E se l'universo non avesse avuto un principio, e il tempo si estendesse indietro all'infinito, senza un big bang che abbia dato inizio alle cose? E' una possibile conseguenza di un'idea chiamata “gravità arcobaleno”, che postula che gli effetti della gravità sullo spazio-tempo si facciano sentire in modo diverso alle diverse lunghezze d'onda della luce, come i diversi colori dell'arcobaleno.
La gravità arcobaleno è stata proposta per la prima volta dieci anni fa come un possibile passo verso la soluzione delle incongruenze tra la teorie della relatività generale (che riguarda il molto grande) e la meccanica quantistica (che riguarda il regno del molto piccolo). Non si tratta di una teoria completa per descrivere gli effetti quantistici sulla gravità, né è ampiamente accettata. Tuttavia, i fisici hanno applicato il concetto al problema di come l'universo potrebbe aver avuto inizio, scoprendo che, se la gravità arcobaleno è corretta, la storia dell'origine dello spazio-tempo può essere drasticamente diversa dallo scenario del big bang.
Secondo la relatività generale di Einstein, gli oggetti massicci deformano lo spazio-tempo in modo tale per cui tutto ciò che viaggia attraverso di esso, inclusa la luce, segue un percorso curvilineo. La fisica standard dice che questo percorso non dovrebbe dipendere dall'energia delle particelle che si muovono attraverso lo spazio-tempo, mentre invece è così secondo la gravità arcobaleno. “Le particelle con energie differenti vedranno effettivamente spazi-tempo diversi e diversi campi gravitazionali”, dice Adel Awad, del Centro di fisica teorica presso la Città della scienza e della tecnologia Zewai, in Egitto, che ha diretto la nuova ricerca, pubblicata a ottobre sul “Journal of Cosmology and Astroparticle Physics”. Il colore della luce è determinato dalla frequenza, e a diverse frequenze corrispondono energie diverse; le particelle di luce (fotoni) dei diversi colori viaggerebbero così su percorsi dello spazio-tempo leggermente differenti, in funzione della loro energia.
Gli effetti di solito sono piccoli, tanto da non poter notare la differenza nella maggior parte delle osservazioni di stelle, galassie e altri fenomeni cosmici. Ma per energie estreme - come nel caso delle particelle emesse dalle esplosioni stellari note come lampi di raggi gamma (gamma-ray burst) - il cambiamento potrebbe essere rilevabile. In simili situazioni, i fotoni di diverse lunghezze d'onda rilasciati dallo stesso gamma-ray burst raggiungerebbero la Terra in tempi leggermente diversi, dopo aver seguito percorsi leggermente alterati nell'arco di miliardi di anni luce di spazio e tempo. “Finora non abbiamo alcuna prova conclusiva che questo stia accadendo”, spiega Giovanni Amelino-Camelia, dell'Università “Sapienza” di Roma, che ha studiato la possibilità di simili segnali. Gli osservatori attuali, però, stanno raggiungendo solo ora la sensibilità necessaria per misurare questi effetti, sensibilità che dovrebbe migliorare nei prossimi anni.
Per quanto ormai rare, le energie estreme necessarie a far emergere conseguenze significative dalla gravità arcobaleno, erano prevalenti nel denso universo primordiale, e questo potrebbe significare che le cose siano cominciate in un modo radicalmente diverso da quanto si tende a pensare. Sulla base di interpretazioni leggermente differenti delle ramificazioni della gravità arcobaleno, Awad e colleghi hanno trovato due possibili origini dell'universo.
In uno scenario, se si ripercorre il tempo all'indietro, l'universo diventa sempre più denso, avvicinandosi a una densità infinita senza però mai raggiungerla. Nell'altro scenario, guardando indietro nel tempo, l'universo arriva a una densità estremamente elevata, ma finita, raggiungendo unplateau. In nessuno dei due casi c'è una singolarità, un punto nel tempo in cui l'universo è infinitamente denso; in altre parole, non c'è un big bang. “Questo è stato, ovviamente, un risultato interessante, perché nella maggior parte dei modelli cosmologici abbiamo una singolarità”, dice Awad. Il risultato suggerisce che forse l'universo non ha avuto alcun inizio, e che il tempo può perdersi in una infinita lontananza.
Anche se è troppo presto per sapere se questi scenari possano corrispondere al vero, sono certamente affascinanti. “Questo articolo e alcuni altri mostrano che questa idea di gravità arcobaleno potrebbe legittimamente aspirare a un posto nella cosmologia, e questo per me è incoraggiante", dice Amelino-Camelia, che non è stato coinvolto nella ricerca, ma ha studiato i contesti teorici che permetterebbero lo sviluppo di una teoria quantistica della gravità. “Nella gravità quantistica stiamo scoprendo sempre più esempi in cui compare la caratteristica che si può chiamare gravità arcobaleno. E' qualcosa che diventa sempre più avvincente.”
Eppure l'idea ha i suoi critici. “E' un modello che non credo abbia a che fare con la realtà”, spiega Sabine Hossenfelder del Nordic Institute for Theoretical Physics di Stoccolma, aggiungendo che non è l'unico modo per togliere di mezzo la singolarità del big bang. “Il problema non è rimuovere la singolarità, il problema è modificare la relatività generale in modo coerente, cioè in modo che produca ancora tutte le sue conquiste e, in più, quelle del modello standard della fisica delle particelle.”
Lee Smolin del Perimeter Institute for Theoretical Physics, in Ontario - che per primo, insieme a Joao Magueijo dell'Imperial College di Londra, ha suggerito l'idea di gravità arcobaleno - dice che, nella sua testa, la gravità arcobaleno fa parte di un'idea più ampia, chiamata località relativa. Secondo la località relativa, osservatori situati in diverse località di tutto lo spazio-tempo non saranno d'accordo sul punto in cui avvengono gli eventi; in altre parole, la posizione è relativa. “La località relativa è un modo più profondo di intendere la stessa idea” di gravità arcobaleno, dice Smolin. Il nuovo articolo di Awad e colleghi, aggiunge, “è interessante, ma prima di credere davvero nel risultato, vorrei riformularlo nel quadro della località relativa. Potrebbero esserci problemi nel modo in cui è scritta la località e dei quali gli autori potrebbero non essere consapevoli.”
Nei prossimi anni i ricercatori sperano di analizzare i lampi di raggi gamma e altri fenomeni cosmici alla ricerca di segni degli effetti della gravità arcobaleno. Se li troveranno, potrebbe significare che l'universo ha una storia più “colorata” di quanto pensato.
(La versione originale di questo articolo è apparsa su scientificamerican.com il 9 dicembre. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 14 dicembre 2013
Spruzzi d’acqua nel cielo d’Europa. - Marco Galliani
Poderosi getti d'acqua sollevati fino a 200 chilometri sopra l'atmosfera della luna ghiacciata di Giove sono stati individuati da un team di ricercatori statunitensi e tedeschi grazie alle riprese del 'solito' Hubble. Giuseppe Piccioni (INAF): "Le lune di Giove possiedono caratteristiche uniche all'interno del Sistema solare. Con la prossima missione JUICE dell'ESA riusciremo a studiare con un livello di dettaglio mai raggiunto questi mondi potenzialmente abitabili".
A prima vista, quelle immagini così sgranate e indistinte di Europa, una delle lune di Giove, che compaiono oggi in un articolo pubblicato su Science Express, non sembrano particolarmente interessanti. Eppure dietro a quei pixel che assumono colori dal celeste chiaro fino al bianco assoluto, potrebbe celarsi una importantissima scoperta: la presenza di pennacchi d’acqua che si stagliano sopra la superficie di Europa, letteralmente sparati verso l’alto fino ad altezze di 200 chilometri e fuoriusciti da qualche frattura nella spessa calotta ghiacciata che avvolge il corpo celeste.
Le riprese dei presunti ‘geyser’ d’acqua sono state ottenute nella banda di radiazione ultravioletta dal telescopio spaziale Hubble con il suo spettrografo STIS (Space Telescope Imaging Spectrometer) nel corso di alcune osservazioni effettuate tra novembre e dicembre del 2012. Lorenz Roth, ricercatore della Southwest Research Institute negli USA e Joachim Saur dell’Istituto di Geofisica e Meteorologia di Colonia in Germania, insieme al loro team hanno individuato in quelle immagini delle anomale abbondanze di ossigeno e idrogeno al di sopra di due differenti regioni nell’emisfero sud della luna di Giove.
“I risultati dell’articolo pubblicato oggi su Science danno una risposta chiave ed inequivocabile della presenza di getti d’acqua transienti nell’emisfero sud del satellite galileiano Europa” commenta Giuseppe Piccioni, planetologo dell’INAF-IAPS di Roma. “La rivelazione è stata resa possibile grazie allo spettrometro ultravioletto a bordo del telescopio spaziale Hubble (HST), in grado di identificare le deboli emissioni provenienti dall’interazione del vapor d’acqua con l’ambiente estremamente energetico del sistema di Giove, i cui elettroni sono in grado di modificare ed eccitare energeticamente le molecole. Osservazioni precedenti dallo spazio ci avevano già dato la certezza della presenza di un oceano sotterraneo ad Europa e questi risultati sono compatibili con getti supersonici di 700m/s, ovvero 2500 chilometri all’ora, in grado di arrivare a 200 km di altezza. Questi poderosi geyser sarebbero generati dal potente stress mareale esercitato sulla luna dall’enorme e vicino pianeta Giove. È notevole anche il fatto della variabilità nel tempo di questi fenomeni, osservati quando Europa è all’apocentro (ovvero al suo punto di massima distanza da Giove) e non al pericentro (il punto di massimo avvicinamento al pianeta), compatibili con i modelli matematici attuali”.
I ricercatori, forti di queste importanti evidenze osservative, avanzano similitudini tra i fenomeni scoperti su Europa con quelli già noti che avvengono su un’altra luna nel Sistema solare, ovvero Encelado, che orbita attorno a Saturno, dove emissioni di vapore ad alta pressione emergono da sottili crepe sulla crosta del corpo celeste.
“Lo sapevamo già che Europa e più in generale le lune di Giove possiedono delle caratteristiche uniche all’interno del Sistema solare, non ultima la presenza di un enorme bacino di acqua allo stato liquido sotto la sua crosta, dove forse potrebbero essersi sviluppate elementari forme di vita” aggiunge Piccioni. “Con la missione JUICE dell’ESA recentemente approvata, avente come obiettivo lo studio approfondito del sistema di Giove in cui l’Italia figura con ruoli di primissimo piano grazie allo sforzo di ASI, INAF e le altre Università ed enti coinvolti, riusciremo a studiare con un dettaglio mai raggiunto precedentemente questi ed altri fenomeni peculiari di questi mondi potenzialmente abitabili”.
venerdì 13 dicembre 2013
Nell'universo “arcobaleno”, dove il tempo non ha avuto un inizio
© Aeriform/Ikon Images/Corbis
Forse non c'è mai stato alcun big bang e il tempo non ha mai avuto un inizio ma si estende all'infinito nel passato. Sono queste le conseguenze della cosiddetta "gravità arcobaleno", un'ipotesi secondo cui le diverse lunghezze d'onda della luce risentirebbero in modo diverso della curvatura dello spazio-tempo. Gli strumenti che potrebbero controllare sperimentalmente questa teoria stanno raggiungendo la sensibilità necessaria di Clara Moskowitz.
Diamole qualche altro incarico, lei è eclettica e non dorme mai....c'è da domandarsi dove trova il tempo per l'abbronzatura...
Brava SuperSerracchia!
Forse se avessi avuto qualche competenza non avresti votato per far arrivare in Italia, senza alcuna dogana, le arance del marocco che finiscono di schiacciare e soffocare il mercato siciliano!
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10152046547384351&set=a.410327984350.187934.209242939350&type=1&theater
Il governo delle PMI se ne frega.
"Un emendamento del M5S al Decreto del Fare prevede che al Fondo di Garanzia a favore delle piccole e medie imprese possono affluire contributi su base volontaria per essere destinati alla microimprenditorialità.
Il provvedimento impegnava il Ministero dell'Economia e delle Finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, ad emanare un decreto per definire le modalità di attuazione e di contribuzione da parte di enti, associazioni, società o singoli cittadini.
I novanta giorni sono passati ma, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, fregandosene delle difficoltà finanziarie in cui versano le piccole imprese, non ha ancora fatto nulla.
Questo Fondo di Garanzia rappresenta il principale strumento nazionale a sostegno dell'accesso al credito per le PMI italiane.
Il meccanismo di funzionamento del Fondo genera un importante effetto leva in grado di agire da moltiplicatore delle risorse di cui dispone, basti pensare che con un euro di dotazione del fondo, al sistema imprenditoriale arrivano tra i dieci e i venti euro.
Ogni risorsa aggiuntiva destinata al fondo, risulta essere un importante strumento per dare una boccata di ossigeno al sistema produttivo.
Per la prima volta in Italia, il M5S ha deciso di fare con atti concreti e non con le solite chiacchiere.
Se avessimo potuto versare al Fondo l'ammontare della nostra prima restituzione, pari a 1.569.951 euro, avremmo potuto finanziare le PMI per un ammontare che poteva variare tra i 15 a 30 milioni di euro.
Il M5S, per il secondo restitution day, ha atteso invano l'emanazione del decreto attuativo.
Con amarezza, a 8 giorni dalla scadenza della seconda restituzione, al M5S non è ancora data la possibilità di poter versare le eccedenze al Fondo.
Per chi desidera maggiori informazioni: fondidigaranzia.it" Barbara Lezzi, M5S Senato
http://www.beppegrillo.it/2013/12/il_governo_delle_pmi_se_ne_frega.html
giovedì 12 dicembre 2013
Trattativa, Brusca: “Il papello a Mancino. Capaci strage anche contro Andreotti”. - Giuseppe Pipitone
Il papello con le richieste di Riina consegnato a Mancino e la strage di Capaci anticipata per scalzare Giulio Andreotti nella corsa al Quirinale. Dopo quel botto spaventoso, gli uomini di Cosa Nostra brindarono due volte. Ci sono tutti i retroscena della Trattativa Stato – mafia nella deposizione di Giovanni Brusca, l’ex boss di San Giuseppe Jato, uno dei testimoni chiave, interrogato per tre udienze consecutive dalla corte d’assise di Palermo in trasferta all’aula bunker Milano.
“Riina diceva che ad Andreotti dovevamo rompere le corna, ostacolandolo, non facendolo diventare presidente della Repubblica. E ci siamo riusciti, anche anticipando la strage Falcone. Dopo il 23 maggio, Riina mi disse: con una fava abbiamo preso due piccioni” ha detto il pentito, nella prima delle tre udienze milanesi programmate per la sua deposizione. L’ex padrino di San Giuseppe Jato è diventato collaboratore di giustizia nel 2000, iniziando a raccontare dei rapporti di Cosa Nostra con la politica soltanto alcuni anni dopo. “Perché non raccontai subito dei rapporti con Vittorio Mangano e Marcello Dell’Utri? Decisi di dire tutto quello che sapevo dopo aver incontrato Rita Borsellino che voleva sapere la verità sulla morte del fratello. A lei io diedi l’anima e da quel momento non mi interessò più di mafia, di giustizia, di niente” ha detto Brusca, rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Vittorio Teresi.
Sui banchi dell’accusa svetta l’assenza del pm Nino Di Matteo: l’uomo che forse più di tutti conosce i vari rivoli del processo sul patto Stato – mafia è stato bersaglio continuo di pesanti minacce di morte da parte del boss Totò Riina, che proprio a Milano è detenuto in regime di 41 bis nel carcere di Opera. Il nome del boss corleonese è citato a più riprese da Brusca, che ha raccontato alla corte i retroscena del biennio stragista, prequel del nuovo patto Stato-mafia.
Tutto comincia nel 1991, quando Riina illustra ai suoi luogotenenti il piano di aggressione allo Stato. “Nel corso di una riunione, nel ’91, Totò Riina disse che dovevano morire tutti, che si voleva vendicare, che i politicanti lo stavano tradendo. Fece i nomi di Falcone, che era un suo chiodo fisso, di Borsellino, di Lima, di Mannino, di Martelli, di Purpura. Disse: gli dobbiamo rompere le corna. Tutti ascoltavano in silenzio. Per amore o per timore”. La prima vittima della furia corleonese è Salvo Lima, assassinato il 12 marzo del 1992 sul lungomare di Mondello. “La priorità degli omicidi la decideva Riina. Ad esempio si cominciò con Lima perché si vociferava delle aspirazioni di Andreotti alla presidenza della Repubblica e noi sapevamo che con quel delitto avremmo condizionato quella vicenda. Per questo si decise di ammazzarlo allora: si è trattato di una vendetta con effetto politico, in realtà nella lista di Cosa nostra Falcone e Borsellino venivano prima” ha spiegato il boss di San Giuseppe Jato, che all’epoca svolse un ruolo fondamentale nell’intelligence di morte interna a Cosa Nostra. “Mannino doveva morire perché non aveva aggiustato, tramite il notaio Ferraro, il processo per l’omicidio del capitano Basile. Riina mi diede l’ordine di ucciderlo e io chiesi tempo per studiarne le abitudini”. Anche l’ ex ministro Calogero Mannino – così come lo stesso Brusca, Riina e altre otto persone tra boss mafiosi, politici e ufficiali dei carabinieri – è accusato di violenza a corpo politico dello Stato nel processo sulla trattativa, ma ha scelto di essere giudicato con il rito abbreviato.
Dopo i politici, Cosa Nostra decide di colpire Falcone, distruggendo nello stesso momento le residue ambizioni che Andreotti nutriva per il Quirinale. “Io nell’attentato di Giovanni Falcone, nel suo piano esecutivo, ci sono entrato per sbaglio” ha spiegato Brusca, che in Cosa Nostra si era già guadagnato l’appellativo di Verru, cioè il porco. “Circa 20 giorni dopo l’attentato a Giovanni Falcone – continua Brusca – Toto’ Riina mi disse: si sono fatti sotto, mi hanno chiesto cosa vogliamo per finirla e io gli ho consegnato un papello così. Era contentissimo. Riina non mi disse a chi aveva dato il papello ma mi fece capire che alla fine era andato a finire a Mancino”. Anche l’ex vicepresidente del Csm è imputato nel processo ma per falsa testimonianza. Brusca ha anche raccontato che dopo l’omicidio di Falcone, Riina ipotizzò di eliminare anche Pietro Grasso: attentato che poi per motivi tecnici non si fece mai.
È però la strage di Capaci lo spartiacque che terrorizza l’intero Paese. Brusca ha raccontato come l’omicidio di Falcone fosse in origine stato progettato fuori dalla Sicilia, a Roma, dove da qualche tempo il magistrato era andato a dirigere gli affari penali del ministero della Giustizia. “Siccome chi doveva farlo stava perdendo tempo Riina si rivolse a me e mi diede quel compito: voleva essere sicuro di riuscire nell’attentato, infatti mi disse di impiegare mille chili di esplosivo”. Una decisione, quella di ammazzare Falcone in Sicilia, che contrappone, forse per la prima volta, le due anime di Cosa Nostra: quella di Riina e quella di Provenzano. “Avevano divergenze di vedute non sull’uccidere Falcone, ma sulle modalità.Provenzano mostrò la volontà di ammazzarlo fuori dalla Sicilia e Riina lo trattò a pesci in faccia e gli disse: io lo devo uccidere qua”.
Il 23 maggio del 1992 a guardare le tre Fiat Croma blindate che sfilano sull’autostrada c’è anche Brusca: ha in mano un telecomando, che aziona quando mancano meno di tre minuti alle 18, scatenando quello che i boss definirono l’Attentatuni, il grande attentato per assassinare il loro più acerrimo nemico.
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