venerdì 27 novembre 2020

Altro che Natale: ennesima rissa giallorosa sul Mes. - Luca De Carolis e Wanda Marra

 

La pandemia morde senza pause e Regioni e governo litigano sui colori che fanno rima con chiusure e divieti. Eppure è ancora sul Mes che si scaricano le tensioni nella maggioranza. Al punto che la capidelegazione di ieri, dove si sarebbe dovuto discutere anche delle misure contro il Covid, diventa uno scontro che si dilata sino al pomeriggio, tutto sul fondo salva-Stati. Una battaglia, sostengono fonti trasversali, più a uso interno che sul merito. Su cui peserebbero anche le resistenze di parte del M5S sul dl Sicurezza, che hanno irritato il Pd.

In mattinata il premier Giuseppe Conte riunisce i capidelegazione (Alfonso Bonafede, Dario Franceschini e Teresa Bellanova), ma con loro ci sono anche il ministro degli Affari europei, Enzo Amendola e quello dell’Economia, Roberto Gualtieri. Perché all’ordine del giorno non c’è il ricorso ai 37 miliardi della nuova linea di credito sanitario, ma la riforma del Mes di cui si discuterà lunedì all’Ecofin: congelata dal dicembre 2019 per le resistenze dei Cinque Stelle, ma alla quale il ministro dell’Economia si è deciso a dire sì. Però le risorse del Mes restano una faglia che divide i giallorosa. Con i dem e Italia Viva che ripropongono l’esigenza di utilizzarle. Mentre Bonafede e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio fanno muro: “La nostra posizione non cambia, rimaniamo contrari”. E si mostrano freddi anche sulla riforma del fondo. “La linea del governo – sostengono – era sempre stata un’altra, ossia che la riforma del Mes dovesse essere collegata all’Unione bancaria e al Bicc (uno strumento di bilancio per finanziare riforme e investimenti, ndr)”. Dal Mef ricordano una risoluzione dell’ 11 dicembre 2019, con la quale il Parlamento impegnava il governo a iscrivere le riforme dell’Unione in una revisione della governance economica europea. Cosa, sostengono, di fatto avvenuta con le novità introdotte per contrastare l’emergenza Covid-19. Attraverso una logica di pacchetto: la funzione del Bicc sarebbe stata assorbita dal Next Generation Ue, mentre è stato creato lo strumento di un titolo obbligazionario sicuro (ad esempio gli Eurobond, che hanno preso la forma dei prestiti Sure), ed è stato escluso qualsiasi meccanismo che implichi la ristrutturazione automatico del debito pubblico.

Ma dietro alle obiezioni dei grillini c’è soprattutto il sospetto che il sì alla riforma del Mes sia un cavallo di Troia per spingere poi l’Italia a farvi ricorso. Così Bonafede chiede e ottiene l’audizione del titolare del Tesoro davanti ai presidenti delle Commissioni Finanze e Bilancio. E Gualtieri fa sapere che l’avrebbe fatta comunque. Mediatore obbligato in mezzo al fuoco incrociato, Conte ci tiene a chiarire che per passare dall’ok politico alla firma (a fine gennaio) occorre che il Recovery Fund sia sbloccato. Prova a smussare, il premier. Ma un paio di grillini di governo sbuffano: “Rispetto a qualche settimana fa Conte pare più ambiguo sul tema”. E sussurrano un aneddoto curioso, ossia che alla riunione avrebbe fatto capolino l’eurodeputato di En Marche Sandro Gozi, ex dem.

Sul tavolo, Gualtieri mette l’accordo che prevede l’anticipazione al 2021 del cosiddetto “backstop”, il paracadute per il Fondo unico di salvataggio bancario, strumento caro all’Italia, da dove prendere le risorse necessarie per “salvare” banche di interesse per l’intera Ue. Questo punto dovrebbe aiutare a far ingoiare l’altra parte della riforma che prevede il salvataggio di interi paesi: i critici sostengono che renderebbe più facile la ristrutturazione del debito. I Paesi frugali chiedono delle condizioni sulle regole bancarie che l’Italia rifiuta. Per cui, può essere che lunedì non ci sarà alcun accordo. Ma Gualtieri alle Commissioni dirà che sarebbe suicida ora porre un veto come quello dell’Ungheria di Orban, dopo che l’Europa ha messo in campo un nutrito pacchetto di aiuti, che l’early backstop è vantaggioso per l’Italia, che se si chiude lunedì verrà approvato un documento secondo cui quasi tutte le banche europee e tutte quelle italiane hanno passato il test e sono sicurissime.

Ma mentre Gualtieri continua a cercare di abbassare i toni, dal Nazareno fino a sera parlano dell’ennesima grana che il governo non è in grado di risolvere.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/25/altro-che-natale-ennesima-rissa-giallorosa-sul-mes/6015483/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=oggi-in-edicola&utm_term=2020-11-25

Per grazia ricevuta. - Marco Travaglio

 

Nel leggere le lagne quotidiane del Pd – dichiarate o spifferate ai retroscenisti di corte – contro il governo, il premier e gli alleati a 5Stelle, sorge spontanea una domanda: ma glielo prescrive il medico, a questi signori, di sostenere il Conte-2 viste le atroci sofferenze che ciò provoca alle loro animucce candide? Perché non aprono la crisi e non fanno un altro governo o ci rimandano alle elezioni e provano a vincerle? Forse si sono già scordati come e perché un anno fa erano tornati nella stanza dei bottoni. Non per merito loro, ma di Salvini: senza l’harakiri del Cazzaro, il famoso “partito a vocazione maggioritaria” veleggiava sul 16% dopo la più ciclopica batosta della storia del centrosinistra, con la prospettiva di restare all’opposizione altri vent’anni. Invece, con sua grande sorpresa, risalì al governo per grazia ricevuta e per puro culo, aggrappato alla scialuppa di Conte che, essendo da due anni in cima ai sondaggi, sommamente schifava. Salvo poi scoprire che bastava fingersi morto e mandare avanti il premier per rivedere il 20%.

Ora, da qualche settimana, non passa giorno senza una presa di distanze, uno sgambetto, un’imboscata del Pd al suo governo, e nella forma più vile e viscida perché nessuno ci mette mai la faccia. Uno stillicidio quotidiano, tipico delle guerre di logoramento. Le menate giornaliere sul Mes e sul rimpasto (ma perché non si rimpastano la De Micheli?). Le critiche alla Azzolina, prima perché non riapre le scuole, poi perché non vuole richiuderle e ora perché vuole riaprirle. La difesa dell’impresentabile De Luca che insulta premier e alleati. Gli attacchi a Morra in stereofonia con le destre. Il voto per regalare a Gasparri la licenza di diffamare. La guerra alla Raggi, magari a costo di digerire Calenda o di candidare la Lorenzin (le alleanze locali sono obbligatorie solo se il candidato è del Pd). Le mire su Rai, servizi segreti e cybersicurezza. L’insofferenza per la cabina di regia sui 209 miliardi del Recovery Fund (e chissà mai chi li ha ottenuti). Le dichiarazioni d’amore a B. Insomma, dopo un anno di distrazione che avevamo preso per timido cambiamento, il Pd è tornato a fare il Pd, cioè a dare il peggio di sé. Tant’è che non si capisce perché non si riprenda l’Innominabile e il Giglio Fradicio.

Tutte scelte legittime, intendiamoci: in politica i sentimenti non esistono e nulla è indissolubile. Basta dirlo: si apre la crisi, Conte finalmente si leva dalle palle e torna a fare il professore e l’avvocato, nasce un nuovo governo con un’altra maggioranza (auguri), guidato da uno dei tanti Cavour pidini che troneggiano nei sondaggi (non ce ne viene in mente nessuno, ma fa niente), o si va a votare. E poi si ride. O si piange.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/27/per-grazia-ricevuta/6018323/

Covid, Il nuovo dpcm confermerà le 3 fasce. Misure ad hoc per il Natale.

 

Boccia: 'Non è eresia far nascere Gesù due ore prima o seguire la messa due ore prima' dice il ministro parlando del coprifuoco alle 22. La Lombardia resta rossa fino al 3 dicembre.

I presidenti delle Regioni hanno chiesto al governo nella videoconferenza in vista del prossimo Dpcm di valutare la chiusura delle frontiere in caso di divieto di riapertura degli impianti da sci. L'obiettivo dei governatori sarebbe evitare così la concorrenza degli Stati europei che invece dovessero permettere le vacanze sulla neve.

Il governo ha confermato che di riapertura degli impianti si potrà parlare soltanto dopo le feste di Natale. "Gli impianti da sci e il sistema vacanze invernali che sono fondamentali per la nostra economia riapriranno quando l'epidemia si sarà raffreddata, speriamo nel giro di un mese, un mese e mezzo.

I ristori saranno garantiti per tutte le attività che non potranno aprire". E' quanto avrebbe detto il ministro Boccia alle Regioni, secondo quanto si apprende. "La sicurezza delle persone e la salute vengono prima di tutto. Dobbiamo chiudere questa seconda ondata evitando la terza e mantenendo la convivenza con il virus con il massimo della sicurezza - ha aggiunto Boccia-. Anche in Germania si è scelta la linea della massima prudenza, nella consapevolezza che -ha detto oggi il ministro Helge Braun- 'davanti a noi ci sono mesi invernali difficili, e questo vale fino a marzo' .

"Seguire la messa, e lo dico da cattolico, due ore prima o far nascere Gesù bambino due ore prima non è eresia. Eresia è non accorgersi dei malati, delle difficoltà dei medici, della gente che soffre". E' quanto ha detto il ministro Boccia alla videoconferenza con gli Enti locali, secondo quanto si apprende. "Questa è eresia non facciamo i sepolcri imbiancati - ha aggiunto l'esponente Pd -. Papa Francesco ha dato un esempio bellissimo a tutti nella scorsa Pasqua, a partire dalla Via Crucis. Il Natale non si fa con il cronometro ma è un atto di fede". Usa l'ironia per far capire che il governo non intende deflettere dalla linea della massima prudenza durante le festività. E il premier Conte lo dice chiaramente: "Altri sacrifici? E' necessario, non possiamo abbassare la guardia, gli italiani sono consapevoli che sarà un Natale diverso o ci esponiamo a una terza ondata a gennaio, con il rischio di un alto numero di decessi". Concetto ribadito da Agostino Miozzo, coordinatore del Cts: " passare un Natale ordinario con il cenone è piuttosto azzardato".

Altro punto all'ordine del giorno dell'incontro tra governo e regioni la scuola. "Le regioni unanimamente hanno ritenuto di suggerire al governo di procrastinare al 7 gennaio ogni riapertura della didattica in presenza per chi è ancora oggi in didattica a distanza". Lo ha detto nel punto stampa quotidiano sul covid il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti in merito alla riunione tra i ministri Boccia, Speranza e la conferenza regioni, l'Anci con Decaro e le province italiane. "Tutte le regioni hanno unanimamente ritenuto di dire al Governo che si tratterebbe di una mossa inopportuna in questo momento soprattutto alla vigilia della pausa festiva delle scuole - ha detto Toti - in assenza di un programma di scaglionamento degli ingressi e in assenza di un servizio pubblico che oggi prevede capienza al 50% e andrebbe ritoccata".

Restano diversi altri punti da definire per il Dpcm di Natale. Uno è quello degli orari di apertura delle attività commerciali per lo shopping dei regali e di quelle di ristorazione. L'altro quello degli spostamenti tra regioni per raggiungere i parenti: anche su questo l'orientamento prevalente del governo sarebbe rigoroso, con il divieto totale, a prescindere dalle colorazioni, eventualmente con qualche deroga. Oggi torneranno a riunirsi i capi delegazione di maggioranza, e potrebbero esserci anche Cts e Istituto superiore di sanità. A giorni, forse prima, saranno riconvocate le Regioni. Il nuovo dpcm sulle misure anti contagio dovrebbe confermare l'impianto del decreto attuale, con la divisione delle Regioni in tre fasce, e introdurre specifiche restrizioni per il Natale. È l'orientamento che emerge da più fonti di governo. Dovrebbero restare in particolare gli automatismi, legati al monitoraggio, che prevedono il passaggio progressivo da zona gialla ad arancione o rossa o viceversa (senza "salti" di due da rossa a gialla). Ma è ancora aperta nel governo la discussione sulle misure per il Natale - che dovrebbero confluire con le altre in un unico dpcm - e non si sarebbe discusso, nel vertice a Palazzo Chigi di ieri , neanche del tema scuola. Oggi si faranno nuove valutazioni, dopo il confronto con Cts e Iss, anche alla luce dei dati del nuovo monitoraggio.

 Intanto la Lombardia resta rossa fino al 3 dicembre.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2020/11/26/covid-regioni-dad-fino-a-gennaio-rientro-il-7.-sci-chiudere-le-frontiere_9f97ab81-0849-4ab6-b27b-82e1d7648a14.html

giovedì 26 novembre 2020

Universo permeato da misteriosa “quintessenza” che sta accelerando sua espansione.

 

Un team di cosmologi conclude, in uno studio riportato su Physical Review Letters, che l’universo potrebbe essere permeato da sostanza misteriosa, denominata quintessenza, che provoca l’espansione accelerata dell’universo che vediamo oggi. Sono giunti a questa conclusione osservando la torsione della luce identificata nei dati di fondo cosmico a microonde (CMB) raccolti tramite il telescopio spaziale Planck.

Sostanza esotica che pervadere il cosmo.

Si tratterebbe di una sostanza esotica che pervade l’intero cosmo e di una teoria che effettivamente riscriverebbe molto di quello che sappiamo sul cosmo stesso e sulla sua espansione che sta avvenendo sempre più velocemente.
Che la cosmologia moderna abbia un’immagine ancora incompleta dell’universo e del perché si espande sempre più velocemente è abbastanza ovvio anche al mondo della scienza ma l’ulteriore aggiunta di un fattore così importante e ancora così misterioso sulla scacchiera che da tempo gli stessi cosmologi stanno tentando di decifrare fa diventare il tutto ancora più difficoltoso.

Energia oscura responsabile dell’espansione accelerata?

Non è la prima volta che si teorizza la presenza di un’energia, di una forza o di una sostanza che permea l’universo e che è responsabile dell’accelerazione della sua espansione. Una delle teorie principali, in tal senso, è quella relativa all’energia oscura che sarebbe la responsabile di questa espansione accelerata.
Con il tempo i ricercatori hanno anche riportato in voga la cosiddetta “costante cosmologica” asserendo che la quantità di questa forza misteriosa potrebbe essere fissa per unità di volume di spazio. Da qualche anno, però, questa teoria principale viene sempre più messa in dubbio da nuove schiere di scienziati.

Quintessenza: non è una proprietà dello spazio e non è una materia.

Secondo le nuove teorie esisterebbe una sostanza, non individuata e di cui si sa praticamente poco o nulla a parte l’ipotizzato effetto sull’espansione dell’universo, che per ora viene denominata “quintessenza”. Non si tratterebbe di una proprietà intrinseca dello spazio basata su una costante e neanche di una forma di materia. L’energia oscura potrebbe dunque essere la quintessenza teorizzata dagli scienziati?

Quintessenza individuabile nel fondo cosmico a microonde?

Per scoprirlo i ricercatori hanno analizzato le mappe del fondo cosmico a microonde, una sorta di radiazione elettromagnetica residua provocata dal big bang, ossia dall’inizio dell’universo, onde tentare di trovare quelle firme luminose che dimostrino l’esistenza di questa quintessenza. Tali firme luminose sarebbero caratterizzate da particolari campi elettrici di luce polarizzata oscillanti in specifiche direzioni.

I due cosmologi che hanno redatto lo studio, Yuto Minami dell’High Energy Accelerator Research Organization (KEK) a Tsukuba e Eiichiro Komatsu del Istituto Max Planck per l’Astrofisica, credono di aver identificato proprio questa firma nei dati raccolti durante la missione Planck dell’Agenzia Spaziale Europea conclusasi nel 2013.
Hanno utilizzato una nuova tecnica grazie alla quale hanno individuato quelli che ritengono essere i segni della quintessenza cosmica, segni provocati da una torsione della luce antica mentre si muove attraverso l’universo.

Presto per cantare vittoria.

Tuttavia, come riporta l’articolo su Nature, è ancora presto per cantare vittoria. Gli scienziati vogliono esaminare con attenzione gli stessi dati, magari utilizzando la tecnica ideata da Minami e Komatsu, prima di accettare l’idea dell’esistenza di una quintessenza, un’idea che avrebbe implicazioni pesantissime non solo per la cosmologia ma anche per la fisica fondamentale (il modello standard della fisica delle particelle, per esempio, non prevede alcuna sostanza esotica del genere).

Approfondimenti

Articoli correlati

https://notiziescientifiche.it/universo-permeato-da-misteriosa-quintessenza-che-sta-accelerando-sua-espansione/

Caso Gregoretti, la Corte dei Conti indaga per un eventuale danno erariale. - Saul Caia

 

I magistrati contabili vogliono appurare se l'azione di Salvini o del Viminale abbia creato una perdita economica allo Stato italiano, costringendo le navi e i loro equipaggi a restare ancorato per giorni al porto.

Si arricchisce di nuovi atti il fascicolo d’indagine della Corte dei Conti di Roma sul caso “Bruno Gregoretti”, il pattugliatore della Guardia Costiera che, nel luglio 2019 con a bordo 135 migranti, venne stoppato alcuni giorni dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini prima dello sbarco. I magistrati contabili stanno acquisendo i documenti del procedimento penale del Tribunale dei ministri di Catania, dove il leader del Carroccio è accusato di sequestro di persona aggravato.

Il caso Gregoretti. La nave aveva salvato 135 migranti nel corso di un’operazione di soccorso a largo del Mediterraneo, intervenendo dopo la segnalazione d’allarme lanciata del peschereccio italiano “Accursio Giarratano” e di uno tunisino. Il pattugliatore poi si era diretto al porto di Catania, dove aveva atteso alla fonda per alcuni giorni. All’inizio il Viminale aveva consentito lo sbarco di sedici minori non accompagnati, per poi far spostare la Gregoretti nel porto di Augusta.

L’ipotesi d’accusa del sostituto procuratore Massimiliano Minerva (della Corte dei Conti) è di danno erariale, ovvero se l’azione di Salvini o del Viminale abbia creato un danno economico allo Stato italiano, costringendo la nave e il suo equipaggio a restare ancorato per giorni al porto. La Gregoretti era un’imbarcazione adibita al controllo e intervento sul settore pesca, che non avrebbe potuto accogliere un numero così elevato di naufraghi.

La Guardia di Finanza sta analizzando e setacciando tutti i costi sostenuti in quei giorni dal pattugliatore della Capitaneria di porto, per valutare se le spese sostenute, tra personale in missione e carburante, siano in linea con l’operazione.

Il caso Diciotti. Sul tavolo del pm Minerva c’è anche il fascicolo sulla “Ubaldo Diciotti”, l’altra nave della Guardia costiera che, dopo aver soccorso 190 naufraghi, era rimasta ormeggiata per cinque giorni alla banchina del porto di Catania nell’agosto 2018. Anche in quel caso, era stato Salvini a firmare il divieto di sbarco. Come per la vicenda Gregoretti, il leader sovranista era finito sotto indagine del Tribunale dei ministri etneo, con l’accusa di sequestro di persona, ma fu salvato dall’intervento di 237 senatori che votarono contro l’autorizzazione a procedere nei sui confronti.

A differenza della precedente vicenda, la Diciotti aveva tra i suoi incarichi anche quello di pattugliare il mare, avendo uno scafo più ampio che avrebbe potuto accogliere i naufraghi. Il magistrato contabile però desidera accertare se ci sia stato un danno erariale, visto l’insistenza con cui la nave restò ancorata alla banchina di Catania, impedendo anche al personale della guardia costiera di poter scendere. Altro elemento chiave nell’indagine contabile potrebbe essere l’entrata in vigore del decreto sicurezza, voluto fortemente da Salvini, e che accentrava i poteri sull’allora ministro dell’Interno. All’epoca del caso della Diciotti il decreto non era stato ancora emanato, mentre per la Gregoretti c’era già il “sicurezza bis”.

Il prossimo 1 dicembre sarà chiamato a testimoniare il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, davanti al giudice dell’udienza preliminare di Catania che dovrà decidere l’esito del procedimento su Salvini, al Tribunale dei ministri etneo. Per l’occasione come teste, all’aula bunker del carcere di Bicocca, sarà presente anche il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese.

Il prossimo 4 dicembre toccherà al ministro degli esteri Luigi Di Maio, che all’epoca era viceministro, e all’ambasciatore Maurizio Massari. Infine il 12 dicembre saranno sentiti gli ex ministri dei Trasporti, Danilo Toninelli, e della Difesa, Elisabetta Trenta.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/26/gregoretti-e-diciotti-la-corte-dei-conti-indaga-per-un-eventuale-danno-erariale/6016530/

Giulio Regeni, il buco di sei giorni nella ricostruzione di Renzi. - Wanda Marra e Gianni Rosini

 

Italia-Egitto. L’ex premier: “Io informato del caso solo il 31 gennaio 2016”. Fonti della Farnesina: “Chigi sapeva dal 25, giorno della scomparsa di Giulio”.

Ricostruendo i drammatici giorni della scomparsa di Giulio Regeni, l’ex ambasciatore italiano al Cairo, Maurizio Massari, lo dice chiaramente: “Di tutte queste azioni (parla di fatti avvenuti tra il 25 e il 27 gennaio 2016, ndr) dello stato della situazione, ho tenuto costantemente informate le nostre autorità a Roma, in particolare la Farnesina e la Presidenza del Consiglio”. Eppure Matteo Renzi – che mentre scoppia il caso è premier – martedì durante la sua audizione alla Commissione d’inchiesta Regeni ha sostenuto di non aver saputo nulla fino al 31 gennaio di quell’anno. Sei giorni nei quali Massari si attivava, parlava con ministri egiziani e andava pure a depositare una denuncia. “Se avessimo saputo prima del 31 gennaio, avremmo potuto agire prima sicuramente”, ha detto Renzi.

Un’affermazione talmente abnorme che la Farnesina ha diramato una nota per smentirlo, sia pure in maniera implicita: “La Farnesina precisa che le Istituzioni governative italiane e i nostri servizi di sicurezza furono informati sin dalle prime ore successive alla scomparsa di Giulio il 25 gennaio 2016. Il ministero degli Esteri ricorda inoltre che tutti i passi svolti con le più alte Autorità egiziane sono stati ampiamente documentati e resi noti alle Istituzioni competenti a Roma dall’Ambasciatore Massari nelle sue funzioni di Ambasciatore d’Italia al Cairo”. La domanda quindi è: possibile che con tutti i funzionari informati, tra Farnesina e Palazzo Chigi, oltre ai servizi segreti, nessuno abbia detto nulla a Renzi (come lui peraltro sostiene)?

Fonti vicine al dossier, sentite dal Fatto, spiegano che già il 25 gennaio, quando viene a sapere della scomparsa di Regeni, Massari attiva i canali d’informazione interni alla sede diplomatica. Nello specifico, il “responsabile dell’intelligence (Aise) e del ministero dell’Interno presenti in ambasciata”. Ma informa direttamente anche la Farnesina e la Presidenza del Consiglio. Magari non direttamente il premier, ma di certo il suo consigliere diplomatico, Armando Varricchio (oggi ambasciatore negli Usa).

Cosa sia avvenuto in quei giorni lo ha ricostruito Massari in Commissione: viene informato il 25 gennaio della scomparsa di Regeni “con una telefonata alle 23.21 del professor Gennaro Gervasio, professore di economia presso l’Università britannica del Cairo, con il quale Giulio aveva appuntamento quella sera stessa”. Il giorno dopo, il 26, Massari interessa ufficialmente della questione, tramite una nota formale, il ministero degli esteri egiziano e pure il ministro di Stato egiziano per la produzione militare Mohamed El-Assar. Nella notte tra il 26 e il 27 proprio su disposizione di Massari un funzionario dell’ambasciata si reca presso il commissariato di polizia di Dokki per sporgere formale querela. Il 27 vengono informati i genitori di Regeni che arriveranno al Cairo tre giorni dopo. Nel frattempo le autorità interpellate da Massari escludono che Regeni fosse stato fermato o arrestato e ribadiscono di non avere alcuna notizia. Tutti passaggi sui quali l’allora Ambasciatore al Cairo sostiene di aver informato costantemente Farnesina e Presidenza del Consiglio.

Gentiloni invece viene informato il 26: “Io fui informato dalle strutture della Farnesina il 26 gennaio”, dice l’allora ministro degli Esteri in commissione Regeni il 3 settembre scorso. E solo il 2 febbraio Massari viene ricevuto dal ministro dell’Inter Ghaffar. E forse è troppo tardi: l’esame autoptico ha dimostrato le torture subite da Regeni ma anche il fatto che il giovane probabilmente fosse morto il primo febbraio.

Tutto questo senza che Renzi fosse informato neanche dal suo ministro degli Esteri? Nessuno dei personaggi direttamente coinvolti all’epoca dei fatti vuole o può tornare su quei giorni. Dallo stesso Gentiloni in giù. Ma c’è un altro passaggio dell’audizione in cui l’ex premier è quanto meno confuso: “Dicemmo alla Guidi (allora ministro dello Sviluppo economico, ndr) il 31 gennaio: ‘Vai da Al Sisi’”. In realtà la missione in Egitto della titolare del Mise era prevista da tempo. Durante l’audizione, più volte il presidente della Commissione, Erasmo Palazzotto, mostra insofferenza. “Renzi è venuto a fare un comizio, ha confuso le date, non si era preparato”, commenta poi. Possibile che sia stata solo una gaffe? O forse la gaffe è stata funzionale a cercare di scaricare le responsabilità?

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/26/regeni-il-buco-di-sei-giorni-nella-ricostruzione-di-renzi/6017015/

Quando uno stupro diventa stupro dell’informazione. - Selvaggia Lucarelli

 

Un giorno bisognerà chiedere a Massimo Giletti cosa gli è successo a un certo punto della vita. Come ci si possa autoproclamare paladino della legalità un giorno sì e l’altro pure, e dieci minuti dopo affrontare un caso delicato come quello di Alberto Genovese e lo stupro ai danni di una 18enne, con la superficialità pericolosa e imbarazzante cui si è assistito domenica a Non è l’arena. Dico solo che si occupava del caso anche Barbara D’Urso e al confronto pareva la Cnn. Basterebbe già solo descrivere il parterre degli ospiti esperti/moralizzatori: Nunzia De Girolamo, che ha sulla testa una richiesta di condanna a 8 anni per associazione a delinquere. Fabrizio Corona, ai domiciliari con più condanne che tatuaggi, e Hoara Borselli, il cui valore aggiunto è probabilmente quello di essere incensurata. Il perché Fabrizio Corona avrebbe qualcosa da raccontare sulle feste di Genovese è mistero fitto, visto che non solo non ci è mai stato, ma neppure frequenta feste milanesi da un bel po’, visto che nel 2013 è stato arrestato e da quel momento è entrato e uscito dal carcere avendo, al massimo, permessi per lavorare. Massimo Giletti si avvale di Corona come di una sorta di autore/consulente del programma. Corona gli propone storie e ospiti, e magari ci scappa anche la sua presenza in studio. È andata così con Mirko Scarcella, ci ha provato con una vittima di tentato femminicidio che ha gentilmente declinato l’invito, è andata così con la storia di Genovese. Sarebbe lo stesso Corona ad aver strappato Daniele Leali, l’amico di Genovese, alla concorrenza (la D’Urso) e ad averlo portato su La7. E da qui la promozione a moralizzatore: la volta scorsa accusava Briatore di parlare di economia e di non pagare le tasse, lui che teneva i soldi nel controsoffitto per pagarle con calma. Questa volta accusa questo mondo corrotto dei party pieni di droga, lui che in passato è uscito dal carcere per curare la sua tossicodipendenza (su cui aleggiano alcuni misteri). Attendiamo che Giletti lo inviti a darci lezioni anche nella giornata dedicata alla guida con prudenza.

Fin qui si potrebbe anche sorvolare, se non fosse che il siparietto è stato non solo sconcertante, ma anche volgarmente accusatorio nei confronti di persone perbene. Mentre tutti, conduttore compreso, continuavano a ribadire che l’amico di Genovese coraggiosamente in collegamento da Bali “non è neppure indagato”, Fabrizio Corona si permetteva di fare più volte il nome di Carlo Cracco accusandolo di “connivenza”. Non solo, aggiungeva che “la posizione di Carlo Cracco, del buttafuori e di Leali è la stessa”. Notare che Leali aveva invitato le ragazze alla festa incriminata e da molte è stato accusato di essere colui che girava con i vassoi della droga, il bodyguard piantonava la stanza dello stupro e Cracco era andato tre ore per offrire (pagato) un servizio di catering con moglie e collaboratori a un’unica festa di Genovese. Non la festa dello stupro, per giunta. Stessa posizione, identica. Ed era esilarante sentire Giletti che “Nomini ancora Cracco? Io mi dissocio!”, come se non fosse evidente che si dissocia da chi invita perché dica esattamente le cose da cui si dissocia. Tra parentesi, Carlo Cracco si è rivolto al suo legale e la puntata è stranamente sparita dal sito di La7 (ne sono rimasti alcuni estratti, in cui non appare Fabrizio Corona)

Ma non è solo questo il problema. L’amico di Genovese, convinto forse che andare in tv faccia bene alla sua immagine, dice una serie di cose sconcertanti, da “C’erano 30 persone, ma poche ragazze molto giovani, sotto i 20 anni solo 5 o 6 (il 20%)”. O: “Noi ritiravamo i telefoni agli ospiti perché così la gente socializzava” (come no, il proprietario di casa ci teneva così tanto a socializzare che si chiudeva in camera e riappariva la mattina dopo). O: “Se c’era la cocaina? È in tutte le feste, avete scoperto acqua calda”. E lì, mentre il conduttore ribadiva di avere rispetto per questo individuo “perché ci ha messo la faccia”, era tutto un “Come dice Corona”, “Come ha detto Corona”. Insomma, Corona maître à penser. E nel frattempo si univa al parterre l’avvocato della ragazza stuprata, tale Saverio Macrì, il quale desta qualche perplessità. Giovanissimo (ha 32 anni), iscritto all’Ordine degli avvocati dal 2019, un passato da calciatore e, come lo stesso Leali, nel giro dei locali e della notte: è infatti proprietario col padre (dentista dei vip) e altri soci di locali tra Milano e Formentera. Ovviamente, nessuno ci ha fatto caso. Tutti troppo coinvolti dall’edificante racconto su “Cracco il connivente” perché ha portato due tartine a una festa. Insomma, un modo di trattare una vicenda di stupro che è stata uno stupro all’informazione.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/25/quando-uno-stupro-diventa-stupro-dellinformazione/6015495/?utm_medium=Social&utm_source=Twitter#Echobox=1606295081