giovedì 14 maggio 2020

SUL “DISTANZIAMENTO SOCIALE”. - ANDREA ZHOK



Piccola nota per i disattenti.
Il “distanziamento sociale” non è nato due mesi fa, con il lockdown.
Nel “distanziamento sociale” ci abbiamo sguazzato tutti da almeno mezzo secolo.
Il “distanziamento sociale” è quella cosa per cui abbiamo vissuto gran parte della vita in perfetta solitudine in mezzo a folle anonime, ammassati come bestiame sui mezzi di trasporti, senza sapere chi abitava sul pianerottolo di fronte.
Il “distanziamento sociale” è quello che ha messo in mano ai vostri figli degli schermi di varie dimensioni con cui rincoglionirsi in solitudine passando compulsivamente da un meme a un filmatino e ritorno.
Il “distanziamento sociale” è da tempo quella cosa per cui ciascuno viene spinto a vedere in chi fa il suo stesso lavoro un concorrente, un competitore, un potenziale avversario cui magari stringere la mano (ah, il contatto umano), ma pensando solo a come fregarlo o come non farsi fregare.
Smettete di lamentarvi dell’odierno “distanziamento sociale ” come se fino a ieri aveste abitato nella Repubblica platonica o nella comunità di Utopia, scambiandovi abbracci ed effusioni, comunicazioni col cuore in mano e approfondimenti esistenziali col prossimo.
Quello che viene richiesto oggi, come una cautela protempore, non è “distanziamento sociale”; è l’incremento del “distanziamento fisico” di un’ottantina di centimetri rispetto allo standard usuale.
Smettetela di giocare ai piccoli sociologi, come se qui si giocasse il destino della vostra umanità.
Che il “distanziamento sociale”, quello vero, abbia già fatto strame da tempo della vostra umanità lo si capisce benissimo guardando a tutti quelli che fanno i magnifici mostrandosi disposti a sacrificare serenamente la pelle altrui (perché tanto sono vecchi, o malati, o sfigati, o chemmenefrega a me, basta che non sono io).

Occhio ai forchettoni. - Marco Travaglio

Amministrative: tanti i candidati prestanome delle lobby del ...

Non avrei firmato, se me l’avessero chiesto, l’appello raccolto dal manifesto fra molti intellettuali di sinistra, fra cui diversi amici e collaboratori del Fatto, contro gli agguati a Conte e al suo governo. Intanto perché non sono un intellettuale, poi perché non vengo da sinistra (anche se spesso mi ci ritrovo) e soprattutto perché conosco bene i meccanismi della disinformazione, fatti apposta per trasformare ogni cosa nel suo contrario e dunque – come puntualmente avvenuto – nel gabellare quell’iniziativa in una minaccia “di regime” contro il sacrosanto diritto di critica al premier e al governo in carica. Ciò premesso, chi legge l’appello si rende conto che coglie nel segno. Anzitutto perché sottolinea quello che anche noi notiamo da mesi: a memoria d’uomo non s’è mai visto un governo tanto osteggiato dall’establishment mediatico-finanziario-lobbistico.
Nella Prima Repubblica i giornali, la Rai e poi anche la Fininvest erano governativi per definizione (salvo gli organi di partito di destra e di sinistra e, dagli anni 70, i tre nuovi quotidiani di opinione, il manifesto, il Giornale e la Repubblica, che riflettevano le libere convinzioni dei fondatori, Rossanda&Parlato, Montanelli e Scalfari). Nella Seconda Repubblica, i governi B. raccoglievano applausi dai giornali di destra e confindustriali, e fischi da quelli di centrosinistra; e i governi di centrosinistra viceversa, con l’eccezione di quelli confindustriali che restavano sostanzialmente governativi. Poi, nel 2011, iniziò la breve (per fortuna) èra delle larghe intese: Monti aveva tutti i poteri, tutta la stampa e tutte le tv ai suoi piedi (a parte il Fatto e poche eccezioni), idem Enrico Letta e il suo santo patrono Napolitano, idem Renzi, almeno fino alla rottura del Nazareno (l’elezione di Mattarella al Colle nel gennaio 2016, non concordata con B.). Il Salvimaio, appena nato, raccolse l’ostilità preconcetta di quasi tutta la stampa e dei poteri retrostanti, che fingevano di avercela con i due partiti “populisti”, mentre in realtà tremavano solo per il M5S. Tant’è che, non appena Conte, Di Maio&C. iniziarono a minacciare le mangiatoie dei soliti noti (concessioni autostradali, Tav, prescrizione e impunità per corrotti ed evasori), l’establishment e i suoi fogli d’ordini puntarono tutto su Salvini, nuovo santo patrono del Sistema. Infatti tutti, persino Repubblica, dopo la crisi del Papeete spingevano per le elezioni subito, che ci avrebbero restituito il finto bipolarismo di prima: finta destra contro finta sinistra, con le rispettive penne alla bava al seguito, e quegli outsider di Conte e dei 5Stelle a casa.
Tanto la roulette del bipolarismo all’italiana è sempre truccata: che esca il rosso o il nero, vince sempre il banco. Per fortuna nostra e sventura di lorsignori, il piano fallì: e, col governo Conte-2 si saldò con sette anni di ritardo quel connubio fra un centrosinistra seminuovo e un M5S semiresponsabile che era già possibile nel 2013, quando Grillo offrì al Pd di eleggere Rodotà al Quirinale e subito dopo di governare insieme. Ma invano, per l’inesperienza e l’arroganza dei 5Stelle e la miopia e le compromissioni di quel Pd, ancora ostaggio di Re Giorgio, che infatti si fece rieleggere per benedire l’inciucio con B.. E col Partito Trasversale degli Affari: lo stesso che l’anno scorso, in mancanza di meglio, si era consegnato mani e piedi a Salvini. E che ora, col governo Conte-2, incentrato sulla figura del premier e condizionato dal M5S e dall’ala meno affaristica del Pd, non riesce più a toccare palla.
Il secondo pregio dell’appello degli intellettuali è proprio questo: aver colto il vero motivo dell’ostilità preconcetta e irriducibile di tutto l’establishment a
Conte e al suo governo. Che non sono odiati per i loro errori, ritardi, pasticci, litigi. Ma per i loro meriti: cioè per aver tenuto finora lontane le lobby che hanno sempre spadroneggiato con tutti i governi e ora impazziscono per l’astinenza. Perché l’Innominabile, cioè il leader meno stimato dagli italiani, viene intervistato da giornaloni e tv con frequenza e spazi inversamente proporzionali ai consensi? Perché è l’unico, nella maggioranza, che asseconda le lobby. E perché tutti i giornaloni (ora anche Repubblica, dopo la brutale presa del potere degli Agnelli) tirano la volata al governissimo di Draghi o di chi per esso? Perché, come al circo, più gente entra più bestie si vedono, e Confindustria, Confquesto e Confquello vogliono tornare a comandare tramite i loro burattini. La pressione aumenta a mano a mano che svanisce il ricordo dei morti da Covid-19 e si avvicina l’arrivo dei soldi pubblici, italiani ed europei, roba da centinaia di miliardi, o anche solo da decine (forza Mes!). Il presidente di Confindustria Bonomi, uno dei responsabili della mancata chiusura della Val Seriana (record europeo dei caduti), l’ha detto brutalmente: i soldi li vogliamo tutti noi, basta aiuti a pioggia (peggio che mai ai bisognosi). Questa è la partita che si sta giocando: vecchi e nuovi forchettoni (pensate ai giochetti delle lobby farmaceutiche sulle mascherine) marciano sulla punta non delle baionette, ma dei giornaloni per risedersi al tavolo. Anzi a tavola. E spartirsi la torta. Diceva Totò: “C’è a chi piace e a chi non piace”. A noi non piace.

mercoledì 13 maggio 2020

Coronavirus, gli anticorpi monoclonali la nuova arma.

Preparazione di anticorpi monoclonali presso il National Cancer Institute degli Stati Uniti (foto di Linda Bartlett/ Wikipedia) © Ansa
Preparazione di anticorpi monoclonali presso il National Cancer Institute degli Stati Uniti (foto di Linda Bartlett/ Wikipedia)

Il primo era stato scoperto a metà marzo e in nemmeno due mesi gli anticorpi monoclonali, ossia molecole mirate contro il nuovo coronavirus, sono molto più di una promessa: sono armi intelligenti e specifiche per bloccare il virus SarsCoV2, che l'Italia si sta preparando a sperimentare.

"Siamo tra i primi al mondo a fare un farmaco monoclonale derivato dal sangue dei pazienti convalescenti, che ci viene fornito dallo Spallanzani", ha detto Rino Rappuoli, chief scientist e head of external R&D della Gsk vaccine, che lo sta sviluppando presso la fondazione Toscana Life Sciences con l'Istituto Spallanzani di Roma. Nel dibattito online organizzato da Humanitas University, Istituto Nazionale Tumori di Milano e Università Bocconi Rappuoli ha detto inoltre che dal sangue dei pazienti si stanno prelevando gli anticorpi. "Ne abbiamo già isolati tanti e - ha aggiunto - speriamo di cominciare la fase industriale, per poterli poi usare in ambito clinico, tra fine anno e i primi mesi del 2021". Potrebbe essere il primo farmaco ad arrivare per la Covid-19 e verrebbe dato subito sia ai malati, sia agli operatori sanitari.

Sempre in Italia il gruppo del genetista Giuseppe Novelli, dell'Università di Roma Tor Vergata, sta collaborando con Pier Paolo Pandolfi, del Beth Israel Deaconess Medical Center dell'Università di Harvard, per chiedere l'autorizzazione alla sperimentazione clinica di tre anticorpi monoclonali sintetici capaci di bloccare la proteina Spike, principale arma cui il nuovo coronavirus invade le cellule.

Gli anticorpi monoclonali "potrebbero essere i primi farmaci intelligenti contro il virus", ha osservato Novelli, e "non sono in competizione con il vaccino". Gli anticorpi sono infatti farmaci destinati a chi ha la malattia, mentre il vaccino preventivo è destinato agli individui sani. Per Novelli sarebbe importante avere i farmaci in vista di ottobre, quando l'arrivo del freddo potrebbe far risalire il numero dei casi di Covid-19.

Le tre molecole, che sembrano avere un "altissimo potenziale applicativo e un alto potere neutralizzante", sono state selezionate grazie alla grande banca canadese di anticorpi ricombinanti, laTrac (Toronto Recombinanti Antibody Center). "Mostrano di avere i requisiti migliori, sono candidati fortissimi per diventare farmaci". L'idea è di organizzare uno studio clinico multicentrico fra Canada, india e Italia ed è in preparazione il dossier da presentare all'Agenzia italiana del farmaco (Aifa).

La strada degli anticopri monoclonali specifici contro il sarsCoV2 è stata aperta a metà marzo con la scoperta del primo anticorpo monoclonale anti Covid-19 ottenuto dall'Università olandese di Utrecht. La molecola si chiama 47D11 e nei test in laboratorio si è dimostrata capace di neutralizzare il virus nelle cellule, attaccando la proteina Spike.

Un Paese paralizzato dai renziani. - Gaetano Pedullà

MATTEO RENZI

Si dice che la pazienza è la chiave del Paradiso, ma adesso per sessanta milioni di italiani rischia di diventare la serratura dell’inferno. Da quasi un mese stiamo aspettando il decreto con la manovra da 55 miliardi, cioè ossigeno vitale per famiglie e imprese, e ancora ieri fino a tarda sera era tutto fermo perché la Sinistra non schioda dal voler regolarizzare cinquecentomila immigrati.

Ora, al di là di ogni valutazione sull’opportunità di tale sanatoria, è accettabile che per questa faccenda si paralizzi ogni aiuto al Paese? La partita è solo apparentemente di principio. Sulle barricate ci sono da una parte i renziani, che ovviamente non spiegano come mai non si ricorda lo stesso impeto nei loro anni di governo. Dall’altra invece i 5 Stelle, che nel contratto del precedente Esecutivo con la Lega, avevano avuto promesso il rimpatrio di seicentomila irregolari. Promessa rimangiata, come al solito, con la beffa di un gioco di prestigio che ridusse d’ufficio il numero di quei migranti in novantamila.

Sui giornaloni che scrivono del Movimento solo per sputtanarlo, da giorni si parla di una guerra tra le componenti di destra e di sinistra dei 5S, leggendoci dietro le manovre più o meno oscure una volta di Fico e un’altra di Di Maio. Ma basta ascoltare i militanti per vedere chiaramente che il tema dei migranti non è in cima alle priorità, e pertanto la Sinistra si sta assumendo la responsabilità di un immobilismo che fa male a tutti. Oggi quindi è possibile che Conte costringa le parti ad un accordo. Ma di tanto stallo c’è un solo colpevole, e non è il Movimento.

http://www.lanotiziagiornale.it/editoriale/un-paese-paralizzato-dai-renziani/

Braccianti e colf, sanatoria onerosa per le imprese: 560 euro per ogni lavoratore. - Manuela Perrone

(ANSA)

Lo prevede l’articolato di mediazione messo a punto dal Viminale, che stima un gettito complessivo per l’Inps di 91,56 milioni. Nella notte raggiunto l’accordo nel Governo.

Un contributo forfettario di 400 euro per lavoratore, oltre a un contributo per le somme dovute a titolo retributivo, contributivo e fiscale da determinarsi con successivo decreto ministeriale. E un altro da 160 euro in capo al migrante che ottenga il permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi per la ricerca di lavoro, che può essere convertito in permesso per motivi di lavoro in caso di assunzione.
La norma “di mediazione” disegnata dal Viminale.
È una sanatoria onerosa per le imprese quella contenuta nella proposta di mediazione per la regolarizzazione di lavoratori agricoli, badanti e colf messa a punto dalla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese su mandato del premier Giuseppe Conte e degli altri ministri che hanno lavorato al dossier: Teresa Bellanova (Iv), Nunzia Catalfo (M5S) e Giuseppe Provenzano (Pd). Il testo della norma - un solo articolo, «Emersione di rapporti di lavoro», e 22 commi - è stato inviato dal Viminale alla presidenza del Consiglio perché entri nel “decreto Rilancio”. E ricalca la «sintesi politica», per usare le parole di Conte, raggiunta domenica notte ma sconfessata il giorno dopo dal M5S, ripiombato nella lotta intestina tra l’ala progressista filo-dem e quella sovranista. La trattativa è durata fino a notte, quando il ministro Provenzano dal Pd e Vito Crimi dal M5S hanno comunicato: «Accordo raggiunto».
L’istanza del datore di lavoro. Come anticipato dal Sole 24 Ore del 12 maggio, la proposta prevede un doppio binario e mantiene quell’impianto. Da un lato i datori di lavoro possono favorire l’emersione del lavoro nero, di italiani o stranieri che siano stati fotosegnalati in Italia prima dello scorso 8 marzo, presentando apposita istanza tra il 1° giugno e il 15 luglio 2020, con l’indicazione della durata del contratto e della retribuzione concordata, previo pagamento di un contributo forfettario di 400 euro per ogni lavoratore, «a copertura degli oneri connessi alla procedura di emersione».
La facoltà di permessi di soggiorno di 6 mesi.
Dall’altro lato, gli stranieri che abbiano un permesso di soggiorno scaduto entro il 31 ottobre 2019 possono presentare domanda in Questura per un permesso temporaneo per la ricerca di lavoro della durata di sei mesi, convertibile in permesso di lavoro in caso di assunzione, dimostrando di aver svolto attività nei settori interessati dalla norma (agricoltura, assistenza alla persona e lavoro domestico). In questo caso il contributo dovuto ammonta a 160 euro, di cui 30 per la spedizione della domanda.
Il gettito stimato: 91,56 milioni.
In tutto, la relazione illustrativa che accompagna la norma stima un’entrata complessiva per i contributi pari a 91,56 milioni di euro al netto degli ulteriori versamenti in capo ai datori. Un carico pesante, in tempi di crisi. Gli stranieri interessati sono calcolati in 212mila per la prima procedura, 52mila per la seconda. Per il ministero dell’Interno si ipotizzano oneri da 75,11 milioni, di cui 63,3 milioni già nel 2020. 
Dettagliati meglio i paletti all’emersione. Non possono presentare istanza di emersione i datori di lavoro che nei cinque anni precedenti abbiano avuto condanne anche non definitive per caporalato, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite, riduzione in schiavitù, sfruttamento del lavoro. Allo stesso modo, non sono ammessi alle procedure i migranti condannati per gli stessi reati, per droga, per delitti contro la libertà personale o che siano stati anche solo segnalati per terrorismo considerati una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Sono queste esclusioni a essere state esplicitate meglio nella versione definitiva, confermano fonti Pd. Almeno quanto bastava per poter permettere a Crimi, intorno a mezzanotte, di parlare di pacchetto «migliorato rispetto a quello di domenica scorsa, che accoglie nostre esplicite richieste».
Per tutto il resto scatta l’immunità.
In cambio della regolarizzazione, però, come in tutti i provvedimenti adottati in passato (da Maroni a Monti, da Berlusconi a Prodi), scatta l’immunità: per i lavoratori vengono sospesi i procedimenti penali e amministrativi per le violazioni delle norme relative all’ingresso e al soggiorno nel territorio nazionale, per i datori si sospendono i procedimenti concernenti l’impiego dei lavoratori per cui si presenta la dichiarazione di emersione, «anche se di carattere finanziario, fiscale, previdenziale o assistenziale».
Conte tiene il punto contro la fronda M5S.
Questo è dunque il pacchetto che approderà in Consiglio dei ministri, al termine di un confronto duro che ha spaccato il M5S e costretto il premier Conte a intervenire: «Legittimo che il M5S rifletta, ma regolarizzare per un periodo determinato immigrati che già lavorano sul nostro territorio significa spuntare le armi al caporalato, contrastare il lavoro nero, effettuare controlli sanitari e proteggere la loro e la nostra salute, tanto più in questa fase di emergenza sanitaria». Un richiamo all’ordine in piena regola davanti a un Movimento sempre sull’orlo della scissione tra l’anima progressista filo-dem e quella sovranista, che teme emorragie di consensi verso l’ex alleato leghista. Da qui l’insistenza del ministro degli Esteri pentastellato, Luigi Di Maio, ancora ieri sera, sul no a «sanatorie indiscriminate».

Basta “partiti del partito preso”: serve buon senso. - Antonio Padellaro

Movimento del Buonsenso – Padova – Rimettiamo ordine a Padova.
Quando nel gennaio del 2019 il Reddito di cittadinanza diventò legge, il partito del partito preso contro i 5Stelle avviò una martellante campagna nazionale di dileggio che aveva come simbolo il divano dei nullafacenti, che sarebbero stati stipendiati (così sostenevano i cattedratici della qualunque) per continuare a poltrire.
Poi è successo quello che è successo e quando, sabato scorso a Stasera Italia (Rete4), Veronica Gentili ha portato il discorso su questo sostegno provvidenziale alle classi più povere e disagiate (che andrà sicuramente esteso e rafforzato), mi è sembrato che i suoi ospiti, i colleghi Maria Giovanna Maglie e Tommaso Labate, concordassero sull’utilità della norma. Posso sbagliarmi, ma avevo come l’impressione che questa onesta ammissione creasse loro una qualche sofferenza interiore, e anche fisica: qualcosa di simile non dico all’estrazione di un molare senza anestesia, ma quasi. Perché, confesso, neanche per chi scrive è stato agevole riconoscere che i grillini ne avevano fatta una giusta (tanto più se annunciata col proclama sull’abolizione della povertà). Purtroppo non si può stare mai tranquilli e in queste ore l’indispensabile accordo sulla regolarizzazione degli immigrati, saltato – chi dice per beghe grilline, chi per il rifiuto sempre grillino di condonare certe forme di caporalato – ripropone il tema delle negatività connesse al partito preso. Che funziona, va detto, in entrambi i sensi. Sarebbe bello, insomma, se davanti a un Paese che si prepara ad affrontare la Fase 3 – quella delle serrande e degli uffici che si riaprono su attività che spesso non ci sono più – Pd e 5Stelle, soprattutto, si venissero incontro in nome dell’interesse nazionale. Perché, come dice Alessandra Ghisleri, di fronte al timore di possibili rivolte sociali, “si deve affermare con forza che la politica oggi non deve inseguire il consenso, ma il buon senso”.

Tutto il Covid è paese. - Marco Travaglio

Burnout: patologia o patogeno?
Il proverbio “Tutto il mondo è paese” è troppo autoassolutorio: ogni cittadino ha il diritto di pretendere che (il dovere di impegnarsi perché) il proprio paese sia meglio degli altri. Però ogni tanto rende l’idea. Tre mesi fa, quando la pandemia colpì l’Europa partendo dall’Italia, tutti ci facevano i complimenti per la reazione del nostro governo e del nostro popolo (a parte i due Cazzari, che facevano il giro della stampa estera per sputtanarci in tutto il pianeta, peraltro mai creduti) e qualcuno chiedeva copia dei nostri decreti e Dpcm per copiarli. Poi il Partito Preso Divanista s’impossessò rapidamente dei media e cominciò ad accusare il governo (ma anche gli italiani) di tutto e del contrario di tutto. Dimenticando che le misure antivirus decise fin qui hanno funzionato e ci hanno portati fuori dall’emergenza, malgrado le vaccate e i sabotaggi di alcuni sindaci, sgovernatori e dirigenti sanitari incapaci, vanesii e irresponsabili, nonché della Confindustria più miope, arrogante e rapace della storia recente, con apposita stampa al seguito. Ora l’ultimo mantra è che da noi la Fase 2 è un caos, un disastro, un’apocalisse, una catastrofe, una farsa, mentre “gli altri” sono già in pieno Regno di Saturno, con balsamiche riaperture di ogni attività per grandi e piccini, tamponi e test sierologici per tutti, mascherine che piovono dal cielo, app di tracciamento garantite e sicure, il tutto gratis et amore Dei.
Il Fatto sabato e il Corriere ieri hanno pubblicato un quadro sinottico delle Fasi 2 nei vari Paesi, da cui emerge che molti sono più indietro di noi (cosa comprensibile, visto che il contagio è partito dopo) e tutti gli altri più o meno al punto nostro. Il che non assolve il nostro governo per gli errori e i ritardi (quelli veri, non quelli inventati). Né i governi stranieri che han fatto peggio di noi (le riaperture premature della Germania con rialzo dei contagi, i disastri di Boris Johnson e della Svezia, che si è semplicemente scordata di imporre il lockdown e ora conta i morti a carrettate). Ma dimostra che le incertezze, le prudenze, gli stop and go e i divieti in apparenza assurdi non dipendono dalla prava volontà di questo o quel governo, ma dai connotati di una pandemia ancora in gran parte sconosciuta, che impone a tutti di andare per gradi, anzi per tentativi, e di navigare a vista. Tutti a scompisciarsi per la regola dei “congiunti”, termine abbastanza generico per includere parenti, fidanzati e partner delle coppie di fatto, ma per escludere amici e conoscenti. E ora si scopre che lo stesso problema se lo son posto dappertutto, ma l’han risolto con soluzioni anche più comiche della nostra.
Il Belgio, per estendere gli incontri consentiti agli amici, ma non a troppi, impone a ogni coppia di indicare nell’autocertificazione al massimo altre due coppie, anche spaiate, cioè formate da single (anche ignoti l’uno all’altro). Il problema si pone quando una coppia ne sceglie altre due e una di queste, o un membro di una delle due, non sceglie la prima o la seconda, allargando il numero massimo di 6 a chissà quanti. Un casino che fa rimpiangere i congiunti. Londra: il ministro degli Esteri Dominic Raab dice in tv che i figli possono incontrare entrambi i genitori, ma a patto di non essere mai più di due. Poi gli fanno notare che, essendo i genitori notoriamente due, il figlio che li incontra porta il totale inequivocabilmente a tre. Quanto agli amici, se ne può vedere uno, ma all’aperto e a due metri di distanza: il governo suggerisce le estremità di una panchina, almeno per chi parla forte. E le scuole? Non avevano riaperto dappertutto fuorché qui? Col cavolo. Il governo francese ha già dato una dozzina di indicazioni diverse. L’ultima è che riaprono su base volontaria, cioè per gli insegnanti e gli studenti che vogliono. Non male. In Belgio riaprono tutte le scuole, ma solo a 10 studenti per aula, gli altri a casa (sarà colpa dell’Azzolina). In Germania le classi iniziali e finali dei vari cicli, ma non le elementari e solo in pochi Land. In Olanda solo le elementari. In Spagna, Irlanda e Romania nessuna.
E il lavoro? Non l’avevano ripreso tutti tranne noi, poveri pirla? Domenica Johnson annuncia che lunedì riaprono fabbriche e cantieri, così l’altroieri mattina i lavoratori escono di casa, ma mentre sono per strada arriva il contrordine: il governo s’è scordato le linee guida per la sicurezza sui luoghi di lavoro. Che sarà mai. Tutti a casa, ci si riprova oggi, sempreché si abbia tempo di adeguarsi alle regole fatte ieri. E le app? Non sono partite da nessuna parte, salvo qualche sperimentazione locale, con mille problemi tecnici e di privacy. Le mascherine non bastano quasi ovunque, e molte sono irregolari, difettose e supercostose, tant’è che nessuno le ha ancora rese obbligatorie per tutti. Mille problemi anche per tamponi e test. Portogallo a parte, di geni in giro non se ne vedono. E, date le condizioni di partenza dell’Italietta inefficiente e iperburocratica, poteva andarci molto peggio: sarebbe bastato che Conte&C., anziché agli scienziati, avessero dato retta a cazzari, sgovernatori, Confindustria e Partito Preso Divanista. Lo diciamo dal primo giorno: questo è il peggior governo possibile, eccettuati tutti gli altri. Quindi Pd e 5Stelle la piantino di litigare prima che arrivi il peggio del peggio.