domenica 21 maggio 2017

Corruzione Trapani, Crocetta si difende: "Nessun favoritismo a Morace".

ettore morace rosario crocetta e simona vicari
Morace, Crocetta, Vicari. 

"Farò chiarezza. Non sono andato sulla barca di Morace, ho pagato la vacanza a Filicudi", dice il governatore indagato nell'inchiesta "Mare Monstrum". "In questi anni – aggiunge – abbiamo risparmiato 87mln di euro". E ancora: "Sarebbe prima tangente fatta con bonifico".
Il giorno dopo il maxi blitz anti-corruzione in Sicilia, che ha portato a tre arresti e diversi indagati, parla il presidente della Regione Rosario Crocetta. “Farò chiarezza con fatti e prove. Non sono andato sulla barca di Morace, ho pagato la vacanza a Filicudi. Non c’è stato nessun favoritismo, anzi in questi anni abbiamo risparmiato sul trasporto marittimo”, si difende in una conferenza stampa. Il governatore è tra gli indagati, per concorso in corruzione, dell’inchiesta “Mare Monstrum” della Procura di Palermo. L’indagine ha portato alla custodia in carcere per l'armatore Ettore Morace e agli arresti domiciliari per il candidato sindaco di Trapani Girolamo Fazio, ex esponente di Forza Italia ora al Gruppo misto all'Ars, e per il funzionario della Regione Giuseppe Montalto. Tra gli indagati a piede libero, oltre a Crocetta, anche la senatrice Ap e sottosegretaria alle Infrastrutture Simona Vicari (che ieri si è dimessa) e la candidata al Consiglio comunale di Palermo Marianna Caronia.

Sono il primo a prendere una tangente con un bonifico”.
“Sono il primo presidente della Regione che prende una tangente con un bonifico. Mi autoproclamo il primo presidente co….ne della Regione Siciliana”, ha detto Crocetta. “Ho ricevuto un invito a comparire. Mi si contesta possibile favoreggiamento alla compagnia di Morace, che ha fatto un bonifico di 5mila euro a favore del mio movimento politico. Sarebbe la prima tangente della storia fatta con un bonifico, bonifico che lunedì sarà restituito. Questa è l'unica cosa che mi si contesta. L'avvenuto bonifico è la prova contraria. Anche Morace scrive in bilancio che ha fatto il bonifico. Un versamento trasparente. Solo questo mi viene contestato. Non c'è una sola conversazione tra me e le persone indagate”, ha aggiunto.

“In questi 4 anni abbiamo risparmiato sul trasporto marittimo”.
La parte del fascicolo relativa a Crocetta ruoterebbe intorno alla richiesta di Morace (a capo della Liberty Lines, società di trasporti marittimi) di estendere oltre il termine del 3 settembre i collegamenti con le Egadi, servizio che avrebbe fruttato all'armatore tre milioni di euro. L'imprenditore, quindi, avrebbe ottenuto l'estensione del servizio dalla Regione. “Nessun favoritismo. Anzi, nel corso di questi quattro anni abbiamo risparmiato 87 milioni di euro nel trasporto marittimo. Non credo che la Liberty Lines possa essere contenta del mio lavoro”, si è difeso Crocetta. “Nel 2013 – ha aggiunto – il trasporto marittimo costava 91mln 497mila euro l'anno, una cifra che a me apparve vistosamente alta e fu oggetto di una revisione. Negli anni successivi, grazie alle mie insistenze, il costo si abbassa a 76 milioni di euro l'anno”.

La vacanza a Filicudi.
Agli atti dell'indagine, oltre al bonifico di 5mila euro, risulterebbe che l'armatore era solito dire di aver pagato al presidente della Regione una vacanza a Filicudi. “A me questo non è stato contestato – ha spiegato Crocetta –, ma mi muovo con la scorta e posso provare che non sono salito sulla barca di Morace, che sono stato in albergo e che ho pagato. Una vacanza a Filicudi a settembre costa 80 euro al giorno”. “Ho massimo rispetto per la magistratura e spero faccia chiarezza”, ha concluso il governatore.



Corruzione a Trapani, Vicari si dimette: è indagata insieme a Crocetta.


Blitz in Sicilia: in manette il candidato sindaco Girolamo Fazio, l'armatore Ettore Morace e il funzionario della Regione Giuseppe Montalto. L'inchiesta ruoterebbe attorno a tangenti su fondi per il trasporto marittimo. Il governatore: "Sono sereno".

Una corruzione sistematica realizzata attraverso una rete di legami con politici, magistrati, funzionari regionali ed esponenti delle forze dell'ordine. E' lo svelamento del "sistema Trapani" che scuote il mondo politico siciliano e provoca le dimissioni del sottosegretario alle Infrastrutture Simona Vicari.

In manette il candidato sindaco di Trapani Girolamo Fazio, ex esponente di Forza Italia ora al Gruppo misto all'Ars, l'armatore Ettore Morace e il funzionario della Regione Siciliana Giuseppe Montalto.

Indagato anche il governatore siciliano Rosario Crocetta: è accusato di concorso in corruzione. "Sono molto sereno e se ci dovesse essere un invito a comparire, che non ho ricevuto perché sono in viaggio, sarò lieto di riferire ai magistrati notizie utili alle indagini", è stato il suo primo commento. La parte del fascicolo relativa a Crocetta ruota attorno alla richiesta di Morace di estendere oltre il termine del 3 settembre i collegamenti con le Egadi, servizio che ha fruttato all'armatore tre milioni di euro. L'imprenditore, quindi, avrebbe ottenuto l'estensione del servizio dalla Regione. Agli atti dell'indagine risulta che l'armatore era solito dire di aver pagato al presidente della Regione una vacanza a Filicudi. Il M5S ha chiesto le dimissioni di Crocetta.

Vicari si dimette.
Sono arrivate, invece, le dimissioni di Simona Vicari (Ap), senatrice e sottosegretaria alle Infrastrutture. Anche lei risulta tra gli indagati per corruzione: in cambio di un Rolex datole dall'imprenditore Morace, avrebbe presentato un emendamento che abbassava dal 10 al 4 per cento l'Iva sui trasporti marittimi, determinando un risparmio di milioni di euro per la società dell'armatore. "Poiché la mia permanenza nell'incarico di sottosegretario al ministero delle Infrastrutture comporterebbe di affrontare quotidianamente una materia per la quale sono oggi sottoposta ad indagine, al fine di garantire a me e al mondo che è maggiormente interessato al trasporto marittimo e a tutto il governo che ho avuto l'onore di rappresentare una maggiore serenità, ritengo opportuno rassegnare le mie dimissioni", ha detto Vicari. "Sono assolutamente tranquilla e certa della liceità della mia azione", ha aggiunto. E ancora: "Farò chiarezza anche del regalo ricevuto da Morace, che nulla ha a che vedere con il ruolo di sottosegretario". Le dimissioni sono "un gesto che non chiede nulla se non grande rispetto, perché sono un gesto libero, autonomo, forte, coraggioso, da parte di una persona seria e leale sempre, che vuole chiarire e chiarirà, ma senza lasciare spazio a strumentalizzazioni a cui purtroppo questi tempi ci hanno abituato", ha detto il ministro Angelino Alfano, leader di Ap, assicurando "pieno sostegno" a Vicari e sottolineando che questa decisione "non le è stata richiesta in alcun modo da alcuno".

Gli altri indagati.
Nell'indagine della Procura di Palermo, che ha portato alla custodia in carcere per Morace e agli arresti domiciliari per Fazio e Montalto, sono indagate in stato di libertà almeno sette persone: oltre a Crocetta e Vicari, sono coinvolti anche il componente dello staff della sottosegretaria Marcello Di Caterina, la candidata al Consiglio comunale di Palermo Marianna Caronia, la dirigente dell'assessorato regionale alle Infrastrutture Salvatrice Severino, il luogotenente dei carabinieri Orazio Gisabella e Sergio La Cava, presidente della società Navigazione generale italiana s.p.a. Per Severino, Gisabella e La Cava la Procura aveva chiesto provvedimenti cautelari che il gip non ha concesso. Non è escluso che possano esserci altri indagati. Caronia, secondo l'accusa, avrebbe ottenuto da Morace, tramite l'intercessione di Montalto, una liquidazione superiore a quello che le spettava dopo la fine del rapporto con "Siremar s.p.a." , società acquistata dall'armatore. 

Chi sono Fazio e Morace.
Ettore Morace, 54 anni, è figlio della prima moglie del patron del Trapani Calcio Vittorio e dalla fine del 2015 - quando il padre ha deciso di trasferirsi per buona parte dell'anno in Spagna - è a capo della Liberty Lines, società di trasporti marittimi che assicura oltre il 90 per cento delle tratte in Sicilia.
Girolamo Fazio è un imprenditore del settore vinicolo ed è stato sindaco di Trapani fino al 2012. La famiglia Morace è da sempre vicina a Fazio. La moglie di Vittorio Morace, padre dell'arrestato, è nella lista degli assessori designati da Fazio. La Liberty Lines, lo scorso 15 maggio, era stata premiata dalla Presidenza della Regione siciliana con una "speciale attestazione di merito" come "azienda di eccellenza". "Ringraziamo Crocetta per questo attestato”, avrebbe detto in quell’occasione Morace, "perché è il segno di una continua attenzione agli sforzi imprenditoriali, economici e sociali del nostro gruppo. Per noi questa menzione è un motivo di orgoglio".

Una candidatura controversa.
La candidatura di Fazio era già arrivata sul filo di lana. La Commissione elettorale l'aveva accettata appena due giorni fa, dopo che il Tar aveva rigettato il ricorso contro le delibere del Consiglio comunale che dichiaravano Fazio decaduto "per incompatibilità" da consigliere e quindi incandidabile. Il Tar aveva rigettato il ricorso per "difetto di giurisdizione", ritenendo competente il giudice ordinario. Il Tribunale di Trapani, sulla vicenda, si era già espresso favorevolmente a Fazio e quindi non c'erano ostacoli alla sua candidatura.  

Un altro candidato sottoposto a soggiorno obbligato
E ieri un altro candidato, il senatore di Fi Antonio D'Alì, ex alleato di Fazio e ora suo concorrente alle prossime amministrative, processato per concorso in associazione mafiosa, ha annunciato la sospensione della campagna elettorale (ma non il ritiro della candidatura) dopo aver saputo che la Dda aveva chiesto per lui il soggiorno obbligato a Trapani. Gli altri candidati in corsa sono Marcello Maltese (Movimento 5 Stelle), Giuseppe Marascia (Città a misura d'uomo) e Piero Savona (Pd, Cittadini per Trapani, Trapani svegliati).


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Obbligatorietà vaccini. - Fernando Rossi

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SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...

Una massiccia e martellante campagna pro vaccinazioni indiscriminate, è stata portata avanti da media, politici e numerosi baroni universitari (le cui ‘ricerche’ sono guidate e finanziate da Big Pharma), censurando le tante sentenze, studi e testimonianze che avrebbero spinto alla cautela, e condendo TG e talk show (senza contradditorio) con dati e notizie ‘strazianti’ quanto ‘fasulle’.
L’ultima è stata quella del bambino con forte leucemia, che ha preso il morbillo da un bambino e quindi si è aggravato; i giornalisti e i politici sono certamente ignoranti e non si curano di approfondire, ma chi ha ‘passato’ la notizia non è certo in buonafede, poiché non ha chiarito che anche i virus di una piccola influenza portano pesanti danni a chi è afflitto da grave leucemia.
Agli studi sull’impressionante aumento di autismo e intolleranze, che rinuncio a riportare per brevità e per non sentirmi dire ‘non sei un medico’, dopo la scandalosa decisione del Governo Renziloni, aggiungo 3 considerazioni :

- Se davvero esistono seri problemi di epidemia di morbillo, perché non far produrre un vaccino monodose per il morbillo e, fatti attenti esami ‘pubblici’ su quanto contiene, non si rende quello obbligatorio, invece di spacciare quello polivalente (vaccino bivalente del morbillo e della parotite e il vaccino trivalente del morbillo, della parotite e della rosolia, cosiddetto vaccino MPR), ora prodotto e venduto da Big Pharma ?

- Il fatto che il Trentino Alto Adige sia la regione con la copertura vaccinale più debole, ma anche quella con minor numero di casi verificati, non consiglierebbe cautela e approfondimento invece della fretta imposta da Big Pharma ?

- L’Italia con 12 vaccinazioni obbligatorie ( anti-poliomelitica; anti-difterica; anti-tetanica; anti-epatitica B; anti-pertossica; anti Haemophilus influenzae tipo B; anti-meningoccocica B; anti-meningoccocica C; anti-morbillosa; anti-rosolia; anti-parotite; anti-varicella), diventa ora ‘maglia gialla’ della obbligatorietà dei vaccini (http://www.iltempo.it/salute/2017/05/19/news/vaccini-obbligatori-ecco-cosa-prevede-la-legge-1028782/). 

Noi ne avevamo 4, insieme a Malta, Grecia e Francia, poi la Francia l’8 febbraio 2017, si è defilata scendendo a 3. In Unione Europea, sopra ai 4 vaccini, Big Pharma è riuscita a portare solo quelli strappati all’URSS e portati sotto il controllo della grande finanza (e delle sue banche e multinazionali): Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Lettonia, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia; mentre il Belgio ne ha 1 (uno) . I Paesi con ‘0’(zero) vaccini obbligatori, sono la grande maggioranza: Austria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Olanda, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito. Non è strano che il tanto decantato modello ‘democratico’& ‘finanziario’ britannico, smetta di esserlo quando non accetta di fare ciò che vuole Big Pharma ?
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Didascalia della foto Sirchia /Lorenzin 
SANTA PRESCRIZIONE HA SALVATO PURE LUI ! 
(da Wikypedia): Procedimenti giudiziari
Il 2 febbraio 2005 è stato indagato per corruzione .
Il 17 aprile 2008 è stato condannato (sentenza di primo grado) a tre anni di reclusione per tangenti nel mondo della sanità, più cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. Insieme a lui sono stati condannati i presunti corruttori, in particolare della Haemonetics Italia. Alla condanna sono valse solo le accuse riferitesi a fatti successivi al 2000, mentre per le precedenti è scattata la prescrizione. Il 3 marzo 2010 la sentenza di appello ha confermato l'appropriazione indebita in relazione a circa 300.000 franchi svizzeri sottratti alla fondazione Il Sangue di cui era tesoriere, ma lo ha assolto dall'accusa di corruzione. Per un terzo capo d'imputazione, relativo a 10.000 dollari ricevuti dalla giapponese Kawasumi nel dicembre 2000, i giudici hanno infine dichiarato la prescrizione; altre contestazioni per le quali pendevano accuse di corruzioni erano già state dichiarate prescritte durante il primo grado. La pena è stata così ridotta a 5 mesi di carcere e 600 € di multa: la Corte d'Appello di Milano ha quindi revocato nei confronti di Sirchia anche l'interdizione dai pubblici uffici.
 — con Gian Paolo CavallaroAdriana PagliaiAlbert Crow e altre 126 persone

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VACCINATECI DAL COMPRENDONIO. - Sabina Guzzanti



Nessun testo alternativo automatico disponibile.

Davanti ai mezzibusti che spiegano il decreto vaccini, quanti si sono straniti come me per questa improvvisa efficienza, multe salate, controlli serrati? Quanti hanno pensato: che strana questa risposta pronta dello stato, questo pugno di ferro che non si è mai visto, contro l’evasione fiscale, contro la mafia, gli abusi edilizi, la corruzione, l’inefficienza generale? 
Fra due giorni è l’anniversario della strage di Capaci. Un decimo del decisionismo impiegato per rendere obbligatori i vaccini e sapremmo chi è stato.

Sentire i politici e le loro emanazioni televisive nei Tg che sostengono di difendere “la scienza” suona male. Non ci crede nessuno che sappiano qualcosa di scienza, che siano anche vagamente aggiornati sulle scoperte sconvolgenti degli ultimi 20 anni. Che abbiano sentito nominare Ilya Prigogine, che si siano interessati alla fisica quantistica, che si siano interessati a capire meglio la teoria della relatività, le nuove teorie sull’evoluzione della specie e dell’universo, della materia oscura.
Se avessero mai provato una qualche curiosità non parlerebbero così, non sarebbero così arroganti e irrispettosi di tutto.
Ma lasciamo perdere “la scienza”. Pensiamo alla salute che è meglio.
Non pensate anche voi che se avessero a cuore la salute dei bambini farebbero qualcosa per la terra dei fuochi, per l’ambiente, per tutti i veleni contenuti nel cibo?
Non so nulla delle ragioni di chi si oppone ai vaccini e nulla mai saprò mai perché non si può approfondire tutto. Posso solo testimoniare che quelli della mia generazione il morbillo per esempio se lo sono preso e siamo ancora qui. E indubbiamente se si può evitare il morbillo siamo tutti contenti, c’è però qualcosa di indiscutibilmente violento nel modo in cui se ne parla. Di indiscutibilmente ipocrita.
Nel ghetto dei social, l’unico luogo in cui possiamo esprimerci e ancora per poco, serpeggia la rabbia per questa imposizione. Ma si sa qui siamo webeti, non come il ministro della salute che non ha nemmeno la laurea o quella dell’istruzione col diploma per insegnare all’asilo. O come i tanti che sono intelligenti solo perché occupano molto spazio in tv.
Per fortuna venerdì torna il @TgPorco, che vi piaccia o no, la satira continua…


Il governo, quando si tratta di avvantaggiare il potere economico, non perde tempo.

giovedì 18 maggio 2017

La telefonata tra Renzi e il padre sull’inchiesta CONSIP. - Alessandro D'Amato



Il Fatto Quotidiano pubblica oggi un'anticipazione del libro di Marco Lillo "Di padre in figlio" con una telefonata tra Matteo e Tiziano Renzi. L'ex premier dice cose comiche su Medjugorie ma si comporta davvero come uno che non solo non c'entra nulla con la vicenda giudiziaria Consip ma che vuole conoscere la verità e per questo "interroga" il padre...

Il Fatto Quotidiano pubblica oggi un’anticipazione del libro di Marco Lillo “Di padre in figlio” in uscita con l’intercettazione di una telefonata tra Matteo Renzi e il padre Tiziano. Già dalla prima pagina la telefonata si preannuncia gustosa: il Fatto segnala che al padre Renzi ha detto che “è una cosa molto seria” e gli intima: “Devi ricordarti tutti gli incontri e i luoghi, non è più la questione della Madonnina e del giro di merda di Firenze per Medjugorje”.

La telefonata tra Renzi e il padre sull’inchiesta CONSIP

E qui le cose sono due: o Renzi ha inconsapevolmente aderito al pensiero del Papa su Medjugorie, oppure nel dialogo si sta riferendo all’attività di organizzatore di viaggi di pellegrinaggio con un’espressione il cui senso non è molto faticoso capire. A parte le facezie, la telefonata è del 2 marzo 2017 alle 9,45 di mattina e i magistrati lo stanno intercettando nell’ambito dell’inchiesta CONSIP. Il giorno dopo Tiziano dovrà essere ascoltato dai pm di Roma, dove l’inchiesta è già arrivata mentre il padre è indagato per traffico di influenze da due settimane. Quel giorno è stata pubblicata su Repubblica l’intervista ad Alfredo Mazzei in cui il commercialista napoletano sostiene che Romeo gli abbia rivelato di aver incontrato Tiziano Renzi in una bettola romana con un ingresso riservato: lì dovevano parlare d’affari, ovvero proprio del maxiappalto CONSIP.
Alfredo Mazzei, il testimone che tira in ballo Tiziano, Matteo lo conosce bene. È l’ex tesoriere del Pd della Campania, in ottimi rapporti con i fedelissimi del neo segretario: l’avvocato Alberto Bianchi e Maria Elena Boschi. Non è, dunque, solo un amico di Alfredo Romeo.
È Matteo che chiama al telefono il padre. Sa che rischia di essere intercettato e non a caso dice cose da manuale di educazione civica tipo: “Babbo devi dire tuttala verità ai magistrati”. Però qua e là nella conversazione esce fuori l’animo “familista”del leader del Pd. Come quando suggerisce di non rivelare che a un ricevimento con alcuni imprenditori era presente anche sua madre, Laura Bovoli. Durante la chiamata emerge chiaramente la sfiducia di Matteo verso Tiziano: il figlio teme che il padre possa mentire anche a lui. Non solo all’Italia e ai pm.
Renzi in quel momento non è più premier né deputato. È solo un figlio infuriato con il padre che rischia di rovinargli la carriera politica. Appena Tiziano risponde al telefono il figlio gli fa: “Non puoi dire che non conosci Mazzei perché lo conosco anche io”. Matteo Renzi è terrorizzato dall’interrogatorio che si terrà il giorno dopo a piazzale Clodio. Dice al padre che “è una cosa molto seria” e gli intima: “Devi ricordarti tutti gli incontri e i luoghi, non è più la questione della Madonnina e del giro di merda di Firenze per Medjugorje”. Tiziano, che è devoto alla Madonna e crede nelle sue apparizioni, lo ferma: “Non devi dire così”.

Matteo Renzi e il giro di merda per Medjugorie.

Già da queste poche parole possiamo osservare che il terrore di Renzi per le conseguenze di quello che potrebbe dire il padre, e visto che l’inchiesta è già scoppiata sui giornali è terrorizzato per quello che potrebbe dire il padre ma dell’inchiesta non sa davvero niente, smentendo così fragorosamente il complottismo di quei mesi sui servizi segreti che spiavano i magistrati del NOE di cui erano piene le informative dell’epoca. Talmente furioso e terrorizzato che il padre deve riprenderlo per quello che dice su Medjugorie mentre lui se ne frega altamente  e gli dice “Stai distruggendo un’esperienza ”, ovvero la sua in politica. Più autenticamente Renzi di così è difficile.
Si capisce che non si fida del padre alla vigilia dell’inter rogatorio: “Devi dire nomi e cognomi”gli intima e poi aggiunge che questa storia è delicata per lui perché “Mazzei è l’unico che conosco anche io”. Poi Matteo arriva al dunque: “È vero che hai fatto una cena con Romeo?”. La risposta non è netta ma sibillina. I carabinieri nel brogliaccio annotano: “Tiziano dice di no e che le cene se le ricorda ma i bar no”. Cioè, Tiziano Renzi nega un incontro al ristorante (“la bettola”) come è stato riferito ai pm e ai giornali da Mazzei che a sua volta l’aveva appreso da Romeo in persona. Però, se il no sui ristoranti è netto, non lo è altrettanto quello su un possibile incontro con l’i mprenditore campano in un bar.
Insomma, sono proprio le intercettazioni a confermare, tramite la genuina ansia di avere guai nella sua carriera, l’estraneità di Renzi all’inchiesta CONSIP. “Non ti credo e devi immaginarti cosa può pensare il magistrato. Non è credibile che non ricordi di avere incontrato uno come Romeo, noto a tutti e legato a Rutelli e Bocchino”, dice ancora Renzi al padre mettendolo davvero in difficoltà in una requisitoria che avrà sicuramente preparato il padre al meglio per l’interrogatorio con i magistrati. E non solo:
Ma Matteo non lo fa finire e gli dice: “Non dire che c’era mamma altrimenti interrogano anche lei”. (…) Matteo sa che quella del Four Season comunque non è una situazione legata all’indagine Consip e torna a chiedere: “Hai incontrato Romeo in un’altra situazione? ”. Tiziano ancora una volta risponde che non ne ha memoria. A quel punto Matteo molla la presa e formula la sua fosca previsione sul destino di entrambi: “Andrai a processo, ci vorranno tre anni e io lascerò le primarie”.
Il vero terrore di Renzi riguarda quello che potrebbe danneggiarlo nei rapporti con il padre. E c’è un’altra frase sibillina da segnalare: “Io non voglio essere preso in giro e tu devi dire la verità in quanto in passato la verità non l’hai detta a Luca e non farmi aggiungere altro. Devi dire se hai incontrato Romeo una o più volte e devi riferire tutto quello che vi siete detti”. Luca è ovviamente Luca Lotti e il figlio sta accusando il padre di non aver detto la verità (evidentemente sulla faccenda) al suo braccio destro. O Renzi è il più grande attore del mondo, oppure non solo non c’entra nulla con la faccenda delle gare ma è anche piuttosto arrabbiato con il genitore perché nemmeno lui si fida dei suoi intrallazzi. Al netto di “giri di merda per Medjugorie” da questa telefonata emerge un Renzi sinceramente preoccupato… per sé stesso ma anche fuori da qualunque impiccio nella vicenda. Matteo dovrebbe esserne contento e correre ad acquistare il libro di Lillo.
EDIT ore 9.28: La replica di Renzi su Facebook:
Questa mattina Il Fatto Quotidiano pubblica con grande enfasi delle intercettazioni tra me e mio padre. Risalgono a qualche settimana fa e sono già in un libro, a firma di un giornalista che si chiama Marco Lillo.
Nel merito queste intercettazioni ribadiscono la mia serietà visto che quando scoppia lo scandalo Consip chiamo mio padre per dirgli: “Babbo, questo non è un gioco, devi dire la verità, solo la verità.”
Mio padre non ha mai visto un tribunale fintantoché suo figlio è diventato premier. Fino a quel momento ha vissuto tranquillamente la sua vita, esuberante e bella: ha 66 anni e proprio sabato scorso ha festeggiato i 45 anni di matrimonio. Quattro figli, nove nipoti, gli scout, il coro della chiesa, il suo lavoro e naturalmente la passione civica per Rignano: è un uomo felice. Ha conosciuto la giustizia solo dopo che io sono arrivato a Palazzo Chigi. Non è abituato a questa pressione che deriva dal suo cognome più che dai suoi comportamenti. Gli ricordo che se sa qualcosa è bene che la dica, all’avvocato e al magistrato. La verità prima o poi emerge: è giusto dirla subito.
Politicamente parlando le intercettazioni pubblicate mi fanno un regalo. La pubblicazione è come sempre illegittima ed è l’ennesima dimostrazione di rapporti particolari tra alcune procure e alcune redazioni. Ma non ho alcun titolo per lamentarmi: non sono il primo a passare da questa gogna mediatica. Anzi: ad altri è andata peggio. Qualcuno si è tolto la vita per le intercettazioni, qualcuno ci ha rimesso il lavoro.
Ma umanamente mi feriscono perché in quella telefonata sono molto duro con mio padre. E rileggendole mi dispiace, da figlio, da uomo. Da uomo delle istituzioni, però, non potevo fare diversamente.
Vi racconto i fatti. È il 2 marzo. Il giorno prima, mercoledì delle ceneri, vado nella Locride dai meravigliosi ragazzi della cooperativa Goel, una delle visite più belle del mio “Trolley tour”. Percorro la Salerno-Reggio Calabria, poi mi fermo a Catanzaro. Quindi arrivo a Taranto. Arrivo in albergo stanco, non ceno e alle 22 sono già a letto. Al mattino incontro gli operai dell’ILVA con la splendida Teresa Bellanova: non li ho mai lasciati soli in tre anni, voglio parlare con loro anche adesso che non sono più premier. Prendo un caffè con la direttrice del Museo di Taranto, perché per me Taranto riparte solo se riparte anche la vita in città, non solo l’acciaio. Di tutto lascio traccia su instagram, sul blog, sui social. Poi finalmente trovo il tempo di chiamare mio padre.
Sono circa le 9.30 del mattino. Mi metto sulla terrazza della sala da pranzo delle colazioni, avendo cura di essere solo. E affronto mio padre. Per me è una telefonata umanamente difficile. Repubblica ha pubblicato una clamorosa intervista a un testimone che riferisce di una cena riservata in una bettola segreta tra mio padre e l’imprenditore Romeo, lo stesso che secondo una ricostruzione dei magistrati di Napoli gli avrebbe dato 30 mila euro in nero al mese. Conosco mio padre e conosco la sua onestà: alla storia dello stipendio in nero da 30 mila euro non crede nemmeno un bambino di tre anni. Ma dubito di lui, esperienza che vi auguro di non provare mai verso vostro padre, e sulla cena mi arrabbio. “Ma come? Vai a fare le cene riservate in una bettola segreta a Roma? Con imprenditori che hanno rapporti con la pubblica amministrazione?” Mi sembra allucinante. E tuttavia, ingenuo come sono, credo a Repubblica perché mi sembra impossibile che pubblichino un pezzo senza alcuna verifica: se lo scrivono, sarà vero. Dunque incalzo mio padre.
Lo tratto male, dicendogli: “non dirmi balle, la cena c’è stata per forza altrimenti non lo scriverebbero”. “Quante volte hai visto Romeo”. Lo interrogo, lo tratto male. Ma sono un figlio. E se tuo padre bluffa lo senti. Mio padre mi ribadisce: non c’è stata nessuna cena, devi credermi. Matteo, è una notizia falsa, devi credermi. Con l’aggiunta di qualche espressione colorita toscana.
Alla fine della telefonata, durissima, salgo in auto verso Castellaneta e poi Matera e sussurro a un caro amico che mi accompagna: “Mio padre non c’entra niente, mio padre non ha fatto niente. Questa storia puzza.”
I fatti li conoscete. Nelle settimane successive un’altra procura, quella di Roma, indagherà su un capitano dei carabinieri che aveva fatto le indagini su mio padre accusando il militare di falso. La storia diventa torbida con presunti interventi dei servizi segreti, che vengono vergognosamente citati da persone prive di alcuna serietà istituzionale. La vicenda assume contorni inquietanti e l’intrigo si carica ogni giorno di nuovi particolari.
Io mi limito a osservare, registrare tutto quello che sta accadendo che è impressionante e attendere che una sentenza certifichi la verità. Non ho fretta. Osservo anche i dettagli. Sono umanamente provato, ovvio, e si vede quando vado in TV dalla Gruber, ma ribadisco sempre la stessa cosa: vogliamo che sia fatta piena luce su questa vicenda. Gli avvocati hanno materiali per un risarcimento danni copioso (del resto lo stesso Marco Lillo mi conosce visto che già in un caso ha preteso di mettere una clausola di riservatezza così da non dire fuori se e quanto ha dovuto pagare: fanno sempre così i teorici della trasparenza, altrui). Spero che bastino per pagare i mutui della mia famiglia: perché noi come tutti gli italiani abbiamo i mutui, non le tangenti.
Ma umanamente mi dispiace per mio padre. È entrato in una storia più grande di lui e solo per il cognome che porta. Ieri, per la seconda volta, in tre mesi mio padre era all’ospedale di Careggi per un altro piccolo intervento al cuore. E alla fine mi viene da pensare che sia tutto per colpa mia, solo per il mio impegno in politica. Delle volte mi domando se tutto questo dolore abbia un senso. Se sia giusto far pagare a chi ti sta vicino il fatto che ci sia gente che farebbe di tutto per vedermi politicamente morto. E mi dico che forse alla fine per cercare di migliorare la vita degli altri si finisce col peggiorare quella di chi ti sta accanto: penso soltanto a quanto ha sofferto Agnese per le vergognose cose che le hanno detto sulla buona scuola, dopo anni di precariato come tutte le sue colleghe.
Poi mi ripeto che possono inventarsi di tutto, ma noi non molleremo.
Chi ha sbagliato pagherà fino all’ultimo centesimo, comunque si chiami. Spero che valga anche per chi – tra i giornalisti – ha scambiato la ricerca della verità con una caccia all’uomo che lascia senza parole. Intendiamoci: la stragrande maggioranza dei giornalisti fa bene il proprio lavoro. Ma anche molti giornalisti in queste ore mi stanno scrivendo per domandarsi se non si sia superato il limite. Questo naturalmente non toglie che chi ha potere, o ha avuto potere, deve rispondere a tutte le domande: cosa che farò anche alle 16 oggi pomeriggio direttamente con i cittadini con il Matteo Risponde.
Possono costruire scandali o pubblicare prove false quanto vogliono. Noi crediamo nella giustizia. Ci fidiamo delle istituzioni italiane. E abbiamo un grande alleato: perché il tempo non cancella la verità. La fa emergere. Tutte le volte che risaliamo nei sondaggi arriva un presunto scandalo a buttarci giù. Forse butterà giù i sondaggi, forse. Ma di sicuro non butterà giù il nostro morale. Perché non non ci fermeranno nemmeno stavolta. Avanti, insieme

 https://www.nextquotidiano.it/telefonata-renzi-padre-consip/

CHRIS CORNELL - YOU KNOW MY NAME (Casino Royale Soundtrack)



Con te, un pezzetto della mia vita se n'è andato.

Il Nobel Stiglitz: «Contro le diseguaglianze, investite sul Terzo settore» - Marco Dotti

Stiglitz

I dati dell'Istat lo confermano: nel nostro Paese cresce il divario tra (pochi) mega-ricchi e la massa della popolazione, sempre più precaria e sconnessa. Nel nostro presente ci sono povertà assoluta, fine della classe media, diseguaglianze sociali, economiche e di genere. Per cambiare rotta, spiega il Nobel in questa intervista a Vita, «dobbiamo far leva sul no profit»

Oggi, spiega il premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz, l’Italia è «uno dei paesi con il più alto livello di diseguaglianze al mondo». Per una volta, gli Usa non sono tanto distanti da noi: «classe media spolpata, base della popolazione impoverita e l’1% della stessa popolazione che gode di extra profitti. Con i figli di questo 1% che si ritroveranno ricchi per mera “discendenza” ed erediteranno un vantaggio competitivo che non farà che allungare la catena delle diseguaglianze. Qualcosa non torna, qualcosa non va, forse tutto.

Dal punto di vista teorico, è saltato un modello: quello della “teoria del gocciolamento”, ovvero l’idea che le diseguaglianze – di benessere, salute, reddito e di opportunità sociali – potessero in qualche modo essere mitigate dal fatto che i vantaggi ricevuti dalla popolazione più abbiente, sarebbero ricaduti sulle fasce più basse in termini di offerte di lavoro e via discorrendo. Al contrario, ci spiega Stiglitz, che abbiamo incontrato a margine dell'incontro sulla "jobless society“ organizzato da Adecco e Fondazione Feltrinelli, crescita degli ultimi decenni è andata a chi stava in cima, che si è preso tutto condividendo niente. Il salario minimo di un lavoratore è più basso di 40 anni fa», negli Usa come in Italia.

Professor Stiglitz, lei ha disegnato un quadro a tinte fosche del nostro presente. Ma per il futuro?

Poiché siamo esseri capaci di scelta e capiamo che così le cose non vanno, io sono ottimista: sappiamo scegliere, dobbiamo scegliere, ma dobbiamo anche capire in che direzione orientare questa scelta. Le diseguaglianze non sono inevitabili e la disoccupazione non è un destino. Il lavoro deve però essere luogo dove queste diseguaglianze si affievoliscono e garanzia della mobilità sociale. Se diventa luogo di diseguaglianza e discriminazione, siamo in un nuovo feudalesimo.

Dove orientarla, allora, la nostra scelta?

Dobbiamo contrastare in ogni modo le disuguaglianze. Per farlo, dobbiamo riscrivere le regole del mercato, garantendo una migliore distribuzione del reddito, rafforzando il potere di contrattazione dei lavoratori e riducendo la forbice tra i compensi dei manager e il salario medio dei dipendenti. Oggi, il sistema garantisce l’accumulo di ricchezza finanziaria e disincentiva, di fatto, gli investimenti nell’economia reale, nelle infrastrutture e a supporto delle piccole e medie imprese. Dobbiamo andare in un’altra direzione, sia sul piano delle regole, sia su quello della governance aziendale.

Come può il terzo settore contribuire a questa riconfigurazione dell’economia?

Facendo quello che sa fare e facendolo al meglio. Prendiamo il caso degli Stati Uniti: se osservi le istituzioni americane, se le osservi bene intendo, che cosa noti? Noti che quelle di maggiore successo sono le istituzioni no profit. E tra queste istituzioni, particolare successo hanno le università. Direi che se il terzo settore tiene fede ai propri compiti, il suo successo va a un vantaggio di tutti. Non ci sono istituzioni “for profit” di successo.

Eppure, il corporate storytelling ci dice il contrario...

Lo ha detto lei, è corporate storytelling...

Diciamo pure: menzogne.

Infatti l’unico successo concreto di queste “for profit” sta nello sfruttare persone. Sfruttare persone povere. In questo riescono benissimo. Ma se guardi le università come Harvard, le fondazioni, le associazioni che davvero incidono positivamente sul piano economico e sociale, sono tutte no profit. Quando la gente parla dell’economia di mercato, io dico che non siamo una vera economia di mercato. Non lo siamo negli Stati Uniti, dove l’intero settore dell’educazione, dalla Stanford University in giù, è retto da un sistema no profit. Non lo siete in Italia dove – non devo essere io a insegnarvelo – il terzo settore ha un ruolo preminente. Guai se saltasse.

Non capirlo ha dei costi enormi, non crede?

Infatti, ci dimentichiamo che esistono istituzioni importanti che agiscono not -for-profit e, dimenticandocene, tendiamo a non capire la loro capacità di riconfigurare l’intera economia. Pensiamo al settore sanitario: credo che una delle ragioni per cui il sistema sanitario negli Stati Uniti sta andando così male risieda nel fatto che un tempo avevamo strutture che non operavano in primo luogo per profitto, ospedali religiosi e ospedali di comunità per esempio, e ora invece abbiamo “for profit hospitals”. Avevamo compagnie di assicurazione sanitaria cooperative, ora abbiamo imprese di assicurazione sanitaria “for profit”. Quello che voglio dire è che dobbiamo stare attenti ai piccoli cambiamenti. Sono stati i piccoli cambiamenti che hanno cambiato l’intera cultura di queste organizzazioni.

Un esempio positivo di questo no profit americano?

Penso a un istituto finanziario che si è comportato bene, le unioni di credit che sono no profit …

Anche piano del lavoro, oggi più che mai, il no profit ha molto da dire, soprattutto per produrre cambiamenti positivi nella cultura organizzativa.

Credo, infatti, che questa sia la sfida, non per generare ibridi ma per creare mentalità, cultura. Il modo migliore per qualunque paese per ridurre la disoccupazione giovanile resta comunque intervenire sulla disoccupazione complessiva. L’Italia, ora, ha un problema in più. Non solo è uno dei Paesi al mondo dove le diseguaglianze di reddito sono più marcate...

... e questo è già un bel paradosso, vista la presenza di quel terzo settore di cui parlavamo...Chiediamoci cosa accadrebbe se non ci fosse.

Accennava comunque a un problema in più, per l’Italia, sul piano delle politiche del lavoro...
Il problema è l’eurozona, per come è stata configurata. Intervenire sulla flessibilità non porterà a molto, perché anche nei paesi all’interno dell’eurozona in cui si è tentato di incrementare la flessibilità, l’unico risultato è indebolire ancora di più la tenuta interna dell’economia.

Se diciamo eurozona, diciamo in sostanza Germania...

All’interno dell’euro per i giovani italiani è molto difficile essere pienamente occupati, sarebbe facile per la Germania cambiare le sue politiche, per l’Europa cambiare e quando dico “facile” non mi riferisco alle politiche economiche. Parlo di politica. La diseguaglianza è conseguenza di una scelta del sistema politico. Poiché la Germania ha un peso imponente, lo fa valere. Bisogna riformare le regole dell’eurozona, condividendo il debito e cancellando il fiscal compact, tornando a favorire investimenti pubblici. Senza procedere in questa direzione non si uscirà dal problema della disoccupazione di massa che, secondo la Bce, nell’area euro, è al 18,5%.

Conseguenza di questa politica e della gabbia di ferro dell’eurozona è che, in Italia, oggi 1,6 milioni di persone vive in condizioni di povertà assoluta.

Non solo, se i paesi più virtuosi in tema di reddito, lotta alla disuguaglianza e mobilità sociale sono Norvegia (che è fuori dall’eurozona) e Svezia, l’Italia è ai primi posti al mondo per tasso di diseguaglianza, forbice di reddito e immobilismo sociale. In Italia, come negli Stati Uniti, hai un reddito alto se nasci da famiglie con un reddito alto, come negli Stati Uniti. Per questo, se l’eurozona è una trappola, gli Stati Uniti non sono certo il modello.

Si rischia, anche sulle tematiche del lavoro, di dare come il Barone di Münchhausen
che voleva tirarsi fuori dalla palude tirandosi per i capelli.

Tanto più che, in Italia, è in atto un sotto investimento, anche culturale, sulle politiche della ricerca. I ricercatori non trovano lavoro e fuggono all’estero, coloro che potrebbero dare tanto a questo Paese sono costretti in condizioni di precarietà permanente e subiscono disuguaglianze al limite dell’umiliazione. Ecco, se torniamo al punto da cui siamo partiti: anziché invocare austerity o seguire ricette importate da chissà chi e da chissà dove, cercare di ridisegnare i confini dell’economia spingendo sul terzo settore, sulla sua capacità di agire sul legame sociale non sarebbe cosa da poco. Se non ripartiamo da questa forza motrice, sarà difficile. Se vogliamo riscrivere le regole e ridefinire la forma dell’economia, dobbiamo partire dal lavoro e ricordarci che abbiamo delle alternative alla crisi, all’austerity, alla crescita delle diseguaglianze. Una di queste alternative è imparare dal no profit come si opera un vero cambiamento sociale.

http://www.vita.it/it/article/2017/05/17/il-nobel-stiglitz-contro-le-diseguaglianze-investite-sul-terzo-settore/143398/

la mia primavera personale.

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