Cancellieri


Telefonate del ministro con i fratelli della famiglia siciliana. Poi chiamate al dipartimento per l'amministrazione penitenziaria per "sensibilizzarli" sulla scarcerazione della figlia dell'ingegnere. Il Movimento 5 Stelle contro la Guardasigilli: "Smentisca o si dimetta". Torna a far discutere la buonuscita d'oro che il figlio incassò da Fondiaria Sai.

“Comunque guarda, qualsiasi cosa io possa fare conta su di me, non lo so cosa possa fare però guarda son veramente dispiaciuta”. Così Annamaria Cancellieri, ministro della Giustizia, si è rivolta a Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti, in una telefonata il 17 luglio scorso, a poche ore dall’arresto nei confronti dell’ingegnere e dei suoi tre figli coinvolti nell’inchiesta della Procura di Torino. “Se tu vieni a Roma, proprio qualsiasi cosa adesso serva, non fate complimenti guarda non è giusto, non è giusto”, ha aggiunto la Cancellieri al telefono con Fragni.
Il ministro “sensibilizza” per la scarcerazione
Per chiedere la scarcerazione di Giulia Maria Ligrestiin carcere da luglio nell’inchiesta FonSai, è intervenuto poi lo zio Antonio, con una nuova chiamata al ministro. Non si è fatta attendere la risposta della Cancellieri, che – come lei stessa ha ammesso ai magistrati – ha parlato a due vice capi del dipartimento per l’amministrazione penitenziaria per “sensibilizzarli” sul fatto che Giulia soffriva di anoressia. E il 28 agosto si sono aperte le porte del carcere per fare uscire la figlia dell’ingegnere, undici giorni dopo la telefonata di Antonio Ligresti.
“Si è trattato di un intervento umanitario assolutamente doveroso in considerazione del rischio connesso con la detenzione”, ha spiegato il ministro davanti al procuratore aggiunto, Vittorio Nessi, per giustificarsi. E ha aggiunto: “Essendo io una buona amica della Fragni da parecchi anni ho ritenuto, in concomitanza degli arresti, di farle una telefonata di solidarietà sotto l’aspetto umano”.
Il Movimento 5 Stelle: “Smentisca o si dimetta”
La prima reazione politica è dei senatori di Sel Loredana De Petris e Peppe De Cristofaro, che hanno chiesto al ministro di presentarsi al più presto nell’aula del Senato per fare chiarezza. “L’intervento della Cancellieri a favore della scarcerazione di Giulia Ligresti per anoressia presenta aspetti molto discutibili e inquietanti che devono essere chiariti sul piano politico e non solo su quello giudiziario”, hanno affermato in una nota, ritenendo “grave che l’intervento in questione sia stato richiesto da una telefonata privata e che abbia riguardato una classica detenuta eccellente”.
E’ intervenuto poi anche il Movimento 5 Stelle. “I membri della commissione Giustizia del M5S chiedono alla Cancellieri di smentire la notizia. Diversamente, nel caso in cui, quindi, abbia effettivamente fatto pressione sul Dap per la scarcerazione di un detenuto eccellente, il ministro deve assumersi le proprie responsabilità e rassegnare immediatamente le dimissioni da Guardasigilli”.
La buonuscita d’oro del figlio Peluso da FonSai
La vicinanza tra il ministro e la famiglia Ligresti, d’altronde, è un fatto noto. Il figlio della Cancellieri, Piergiorgio Peluso, ha incassato nel 2012 una buonuscita di 3,6 milioni di euro dopo un anno di lavoro come direttore generale della compagnia assicurativa Fondiaria Sai. L’attuale direttore finanziario di Telecom, vissuto a lungo in una casa del centro di Milano di proprietà del gruppo Fondiaria, era entrato nella società nel maggio del 2011, dopo essere stato responsabile del Corporate & Investment banking di Unicredit per l’Italia, posizione dalla quale aveva trattato l’esposizione delle società della famiglia siciliana verso l’istituto di Piazza Cordusio.
E ora i nodi tornano al pettine. La Procura di Torino, secondo la ricostruzione di Repubblica, si è accorta esaminando i tabulati telefonici della famiglia Ligresti che ci sono stati diversi contatti con la Cancellieri, fin dal giorno degli arresti di Giulia. In una di queste telefonate la compagna di Salvatore Ligresti, Gabriella Fragni, ha suggerito al cognato di contattare il ministro come ultimo tentativo, visto che la situazione della figlia Giulia non trovava soluzione. E la stessa Fragni ha confermato la chiamata, rimasta impigliata nella rete delle intercettazioni.
La Cancellieri ha quindi ammesso di avere “sensibilizzato i due vice capi del Dap, Francesco Cascini eLuigi Pagano, perché facessero quanto di loro stretta competenza per la tutela della salute dei carcerati”, chiarendo in un secondo momento che il suo interessamento era stato per un carcerato soltanto, Giulia Maria Ligresti, che pochi giorni dopo è andata agli arresti domiciliari. Il tribunale di Torino aveva accolto all’inizio di settembre il patteggiamento a due anni e otto mesi di reclusione e 20mila euro di multa, un mese dopo che, nonostante il parere favorevole dei pm alla scarcerazione di Giulia alla luce delle sue condizioni di salute, il gip Silvia Salvadori aveva confermato la custodia cautelare per il pericolo di fuga.
Intanto il legale di Giulia Ligresti, l’avvocato Alberto Mittone, ha fatto sapere che “fu la stessa Procura di Torino a interessarsi alle condizioni di salute della donna, tanto che aveva disposto un accertamento medico“, ricordando che anche il procuratore capo Gian Carlo Caselli si preoccupò delle condizioni di salute.
I prefetti a busta paga nella storia dei Ligresti
Non è la prima volta che i riflettori sono puntati sui legami dei Ligresti con il mondo della politica. E non solo. La famiglia siciliana è stata un punto di riferimento negli anni per amici e parenti. Banchieri, avvocati, professionisti vari, perfino prefetti della Repubblica, che dall’ingegnere di Paternò hanno ricevuto case, incarichi professionali e societari con tanto di lauti compensi, a volte milionari. Ne sa qualcosa il catanese Filippo Milone, che ha sempre lavorato nelle società immobiliari dei Ligresti. Il padre di Milone, Antonino, era viceprefetto a Milano una cinquantina di anni fa, quando il futuro padrone di Fondiaria concluse i primi affari immobiliari nella città.
Da Milone padre si arriva fino alla Cancellieri, che ha lavorato a lungo alla prefettura della metropoli, collaborando anche con l’allora prefetto Enzo Vicari, che una volta lasciati gli incarichi pubblici, diventò amministratore di alcune società del gruppo Ligresti. Dopo Vicari, morto nel 2004, un altro ex prefetto milanese, Bruno Ferrante, trovò lavoro nella galassia Ligresti. E anche Gian Valerio Lombardi, ex prefetto di Milano e oggi commissario di Aler Milano, ha ottimi rapporti con la famiglia. In particolare suo figlio Stefano, avvocato, è grande amico dei figli di Ligresti. Si arriva così all’anno scorso, con la liquidazione d’oro incassata dal figlio della Cancellieri dopo l’uscita da FonSai.

Ciò che hanno detto oggi su ciò che sta accadendo. - Sergio Di Cori Modigliani



Mini rassegna stampa su dichiarazioni ufficiali nella giornata di oggi:

Fabrizio Saccomanni, Ministro dell'economia: "L'attività economica si é finalmente stabilizzata, avviandosi verso una graduale ripresa e vediamo la luce in fondo al tunnel, a conferma del trend economico nel nostro paese....la contrazione del Pil nel 2013 risulta pari all'1,8% (a fronte del -1,7% stimato nel Def) ma per il 2014  si confermano le prospettive di ripresa dell'attività economica dato che il Pil registrerà una crescità dell'1,1%. La crescita del prodotto interno lordo si porterà su livelli ancora superiori visto che raggiungeremo il 2% nel 2017".

Mario Draghi, Presidente BCE: "La recessione è ufficialmente conclusa nella zona euro, con l'unica eccezione dell'Italia che soffre ancora, e sia quest'anno che il prossimo -a meno che non intervengano subito delle eccezionali e subitanee manovre- l'Italia segnerà, unico paese in Europa, un netto rallentamento e arretramento, in contro tendenza rispetto alla ripresa".

Enrico Letta, Presidente del Consiglio: "Le chiare parole di Saccomanni ispirano fiducia e ci confermano che siamo sulla buona strada. Il governo, grazie al proprio ottimo lavoro, è stato in grado di portare il paese definitivamente fuori dalle sacche della recessione. La ripresa è ormai a portata di mano. I numeri ci confortano e ci danno ragione".

Christine Lagarde, Segretaria Fondo Monetario Internazionale: "Confermiamo con viva preoccupazione lo stato negativo dell'economia in Italia che segnala un ulteriore arretramento e anche per il 2014 -quantomeno per i primi sei mesi- indica una diminuzione del pil, un peggioramento dei conti pubblici, e una situazione di allarmante stagnazione".

Sul Corriere della Sera di oggi il giornalista Fabrizio Massaro ci informa che la Guardia di Finanza ha sequestrato 45 milioni di euro da conti privati illeciti di tutti i dirigenti del Monte dei Paschi di Siena, nessuno dei quali è stato in grado di dimostrare la provenienza di quei fondi. Dice Massaro: "Sarebbe di oltre 45 milioni il tesoro della presunta «banda del 5%» che operava dentro Mps, frutto delle operazioni finanziarie realizzate dall'area finanza guidata da Gianluca Baldassarri. La «banda» avrebbe messo in atto «operazioni di trading realizzate fraudolentemente con il broker Enigma» che avrebbe retrocesso ad alcuni manager e funzionari della banca parte delle commissioni incassate.
Ma, secondo fonti investigative, oltre ad Enigma potrebbero esserci anche altri intermediari coinvolti nella presunta truffa: alla sola Enigma la banca senese ha pagato in totale 6,6 milioni di commissioni, di cui 5,9 milioni nel biennio 2008-2009. Dunque la domanda degli inquirenti è: da dove arrivavano gli altri milioni di euro nei conti degli indagati? Il sospetto è che ci siano altre strutture simili ad Enigma cui Baldassarri e gli altri dirigenti dell'area Finanza si sarebbero appoggiati, come per esempio la svizzera Lutifin (su cui è in corso un'inchiesta a Milano)"

Senatore Renato Schifani: "Con il voto palese al Senato, è suonata a morto la democrazia parlamentare che non esiste più. Hanno cambiato il regolamento per interpretarlo a uso e consumo del PD e colpire con assoluta certezza Silvio Berlusconi, uno statista, un grande leader politico, innocente e perseguitato. Sui libri di Storia verrà raccontata l'intera vicenda. La giornata di oggi non potrà non avere conseguenze. Daremo risposte concrete con il massimo della determinazione".

Beppe Grillo, leader M5s: "La decadenza di Berlusconi sarà decisa con il voto palese come ha richiesto fin dal primo giorno il MoVimento 5 Stelle. La trasparenza è la nostra stella che illumina il buio e oggi si è accesa. L'incessante lavoro del M5S e gli ultimi due giorni di fiato sul collo in Parlamento sono serviti".

Senatore Silvio Berlusconi: "Se Letta volesse, avrebbe, ancora oggi, un'autostrada per risolvere il problema: basterebbe far approvare una norma interpretativa di una riga, in una pagina specifica, che chiarisca la irretroattività e la non applicabilità della Legge Severino. Letta dica sì o no. Il futuro del governo dipende da questo".

Ingegnere Carlo De Benedetti: "Se i capitani coraggiosi sono Colannino e Tronchetti Provera, allora io preferisco le partecipazioni statali. Sono entrambi delle persone dotate di strategie industriali pari a zero assoluto. Colannino ha utilizzato la cassa dell'Olivertti dando inizio alla distruzione di Telecom. Tale distruzione è stata conseguita con grande intensità e incapacità totale da parte di Tronchetti Provera".

Ingegnere Marco Tronchetti Provera: "Se De Benedetti vuole contestare qualcosa sono a disposizione per eventuali sue rettifiche. Mi confronto sui fatti non sugli insulti. La storia delle persone e delle aziende si deve raccontare guardando i fatti in modo oggettivo e rispettandoli. Se anche io raccontassi la storia delle persone attraverso i luoghi comuni e gli slogan potrei dire con tranquillità che l'ingegnere De Benedetti è stato molto discusso per certi bilanci di Olivetti, per lo scandalo legato alla vendita di apparecchiature alle Poste Italiane, che fu allontanato dalla Fiat, coinvolto nella bancarotta del Banco Ambrosiano, che finì dentro la vicenda di Tangentopoli. Invece non lo faccio, perchè sarebbe sbagliato. Questo paese ha bisogno di altro".

La Procura generale di Taranto chiude l'inchiesta sull'Ilva e manda a giudizio 53 personalità politiche e imprenditoriali, tra cui il Presidente della Regione Puglia.
Dice Nichi Vendola: "In questo momento di grave turbamento ci tengo a precisare che nessuna ombra grava, e a nessun titolo, sull'amministrazione regionale in relazione alla questione dell'Ilva. Sono sereno".

Il senatore del PDL, Maurizio Gasparri, alla trasmissione su La7 "L'aria che tira" confessa, con candore, che è stata violata la Costituzione, che il PDL e il PD insieme hanno fatto un golpe e hanno "eletto" come capo del governo Giorgio Napolitano. Una vera chicca d'annata per ogni democratico.


Per farvi rinfrancare lo spirito e riderci su, vi propongo un video pubblicitario (in Usa è diventato un must to see) che reclamizza un'azienda californiana che produce cioccolatini.
http://vitaminl.tv/video/179?ref=rcm Si chiama: "why men should always carry chocolate" (perchè gli uomini dovrebbero sempre portarsi appresso dei cioccolatini).

Buona giornata a tutti, dopotutto siamo in Italia.

http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/

Giustizia, responsabilità civile dei magistrati: cosa ci chiede davvero l'Europa. - Claudio Forleo

Tribunale

Da anni ormai sentiamo i politici italiani, soprattutto i più vicini a Berlusconi, sostenere la necessità di mettere mano alla responsabilità civile dei magistrati, perchè "ce lo chiede l'Europa". Ieri anche Matteo Renzi è tornato sull'argomento, come già fatto alla Leopolda, chiedendo una riforma che rispetti gli "standard europei".

Ai politici conviene giocare su un equivoco, che in molti (per questioni elettorali) non chiariscono: cosa ci chiede davvero l'Europa? 
Una legge che regola la responsabilità civile dei magistrati esiste da 25 anni. E' la cosiddetta legge Vassalli, la 117 del 1988, emanata sulla scia del referendum del 1987.  Cosa prevede: chi è vittima di provvedimenti giudiziari contraddistinti da "grave violazione di legge, affermazione di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento, negazione di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento, emissione di un provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione" ha diritto ad un risarcimento.
Da chi? Dallo Stato, il quale può rivalersi sul magistrato nel caso in cui si sia macchiato di "dolo" (detto barbaramente: l'ha fatto apposta) o"colpa grave" (negligenza). Ha diritto al risarcimento "chi ha subìto un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell'esercizio delle sue funzioni ovvero per diniego di giustizia". Per diniego di giustizia si intende chi è vittima di "omissioni o ritardi ingiustificati nelle sentenze o in altri provvedimenti".  "La misura della rivalsa - prosegue ancora la legge - non può superare una somma pari al terzo di una annualità dello stipendio, al netto delle trattenute fiscali, percepito dal magistrato al tempo in cui l'azione di risarcimento è proposta". 
Altro punto che è meglio chiarire: se ad esempio l'imputato viene condannato in primo grado, ma assolto in Appello, in assenza di dolo o colpa grave è molto difficile parlare di errore giudiziario. E' fisiologico che nel sistema italiano, contraddistinto da tanti (troppi?) gradi di giudizio, le prove possano essere valutate diversamente. Ed è improprio, come ha fatto Renzi alla Leopolda, partire dal caso Scaglia (assolto nella vicenda Telecom Sparkle - Fastweb) per agitare l'ennesima richiesta di riformare la giustizia e infilarci poi la questione 'responsabilità dei magistrati'.  A meno che non dimostri che i pm che lo hanno indagato, chiesto il rinvio a giudizio e la custodia cautelare, così come i vari giudici che hanno avallato quelle richieste, abbiano violato le leggi in vigore.
Renzi non è nuovo a questo genere di scivoloni in materia di giustizia. Nel 2012, a proposito del caso Mills, fece passare l'ennesima prescrizione perBerlusconi come una vittoria dell'ex Cavaliere. Sempre su B, dopo il rinvio a giudizio per la compravendita di senatori, ci ha informati che lui sapeva già tutto, perchè dall'ex premier potevamo aspettarci un comportamento del genere. Pm e giudice in una sola persona, prima ancora che il processo venga celebrato, alla faccia del presunto garantismo sbandierato su Scaglia.
Ma torniamo alla responsabilità civile dei magistrati. La Corte di Giustizia Europea ha emesso due sentenze (2006 e 2011), in cui viene affrontato l'argomento della 'responsabilità degli Stati membri dell'Unione Europea', chiamati a risarcire i danni "causati ai cittadini da manifeste violazioni del diritto comunitario da parte di un giudice". In sostanza l'Europa ci chiede di modificare la legge Vassalli, perchè 'limiterebbe' la platea di chi ha diritto a chiedere un risarcimento, non essendo oggi applicabile alle violazioni del diritto comunitario. Ma fa riferimento alla sola 'responsabilità diretta dello Stato", non dei singoli magistrati che fanno parte dell'Ordine giudiziario, un potere dello Stato.
Anche l'ultima lavata di capo (settembre 2013) arrivata dalla Commissione Europea, ci intima di modificare l'articolo in questione, altrimenti andremo incontro a sanzioni. Tanto le sentenze della Corte che l'ultimo 'avviso' della Commissione sono stati utilizzati dal Pdl come clava per attaccare sul fronte giustizia, utilizzando però argomenti che poco o nulla hanno a che fare con il merito della questione. In primo luogo, come abbiamo visto, non è vero che in base alla legge "i magistrati che sbagliano, non pagano". E se commettono reati, vengono indagati e processati (non godono di 'scudi' o immunità) Se incappano in infrazioni disciplinari, il Csm (organo di autogoverno della Magistratura) è chiamato a giudicarli.
L'equivoco cui facevamo riferimento è che l'Europa non chiede l'introduzione nel nostro ordinamento della responsabilità diretta dei magistrati. Argomento su cui invece, secondo l'Huffington Post, anche i 'renziani' starebbero discutendo. 
Nel corso degli ultimi anni, i tentativi di far approvare emendamenti che introducevano una "responsabilità diretta di fatto" sono stati numerosi.  Ma è stato proprio il Consiglio d'Europa a sostenere, nella raccomandazione del Comitato dei Ministri agli Stati membri sui giudici n.12 del 2010, adottata il 17 novembre 2010, che "i giudici non devono essere personalmente responsabili se una decisione è riformata in tutto o in parte a seguito di impugnazione".
La legge sulla responsabilità civile dei magistrati può e deve essere migliorata (seguendo le indicazioni dell'Europa). Ha ragione Renzi quando dice di pensare "ad una cosa seria che rappresenti la garanzia migliore per il magistrato serio", ma il rischio è che, visti i precedenti, una riforma venga utilizzata dalla politica, da questa politica, per intimidire la magistratura. 
Introdurre un sistema di responsabilità diretta, offrendo all'imputato che è stato condannato la possibilità di denunciare direttamente il magistrato, creerebbe un evidente cortocircuito. Quanti potenti di turno utilizzerebbero questa arma impropria? Quanti magistrati, dopo aver visto qualche collega sepolto da denunce il più delle volte basate sul nulla, chiuderanno poi un occhio o tutti e due per evitare lo stesso trattamento? Sarebbe il caos, anzi la paralisi di una macchina già lenta. Ma forse è proprio questo quello che vogliono.