lunedì 1 giugno 2020

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio

Totò: Ma mi faccia il piacere… | Giornalemio.it
La Festa del Cazzaro. “Notte serena Amici, oggi non c’è un cazzo da festeggiare” (Matteo Salvini, Twitter, 2.6.2013). “#Buonadomenica e buona #FestadellaRepubblica, Amici. Orgoglioso di poter esercitare il mio ruolo di governo sempre a difesa dell’Italia! #2giugno” (Salvini, 2.6.2019). “Apprendiamo dalla stampa che ci sarebbe stata negata l’autorizzazione a deporre una corona di fiori all’Altare della Patria il 2 giugno. Non si può neanche onorare la memoria ed il valore dei Militari italiani caduti per difendere la Patria? Alla faccia della democrazia…” (Salvini, Twitter, 2.6.2020). É l’evoluzione della specie.
Unità nazionale. “Salvini: ‘Criminale è il governo’” (Libero, 27.5). “Salvini chiama Mattarella dopo il discorso di Conte: ‘Pietra tombale sul dialogo… Dal governo ci aspettiamo risposte, ascolto e soluzioni, non insulti’” (Agi, 11.4). Lui vorrebbe tanto dialogare, ma purtroppo quel Conte insulta.
La voce del padrone. “Questa politica rischia di fare più danni del Covid” (Carlo Bonomi, presidente Confindustria, Repubblica, 31.5). Ma solo perchè la Confindustria è fuori concorso.
Coerenzi. “È una cosa schifosa che Salvini abbia tenuto in mare dei poveri disgraziati. Ma non sono io che devo decidere se ha commesso un reato, io devo decidere se deve andare a processo. E voterei sì” (Matteo Renzi, leader Iv, Twitter, 23.1). “Open Arms, no della giunta al processo: i renziani ‘salvano’ Salvini” (Il Sole 24 ore, 26.5). Chi è che è una cosa schifosa?
Obituary. “Come battere le fake news. Controffensiva culturale contro le bugie, non basta smentirle una per una” (Gianni Riotta, La Stampa, 25.3). Bisogna proprio non scriverle. Quindi si ritira?
Choc. “Berlusconi vuole lo choc fiscale” (il Giornale, 25.5). Non avrà mica deciso di pagare le tasse?
Il senzatetto. “Il piano casa di Berlusconi” (il Giornale, 31.5). Avete capito bene: il piano casa di Berlusconi. La battuta scrivetela voi.
Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare. “Le dico una cosa. Ero il 1° maggio al Ponte Morandi e ho capito perfettamente come funziona il ‘modello Genova’ di sviluppo economico” (Maria Elisabetta Alberti Casellati, FI, presidente del Senato, Corriere della sera, 30.5). Capo-varo, vado? Vadi, contessa, ma un po’ più a destra!
Folli. “Quanto può valere una riforma del Csm … affidata a un ministro come Bonafede appena scampato per il rotto della cuffia alla sfiducia parlamentare?” (Stefano Folli, Repubblica, 26.5). Quindi: le opposizioni presentano una mozione di sfiducia contro un ministro per farlo dimettere, il Parlamento le respinge, il ministro resta ministro, ma non deve più proporre riforme perchè Folli rosica.
Disegni. “C’è un disegno per colpire la magistratura” (Luca Poniz, presidente dimissionario dell’Anm, 26.5). E questa volta i disegnatori sono tutti magistrati.
La mossa del ronzino/1. “’Perchè ho lasciato il Pd? È troppo giustizialista’. Matteo Renzi si sfoga nel suo nuovo libro ‘La mossa del cavallo’” (Libero, 31.5). Uahahahahahah.
La mossa del ronzino/2. “Renzi: una nuova Tangentopoli? La politica vigili” (Corriere della sera, 31.5). Ma soprattutto vigilesse.
La mossa dell’acciuga. “Comune, altolà delle Sardine: ‘No Raggi-bis’” (Repubblica-cronaca di Roma, 31.5). Brrr, che paura.
Aurelia, Cassia, Appia e Raggia. “Virginia Raggi ha fatto più strade degli antichi romani” (Paolo Ferrara, consigliere comunale M5S a Roma, Facebook, 25.5). Slurp.
L’uomo giusto. “Oggi come oggi se volessi tornare in politica lo farei a un patto solo: guidare la mia città. Penso di avere tutte le possibilità: l’intelligenza, la preparazione, la cultura, per poterlo fare” (Massimo Ghini, attore, 28.5). Tecnicamente, si chiama autopompa.
I governi della settimana. “Ecco il lodo Giachetti: schiaffo al premier e mano tesa alla Lega. Il renziano: darei a Giorgetti la guida di un comitato per varare il dl Rilancio” (il Giornale, 24.5). “Possibile un altro premier: Di Maio avverte Conte” (La Verità, 24.5). “Il Soviet di Giuseppi”, “L’Italia di Giuseppi assomiglia all’Urss” (La Verità, 26.5). “La maggioranza nella palude” (Claudio Tito, Repubblica, 27.5). “Salvini: autunno caldo, Conte cadrà” (Il Messaggero, 27.5). “Bonaccini, le vere ragioni della corsa alla premiership” (La Stampa, 27.5). “In un giorno 30 manifestazioni contro Conte” (Libero, 31.5). “Coro unanime: intellettuali e piazze mai così uniti contro il premier”, “Franceschini cerca un’altra maggioranza” (il Giornale, 30.5). “Anche gli intellettuali lanciano l’allarme: ‘Giuseppi se ne vada o non ne usciremo’” (La Verità, 31.5). “Adesso alle toghe tocca indagare il premier” (Libero, 31.5). “’Il Tempo’ spara: è se Conte fosse il candidato sindaco di Roma di Pd e M5S? Sarebbe una carta per spedire Giuseppi lontano da Palazzo Chigi” (Dagospia, 31.5). Quindi ci siamo: ormai è fatta.

domenica 31 maggio 2020

Ogni paziente costa 1.425 euro al giorno. - Maria Rita Gismondo


Coronavirus, aziende del Sud unite per produrre ventilatori polmonari
Le lezioni per il futuro, ci auguriamo non lontano, arrivano anche dai conti economici. Mi riferisco alle spese del Servizio Sanitario Nazionale durante l’emergenza. È di questi giorni un primo bilancio. I 144.658 ricoveri effettuati e conclusi sono costati 1,7 miliardi di euro, di cui 1,4 miliardi per i ricoveri ordinari e 250 milioni per i ricoveri in terapia intensiva. Sono dati tratti dall’Istant Report Covid-19 dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Servizi Sanitari dell’Università Cattolica. Nello stesso documento viene evidenziato che il 33% si riferisce alla Lombardia. La valutazione è fatta in base ai cosiddetti Drg (costo medio di degenza) con una stima di 1.425 euro al giorno per singolo paziente. Non bisogna però dimenticare che le spese sono anche quelle per l’assistenza ambulatoriale, per l’attività nel territorio, per l’acquisto di strumenti medicali e per le assunzioni di medici e infermieri.
A questo conto già molto salato, dovrà aggiungersi la spesa sanitaria indiretta, cioè quella che verrà affrontata per curare patologie che si presenteranno o diventeranno più gravi a causa di mancata o scarsa assistenza sanitaria nel periodo Covid. La spesa sanitaria annuale del 2019 è stata di 116,331 miliardi di euro per 8.339286 ricoveri. Chi ha vissuto e sta ancora vivendo dentro questa tempesta perfetta sa che i disagi e gli stress per rispondere all’emergenza in una sanità pubblica così carente sono stati sovrumani. Abbiamo dovuto addestrare personale in tempi ridotti, ci siamo sottoposti a turni massacranti. Ci hanno chiamati eroi e ringraziamo, ma vorremmo non doverlo essere più. Vogliamo una sanità pronta all’emergenza, non un servizio da attrezzare improvvisamente, con tanti morti che avremmo potuto risparmiare. Vogliamo che tutti siano assistiti nel migliore dei modi senza mai dover scegliere chi abbia prioritariamente il diritto alla cura: e in tutta Italia, a prescindere dai confini regionali. Solo se avremo appreso questa lezione, quell’”eroismo” sarà ripagato.

La sentenza preventiva. - Marco Travaglio

Coronavirus, la Procura di Bergamo e le indagini sull'epidemia ...
In oltre trent’anni di indagini e processi ne abbiamo viste tante, ma questa ci mancava: un pm che, appena avviata un’inchiesta, emette già la sentenza, per giunta sballata, per giunta in tv. È accaduto l’altroieri con l’incredibile dichiarazione rilasciata al Tg3 dalla pm di Bergamo Maria Cristina Rota subito dopo aver sentito come testimoni il presidente della Regione Attilio Fontana, l’assessore alla Sanità Giulio Gallera e il presidente della Confindustria lombarda Marco Bonometti, a proposito della mancata istituzione della “zona rossa” nei comuni di Alzano Lombardo e Nembro, nella bassa Val Seriana. Questa: “Da quello che ci risulta, è una decisione governativa”. Purtroppo alla signora risulta male. La legge 883 del 1978 (“Istituzione del sistema sanitario nazionale”) stabilisce che la competenza è tanto del ministro della Salute (“può emettere ordinanze di carattere contenibile e urgente in materia di igiene e sanità pubblica”) quanto delle Regioni e dei Comuni (“Nelle medesime materie sono emesse dal presidente della giunta regionale o dal sindaco ordinanze di carattere contenibile e urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più Comuni, e al territorio comunale”).
La logica della norma è chiara: su territori che investono più regioni, decide il governo; su territori estesi in più comuni nella stessa regione, provvede la Regione; su territori rientranti in un solo comune, interviene il Comune. Infatti il 22 febbraio, all’indomani dell’esplosione dei primi due focolai italiani a Codogno (Lodi, Lombardia) e Vo’ Euganeo (Padova, Veneto), il governo centrale sigilla Vo’, Codogno e altri 10 comuni del Lodigiano. Lo stesso giorno scoppia il contagio all’ospedale di Alzano (Bergamo, Lombardia), ma né la Regione né il Comune fanno nulla. Anzi l’Ats (della Regione) fa chiudere e riaprire dopo tre ore l’ospedale, senza sanificarlo. E senza dire nulla né al ministero della Sanità né ai malati e ai parenti, che entrano ed escono ignari di tutto. Così la bomba deflagra anche sui comuni vicini (Nembro ecc.). Oggi Fontana e Gallera, i Ric e Gian della cosiddetta sanità lombarda, raccontano la favola della Regione che voleva chiudere la Val Seriana ma non poteva, mentre il governo poteva ma non voleva. Tutte balle. Il 26 febbraio Gallera dichiara: “In Val Seriana i numeri sono non trascurabili, ma è presto per dire se siano tutti legati al contagio di un medico del pronto soccorso di Alzano. Situazione, questa, che abbiamo già individuato e sottoscritto” (o “circoscritto”?). Intanto, in perfetta corrispondenza di amorosi silenzi, la Confindustria bergamasca lancia la campagna “Bergamo is running”.
Running verso la morte: i contagiati salgono del 100% in 24 ore. Il 29 febbraio riecco Gallera: “Nuove zone rosse non sono all’ordine del giorno nell’ordinanza che abbiamo preso, Alzano compreso”. Il 2 marzo, col record nazionale dei contagi in Val Seriana, la Regione è sempre zitta e immobile al servizio degli industriali, mentre a Roma si muove l’Istituto superiore di sanità, raccomandando al Comitato tecnico-scientifico la zona rossa a Nembro e Alzano. Il 3 marzo il documento giunge sul tavolo del premier Conte, che chiede un approfondimento al ministro Speranza e al Comitato. Il 6 marzo centinaia di poliziotti, carabinieri e militari perlustrano la Val Seriana in vista della zona rossa. Ma vengono richiamati, probabilmente dal Viminale, perché Conte ha ormai deciso di chiudere l’Italia intera in “zona arancione”: cosa che fa la sera del 7 marzo. A quel punto Fontana comincia a raccontare di aver “chiesto a Conte la zona rossa” perché “io non ho titoli a (sic, ndr) bloccare un diritto costituzionalmente protetto”. E invece li ha in base alla legge 833/1978, come dovrebbero sapere lui (così geloso dell’autonomia lombarda) e a maggior ragione Gallera, visto che quella legge disciplina i poteri degli assessori regionali alla Sanità rispetto allo Stato.
Quando poi Conte, stufo delle balle di Ric e Gian, osserva che i due potevano disporre tutte le zone rosse che volevano, Gallera va a leggersi la legge (peraltro richiamata in vari Dpcm) e gli si apre un mondo. Tant’è che il 7 aprile si arrende: “Avremmo potuto fare noi la zona rossa? Ho approfondito e effettivamente c’è una legge che lo consente”. Meglio tardi che mai. Avesse approfondito prima, avrebbe potuto chiudere anche altre zone ad altissimo contagio (tipo il Bresciano) evitando altre stragi. Invece, incredibilmente, la Regione col record mondiale dei contagi, non ha disposto una sola zona rossa in tre mesi. Intanto, fra marzo e aprile, Regioni infinitamente meno a rischio ne disponevano ben 47: una l’Umbria, 2 l’Emilia Romagna (più 70 zone arancioni, esclusa purtroppo Piacenza), 5 il Lazio, 3 la Campania, 12 l’Abruzzo, 5 il Molise, 4 la Basilicata, 11 la Calabria, 4 la Sicilia (l’elenco l’ha pubblicato Selvaggia Lucarelli su Tpi). Gli unici a non sapere di poterlo fare erano Fontana e Gallera. Che poi hanno scoperto di poterlo fare, ma dinanzi alla pm hanno ricominciato a negarlo. E la pm – a sentire la sua dichiarazione al Tg3, che in un paese serio indurrebbe la Procura generale ad avocare il fascicolo – se l’è bevuta. Salvo poi precisare che “si tratta di indagini lunghe e complesse”. Se poi, durante l’indagine lunga e complessa, qualcuno desse un’occhiata alle leggi, potrebbe aprirne un’altra per falsa testimonianza.

Fase 2: Dalle mascherine ai cinema, ecco cosa non si potrà ancora fare dopo il 3 giugno.


Un cameriere serve da bare con la mascherina e la visiera in un locale a Torino.

Niente baci e abbracci: resta l'obbligo di distanziamento sociale. E non si può uscire di casa con la febbre se si ha una infiammazione respiratoria con febbre sopra 37.5.

Via la (vituperata) autocertificazione ma non le mascherine o l'obbligo di consumare ai tavoli entro una certa ora. La 'Fase 3' delle misure anti-pandemia non è certo un 'tana libera tutti' e permangono una serie ben precisa di divieti da rispettare.
Ecco cosa non si potrà fare anche dopo il via libera della circolazione tra le regioni:
TOGLIERE MASCHERINE - Non ci si potrà togliere la mascherina nei luoghi al chiuso accessibili al pubblico, inclusi i mezzi di trasporto.
NIENTE BACI E ABBRACCI - L'arrivo della Fase 3 non prevede allentamenti per quanto riguarda i contatti fisici: restano le norme previste del Dpcm in vigore che prevede l'obbligo del distanziamento sociale a un metro.
LA QUARANTENA RESTA OBBLIGATORIA - Non può uscire di casa chi ha una infezione respiratoria con febbre superiore ai 37,5 gradi.
ANCHE LA MOVIDA RESTA OFF LIMITS - Niente assembramenti che restano vietati su tutto il territorio nazionale. 
NIENTE CONSUMAZIONI 'A TUTTE LE ORE' - Restano 'sorvegliati speciali' i luoghi delle città più frequentati per la presenza di bar e ristoranti e rimane l'obbligo di consumare ai tavoli entro una certa ora.
NIENTE CENTRI ESTIVI, MA ANCORA PER POCO - Non riaprono ancora i centri estivi per i minori che potranno, però, ripartire dal 15 giugno.
NO AGLI SPETTACOLI (PER ORA), NEMMENO SE ALL'APERTO - Stessa data di riapertura per cinema e teatri  mantenendo però il rispetto della distanza di almeno un metro sia per il personale, sia per gli spettatori, con il numero massimo di 1.000 spettatori per spettacoli all'aperto e di 200 persone per spettacoli in luoghi chiusi, per ogni singola sala.

La sergente Patty Baffi incastrerà Gallera a suon di selfie coi Vip. - Selvaggia Lucarelli

La sergente Patty Baffi incastrerà Gallera a suon di selfie coi Vip

Non so cosa abbiamo fatto qui in Lombardia per meritarci tutto questo. Dev’essere ancora per quel rito dell’ampolla con l’acqua del Po o quella colletta pro Formigoni o Fedez&Ferragni che si lanciano la frutta al supermercato o l’indimenticato stand “Choco Kebab” (il kebab al cioccolato all’Expo). Di sicuro, per spiegare quel che ci sta capitando, c’è un peccato originale, una colpa atavica, un’eredità karmica da scontare. “Ve li siete votati voi”, potreste replicare. Ma in un mondo giusto la pena dev’essere proporzionata alla colpa: i lombardi non si meriterebbero Gallera, Fontana, la pm che dice che la Val Seriana doveva chiuderla il governo e Patrizia Baffi presidente della commissione d’inchiesta, neppure se fossero colpevoli del genocidio di tutti i milanesi mezzosangue pugliesi. Ed è proprio della Baffi che mi tocca parlare perché la sua nomina a presidente della commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza coronavirus è un altro tassello nel mosaico del malinconico disastro lombardo. Se il Covid nasce da un pipistrello che trasmette il virus al pangolino che lo trasmette all’uomo, qui Italia Viva è il pipistrello e la Baffi il pangolino, il serbatoio, il vettore tra passato e disastro futuro. La Baffi, va detto, era partita bene: non aveva votato la mozione di sfiducia del Pd contro l’assessore al Welfare, Giulio Gallera. Considerato che, secondo l’indice R0 locale, ci vogliono almeno 2 milioni di lombardi per trovarne uno che abbia una flebile fiducia in Gallera (come podista, non come assessore), la Baffi destava già qualche sospetto. Il fatto che all’ultimo momento si sia candidata a presidente della commissione e sia stata votata solo dal centrodestra e da sé stessa, genera un ulteriore sospetto, ma di quelli vaghi, appena accennati. In realtà il centrodestra l’ha votata perché, forte della sua onestà intellettuale, sa che troverà nel sergente Baffi un irriducibile, spietato rottweiler che azzannerà Gallera e Fontana alla giugulare finché non ammetteranno i loro inciampi.
Non è da Instagram che si giudica un giocatore, lo so, ma già dalle sue pagine social la Baffi rivela il suo distaccato rigore, quella freddezza istituzionale che fa sentire noi lombardi in una botte di ferro. Rassicurante quella foto sorridente con Fontana e la scritta “Noi ci fidiamo di te”. Scritta profetica almeno quanto “Grillo faccia un partito poi vediamo quanti voti prende!” di fassiniana memoria. Rassicuranti anche le numerose foto con Gallera (lei e Gallera in Regione che sorridono al fotografo, lei e Gallera che inaugurano la nuova cardiologia a Codogno, lei e Gallera al festival delle eccellenze agroalimentari, lei e Gallera alla Cooperativa Amicizia di Codogno), giusto a ribadire il concetto da lei stessa espresso di essere stata votata dal centrodestra “perché la mia persona è stata considerata un elemento di garanzia”. E in effetti elemento di garanzia lo è eccome. Più garanzia di così! Che poi sia un presidente di commissione, lo si intuisce dalla coerenza con cui giudicava la Regione in tempi non sospetti. “La Lombardia non utilizzi le Rsa per i pazienti Covid. Ritengo opportuno modificare in tempi brevi la delibera che indica le case di riposo tra le strutture abilitate a ricevere i pazienti positivi!”, scriveva infervorata il 6 aprile su Instagram. “Con onestà intellettuale, non è stato quella delibera a causare tutti quei morti”, dichiarava invece il 27 maggio con onestà intellettuale dopo che con onestà intellettuale era stata eletta presidente della commissione per indagare con onestà intellettuale anche sulla gestione delle Rsa. Ma noi ci fidiamo del sergente Baffi. Quella stessa Baffi che il 29 febbraio, con onestà intellettuale, commentava su Instagram un articolo sui contagi a Codogno: “Sulla base di quanto sostiene anche Repubblica, l’esistenza di un contagio sfuggito al controllo e alla prevenzione delle autorità è la vera ragione dell’attuale crisi”. Insomma, sono almeno tre mesi che è consapevole delle origini del disastro lombardo: ora, con onestà intellettuale, non dimenticherà le sue intime convinzioni. In attesa della sua aspra, fiscale, rigorosa inchiesta, coltiviamo certezze sulla sua austera gravità scorrendo i suoi selfie mentre scruta l’orizzonte dal Pirellone, i suoi selfie allo specchio in abiti di pizzo nero, i sui selfie con Renzi, Gori, Sala, financo Guerini, nonché il selfie alle sue gambe e la foto a uno schermo tv col suo primo piano ad Antenna3, tanto per fermare i momenti che contano. Ma ciò che più di tutto mi ha rassicurata sulla solidità intellettuale e culturale della Baffi è la foto col presidente Conte corredata dal commento lapidario, solenne, autorevole: “Siamo nati lo stesso giorno, 8 agosto, non potevo non dirglielo”. Seguono emoticon sorridente e tag a Conte, che ovviamente avrà subito chiesto un consulto a Branko per approfondire le affinità astrologiche con la Baffi. Cosa avremo fatto di male noi lombardi per meritarci tutto questo, resta mistero fitto. Mi sa che chiedo anch’io a Branko.

sabato 30 maggio 2020

La scelta di Orbán e i sovranisti italiani. - Antonio Padellaro

Un altro ostacolo per Ursula. Viktor Orban:

Quando il primo ministro ungherese, Viktor Orbán giudica “assurdo e perverso” il Recovery Fund proposto dalla Commissione europea, dice qualcosa di perfettamente coerente con la dottrina sovranista di cui appare come l’alfiere più convinto. C’è il giudizio di merito sul piano Von der Leyen che nel fondo per la ripresa da 750 miliardi di euro, all’Ungheria ne riserverebbe 15 in tutto, di cui 8,1 a fondo perduto e 6,9 in prestiti. Infatti Orbán sostiene che “finanziare i ricchi con i soldi dei poveri non è una buona idea”. Il suo no, inoltre, rientra in pieno nella definizione politica di “sovranismo” secondo l’enciclopedia Larousse: “La preservazione della sovranità nazionale da parte di un popolo e di uno Stato in contrapposizione alle istanze e alle politiche delle organizzazioni internazionali o sovranazionali”. Nel pieno rispetto di questo principio, il premier magiaro avrebbe già dovuto annunciare l’uscita dell’Ungheria dall’Unione europea, tipica organizzazione sovranazionale (cosa possibile visto il pugno di ferro con cui ha messo in riga il Paese). Lecito anche chiedersi cosa diavolo ci fa questo autocrate di razza nel Partito popolare europeo, accanto alla Merkel, a Berlusconi e ai repubblicani di Giscard d’Estaing, ma non sottilizziamo. Veniamo al punto: poiché il Paese più finanziato dall’Unione risulta essere l’Italia (172 miliardi) è probabile che ciò avvenga anche con i “soldi dei poveri” di cui si duole Orbán. Infatti, l’Ungheria riceverebbe meno di un decimo di quanto destinato alla “ricca” Italia. Sarebbe interessante conoscere sull’argomento il pensiero di Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che con Orbán mantengono un affetto stabile. Daranno ragione al caro Viktor, battendosi in tutte le sedi perché l’Italia rinunci a una fetta del RF, per correre in soccorso del “povero” sovranismo magiaro? Oppure difenderanno le casse della Patria sulla base del principio più sovranista di tutti: padroni a casa nostra?

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/05/30/la-scelta-di-orban-e-i-sovranisti-italiani/5818639/

La commissione segreta della renziana lombarda. - Gianni Barbacetto

La commissione segreta della renziana lombarda

Se il buon giorno si vede dal mattino, la vita della commissione regionale d’inchiesta sull’emergenza sanitaria in Lombardia si annuncia pessima. Già la scelta del presidente aveva generato polemiche durissime. Ora Patrizia Baffi, renziana di Iv, eletta al vertice della commissione con i voti di Lega e Forza Italia, ha anticipato che i lavori della commissione saranno segreti e si svolgeranno a porte chiuse.
La presidenza di una commissione d’inchiesta spetta all’opposizione (Pd, Cinquestelle, Italia Viva, +Europa). Il Pd aveva indicato come presidente Jacopo Scandella, raccogliendo anche il sostegno dei Cinquestelle. Ma la maggioranza leghista e forzista ha votato Patrizia Baffi, che aveva ben meritato la loro fiducia non partecipando al voto di sfiducia che il Pd con il sostegno dei Cinquestelle aveva promosso contro Giulio Gallera, l’assessore che sta gestendo il disastro sanitario lombardo di questi mesi.
Risultato: il Pd ha deciso di non partecipare ai lavori della commissione, ritirando i suoi membri, Scandella, Gian Antonio Girelli e Carmela Rozza. Stessa decisione del Movimento 5 Stelle, annunciata subito dopo che Patrizia Baffi aveva ribadito che non si sarebbe dimessa, malgrado gli inviti che le erano arrivati anche dal suo partito.
La commissione d’inchiesta, protesta l’opposizione, non solo sarà guidata da una consigliera scelta dalla maggioranza, ma si svolgerà anche a porte chiuse: “Sarà una commissione segreta, chiusa e sorda, dispiace per i lombardi che non sapranno mai la verità”, protesta Marco Fumagalli, capogruppo M5S Lombardia.
“È legittimo che i lavori di una commissione d’inchiesta siano segreti”, spiega il consigliere Pd Piero Bussolati, “se è fatto per tutelare quelli che sono auditi. Era successo con la commissione d’inchiesta sull’ospedale San Raffaele. Ma qui la decisione di lavorare a porte chiuse è stata anticipata dalla presidente, che non la può prendere: la decisione deve essere presa dalla commissione. È un segnale che Baffi manda alla maggioranza che l’ha eletta”.
“Il regolamento dà la possibilità di lavorare anche a porte aperte”, aggiunge Fumagalli, “quindi se la scelta sarà invece quella del segreto, vuol dire che avevamo ragione: non solo sarà una commissione chiusa e sorda, ma dimostrerà che la Baffi esegue la volontà della maggioranza, non avrà la libertà di agire secondo coscienza. Chiusi nel palazzo del loro potere, occulteranno le malefatte avvenute per imperizia della giunta, lavoreranno con il favore delle tenebre”.
Indignato anche Michele Usuelli, consigliere radicale di +Europa e medico, che ricorda il regolamento: “Le sedute della commissione d’inchiesta non sono pubbliche, salvo diversa decisione della commissione stessa: così dice la norma. Invece Patrizia Baffi, in maniera del tutto arbitraria, ha anticipato che saranno segrete”.
Il Cinquestelle Fumagalli punta sulla commissione alternativa, che sarà costituita dalle opposizioni: “La nostra commissione parallela sarà itinerante sui territorio, aperta a tutti in modo trasparente”.