domenica 7 dicembre 2014

Buzzi, il signore delle coop rosse sodale del 'Nero' Carminati: "La droga rende meno degli immigrati" - Matteo Scarlino

Salvatore Buzzi

Buzzi, il signore delle coop rosse sodale del 'Nero' Carminati: "La droga rende meno degli immigrati"

Buzzi, il signore delle coop rosse sodale del 'Nero' Carminati: "La droga rende meno degli immigrati"
Per la "29 Giugno - Onlus" un fatturato di 25,2 milioni di euro e un utile di 800 mila euro. Destra e sinistra, nessuna differenza per Buzzi. L'importante è fare affari su immigrati e rifiuti.

Buzzi, il signore delle coop rosse sodale del 'Nero' Carminati: "La droga rende meno degli immigrati".
Un uomo di sinistra, dell'ultrasinistra, di quelli che però quando si tratta di fare affari non guarda in faccia a nessuno. E' l'immagine di Salvatore Buzzi, tratteggiata dal pubblico ministero Michele Prestipino durante la conferenza stampa per raccontare gli arresti di Mondo di MezzoDetenuto negli '70 e '80 per omicidio, Buzzi uscito dal carcere ha un'intuizione: far soldi con le cooperative degli ex detenuti. E' l'inizio di un piccolo impero, costruito, si evince ora grazie all'ordinanza di custodia cautelare, anche grazie alla contiguità con Carminati. Un impero che riesce a mettere allo stesso tavolo destra e sinistra che riesce a far soldi tanto con una parte politica che con l'altra. Un lavoro di lobbying instancabile che sfrutta il mondo di sotto per corrompere il mondo dei vivi. La cooperativa 29 Giugno, il consorzio Eriches 29 le sue creature più conosciute.
Così viene descritto Buzzi nell'ordinanza firmata dal Gip Flavia Costantini: "Salvatore Buzzi, organizzatore, gestisce, per il tramite di una rete di cooperative, le attività economiche della associazione nei settori della raccolta e smaltimento dei rifiuti, della  accoglienza dei profughi e rifugiati, della manutenzione del verde pubblico e negli altri settori oggetto delle gare pubbliche aggiudicate anche con metodo corruttivo, si occupa della gestione  della contabilità occulta della associazione e dei pagamenti ai pubblici ufficiali corrotti".
Buzzi faceva soldi con gli immigrati. Un sistema consolidato per il quale aveva corrotto Luca Odevaine ex vicecapo di gabinetto all'epoca del'amministrazione Veltroni. Quest'ultimo è la chiave di un sistema che prende il suo nome. "Un signore che attraversa, in senso verticale e orizzontale, tutte le amministrazioni pubbliche più significative nel settore dell'emergenza immigrati". Ancora nell'ordinanza si legge che Odevaine "utilizzava i propri contatti istituzionali per suggerire soluzioni ed indirizzare le autorita' competenti ad assecondare le indicazioni dallo stesso suggerite, dirette ad agevolare gli interessi degli imprenditori che con lo stesso condividevano interessi di natura economica, ed avvalendosi del credito garantito anche della sua qualificata posizione istituzionale nell'ambito del Tavolo di Coordinamento Nazionale".
E Odevaine era stipendiato da Buzzi. Cinquemila euro al mese. Lo ricorda in più passaggi dell'ordinanza. Soldi che però rientrano tutti dice con soddisfazione: "Noi quest'anno abbiamo chiuso con quaranta milioni di fatturato. I soldi li abbiamo fatti sui zingari, sull'emergenza alloggiativa e sugli immigrati".
Più immigrati, più soldi. Strutture da trovare, da affittare o da comprare e da riempire con i migranti provenienti dall'Africa. E proprio nel periodo emergenza Africa ha influenzato le decisioni dell'amministrazione nel biennio 2012 2014. Tutto con una perfetta divisione delle quote di mercato con l'Arciconfraternita, che Buzzi nomina più volte nei suoi discorsi. Un'ossessione gli immigrati per il signore delle coop rosse. In un'intercettazione il perché: "Tu c'hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno".
Non solo immigrati però. Buzzi faceva soldi, e tanti, anche grazie ai rapporti con Ama. L'amministratore pubblico di riferimento per lui durante il periodo della Giunta Alemanno, risultava Franco Panzironi, arrestato, ex amministratore delegato Ama. "Vantando uno strettissimo rapporto con l`allora sindaco, Panzironi, a fronte del periodico pagamento di tangenti e di versamenti in favore di Fondazioni della sua stessa area politica, si è reso disponibile per l`aggiudicazione di appalti, lo stanziamento di fondi del Comune di Roma e lo sblocco dei relativi pagamenti alle società cooperative controllate dal sodalizio" hanno sottolineato gli investigatori. "Ci sono tre appalti che finiscono a società vicine a Carminati attraverso la corruzione dei dirigenti: quello per l'assegnazione differenziata del 2011, quello per la raccolta delle foglie e un altro appalto" ha detto il procuratore aggiunto Michele Prestipino nel corso della conferenza stampa sull'operazione Mondo di Mezzo.
Caduto Alemanno ed eletto Marino, Buzzi si è messo subito a bussare alle porte dei dipartimenti per "vendere il prodotto". Il successo, a suo dire, era stato ottenuto con Coratti: "Ohh... me so comprato Coratti", esclama il manager della 29 giugno. Per arrivare a lui aveva messo a libro paga il suo caposegretaria Figurelli, con 1000 euro al mese. Diecimila solo per incontrare Coratti a pranzo. E al presidente dell'Aula Giulia Cesare erano stati promessi 150.000. Questo sempre secondo il racconto fatto da Buzzi, riportato nell'ordinanza. Obiettivo far sbloccare un appalto per la raccolta multimateriale di Ama.
Di che business parliamo? Nessuna carta "giudiziaria" ma, semplicemente, la relazione di Salvatore Buzzi in occasione dell'assemblea di bilancio della 29 Giugno. I dati risalgono al 29 maggio 2014. Quel giorno, in via del Frantoio a Roma, sede della 29 Giugno, erano presenti molti esponenti politici e, chi non c'era, è stato pubblicamente ringraziato (compresi alcuni indagati). Ebbene, le previsioni di bilancio del 2014 parlano, per la "29 Giugno - Onlus", di un fatturato di 25,2 milioni di euro e di un utile di 800 mila euro. Per la "29 Giugno - servizi" di un fatturato di 9,9 milioni di euro e di un utile di 130 mila euro. Per la "Eriches 20" di un fatturato di 13,08 milioni e di un utile di 250mila euro. Sommando questi soldi ad altre imprese del gruppo, ecco un fatturato di 55,9 milioni e un utile di 1,5 milioni.

Marino: «Mai parlato con Buzzi». Ma parlano le foto.



Marino e Buzzi

Buzzi e Marino

Il sindaco a 'Otto e mezzo', su La7, dice (dal minuto 13' 58''): «Mai parlato con Salvatore Buzzi». Non è vero. Queste le foto presenti sul sito della cooperativa 29 Giugno.  “Non ho mai avuto conversazioni con Salvatore Buzzi” ha detto, chiarito e ribadito il sindaco di Roma Ignazio Marino intervistato da Lilli Gruber cercando così di prendere le distanze da Buzzi, condannato per omicidio negli anni ’70, presidente della coop “29 giugno” e secondo gli inquirenti braccio destro del Re di Roma Massimo Carminati e anello di congiunzione fra Legacoop, il Pd e  i 37 arrestati e 100 indagati con l’accusa di associazione mafiosa nell’inchiesta “Mafia capitale”.
Ma alcune foto pubblicate proprio sul sito della cooperativa di Buzzi smentiscono il sindaco di Roma. Negli scatti si vede Marino nel corso di una visita alla sede della cooperativa di Buzzi. Nella foto compaiono lo stesso Buzzi, Marino e il vicesindaco Luigi Nieri.

http://www.linkiesta.it/buzzi-marino

Dalla Melandri a Veltroni, da Zingaretti ad Alfano. La carriera di un pregiudicato per spaccio che diventa Capo della polizia provinciale di Roma ma non può portare la pistola. - Fabio Carosi




Zingaretti, Gabrielli, Odevaine, Paluzzi

Sul caso Odevaine, l'uomo che il re delle Coop e reggente di Mafia Capitale Salvatore Buzzi diceva di stipendiare con 5 mila euro al mese, le carte parlano chiaro. Nell'aria c'era qualcosa che non funzionava ma tutti tacevano o facevano finta di non sentire, trincerandosi dietro l'alibi della battaglia politica o dietro quell'espressione "macchina del fango" che è stata usata dalla politica per difendersi dagli attacchi scomodi.
TRASPARENZA ALLA ROMANAChe Luca Odevaine non fosse un esempio di specchiata limpidezza non poteva non accorgersene Nicola Zingaretti. Il "suo" capo della Polizia Provinciale, passato indenne dal rapporto fiduciario con Giovanna Melandri ministro per i Beni Culturali e poi chiamato a fare il Vice capo di Gabinetto con Veltroni, secondo la regola che i più efficienti, venivano premiati, già al Campidoglio si infila nei guai. 
E' il 2011 e secondo le indagini della magistratura la "macchina infernale" di Massimo Carminati e del socio Salvatore Buzzi è già in azione. Luca Odevaine finisce sotto processo per abuso d'ufficio. Al centro dell'inchiesta condotta da Maria Cordova c'è l'affitto di un fabbricato per alcune famiglie senza casa che sarebbe stato "noleggiato" a prezzi superiori a quelli di mercato. Il business per chi affitta è notevole: ogni anno il Campidoglio spendeva oltre 33 milioni di euro che lieviteranno ancora sotto Alemanno. Odevaine si difenderà dall'accusa sostenendo che per quel contratto era stata fatta una "regolare gara tra privati". La tecnica è quella in uso da sempre nella pubblica amministrazione: la somma urgenza giustifica una richiesta di offerta a pochi soggetti e in un batter d'occhio il lavoro è aggiudicato.
Nel frattempo Odevaine è già alla Provincia di Roma. A chiamarlo è stato Nicola Zingaretti che gli affida la Polizia Provinciale e la Protezione Civile. Ma qualcuno sente puzza di bruciato sul personaggio e spedisce al presidente una serie di interrogazioni. Affaritaliani.it le ha rintracciate in un vecchio scatolone, poiché negli archivi pubblici non ce n'è più traccia. C'è il nodo del cognome cambiato; c'è il dubbio sul perché un comandante di polizia Giudiziaria non porti la pistola, la richiesta di sapere come sono stati spesi i soldi della sala operativa provinciale della Protezione Civile, le società che ne curano la manutenzione e il motivo per cui oltre allo stipendio di 120 mila euro l'anno lordi, Odevaine riceve anche un assegno ad personam di altri 14 mila euro l'anno.
IL COMANDANTE SENZA PISTOLA. Due sono gli atti in cui l'allora consigliere Roberto Petrocchi chiede al presidente Zingaretti di spiegare il perché il "capo della guardie" non ha la pistola d'ordinanza come i suoi colleghi sottoposti.
Il primo atto è del 5 novembre del 2009. Scrive l'interrogante: ".. per conoscere per quale motivo il Comandante della Polizia Provinciale non figuri nell'elenco dei dirigenti dotati di arma o abilitati all'uso".
Ancora il 24 novembre del 2011: Petrocchi interroga Zingaretti e chiede il motivo per cui Odevaine è pur essendo il "capo" non ha la qualifica prevista dalla legge regionale di "ufficiale di pubblica sicurezza" e poi aggiunge: "Se l'attribuzione della su indicata qualifica sia impedita da pregressa obiezione do coscienza o da quali impedimenti legali o precedenti vicende di qualsivoglia natura". E' un dubbio che rimane sospeso perché negli archivi non c'è traccia di risposta. E' evidente che se Nicola Zingaretti fosse in grado di produrre copia della replica, affaritaliani.it pubblicherebbe volentieri il documento. Aiuterebbe a fare chiarezza.
LUTTO IN CASA ODEVAINE. Le cronache della Provincia narrano di una vicenda surreale legata al cognome del dirigente. In occasione della morte del padre compaiono sui giornali una serie di necrologi bizzarri. Nato nel 1929 a Barcellona, José Ramòn Larraz viene ricordato anche come José Ramón Larraz Gil, Joseph Braunstein, Joseph L. Bronstein, Jos L. Gil, J. R. Larrath, Joseph Larraz, Jos R. Larraz, Jos Larraz, J. R. Lazzar e, infine, come Remo Odevaine. Beato chi ci capisce in una selva di nomi o pseudonimi che impediscono la riconducibilità del lutto familiare a Luca Odevaine, che avrebbe già cambiato il suo cognome per via della condanna per droga rimediata in gioventù, poi cancellata con l'indulto.
Dopo dieci anni di prima linea con Melandri, Veltroni e Zingaretti, ora la carriera del 58 enne affabile e con la faccia da attore, sembra conclusa. Ci ha pensato Salvatore Buzzi: "Lo sai a Luca quanto gli do? Cinquemila euro al mese... ogni mese... ed io ne piglio quattromila". 
E' in carcere. Secondo il gip era pronto a fuggire in Venezuela, paese d origine della moglie o dell'ex moglie, dove avrebbe trasferito il suo "tesoro".
http://www.net-parade.it/cgi-bin/link.aspx?utente=informare

Io mi rifiuto di credere che nessuno sapesse....

Mafia Capitale: le immagini dell'arresto dell'ex terrorista Carminati

Scoperta eccezionale in Sicilia: a Selinunte emerge la più grande fabbrica di ceramiche greche del mondo antico.

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Sicilia – Scorcio dell’industria di ceramiche greche scoperta a Selinunte (Trapani) – Ph. Martin Bentz

Scoperta eccezionale in Sicilia: a Selinunte emerge la più grande fabbrica di ceramiche greche del mondo antico. Tornate alla luce ottanta fornaci.

Durante la sessione estiva di scavi affidata all’Istituto archeologico germanico di Roma e dell’Università di Bonn, guidato dal professore Martin Bentz, all’interno del parco archeologico siciliano di Selinunte è stato compiuto uno dei più eccezionali ritrovamenti mai effettuati nell’area mediterranea. Ad essere tornata alla luce – con le sue ottanta fornaci, un’estensione di 1.250 metri quadrati nella valle del fiume Cottone, ed una lunghezza di 80 metri – è l’industria di produzione di terrecotte e ceramiche più grande del mondo antico mai ritrovata finora.

Il rinvenimento è stato effettuato durante uno degli scavi estivi che puntualmente si ripetono dal 2010 e che in virtù dei finanziamenti dell’Istituto germanico di Roma potranno proseguire per altri due anni. Lo scavo, effettuato utilizzando stavolta anche il georadar, ha riguardato tre sezioni dell’area, con esiti che hanno permesso di ricostruire il quartiere industriale dell’antica colonia greca.
I reperti ritrovati sono stati datati al V secolo avanti Cristo. E’ probabile che la fornace più grande servisse per la produzione di tegole in terracotta mentre le più piccole fossero destinate alla realizzazione di vasi, statue e altre suppellettili. Già nel 2013 era venuta alla luce un’area ancora molto ben conservata, pavimentata con tegole in terracotta e munita di un pozzo profondo dal quale, molto probabilmente, veniva prelevata l’acqua necessaria a lavorare l’argilla. In quell’occasione era emersa anche una zona più arcaica del quartiere, con ceramiche e terrecotte figurate prodotte sul posto.
Il direttore del parco archeologico di Selinunte e delle Cave di Cusa Giovanni Leto Barone ha dichiarato che proprio in previsione della prosecuzione degli scavi per altri due anni c’è da aspettarsi con certezza che l’area riservi ancora molte sorprese.

giovedì 4 dicembre 2014

Evasione fiscale, 65 milioni di euro sequestrati agli eredi di Grossi.


Chi evade in modo sistematico è un soggetto “socialmente pericoloso”. E in qualche modo può restarlo anche da morto, nel senso che la sua condotta fiscale, sotto il particolare profilo delle misure di prevenzione, ricade sugli eredi se la sproporzione tra i redditi dei figli e i capitali immessi nelle società familiari fa comprendere che i proventi dell’evasione del defunto abbiano arricchito le imprese guidate dagli eredi.

È questo il principio del sequestro da 65 milioni eseguito dai finanzieri del Comando Provinciale su ordine Tribunale di Milano, su richiesta del pm milanese Alessandra Dolci, di tre imprese del gruppo di quello che era considerato il “re delle bonifiche ambientali” Giuseppe Grossi, amministrate dopo la morte del padre dai suoi figli Andrea, Paola e Simona. Che sono recentemente finiti anche nel mirino della Squadra Mobile di Latina per la discarica di Borgo Montello.

Sigilli quindi anche a 136 immobili, 140 terreni, 268 auto d’epoca o di lusso, 160 moto,cinque motoscafi e tre barche a vela.
Secondo i giudici il procedimento di prevenzione può “essere iniziato anche in caso di morte del soggetto nei confronti del quale potrebbe essere disposta la confisca”, e in tal caso la misura va a colpire “i successori a titolo universale” a patto che siano trascorsi meno di cinque anni dal decesso.

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Ancora intercettazioni su Mafia Capitale, il modus operandi di Carminati sul Campidoglio.