mercoledì 19 settembre 2018

Formigoni: in appello la condanna sale a 7 anni e 6 mesi.

Roberto Formigoni


L'ex presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni è stato condannato in secondo grado a 7 anni e 6 mesi di reclusione dalla Corte d'appello di Milano per corruzione nel procedimento legato al crac del San Raffaele e al dissesto finanziario della Fondazione Maugeri di Pavia. Le due strutture ospedaliere lombarde avrebbero ricevuto, favoriti da Formigoni, versamenti non dovuti dalla Regione Lombardia e parte di quei fondi, attraverso alcuni intermediari, sarebbe servita per pagare benefit e utilità all'ex numero uno del Pirellone.

In primo grado 6 anni.
In primo grado, il 22 dicembre 2016, Formigoni era stato condannato a 6 anni di reclusione e la procura generale aveva chiesto in appello di confermare la condanna aumentando la pena a 7 ani e 6 mesi.
Le accuse.
Secondo l’accusa Formigoni avrebbe ottenuto una serie di utilità, tra cui l'uso di yacht, vacanze e cene, per favorire i due enti con delibere di giunta per circa 200 milioni di rimborsi pubblici.
La requisitoria della procura. 
La procura generale nel corso della requisitoria nei mesi scorsi ha chiesto per l'ex governatore della Lombardia “il massimo della pena”, ritenendo i fatti “gravissimi” e non meritevoli di alcuna attenuante. Formigoni è stato anche condannato all'interdizione perpetua dai pubblici uffici (in primo grado l'interdizione era temporanea), al pagamento delle spese processuali e al pagamento delle spese processuali della parte civile Regione Lombardia.
Le altre condanne.
Confermate le condanne anche per i co-imputati Costantino Passerino, ex direttore amministrativo della Maugeri, la cui pena è stata alzata da 7 anni a 7 anni e 6 mesi, con la procura generale che aveva chiesto una condanna a 7 anni e 7 mesi; e per l'imprenditore Claudio Farina, accusato di riciclaggio, a 3 anni e 4 mesi come in primo grado.
La ricostruzione dei fatti.
Secondo i magistrati milanesi nel corso di un decennio, tra il 2001 e il 2011, sono stati versati «70 milioni dalla Fondazione Maugeri e circa 8-9 milioni dal San Raffaele» a fronte di versamenti derivanti da misure della Regione Lombardia come la legge non profit per «oltre 100 milioni». A fare da intermediario, per l'accusa, ci pensava l'imprenditore Pierangelo Daccò, considerato un fedelissimo di Formigoni, che nel corso del processo d'appello ha patteggiato una condanna a 2 anni e 7 mesi di reclusione che, in continuazione con i 9 anni definitivi per il crac del San Raffaele hanno portato ad una totale di 11 anni e 7 mesi. Anche l'ex assessore alla Sanità lombardo Antonio Simone ha patteggiato in appello una condanna a 4 anni e 8 mesi. Per l'accusa, Formigoni avrebbe ricevuto dalla fondazione di Pavia benefit per “6,6 milioni di euro per compiere atti contrari al suo ufficio”, attraverso l'intermediazione di Daccò e Simone e quei soldi sarebbero stati parte dei fondi versati alla Maugeri dalla Regione Lombardia per rimborsi non dovuti. Con la sentenza di oggi i giudici hanno anche confermato le confische nei confronti degli imputati raggiunti da provvedimenti di sequestro e hanno disposto la restituzione alla Fondazione Maugeri di alcune somme sotto sequestro su conti all'estero per oltre 4 milioni di euro.
La Cassazione.
Se la pena di 7 anni e mezzo di reclusione a Roberto Formigoni dovesse essere confermata anche in Cassazione, l'ex Governatore lombardo ed ex senatore potrebbe chiedere di scontarla in detenzione domiciliare e non in carcere, come prevede la legge per le persone che hanno compiuto i 70 anni di età. Formigoni ne ha 71. La corruzione, infatti, non è uno dei reati che impedisce agli ultrasettantenni di richiedere di scontare la pena definitiva, se superiore a 4 anni (altrimenti si può richiedere l'affidamento in prova ai servizi sociali), in “detenzione domiciliare ordinaria”. Tra l'altro, prima che il processo arrivi in Cassazione (30 giorni per le motivazioni e altri 30 giorni per il ricorso scontato della difesa) si dovrebbe prescrivere l'imputazione “minore” che riguarda il capitolo San Raffaele (a fine 2018). Per il capitolo principale “Maugeri”, invece, i termini di prescrizione arriverebbero fino a oltre metà del 2019.
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E' di Putignano il più giovane neurochirurgo in grado di intervenire sulle vertebre cervicali per via endonasale. - Patrizio Pulvento

Dott. Giulio Cecchini
dott. Giulio Cecchini

L’operazione di decompressione midollare cervicale mininvasiva è stata eseguita con successo dal Dott. Giulio Cecchini, su una donna lucana di 57 anni che rischiava la paralisi.

Putignano Ba - Rischiava di rimanere paralizzata per via di una malformazione congenita alle vertebre cervicali, complicata dall’artrosi, una donna di 57 anni, inizialmente ritenuta quasi inoperabile. Ora sta bene grazie ad una raffinatissima tecnica chirurgica di decompressione midollare cervicale mediante odontoidectomia dell'epistrofeo per via endoscopica endonasale mininvasiva.
A portare a termine con successo il delicato intervento è stato un neurochirurgo nato e residente a Putignano, il Dott. Giulio Cecchini, 33 anni, probabilmente il più giovane neurochirurgo al mondo ad eseguire tale procedura, in collaborazione con il collega e amico Dott. Francesco Di Biase.
L’operazione è stata eseguita nell’ospedale San Carlo di Potenza con la supervisione del Direttore del reparto di Neurochirurgia, Dott. Giovanni Vitale. Va infatti precisato che questo intervento viene eseguito in pochi centri esclusivi ultraspecializzati in neurochirurgia mininvasiva. La signora era affetta da una malformazione congenita della giunzione vertebrale tra testa e collo (Epistrofeo).
Tale malformazione, inizialmente di grado lieve, si era aggravata negli anni con la comparsa dell’osteoartrosi, al punto di procurale addirittura una compressione del midollo al livello occipitale.
«Questa compressione del midollo era principalmente dovuta al dente dell’epistrofeo (seconda vertebra cervicale) che si proiettava all’interno della parte bassa del cranio e che, da circa sei anni – spiega il Dott. Cecchini - aveva cominciato a causarle cefalee, piccole apnee notturne, disturbi del movimento, fino alla tetraparesi.»
Come lo stesso neurochirurgo putignanese ha spiegato, per rimuovere questo dente dell’epistrofeo le metodiche a disposizione sono pochissime e dipendono dalla complessità del caso in esame. Si tratta di un’aera chirurgica rischiosa per la presenza del centro del respiro, del battito, ecc.. Molte strutture infatti, nelle circostanze più gravi, pare si limitino ad un trattamento di tipo fisiatrico e ad una trazione della testa del paziente. 
Le opzioni più diffuse per la rimozione del dente della vertebra epistrofeo, prevedono prevalentemente l’accesso chirurgico dalla bocca (transorale), con il rischio di alcune complicanze legate alla deglutizione a alla fonazione. Nel caso della 57enne è stato invece possibile intervenire passando dal naso con la tecnica endoscopica mininvasiva endonasale meno soggetta a infezioni e che non prevede alcuna incisione cutanea. Infatti la paziente non presenta alcuna ferita chirurgica né punti di sutura.
La signora ora sta bene, ha già ricominciato ad alimentarsi autonomamente, ha sospeso la terapia antibiotica ed è stata dimessa dall’ospedale. La paziente ha altresì manifestato un progressivo aumento della forza e della mobilità degli arti, cammina meglio e presto saranno anche superate le apnee notturne e le cefalee.
Dopo  la rimozione del dente dell’epistrofeo, si procederà dopo qualche settimana ad una nuova operazione di consolidamento delle prime due vertebre cervicali finalizzata ad agevolare il movimento della testa (la mobilità è assicurata temporaneamente da un collare).
«Fondamentale è tuttavia la diagnosi tempestiva di questo tipo di patologie - conclude il neurochirurgo -  Poiché potrebbe non essere più possibile ottenere il pieno recupero in soggetti con diagnosi tardiva e già troppo compromessi fisicamente.»

martedì 18 settembre 2018

L’indagine sull’Air Force Renzi per i 13 milioni spariti.

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Daniele Rainieri sul Fatto oggi racconta in cosa consiste l’indagine sull’Air Force Renzi annunciata dall’esperto di Toninelli dimissionario e condannato per bancarotta Gaetano Intrieri nella lunghissima lettera con cui rispose all’articolo de La Verità che raccontava della sua storia giudiziaria.

I conti non tornano e ballano dai 7 ai 13 milioni di euro per l’Air Force di Renzi, l’ormai famoso Airbus A 340/500 che l’ex presidente del Consiglio volle a tutti i costi nel marzo di due anni fa, costringendo l’Italia a spendere la bellezza di oltre 160 milioni di euro di cui circa la metà solo per il leasing (affitto).

Una cifra stratosferica, 16 volte superiore al prezzo (5 milioni di euro circa) contrattato qualche settimana fa per la vendita (non l’affitto) di un aereo di quel tipo da parte della stessa società che aveva fornito il jet di Renzi,cioè Etihad,la compagnia del’Emiro di Abu Dhabi già socia di Alitalia. Il contratto capestro per l’Italia è stato annullato con un risparmio di oltre 100 milioni di euro grazie a una trattativa serrata condotta da Gaetano Intrieri, uno degli esperti che stanno collaborando con il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli.

Nel racconto del Fatto però manca qualcosa: ieri Ilario Lombardo sulla Stampa ha invece raccontato che è vero che il governo ha annunciato di aver stracciato il contratto e subito dopo ha mandato una lettera agli arabi per chiuderlo, ma Etihad ha risposto e ha detto di non sapersene che fare dell’aereo, e di non volersi accollare i costi dello smantellamento. Di fatto un contratto è in essere e anche se i commissari di Alitalia e la ministra della Difesa Elisabetta Trenta hanno annunciato di aver disdetto il leasing, in un contratto esiste una controparte. In ogni caso il Fatto spiega che dei 50 milioni che sono stati spesi dallo Stato a Etihad ne sono arrivati solo 37. Degli altri 13, 6 sono stati trattenuti da Alitalia per la manutenzione ordinaria e straordinaria del velivolo, che però non poteva effettuare:

Al riguardo la compagnia non conferma e non smentisce. I tecnici del ministero sostengono però che Alitalia tutt’al più può aver fornito la manutenzione leggera e di base per l’aereo di Renzi perché per quella pesante e straordinaria non avrebbe la c a p a bi l i t y , cioè le certificazioni tecniche e il personale qualificato necessari. I tecnici si stanno chiedendo quindi a che titolo Alitalia possa aver riscosso la sua quota. La compagnia ha in flotta numerosi Airbus, ma nessuno uguale a quello preteso da Renzi.

E gli altri 7?

Per risolvere l’enigma Toninelli ha segnalato la faccenda alla Corte dei conti che a sua volta ha attivato la Guardia di Finanza che ora sta indagando sullo strano affare. Nel corso degli incontri al ministero dei Trasporti per l’Airbus è emersa un’altra incongruenza: perché Alitalia è stata tirata dentro a un affare che avrebbe dovuto riguardare solo il Segretariato generale della Difesa e il fornitore del velivolo, la compagnia emiratina Etihad?

Alitalia ha preso in affitto da Etihad l’aereo destinato a Renzi, che a sua volta la società araba aveva preso in affitto sul mercato. Alitalia ha poi fornito l’Airbus alla Difesa italiana ed è quindi entrata nel contratto con una funzione di intermediazione e il ruolo di lessor, per il quale occorrono autorizzazioni particolari che la compagnia di Fiumicino non ha.

https://www.nextquotidiano.it/air-force-renzi-indagine/

domenica 16 settembre 2018

"Sulla mia pelle"

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Ieri ho visto il film "Sulla mia pelle" ispirato alla tragica vicenda di Stefano Cucchi.
Nel film, oltre ai fatti che conosciamo, è raccapricciante constatare come si è svolta la sequela delle connivenze tra carabinieri, guardie carcerarie e sanitari.
Tutti responsabili di efferatezze inimmaginabili, dall'azione iniziale perpetrata dai carabinieri, alla mancanza di responsabilità dovuta alla paura o alla volontà di proteggere i colleghi responsabili del misfatto. 
Stefano si sarebbe potuto salvare se ognuno di loro avesse adempiuto al proprio dovere.
Le guardie carcerarie e i medici ed infermieri avrebbero dovuto denunciare ciò che era evidente a tutti, ma che è stato nascosto per proteggere infami personaggi che meriterebbero lo stesso trattamento riservato a Stefano.
Tutti hanno fatto finta di niente, anche il giudice non si è accorta dello stato in cui era stato ridotto Stefano.
Tutti collusi.

Cetta

Assenza genitoriale, disagio adolescenti.

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Ogni anno, in Italia, 500 adolescenti si uccidono.
La causa del problema pare che sia l'assenza dei genitori ma...

Il problema è ben più grave di ciò che si crede. 
Il problema trae origine da una reazione a catena: i genitori insoddisfatti sia economicamente che materialmente, non avendo strutture pubbliche adeguate alle quali fare affidamento, e non potendo più fare affidamento sui propri genitori forzatamente trattenuti al lavoro con le leggi capestro messe a punto dalla politica corrotta, debbono adattarsi a sopperire a tutto da soli. Dovendo sopperire a tutto con i pochi mezzi, economici e materiali messi a disposizione dalla società carente, districandosi tra lavoro esterno e lavori domestici, sono costretti a tralasciare, per mancanza materiale di tempo, l'attenzione e la cura che richiedono i figli.
Figli che, a loro volta, senza una guida alla quale fare riferimento, cercano di trovarla in situazioni illusorie come i videogiochi o l'aggregazione a bande di piccoli teppisti che, come è sotto gli occhi di tutti, aumentano a dismisura. 


Credo, oltretutto, che tra i motivi principali della decrescita nel nostro paese ci sia proprio la carenza di strutture adeguate al sostentamento genitoriale.
I figli costano, richiedono accudimento e, quando manca il supporto dovuto, si rinuncia. E' più facile, meno costoso e meno responsabile allevare un cane o un gatto.


Sta cambiando la società, in peggio, per colpa della carenza di strutture e di etica.


Cetta.

giovedì 13 settembre 2018

Normativa copyright.

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Con la nuova normativa Copyright hanno voluto censurare la libertà di parola. 
Sarà molto difficile, infatti, districarsi tra i meandri dell'obbligo di pagamento dei diritti d'autore alle testate giornalistiche o ai giornalisti stessi da parte delle piattaforme come Fb e/o Twitter, che preferiranno censurare per non pagare. 
Stiamo attraversando un periodo di grande buio, di dittatura insopportabile nella quale aumentano i doveri e diminuiscono in maniera esponenziale i diritti, compreso quello di libertà di pensiero e di espressione.
A me sembra anche una forma di protezione verso le testate giornalistiche e giornalisti stessi che, asserviti alla sporca politica, riceveranno un compenso per la loro abnegazione.


Cetta

mercoledì 12 settembre 2018

CUFFARO ALL’ARS: IL SOVVERTIMENTO DELLA LOGICA E DELLA VERITÀ - Angelo Niceta

L'immagine può contenere: 2 persone, persone in piedi e vestito elegante


CAMBIANO LE STRATEGIE MA NON LA FINALITÀ: CREARE UN CLIMA CHE RENDA POSSIBILE CAMBIARE LE LEGGI PIÙ EFFICACI IN TEMA DI LOTTA ALLA MAFIA, A PARTIRE DALLA ROGNONI-LA TORRE...

Quanto avvenuto sulla vicenda dell’ospitata di Totò Cuffaro all’Ars ci indigna. Ma ci indigna ancor di più la collaudata “strategia del caos” che è stata sperimentata anche in questo caso, nonché la mancata informazione su alcuni fatti fondamentali.


Anzitutto ricordiamo che l’attivismo di Totò Cuffaro non è iniziato qualche giorno fa: appena nel mese di agosto, applauditissimo, l’ex governatore ha partecipato ad alcune “assemblee” per la raccolta delle firme a sostegno delle 8 proposte di legge di iniziativa popolare radicali, a fianco di Massimo Niceta e Pietro Cavallotti, aventi le finalità, tra l’altro, di abolire il 41 bis, abolire l’ergastolo, svuotare la Rognoni-La Torre e la legge sui comuni sciolti per mafia. 


PERCHÉ QUESTA NOTIZIA È PASSATA SOSTANZIALMENTE "INOSSERVATA" AI "BENPENSANTI"? PERCHÉ, A NOSTRO AVVISO, NON SI DOVEVA PARLARE DELL’INIZIATIVA IN ATTO CONTRO LE PRINCIPALI NORMATIVE ANTIMAFIA…

Ma veniamo a quanto accaduto in questi giorni. Il problema non è che Cuffaro venga ospitato in una sala piuttosto che in un’altra: il problema è che un CONDANNATO PER FAVOREGGIAMENTO ALLA MAFIA, interdetto in perpetuo dai pubblici uffici (non può neppure esercitare come medico in Italia), mai pentitosi, non deve più avere alcuno spazio nella vita pubblica. È risibile fingere che in una terra come la Sicilia questi segnali non contino, e che l’ospitata di Cuffaro, difesa dai vertici del governo regionale nella figura di Gianfranco Micciché, non assuma un significato che non può essere ridotto al mero fatto, già grave. È giusto che si parli delle esperienze dei carcerati, non capiamo perché debba essere Cuffaro e non un detenuto qualunque a farlo, oltretutto in una sede istituzionale. 


Gianfranco Micciché, rispondendo a Cancelleri, ha così difeso l’iniziativa: “In vita mia non ho mai impedito a chicchessia di dire la sua, men che meno lo farei con chi ha sofferto in carcere. E non lo farò nemmeno stavolta, nemmeno se IL TUO PROBLEMA si chiama Totò Cuffaro. NON STARÒ QUI A SPIEGARTI CHE COSTUI RAPPRESENTA UN PEZZO IMPORTANTE DI RECENTE STORIA SICILIANA. E una cosa sia chiara: censurare non fa parte del mio dna”.


Quindi, per stessa ammissione del vicepresidente e uomo forte della Giunta Regionale siciliana Micciché non parla solo come detenuto X ma in quanto “RAPPRESENTA UN PEZZO IMPORTANTE DI RECENTE STORIA SICILIANA”. 


Un pezzo recente di storia siciliana: un pezzo di vergognose collusioni tra istituzioni e mafia, ma anche di spoliazione della cosa pubblica (si pensi, pars pro toto, il fiume di soldi riversato sulla sanità privata) e del peggior clientelismo.


Ma di fronte ad una simile assunzione di responsabilità da parte di Micciché, invece di esserci una rivolta della Commissione Antimafia, delle forze politiche e delle associazioni che si proclamano a gran voce “antimafia”, abbiamo assistito ad una ridda di commenti giustificazionisti e confusi per difendere l’indifendibile.


“Siamo in una democrazia”. Naturalmente, ma anche una democrazia vive di regole e di principi etici. È giusto far parlare, per di più in una sede istituzionale, per esempio, un soggetto condannato per stupro? O magari, la prossima volta, SARO CATTAFI, perché racconti anche lui l’esperienza del carcere?


“Cuffaro ha pagato per tutti”. Argomento ancora più assurdo. Anzitutto perché riteniamo che verso Cuffaro non ci sia stato alcun particolare accanimento, viste anche le visite che riceveva in carcere, a quanto ha riferito la stampa, per continuare a gestire il suo potere e i suoi affari. In secondo luogo perché se anche fosse vero, lo scandalo sono i “colletti bianchi” impuniti, i concorrenti esterni a piede libero – e la mancanza di leggi aggiornate per perseguire il nuovo metodo mafioso – non già l’asserito “sacrificio” (che tale non è) di Cuffaro. Il fatto che per una volta sia stato condannato un “eccellente” non lo fa diventare un capro espiatorio!


Concludiamo con una considerazione. Questi segnali di “resa” alla necessità di fare i conti anche dal punto di vista politico ed etico con la mafia, di cui parlò Paolo Borsellino e di cui parlano tutt’oggi i magistrati che fanno davvero la lotta alla mafia, ci sembrano inquietanti, e fanno da contraltare al clima che si cerca di creare partendo dal basso, dall’umore della gente, contro “l’antimafia”, CON LA PRECISA FINALITÀ NON DI COMBATTERE LA FALSA ANTIMAFIA MA DI DELEGITTIMARE TUTTO E ARRIVARE A CAMBIARE LE LEGGI CHE ANCORA SI PERMETTONO DI “DISTURBARE” IL SISTEMA MAFIA-POLITICA-AFFARI. E ovviamente, creando un clima di delegittimazione e isolamento intorno ai magistrati scomodi e di indebita interferenza sulle inchieste e sui processi in corso.


La “minaccia” rappresentata dalle 8 proposte di legge radicali rimane, e il tentativo continuerà perché queste leggi, dai tempi della “trattativa” Stato-mafia ad oggi, sono uno dei punti fissi nei desiderata del potere. E se adesso la strategia comunicativa cambierà, non più “tutti uniti appassionatamente”, ma ciascun soggetto (un condannato, un indagato con l’aggravante mafiosa, un soggetto con misure di prevenzione in corso) che racconta vittimisticamente e con menzogne la sua storia, la finalità è sempre la stessa.
Proprio per questo, in un momento cruciale di cambiamento politico, invitiamo tutti i cittadini a vigilare. Il volano dell’indignazione dell’opinione pubblica deve rivolgersi contro un sistema di potere e di collusioni, contro mafiosi e corrotti, con la richiesta di nuove ed efficaci leggi all’altezza della realtà, e non dev’essere distolto dai soliti professionisti goebbelsiani della manipolazione dell’opinione pubblica verso soggetti che tutto sono fuorché “vittime”!
Da Noi sosteniamo 
Angelo Niceta


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Cuffaro e Miccichè sono la prova del fatto che la mafia si è impossessata delle istituzioni con il bene placito dei politici corrotti che, pur di mantenere il loro potere all'infinito, accettano di prostrarsi alla mafia. Chi entra a far parte delle organizzazioni malavitose ha l'obbligo di difenderne i componenti. E in quella frase: "Cuffaro ha pagato per tutti" è racchiuso il motivo del sostegno morale che Miccichè presta all'amico.