giovedì 10 dicembre 2020

Tutto a Palazzo Chigi: quando Renzi “esautorava” i ministeri. - Giacomo Salvini

 

Ieri erano i 100 commissari “per salvare il Paese”, oggi una task force “di consulenti romani che moltiplica le poltrone”. Ieri erano strutture di missione che hanno “segnato una svolta nella storia d’Italia”, oggi addirittura “strutture parallele che esautorano i ministri e i Servizi segreti”.
In politica, si sa, cambiare idea è diventata una questione di prammatica. Talvolta è considerato un pregio. E poi, considerato il personaggio in questione, ovvero Matteo Renzi, le giravolte politiche ormai non sorprendono più nessuno.

Ma prima di minacciare la caduta di un governo contro la governance prevista da Palazzo Chigi per gestire i 209 miliardi del Recovery Plan, forse il leader di Italia Viva si dovrebbe ricordare di quando a lui i commissari e le “Unità di missione” sotto la diretta gestione di Palazzo Chigi piacevano tanto. La premessa è d’obbligo: lunedì il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha portato in Consiglio dei ministri la bozza della norma sulla governance per il Recovery Plan che, come richiesto dall’Ue, istituisce nell’ambito del Ciae (Comitato interministeriale per gli Affari europei sotto Palazzo Chigi) il comitato esecutivo formato dallo stesso Conte e dai ministri Roberto Gualtieri e Stefano Patuanelli che nomina altri sei supermanager, uno per ogni “missione”. Questi a loro volta possono incaricare altri tecnici per ogni capitolo e, in diversi casi, operare in deroga alla legge (tranne a quelle antimafia e penale). Insomma, una struttura che assomiglia al cosiddetto “modello Genova” con cui è stato ricostruito in soli due anni il ponte Morandi grazie al commissario Marco Bucci. Ma la struttura di Chigi non avrà i compiti di diretta progettazione delle opere, non sarà nemmeno il soggetto attuatore (in mano a ministri, Regioni e Comuni), ma di controllo, e come extrema ratio di sostituzione, nei confronti delle amministrazioni in ritardo sull’attuazione dei progetti che potrebbe mettere a rischio i finanziamenti.

Ma Renzi proprio non ci sta: da 48 ore ha alzato il muro contro Conte (“Voteremo contro”) e i suoi ministri lasciano le riunioni del Cdm minacciando sfaceli (“Sono pronta a dimettermi” ha detto ieri Elena Bonetti). L’accusa dei renziani è quella di voler “esautorare” i ministeri con “consulenti e tecnici” dando “pieni poteri” al premier. Peccato che sotto il suo governo, l’allora premier elogiava i commissari straordinari da lui nominati per aver “salvato il Paese” e le strutture di missione fioccavano: almeno quattro con decine di tecnici che costituivano “ministeri ombra” sotto il controllo Palazzo Chigi. La prima, nel maggio 2014, fu quella chiamata “Italia Sicura” contro “il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche” presieduta da Erasmo D’Angelis – con due manager, una decina di dipendenti e un numero variabile di consulenti – che si occupava di coordinare (Renzi direbbe “esautorare”) i ministeri delle Infrastrutture, Ambiente, Agricoltura, Economia e Beni culturali (oltre a 3.600 enti locali) per contrastare il dissesto idrogeologico. Nel 2018 il governo Conte-1 ha chiuso la struttura riportandola sotto le competenze del ministero dell’Ambiente. Nell’ambito di “Italia Sicura” il governo aveva istituito anche la struttura “Scuole Belle-Sicure” per la “riqualificazione dell’edilizia scolastica” coordinata dall’architetto Laura Galimberti e diretta dal renziano Filippo Bonaccorsi, ex presidente della società dei trasporti di Firenze Ataf. Poi, nel giugno 2014, arrivò la “Struttura di missione per il coordinamento dei processi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti dal sisma del 6 aprile 2009” diretta dall’ingegner Fabrizio Curcio e, a fine 2015, la struttura diretta dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini ispirata alla Strategy Unit di Downing Street sotto il governo di Tony Blair che – insieme a una decina di tecnici della Banca d’Italia, della Ragioneria e altri economisti – facesse da trait d’union tra Palazzo Chigi e il Tesoro. Senza considerare tutti i commissari straordinari nominati dallo stesso Renzi o da lui riconfermati: da Salvo Nastasi per la riqualificazione di Bagnoli a Beppe Sala per l’Expo di Milano.

E si arriva a febbraio scorso quando Italia Viva ha presentato il cosiddetto “Piano choc” per sbloccare opere per 120 miliardi. In che modo? “Il governo individui interventi infrastrutturali prioritari per i quali disporre la nomina di Commissari straordinari (si legge all’articolo 2 del piano). I Commissari sono responsabili di tutto il processo che va dalla progettazione all’esecuzione sul modello del Commissario di Genova e dell’Expo”.

L’idea era di nominarne 100. Un progetto, quello di Renzi, ancora più accentratore di quello odierno. Ma se lo fa Conte sono “poltrone”, se lo fa lui diventano “cantieri”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/10/tutto-a-palazzo-chigi-quando-renzi-esautorava-i-ministeri/6031957/

Sottovuoto spinto. - Marco Travaglio

 

È passato un altro giorno e l’Innominabile e i suoi cari non sono ancora riusciti a spiegare ai cittadini cosa contestano davvero al governo, al punto di minacciarne la crisi. L’altra sera, mascherine abbassate e fidanzato a parte, è bastato che la Gruber chiedesse lumi alla Boschi per squadernare coram populo il sottovuotospinto dell’ex ministra e del suo non-partito col suo non-programma, i suoi non-ideali e il suo esercito di non-elettori. Ormai l’hanno capito tutti che gli italomorenti non minacciano il governo per “difendere la democrazia, il governo e il Parlamento” dalla cabina di regìa voluta da Conte per monitorare le opere pubbliche del Recovery Plan, renderne conto all’Ue ed evitare i soliti sprechi, ritardi, truffe e intoppi all’italiana. Non certo per deliberarle (lo fanno governo e Parlamento) o per attuarle (lo fanno ministeri, regioni, province e comuni). Il motivo è un altro, ma se non lo dicono dev’essere perché non possono. Altrimenti gli scapperebbe dal ridere quando fanno i partigiani della democrazia violentata dal tiranno Giuseppi. Quando purtroppo contava – leggere Giacomo Salvini a pag. 4 per credere – l’Innominabile fece esattamente ciò che rimprovera falsamente a Conte: riempì Palazzo Chigi di “strutture di missione” (ben 7, ridotte da Conte a 3) e l’Italia di commissari ad (suam) personam: Sala a Expo, Piacentini al Digitale, Nastasi a Bagnoli, Gutgeld e Perotti alla spending review, Gabrielli al Giubileo.

Quanto al suo rispetto per il governo e il Parlamento: teneva Consigli dei ministri di 2-3 minuti; imponeva trucchetti da magliari tipo “tagliole”, “canguri” e “supercanguri” per silenziare le opposizioni e cancellarne gli emendamenti; minacciava i dissidenti del Pd di “usare il lanciafiamme” e di non ricandidarli e, quando si mettevano di traverso nelle commissioni, li sostituiva con dei camerieri per far passare la controriforma costituzionale, cioè il piedistallo e il monumento equestre al suo ego; insultava chi lo criticava, inclusi i migliori costituzionalisti, come “soloni”, “professoroni”, “gufi” e “rosiconi”, lasciandoli poi finire da orde di manganellatori da social. Varò 54 decreti in 32 mesi senza emergenze paragonabili al Covid. Impose una legge elettorale incostituzionale (l’Italicum) a colpi di maggioranza (che poi era una minoranza drogata dal premio illegittimo del Porcellum) e financo a botte di fiducia. Poi nel maggio scorso, quando per fortuna non contava più nulla, presentò un “Piano choc per le opere pubbliche” da 180 miliardi con “100 commissari” dai pieni poteri – progettazione, attuazione e controllo – in barba alle leggi, al governo e al Parlamento. Ma ormai gli si perdona tutto, perché ci fa tanto divertire.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/10/sottovuoto-spinto/6031940/

Dpcm di Natale, ecco le Faq del governo: cosa si potrà fare e cosa no.

 

Spostamenti, visite, turismo: dal 21 dicembre al 6 gennaio ecco le regole per le seconde case e i ricongiungimenti.

Chi si dovrà spostare per l'Italia in occasione delle feste di fine 2020 lo dovrà fare prima del 20 dicembre o dopo il 7 gennaio, sia per andare nelle seconde case o per fare un po' di turismo: rimangono le deroghe solo per casi specifici, assistenza a persone non autosufficienti, separati che incontrino i figli minori, i ricongiungimenti familiari presso la casa abituale. E' quanto specificano le Faq (risposte alle domande più frequenti) della presidenza del Consiglio, "per il periodo 21 dicembre 2020 - 6 gennaio 2021".

Con la precisazione che per le regole per negozi, ristoranti e spostamenti rimangono valide le distinzioni tra aree rosse, arancioni e gialle.

ASSISTENZA A NON AUTOSUFFICIENTI - Lo "spostamento per dare assistenza a persone non autosufficienti sarà consentito anche dal 21 dicembre al 6 gennaio, anche tra comuni o regioni in aree diverse, ove non sia possibile assicurare loro la necessaria assistenza tramite altri soggetti presenti nello stesso comune/regione".

"Non è possibile, comunque, spostarsi in numero superiore alle persone strettamente necessarie a fornire l'assistenza necessaria: di norma la necessità di prestare assistenza non può giustificare lo spostamento di più di un parente adulto, eventualmente accompagnato dai minori che abitualmente egli già assiste", spiega la nota. 

VISITE A PARENTI SI' ENTRO IL 20 - "Gli spostamenti per fare visita o per andare a vivere qualche giorno con parenti o amici, inclusi i propri genitori, saranno possibili per tutti solo se ci si muove da un luogo in area gialla a un altro luogo in area gialla, esclusivamente fino al 20 dicembre e a partire dal 7 gennaio. 

"Dal 21 dicembre al 6 gennaio, questi spostamenti saranno consentiti, sempre esclusivamente tra luoghi in area gialla, solo se si ha la residenza o il domicilio o la propria abitazione nella regione/provincia autonoma di destinazione.

Alla domanda "i miei genitori, anziani ma in buona salute, vivono in una regione diversa dalla mia. Posso andare a trovarli per le feste?", la risposta è: "nei giorni 25 e 26 dicembre e 1 gennaio sarà comunque possibile spostarsi solo all'interno del proprio comune. In ogni caso, sarà possibile spostarsi tra comuni/province/regioni diversi per motivi di lavoro, necessità o salute".

SEPARATI POTRANNO SPOSTARSI PER ANDARE DA FIGLI MINORI - I genitori separati o affidatari possono spostarsi tra il 21 dicembre e il 6 gennaio per andare in comuni o regioni diverse o all'estero per trascorrere le feste con i figli minorenni, nel rispetto dei provvedimenti del giudice o degli accordi con l'altro genitore. Questi spostamenti "rientrano tra quelli motivati da necessità, pertanto non sono soggetti a limitazioni. Nel caso di spostamenti da o per l'estero, è comunque necessario consultare l'apposita sezione sul sito del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per avere informazioni sulle specifiche prescrizioni sanitarie relative al Paese da cui si proviene o ci si deve recare".

SECONDE CASE - Gli spostamenti verso le seconde case in una regione diversa dalla propria sono consentiti soltanto entro il 20 dicembre e dopo il 7 gennaio e comunque esclusivamente se il luogo di partenza e quello di destinazione si trovano entrambi in area gialla. Pertanto, se una famiglia si trasferisce in una seconda casa, in un'altra regione, entro il 20 dicembre, ed uno dei componenti deve tornare al lavoro nella nella regione di provenienza per alcuni giorni, non potrà tornare da loro entro il 6 gennaio. Lo spostamento dalla seconda casa al luogo di lavoro nel periodo tra il 21 dicembre e il 6 gennaio non può essere infatti addotto come motivo giustificativo di un nuovo rientro nella seconda casa, in un'altra regione, nello stesso periodo. 

RIENTRO AL DOMICILIO -"Le persone che per motivi di lavoro vivono in un luogo diverso da quello del proprio coniuge o partner, ma che si riuniscono ad esso con regolare frequenza e periodicità nella stessa abitazione, potranno spostarsi per ricongiungersi per il periodo dal 21 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021 nella stessa abitazione in cui sono soliti ritrovarsi".

Le faq precisano quali sono i significati della "residenza", del "domicilio" e "dell'abitazione". Il dpcm del 3 dicembre 2020 prevede, infatti, che, nonostante i divieti, dal 21 dicembre al 6 gennaio si possa comunque far rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione.

https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2020/12/09/dpcm-ecco-le-faq-del-governo-cosa-si-potra-fare-e-cosa-no_47b96784-69be-4a80-928a-2e670c4ce04c.html

Ok Mes sul filo, Renzi attacca Conte sul recovery.

 

Superare l'ostacolo del voto sulla riforma del Mes non basta al premier Giuseppe Conte per sancire una nuova tregua all'interno delle forze che sostengono il suo governo. Nel giorno in cui le Aule di Camera e Senato approvano, dopo molti tormenti all'interno del M5s, le risoluzioni in favore della posizione italiana sulla riforma del Meccanismo di stabilità resta alta la tensione sulla governance del Recovery plan e sul governo.

Il voto corre però sul filo, con solo 156 sì a Palazzo Madama. Cinque voti in meno della maggioranza assoluta, che pure in questo caso non era richiesta. Il premier, che a sera si dice "tranquillo", si appella ai deputati e senatori e chiede "massima coesione": i distinguo fisiologici - dice - non devono pregiudicare il raggiungimento "degli obiettivi che ci stanno a cuore" e che "giustificano la nostra presenza qui". Ma dal Pd a Italia Viva, i partiti che lo sostengono chiedono maggiore coinvolgimento, anche del Parlamento. Per dirla con Matteo Renzi è arrivato il momento "di dipiciemmizzare la politica". Nicola Zingaretti usa ben altri toni, ma torna a incalzare il governo: "Ora per andare avanti è importante trovare soluzioni ai tanti nodi aperti". Il segretario Pd, parlando al premier ma anche agli alleati, aggiunge un concetto caro a tanti tra i Dem, che nelle scorse settimane lamentavano un'azione del governo poco coordinata con i gruppi e scarso dialogo con le parti sociali: "Le priorità da scegliere si devono basare su chiarezza e pazienza unitaria, collegialità e condivisione, rispetto dei ruoli e un adeguato coinvolgimento nei processi delle decisioni determinanti. Se questa volontà non si afferma tutto diventa difficile".

La struttura del Recovery plan "servirà per garantire la realizzazione degli interventi ed evitare che si sprechino risorse ma la responsabilità rimane sempre nel governo perché servirà l'autorizzazione del Cdm", ha detto Conte parlando con i giornalisti e assicurando che ci sarà il coinvolgimento del Parlamento. "C'è stato un colossale fraintendimento sulla struttura di missione" per il Recovery plan, "che deve avere compiti di monitoraggio e non sottrarrà potere e competenze ai ministeri". "Dovrebbe solo essere prevista una clausola di salvaguardia nel caso in cui le amministrazioni centrali non possano intervenire a esercitare i poteri sostitutivi", aggiunge. "Non c'è scritto da nessuna parte quanti manager ci dovranno essere, comunque serve una struttura per assicurare il monitoraggio dei cantieri e il rispetto dei tempi, è una cosa assolutamente necessaria".  "Tutto ciò ha carattere ordinamentale e quindi non andrà in manovra ma in un apposito decreto legge, torneremo su questo a confrontarci nella sede propria che è quella del governo e il Consiglio dei ministri, lì troveremo la formula giusta", aggiunge parlando con i giornalisti. 

LA GIORNATA

L'aula del Senato ha approvato la risoluzione presentata dalla maggioranza sulla riforma del Mes e sulle comunicazioni del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in vista del prossimo Consiglio europeo. Il documento ha avuto 156 voti favorevoli, 129 contrari e 4 astensioni. Il premier Conte si dice "tranquillo" dopo le parole di Renzi al Senato. 

Nove senatori M5S non hanno partecipato al voto mentre due (Mattia Crucioli e Bianca Laura Granato) sono stati, nel Movimento, i voti contrari. Dei nove assenti in 4 erano "giustificati" secondo quanto spiegato nel pomeriggio da fonti parlamentari M5S. A questi vanno aggiunti Nicola Morra, Laura Angrisani, Rosa Abate, Margherita Corrado, Fabrizio Trentacoste.

"Vi anticipo, doverosamente ma con la massima cautela, che nelle ultimissime ore sembrerebbe che si intraveda uno spiraglio positivo nel negoziato" con Polonia e Ungheria sul Recovery fund. Lo dice il premier Giuseppe Conte nel suo intervento in Aula al Senato in vista del Consiglio europeo. "Vi invito alla cautela" sull'ipotesi di superare il veto sul Recovery fund "perché fino alla fine aspettiamo di leggere la proposta di una dichiarazione interpretativa, condivisa dai due Paesi, per quanto riguarda la condizionalità dello stato di diritto: non possiamo assolutamente rinunciare a quanto già riconosciuto e affermato sul tema, sarebbe assolutamente compatibile con gli obiettivi e i principi già affermati". Lo dice il premier Giuseppe Conte nel suo intervento in Aula al Senato in vista del Consiglio europeo, parlando del negoziato con Polonia e Ungheria sul Recovery fund. "Ai temi all'esame di questo Consiglio europeo si potrebbe aggiungere quello della relazione futura tra Unione Europea e Regno Unito, a seguito degli ultimi sviluppi negoziali tra Bruxelles e Londra. Questa sera ci dovrebbe essere un ulteriore aggiornamento sul punto e vedremo quale prospettiva concreta si verrà a delineare nelle prossime ore". Lo dice il premier Giuseppe Conte nel suo intervento in Aula al Senato in vista del Consiglio europeo.

"E' importante che ci sia la massima coesione delle forze di maggioranza, è importante parlarsi, il confronto dialettico e la varietà di posizioni, ma anche superare in una sintesi superiore in uno spirito costruttivo, questa varietà di opinioni: non dobbiamo mai disperdere le energie e sempre concentrarci sugli obiettivi che ci stanno a cuore e che giustificano la nostra presenza qui, la nostra azione. La coesione ci consente anche di continuare a batterci in Europa" dice Conte nel suo intervento in Aula al Senato in vista del Consiglio europeo. "La coesione delle forze di maggioranza ci consente anche di continuare a batterci in Europa. Vi assicuro: ci metterò la più ferma determinazione nel fornire il giusto contributo critico e il coraggio necessario a sostenere il programma di riforme in corso e il processo di rinnovamento delle istituzioni europee che si preannuncia nella conferenza sul futuro dell'Europa, nella quale dovremo misurare la nostra capacità di incidenza e la nostra capacità rinnovatrice e per questo lanceremo una sfida ambiziosa agli altri governi europei"sottolinea il premier.

Al Senato l'intervento del leader di Italia Viva, Matteo Renzi: "I duecento miliardi sono una conquista ma anche una grande responsabilità: noi non scambieremo il nostro si alla proposta di governance con uno strapuntino. Non stiamo chiedendo che nella cabina di regia ci sia uno nostro. Il 22 luglio abbiamo chiesto una cosa: di fronte ai 200 miliardi da spendere o il parlamento fa un dibattito vero, oppure perdiamo la dignità delle istituzioni". "Non va bene che ci arrivi alle 2 un emendamento alla manovra una proposta con manager al posto dei ministri: colleghi del Pd, eravamo nello stesso partito quando uno di noi firmò un ricorso alla Corte contro chi non voleva farci discutere la manovra. Allora era Salvini, ora è lo stesso. E' una discussione essenziale per le istituzioni". "La task force - ha detto ancora Renzi - non può sostituire il parlamento: dov'è il sindacato? Ma non è solo un problema di metodo, anche di merito. Come si fa a dare 9 miliardi alla Sanità". "Io al governo misi 7 miliardi alla Sanità e si parlò di tagli, per me ce ne vogliono il doppio, il triplo". "Dico una cifra: 36, quelli del Mes...". "Siamo pronti a discutere ma non a usare la manovra come veicolo di quello che abbiamo letto sui giornali, compresi i servizi. Se c'è una norma che mette la governance con i servizi votiamo no".  "Se i suoi collaboratori telefonano ai giornali per dire che vogliamo una poltrona in più, sappia che se ha bisogno di qualche poltrona ce ne sono tre, due da ministro e una da sottosegretario, nostre a sua disposizione. Se invece vuole ragionare sul serio spieghi che questo non è un talk show, non è il Grande Fratello ma la politica", ha detto ancora Renzi applaudito al termine del suo intervento anche dagli scranni della Lega.

"La Lega e tutto il centrodestra sono pronti a discutere" con il governo se al centro del confronto c'è "l'idea del futuro dell'Italia che abbiamo", ad esempio sui temi della disabilità, della sanità, del lavoro, del futuro dell'industria e delle infrastrutture, come l'ex Ilva di Taranto o il Ponte sullo Stretto, ha detto il leader della Lega Matteo Salvini in Senato durante le dichiarazioni di voto.

Il via libera era arrivato anche dall'Aula della Camera. I voti a favore sono stati 314, i contrari 239, 9 gli astenuti. I deputati M5S Andrea Colletti, Pescarese, Pino Cabras, Fabio Berardini, Alvise Maniero, Maria Lapia, Francesco Forciniti hanno votato contro. "Votare sì vuol dire votare contro Conte e contro il Paese, la nostra è una scelta di coerenza", è uno dei concetti che, ognuno di loro, sottolinea nel proprio intervento.  Tutti gli interventi in dissenso pronunciati dai deputati del MoVimento 5 stelle contro la risoluzione di maggioranza nell'Aula della Camera vengono accolti da fragorosi applausi da parte dei deputati della Lega.

Sono stati 297 i voti a favore, 256 i contrari e sette gli astenuti nell'Aula della Camera sulla parte della risoluzione di maggioranza che impegna il governo "a finalizzare l'accordo politico raggiunto all'eurogruppo e all'ordine del giorno dell'eurosummit sulla riforma del trattato del Mes. A chiedere la votazione per parti separate era stato il deputato Gianluca Rospi del gruppo Misto. In questa specifica votazione la maggioranza ha perso voti rispetto a quella che inglobava la maggior parte della risoluzione, che raccolse 314 sì e 239 no Respinta la risoluzione dell'opposizione.

"Il governo - ha detto il premier in Aula - ha bisogno anche della massima coesione delle forze di maggioranza per continuare a battersi in Ue. Il confronto dialettico è segno di vitalità e ricchezza ma è senz'altro salutare che sia fatto con spirito costruttivo e che non ci distragga dagli obiettivi". Iv, dopo aver ascoltato le comunicazioni del premier Giuseppe Conte alla Camera, ha firmato la risoluzione di maggioranza sulla riforma del Mes

"Spesso ho rivolto appello all'opposizione e in alcuni passaggi ho trovato ascolto. Il tavolo del confronto rimane sempre aperto", ha detto ancora il premier.

"I cittadini dei 27 Paesi - dice Conte - non perdonerebbero un segnale che contraddica" quella che è stata una svolta "irreversibile delle politiche dell' Ue". Il premier sottolinea la necessita di "superare i veti ungheresi e polacco" sul Recovery plan. "Sosteniamo gli sforzi della presidenza tedesca per una soluzione rapida dello stallo", aggiunge.

Sulla riforma del Mes "resta la responsabilità delle Camere sulla ratifica" del trattato. Ma "per cambiare l'Ue è decisiva ben altro percorso. L'Italia si farà promotrice di una proposta innovatrice per integrare il nuovo Mes nell'intera archietettura europea. Il modello a cui ispirarsi lo abbiamo già adottato, è il Next Geeneration Eu". "Com'è noto la riforma del Mes conteneva il backstop che è obiettivo cardine per il nostro Paese. Grazie al contributo italiano l'Eurogruppo ha trovato un'intesa per introdurlo con due anni di anticipo".

"La lotta al cambio climatico è priorità per l'Italia. E' essenziale che gli obiettivi di Cop 26, che ospiteremo l'anno prossimo, siano accompagnati da incentivi economici per la transizione verde", è un altro passaggio dell'interveno di Conte.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2020/12/08/mes-attesa-per-le-comunicazioni-di-conte-tensione-sul-recovery-diretta_8fdd52a7-9109-4f1a-86e1-1a00f7368440.html

mercoledì 9 dicembre 2020

Cos’è stato il renzismo? - di Paolo Trande, pubblicato da Andrea Scanzi

 

E chi sono, politicamente parlando, Renzi e i suoi sei o sette fedelissimi rimasti? Ce lo racconta Paolo Trande, che nel Pd renziano c’è stato.

“Solo chi è stato nel Pd renziano può capire quanto sia falso Renzi (e il renzismo). Solo chi, come me, era nel Pd renziano può capire quanto sia falsa la motivazione democratica alla base della minaccia di rottura e caduta del governo di questi giorni. Falsa perché non supportata da eguale attenzione e preoccupazione quando al potere, del partito e del governo, c'era il Renzi medesimo.
Con il suo arrivo nel partito non si poteva fiatare. Chi eccepiva veniva zittito e insultato. O si applaudiva o si veniva malsopportati o avversati, come nemici.

Con il suo arrivo alla presidenza del consiglio il governo dettava legge, chi eccepiva, chi dissentiva dei parlamentari del PD veniva emarginato o neutralizzato addirittura con la repentina sostituzione in commissione. In parlamento si faceva largo uso di "canguri" , "tagliole" e altre diavolerie per soffocare il dibattito interno alla istituzione e il dissenso interno.

Tutte le nomine in enti controllati o partecipati dal governo erano appannaggio della compagnia amicale e geografica (nel raggio di pochi km intorno a Rignano) che ruotava intorno all'improbabile difensore delle istituzioni in immagine.

Gli anni 2014 e 2015 furono terribili. Nel Pd c'era terrore puro, guai a criticare, guai solo ad evidenziare qualche problema, nelle politiche di governo (bonus, tagli alla sanità, buona scuola, art.18 etc, abolizione IMU anche ai super-ricchi etc etc). Guai solo a nominarlo senza incensarlo, idolatrarlo senza pronunciare, con sguardo felice e ammirato, la frase mitologica, falsa anch'essa: "con Renzi si vince".
Il 2016 fu l'anno del referendum e l'aria divenne irrespirabile, ammorbata da diffuso conformismo e cattiveria crescente. Bastava scrivere un post social di critica, nel merito, sulla "riforma" Boschi-Renzi e si veniva lapidati, manganellati da schiere di ascari, organizzati, attivati da filiere nazionali renziste, da ras locali, capoclan stellati o in cerca di stellette dal capo o dai suoli luogotenenti.

Sentire oggi: “Conte deve cambiare la struttura di missione sul Next Generation UE perché non è democratica, esautora il Parlamento e il Governo e se non lo fa votiamo contro” (in soldoni, facciano cadere il Governo) è insopportabile da parte di chi ha vissuto sulla propria pelle (umana e politica) le vere angherie di Renzi e dei suoi scagnozzi, della prima, della seconda e della terza ora. Sentire parlare di democrazia chi la democrazia, interna ed esterna, l'ha calpestata con l'attacco personale che metteva alla berlina e costringeva alle dimissioni (Cuperlo da presidente PD), con la sostituzione in commissione per sterilizzare il dissenso sulla legge elettorale (Bersani, Epifani, D'attore etc), da chi ha utilizzato ogni trucchetto per soffocare il dibattito in parlamento (canguri, tagliole etc appunto ), da chi faceva Consigli dei Ministri che duravano 10' per illustrare le slides e poi zitti e muti che devo andare nel TG delle 20.00 È INTOLLERABILE.

Chi allora consentì a quest'uomo di scalare il PD, di annichilirlo, di emarginare chi non la pensava come lui, di rompere a sinistra, con i sindacati e con il mondo del lavoro, di recidere il “legame sentimentale” con la sua gente e di inseguire la destra, Berlusconi in particolare, è moralmente responsabile del disastro a cui potremmo assistere domani. Se la destra sovranista e xenofoba, negazionista di Salvini e Meloni tornerà in gioco lo dobbiamo a Renzi e a tutti quelli che lo hanno sostenuto in nome dell'acontenutistico e afinalistico “con lui si vince”... mentre si perdeva e si rischia di perdere anche stavolta."

Paolo Trande

https://www.facebook.com/andreascanzi74/photos/a.710778345605163/4241535735862722/

Il ministro Bonafede presenta l’Alleanza contro la corruzione per “impedire la dispersione e l’accaparramento criminale” dei fondi. No dei renziani.

 

No da Italia Viva che parla di mania di task force e ricorda come per il contrasto alla corruzione esista già l'Anac creata da Matteo Renzi. Nella squadra anche il governatore di Banca d'Italia Ignazio Visco, il presidente dell'Autorità anticorruzione Giuseppe Busia e il procuratore nazionale antimafia Cafiero de Raho. Firmato questa mattina il decreto che da vita alla struttura per "impedire la dispersione e l’accaparramento criminale" dei fondi per contro la pandemia.

Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha annunciato questa mattina l’avvio di una grande consultazione pubblica sulle pratiche anticorruzione, anche con lo scopo di “difendere” i quasi duecento miliardi di euro che verranno stanziati per riparare ai danni sociali ed economici causati dalla pandemia. Stando alle prime indicazioni i fondi destinati a sostenere la ripresa economica godranno infatti di una sorta di corsia preferenziale. Atti e provvedimenti emanati delle strutture guidate da sei manager scelti dal ministero dell’economia e dalla presidenza del Consiglio, per l’impiego dei 196 miliardi di euro del Recovery fund, non saranno infatti soggetti a controllo preventivo da parte della Corte dei conti.

“L’emergenza della pandemia sarà accompagnata da un ingente sostegno finanziario” e per “impedire la dispersione e l’accaparramento criminale” di queste risorse ho firmato il decreto costitutivo di un’iniziativa intitolata ‘Alleanza contro la corruzione: una grande consultazione pubblica di esperti di diversa provenienza professionale e di varia estrazione disciplinare, con l’intento di fare il punto sull’assetto messo in campo dal nostro Paese nei settori della prevenzione e del contrasto alla corruzione”. Così il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede.

Poco dopo l’annuncio arriva però il primo mugugno, da Italia Viva. “La smania da task force si sta diffondendo. Ora anche il ministro Bonafede ne crea una, dimenticando che il compito che dovrebbe assolvere è già svolto dall’Autorità Nazionale anticorruzione creata da Renzi”, hanno dichiarato i parlamentari di Italia Viva Lucia Annibali, capogruppo in Commissione Giustizia alla Camera, e Giuseppe Cucca, vicepresidente dei senatori di Italia Viva

L’’Alleanza contro la corruzione coinvolgerà circa sessanta esperti che – partecipando a titolo gratuito – si confronteranno in vari tavoli sulle prospettive e gli aspetti più importanti della lotta alla corruzione: parteciperanno economisti, studiosi del diritto e del processo penale, esperti del diritto amministrativo, magistrati, avvocati, statistici, operatori della comunicazione e della scuola: tutti chiamati a confrontarsi, in appositi gruppi di lavoro, sui diversi aspetti del fenomeno

Nella squadra Visco, Davigo, Cafiero de Raho, Busia – A comporre il Comitato scientifico costituitosi per l’iniziativa ci sono Giorgio Lattanzi (presidente della Scuola superiore della magistratura e presidente emerito della Corte Costituzionale), David Ermini (vice-presidente del Consiglio superiore della magistratura), Pietro Curzio (Primo presidente della Corte di Cassazione), Filippo Patroni Griffi (presidente del Consiglio di Stato), Guido Carlino (presidente della Corte dei Conti), Giovanni Salvi (procuratore generale presso la Corte di Cassazione), Ignazio Visco (governatore della Banca D’Italia), Raffaele Piccirillo (capo di gabinetto del Ministero della Giustizia), Giuseppe Busia (presidente Autorità Nazionale Anticorruzione), Federico Cafiero de Raho (procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo), Maria Masi (presidente facente funzioni del Consiglio Nazionale Forense), Paola Severino (vicepresidente dell’Università Luiss ed ex ministro della Giustizia), Piercamillo Davigo (ex presidente di sezione della Suprema Corte di Cassazione), Marco D’Alberti (professore ordinario di diritto amministrativo a La Sapienza di Roma), Francesco Palazzo (professore emerito università di Firenze) e Gabrio Forti (professore ordinario di diritto penale e criminologia e direttore dell’alta scuola sulla Giustizia Penale alla Cattolica)

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/08/il-ministro-bonafede-presenta-lalleanza-contro-la-corruzione-per-impedire-la-dispersione-e-laccaparramento-criminale-dei-fondi/6029948/

Riforma del Mes, la Camera approva: 314 sì, 239 contrari e 9 astenuti. Conte: “Italia chiederà in Ue di rivedere la struttura del fondo, ma serve maggioranza coesa”

 

Il premier è intervenuto prima alla Camera, poi alle 16 al Senato. La votazione non riguarderà la richiesta di accedere al meccanismo per prendere i fondi da spendere per la pandemia. Sembra scongiurato l'incidente parlamentare: dopo l’intervento del capo del governo, Italia Viva annuncia il suo appoggio alla risoluzione di maggioranza. Il dissenso dei 5 stelle si riduce a 6 deputati, anche il forzista Brunetta vota in contrasto al suo partito.

Primo ostacolo superato, ora tocca al Senato. Montecitorio ha dato il via libera alla riforma del Mes: l’Aula ha approvato la risoluzione di maggioranza sulle comunicazioni di Giuseppe Conte in vista del prossimo Consiglio europeo con 314 sì. I contrari sono stati 239 e nove gli astenuti. Fratelli d’Italia dopo il voto ha mostrato magliette con la scritta “M5s=Mes” e il presidente Roberto Fico ha sospeso la seduta. Tra i 5 stelle sono stati sei i deputati che hanno espresso il loro dissenso in Aula: Andrea Colletti, Pino Cabras, Fabio Berardini, Alvise Maniero, Maria Lapia, Francesco Forciniti. Altri due: Raphael Raduzzi e Andrea Vallascas hanno annunciato il loro voto contrario. Tutti gli interventi in dissenso pronunciati dai deputati del MoVimento 5 stelle contro la risoluzione sono stati accolti da fragorosi applausi da parte dei deputati della Lega.


Il voto alla Camera
 
– In totale sono state presentate quattro risoluzioni: una di maggioranza, una di Fi, una di +Eu e una di Lega e Fdi. Su richiesta del deputato del gruppo Misto Gianluca Rospi, il voto sulla risoluzione di maggioranza è stato per parti separate. Il primo voto ha raccolto appunto 314 sì. Sono stati invece 297 i voti a favore, 256 i contrari e sette gli astenuti sulla parte della risoluzione di maggioranza che impegna il governo “a finalizzare l’accordo politico raggiunto all’eurogruppo e all’ordine del giorno dell’Eurosummit sulla riforma del trattato del Mes. In entrambe le votazioni sulla risoluzione di maggioranza, identica alla bozza circolata ieri e sulla quale si è trovato l’accordo anche col M5s (il riferimento all’accesso ai fondi per la sanità è stato spostato in fondo), lo scarto è stato di 75 e 41 voti, quindi il governo non ha mai veramente rischiato di non avere i numeri sufficienti. E’ stata invece respinta la risoluzione del centrodestra: il testo era stato firmato dai deputati Molinari, Gelmini, Lollobrigida e Lupi.

Il voto in Senato – I numeri della maggioranza in Senato sono quelli che preoccupano maggiormente, anche se, soprattutto alla luce delle mediazioni delle scorse ore, i critici dentro il Movimento 5 stelle cercheranno di esprimere il loro dissenso senza arrivare al punto di non ritorno. Cosa significa in concreto? Potrebbe esserci qualcuno che esce dall’Aula o semplicemente decide di non votare. Tra gli interventi più attesi c’è anche quello di Matteo Renzi (ore 18.30): il leader di Italia viva sta sfidando il governo sulla task force e da giorni annuncia un suo discorso rivolto al premier proprio dai banchi di Palazzo Madama. “A poche ora dal voto sulla risoluzione dopo le comunicazioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte sulla riforma del Mes, in Senato si fanno i conti sui numeri. La maggioranza dovrebbe raggiungere all’incirca 158 voti. Secondo chi ha in mano il ‘pallottoliere’ i giallorossi potrebbero contare su 33 senatori Pd (due sarebbero assenti per causa di forza maggiore), 86 M5s (sottraendo ai 92 che compongono il gruppo tre assenti e tre ‘irriducibili’ no Mes), 18 di IV e 7 delle Autonomie. Poi ci sarebbero 14 o15 parlamentari del Misto che di solito votano con la maggioranza, Mario Monti e Elena Cattaneo. I 5 stelle che potrebbero far mancare il sostegno apertamente sono Mattia Crucioli, senatore spesso in dissenso con la linea della maggioranza (a gennaio scorso firmò il primo documento per la leadership collegiale), e la collega Bianca Laura Granato. 

L’intervento di Conte – “Devono essere riconsiderate in modo radicale la struttura e la funzione del Mes, affinché sia trasformato in uno strumento completamente diverso“. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è partito da qui per chiedere appoggio al Parlamento in vista del Consiglio Ue previsto per il 10 e 11 dicembre. Al centro delle sue comunicazioni c’era la riforma del Meccanismo europeo di stabilitàavviata tre anni fa dagli Stati membri, e non la sua eventuale attivazione. Il premier non ha concesso infatti alcuno spazio a chi, dentro e fuori la maggioranza, avrebbe voluto subito attingere alle risorse del fondo. Anzi, ha anticipato che l’Italia “si farà promotrice di una proposta innovatrice per superare la natura del Mes come accordo intergovernativo, per integrarlo nel quadro dell’intera architettura europea“. L’obiettivo è quello di “raccordarlo alle altre istituzioni dell’Ue, che offrono maggiori garanzie di trasparenza e democraticità“. Poi ha ricordato che sulla ratifica finale del trattato “resta la responsabilità delle Camere” che saranno chiamate a esprimersi più avanti. Un modo per sminare il voto dopo le tensioni all’interno della maggioranza: se infatti il Movimento 5 stelle ha trovato un’intesa al suo interno dopo lunghe mediazioni e discussioniItalia viva ha annunciato il suo appoggio solo in mattinata, dopo giorni di tensioni legate alla cabina di regia che dovrà gestire i fondi del Recovery. 

Non è un caso che Conte si sia rivolto direttamente ai partiti che lo sostengono, sostenendo che il governo ha bisogno della “massima coesione delle forze di maggioranza per continuare a battersi in Ue. Il confronto dialettico è segno di vitalità e ricchezza ma è senz’altro salutare che sia fatto con spirito costruttivo e che non ci distragga dagli obiettivi”. Nel corso del dibattito in Aula, però, sono emerse le prime divisioni, anche se fortemente ridimensionate rispetto ai timori della vigilia. Conte non si è limitato a parlare ai parlamentari che sostengono la sua maggioranza ma durante il suo discorso a Montecitorio si è rivolto anche alle opposizioni: “Spesso in quest’Aula ho rivolto alle forze di opposizione un appello all’unità e al dialogo. E devo riconoscere che in alcuni passaggi questi appelli hanno trovato ascolto. Ribadisco che il tavolo del confronto con le opposizioni rimane sempre aperto“. Poi ha rivendicato i risultati raggiunti dall’Italia proprio sul Mes. “Com’è noto”, la riforma del Meccanismo “contiene il backstop (una sorta di rete di sicurezza per eventuali crisi bancarie, ndr) che è obiettivo cardine per il nostro Paese. Grazie al contributo italiano l’Eurogruppo ha trovato un’intesa per introdurlo con due anni di anticipo“. Il lavoro da fare, però, è ancora molto. E non riguarda soltanto il Mes: “Il modello al quale ispirarsi per costruire a livello europeo gli strumenti di politica economica del futuro è certamente il Next generation Eu”, chiarisce il capo del governo, riferendosi ai fondi stanziati dall’Ue per contrastare la crisi dovuta alla pandemia. “Auspico fortemente, e lo ribadirò in tutte le sedi di confronto con gli altri leader, che possa diventare strutturale“.

L’intesa di luglio che ha portato al Recovery fund, insiste Conte, “fino a pochi mesi fa sembrava a molti irraggiungibile“. E unita al “sostegno senza precedenti fornito dalla Bce attraverso il programma di acquisto di titoli pubblici e privati, sta cambiando la fisionomia dell’Unione europea”. Ma restano da superare “i veti di Ungheria e Polonia” per rendere operativo l’accordo. “I cittadini dei 27 Paesi non perdonerebbero un segnale che contraddica” quella che è stata una svolta “irreversibile delle politiche dell’Ue”, chiarisce il premier, ribadendo di sostenere “gli sforzi della presidenza tedesca per una soluzione rapida dello stallo“. È anche in vista di queste sfide che Conte cerca l’appoggio della maggioranza in un momento così delicato del Paese, proprio mentre Italia viva continua a minacciare la caduta del governo sul nodo della governance del Recovery

I deputati M5s che si sono espressi contro il gruppo (o che non hanno partecipato al voto) – Gli occhi erano puntati sui parlamentari M5s, il cui gruppo è stato travolto dai malumori nei giorni scorsi. Una settimana fa 58 eletti 5 stelle (42 deputati e 16 senatori) hanno scritto una lettera per chiedere che fossero rinviate le parti critiche della riforma del Mes. Ma di quei 42 dissidenti, a Montecitorio sono rimasti solo una decina di deputati. In particolare sei sono intervenuti in Aula per spiegare la loro contrarietà al documento. Si tratta di Andrea Colletti, Fabio Berardini, Francesco Forciniti, Pino Cabras, Alvise Maniero e Mara Lapia. Di questi, Colletti e Lapia sono stati da poco sospesi dal Movimento per aver votato contro la riforma per il taglio dei parlamentari. “Il problema è che autorizzando politicamente il Mes autorizziamo la Bce a ridurre i titoli del debito pubblico nel 2022″, ha detto il deputato M5s Andrea Colletti, “e allora un governo tecnico sarà obbligato a attivare il Mes. I congiurati, presidente, non sono quelli che prendono posizione ma sono i commensali. Ed è per questo che non darò voto favorevole”. Poi ha parlato Fabio Berardini, deputato eletto in Abruzzo e nei mesi scorsi considerato a rischio sospensione per problemi di rendiconto: “Non è un voto contro Conte, è totalmente falso. Crimi e Di Maio ci spieghino perché vogliono tradire il programma M5S”. Per Forciniti, deputato eletto in Calabria e anche lui tra i firmatari delle lettera contro il Mes: “Questa riforma è un errore, voterò contro la risoluzione”, ha detto. Mentre Cabras ha dichiarato: “Non si può votare sì ad una risoluzione dicendo che poi si vota no, il Mes va smantellato”. Per Lapia: “Non stiamo sfiduciando il nostro presidente, noi portiamo avanti il nostro programma elettorale”. E Maniero a sua volta ha sottolineato: “Io non indebolirò lei, presidente non voterò mai contro il mio Paese, questa riforma è una spada di Damocle”

Il deputato M5s Raphael Raduzzi, tra i primi firmatari della lettera di dissenso e colui che ha tenuto le lezioni sul Mes sulla piattaforma Rousseau, ha dichiarato: “È stata una Caporetto“, ha detto. “La risoluzione di oggi, che non ho votato, manda Conte a firmare una terribile riforma del Mes! Una riforma che potenzia il Mes come istituto per gestire le prossime crisi finanziarie (che ci saranno)”. Ha annunciato il suo voto contrario anche Andrea Vallascas: “Io voto No al Mes, strumento di compressione della sovranità nazionale e della libertà dei popoli. Qualcuno ventila la possibilità di caduta di Conte e della fine della legislatura, come se la democrazia e le scelte dei suoi rappresentanti non dovesse essere legata al destino migliore per il suo popolo, ma alla sorte di un esecutivo”.

Chi ha invece lanciato un messaggio distensivo è stato il capo politico M5s Vito Crimi: “Le parole di Giuseppe Conte sono chiare e non lasciano alibi a chi ancora sostiene che dovremmo andare in Europa a porre il veto sulla modifica del trattato sul Mes, richiesta e voluta da tutti gli altri Stati che ne fanno parte”, ha scritto su Facebook. “Ora è il momento di pensare ad investire bene, investire nel futuro dell’Italia. Basta polemiche, dunque, su chi o come gestirà le risorse. Controlleremo che ogni singolo centesimo vada nella direzione giusta”. E, ha detto: “La risoluzione appena approvata contiene due elementi rivoluzionari. Per la prima volta portiamo il Parlamento italiano ad ammettere, e votare, un impegno concreto ad una revisione radicale del Patto di Stabilità. Una battaglia, questa, che ha visto per lungo tempo il MoVimento 5 Stelle battersi da solo, e che è stata poi sposata opportunisticamente da qualche partito che si definisce ‘sovranistà'”. Quindi Crimi ha concluso: “Non temiamo il Mes, perché fino a quando ci sarà il Movimento 5 stelle vigileremo affinché non sia mai attivato per il nostro Paese”.

Chi dentro Forza Italia ha votato per la maggioranza – Tra gli azzurri, che hanno votato contro la risoluzione in linea con Fdi e Fi, almeno il deputato Renato Brunetta si è espresso in dissenso con il gruppo e ha sostenuto il governo: “Il nuovo Mes, con il salva-banche, metterà fine a quel drammatico errore di Deauville di Merkel e Sarkozy. Per questo voterò in dissenso con il mio partito. Il no alla riforma non sarà in mio nome”, ha annunciato durante il suo intervento. “Oggi – ha proseguito, riferendosi all’unanimità registrata nell’ultimo voto sullo scostamento di bilancio – mi addolora che in quest’Aula non ci sia quello stesso spirito nel dare pieno mandato al nostro presidente del Consiglio per il prossimo Eurosummit”.

Forza Italia è pronta a votare anche al Senato ‘no’ alla riforma del fondo salva-Stati, aderendo alla risoluzione unitaria del centrodestra. Resta solo il caso dell’azzurro Andrea Cangini, portavoce di ‘Voce Libera’, che potrebbe astenersi. ”Non ho mai detto che voterei sì”, assicura all’Adnkronos Cangini, che precisa: “Ho detto e scritto che su una questione così rilevante, per l’identità di un partito e la credibilità della coalizione, sarebbe opportuno non cedere alla retorica anti europeista”. Alla fine si asterrà? “E’ possibile”, replica il senatore forzista che aggiunge: “ma prima leggerò le risoluzioni di maggioranza e opposizione e poi deciderò”. Oggi, alle 14, prima delle comunicazioni in Aula del premier Giuseppe Conte, si riunirà il gruppo azzurro a palazzo Madama guidato da Annamaria Bernini, dove sarà illustrata anche la risoluzione comune di centrodestra sulla riforma del Trattato del Mes presentata in Parlamento.

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