sabato 23 gennaio 2021

Governo, Tabacci: “Serve un Conte ter per la fine della crisi”. Italia viva dice di voler riaprire il dialogo, ma Bellanova insiste sul Mes.

 

GLI AGGIORNAMENTI DALLA CRISI - Ore decisive per sbloccare lo stallo e capire se è davvero possibile allargare la maggioranza. Il leader di Centro democratico è stato ricevuto dal ministro degli Esteri e, per sbloccare la situazione, ha suggerito che si lavori a "un esecutivo nuovo" con Conte come punto di riferimento. Intanto i renziani hanno firmato un documento per chiedere di riaprire le trattative con la maggioranza, ma le posizioni interne sono le stesse che hanno portato allo strappo.

Un weekend di trattative per evitare il ritorno alle urne. La crisi di governo sembra essere arrivata a un punto di stallo e le prossime 48 ore saranno decisive per le sorti dei giallorossi. Se dal fronte Palazzo Chigi assicurano che le interlocuzioni per allargare la maggioranza stanno andando avanti, la strada per un nuovo esecutivo al momento rimane bloccata. I primi segnali negativi sono arrivati giovedì sera dal vicesegretario Pd Andrea Orlando, che, intervenendo a Piazzapulita su La7, alla domanda se le “elezioni sono più vicine”, ha replicato: “Purtroppo sì. Ed è quello che temevamo: oltre questo governo, tutte le altre ipotesi sono di molto difficile percorribilità“. Una strategia per sbloccare le trattative? Tutto può essere in queste ore concitate, ma resta il fatto che l’uscita non è piaciuta neanche a un gruppo di senatori Pd (da Pittella a Verducci) che ha chiesto di “non agitare le elezioni come arma finale”. Nell’immobilismo (almeno apparente) generale, oggi però qualcosa è successo: intorno all’ora di pranzo Bruno Tabacci, leader della componente di Centro democratico, ha visto Luigi Di Maio e, all’uscita, ha indicato quella che al momento sembra essere l’unica strada possibile: non un semplice rimescolamento delle carte, ma un vero e proprio nuovo esecutivo (anche se con lo stesso premier). “La possibilità di rafforzare la maggioranza c’è, ma serve un governo nuovo, non basta un piccolo rimpasto”, ha detto Tabacci. “Io penso che Conte sia l’unico punto di equilibrio di questa legislatura. Per concludere la crisi è necessario aprire a un ventaglio di forze più ampio. Renzi al Senato ha fatto un discorso di rottura, ma credo che in Iv ci siano posizioni più concilianti. E poi c’è l’area dei liberal-democratici di Forza Italia“.

Intanto ieri sera i parlamentari di Italia viva si sono riuniti in assemblea e hanno elaborato un documento per chiedere di riaprire il dialogo: “Serve una soluzione politica di respiro ampio”, hanno scritto. Peccato che però, solo poche ore dopo, l’ex ministra Teresa Bellanova è tornata alla carica pretendendo l’uso del Mes, uno dei pochi capitoli davvero divisivi nella maggioranza e sul quale sembra impossibile arrivare a una mediazione: “L’Italia ha bisogno del Mes”, ha scritto su Facebook certificando che, dal giorno della rottura, niente è davvero cambiato per i renziani. Sul fronte di Italia viva però, la riapertura delle trattative con la maggioranza è ritenuta necessaria anche per bloccare le defezioni di quei parlamentari (almeno quattro sarebbero già confermati: Grimani, Comincini, Marino e Conzatti) che invece non intendono andare all’opposizione con la destra sovranista e sono disposti a rientrare nel Pd se le cose si mettessero male. In questo senso va letta la decisione di Palazzo Chigi di accelerare sull’affidamento della delega ai Servizi all’ex ambasciatore a Berlino Pietro Benassi, un punto su cui Iv aveva insistito molto e che potrebbe sbloccare molte discussioni.

Intanto il tempo corre: i numeri per mettere in sicurezza la maggioranza al Senato ancora non ci sono e il prossimo ostacolo sarà il 27 gennaio in occasione del voto alla risoluzione sulla giustizia del ministro Bonafede. Matteo Renzi ha già annunciato l’intenzione di votare no, ma a quel punto non tutti i parlamentari di Italia viva potrebbero seguirlo. I timori nella maggioranza sono che siano tanti i voti a venir a mancare. Ad esempio quello delll’ex Fi e ora tra i responsabili Sandra Lonardo che, interpellata dall’Ansa, ha preso tempo: “Prima di votare, leggerò la risoluzione sulla relazione sulla giustizia per valutare se c’è la volontà di arrivare subito a una proposta, che diventi legge, per accorciare davvero i tempi della giustizia. Perciò chiedo a Conte che sia lui a farsi garante su questo, e che lo faccia subito. In quel caso le mie perplessità potrebbero essere attenuate”. Gli incontri vanno avanti senza sosta e i pontieri sono al lavoro. In serata anche l’ex Fi Maria Rosaria Rossi è tornata a Palazzo Chigi per vedere Conte: massimo riserbo sul contenuto del colloquio, ma la prova che le interlocuzioni si muovono su più direzioni e riguardano anche il fronte del centrodestra.

Italia viva spinge per riaprire il dialogo – In questa fase in cui il rischio immobilismo è sempre più chiaro, sono tornati a farsi sentire i deputati e i senatori di Italia Viva che si giocano l’ultima possibilità per rientrare in maggioranza. Giovedì sera si sono riuniti in assemblea e al termine dell’incontro hanno elaborato un documento: “Esprimiamo”, si legge, “preoccupazione per lo stallo istituzionale di questi giorni, la difficile situazione sanitaria e i drammatici dati economici del nostro Paese” e “ribadiamo con forza la necessità, già espressa nel dibattito parlamentare, di una soluzione politica che abbia il respiro della legislatura e offra una visione dell’Italia per i prossimi anni”. Nel testo, che l’agenzia Ansa ha visionato, i parlamentari garantiscono che “si muoveranno tutti insieme in modo compatto e coerente in un confronto privo di veti e pregiudizi, da effettuarsi sui contenuti nelle sedi preposte”.

Tra i firmatari del documento c’è anche il senatore Iv Eugenio Comincini, tra i parlamentari ritenuti più propensi a un ritorno nel Partito democratico: “Serve riannodare i fili del dialogo e della leale collaborazione, come sostengo da giorni. Bisogna provarci, fino all’ultimo. Facciamolo intorno ad un tavolo, nelle sedi più opportune, politiche o istituzionali”. Un altro dei nomi in bilico e più in difficoltà sulla linea della spaccatura voluta da Renzi è quello di Leonardo Grimani, senatore di Italia Viva, che oggi ha detto di aver firmato “con convinzione” il documento. “Fare in fretta”, ha detto all’Adnkronos. Mercoledì ci sarà il voto su Bonafede e “vanno trovate prima le condizioni per rilanciare un accordo altrimenti saranno problemi”. Ma lei voterà contro la relazione di Bonafede come ha annunciato Renzi? “Vanno fatte valutazioni di contenuto, ma anche politiche perché non possiamo scordare che eravamo al governo insieme. Io mi auguro si trovi prima un accordo“. E sull’ipotesi che i renziani si dividano da Renzi, ha ribattuto: “Sulla linea del dialogo siamo compatti. Da parte nostra non ci sono né veti né pregiudizi. Spero che sia lo stesso anche dall’altra parte. Io mi aspetto che accada qualcosa al massimo entro martedì”.

La tensione e la fretta nell’asse Pd-M5s – Orlando è stato chiaro nelle scorse ore nello spiegare perché il voto rischia di essere l’unico epilogo in caso fallissero le trattative: “Noi non vogliamo mischiare i nostri voti con quelli di Salvini e Meloni, quindi un’ipotesi di unità nazionale non esiste. Mi pare che il M5s non rinunci ad avere Conte come riferimento. In politica se si escludono le vie che non sono percorribili restano quelle percorribili”, ha ripetuto ieri il vicesegretario dem. “Noi crediamo che se si toglie Conte questa maggioranza implode“. Per questo rimarrebbe solo la strada del voto, se le mediazioni non andassero in porto. Se il governo cadesse, “credo che si andrebbe al voto: uno scenario che non auguro per il Paese in un momento così delicato”, ha detto al Corriere della sera Fraccaro. La speranza è quindi che “ulteriori passi in avanti si concretizzeranno nei prossimi giorni”.

Anche tra i dem c’è chi frena sull’ipotesi elezioni anticipate. A rompere la linea sono stati i senatori Gianni Pittella, Dario Stefano, Tommaso Nannicini e Francesco Verducci. “Bisogna ribadire con forza anche in queste ore difficili che il Pd è il partito del rilancio della legislatura. Siamo nel pieno di una drammatica crisi sanitaria e sociale. L’Italia ha bisogno di risposte urgenti. Il Pd rilanci le ragioni di un governo che sia all’altezza delle risposte che si aspettano le italiane e gli italiani, parlando con tutti per trovare la quadra di un programma di legislatura”. Chi cerca subito di bloccare però l’ipotesi della riapertura di un tavolo con Matteo Renzi è il capo politico M5s Vito Crimi: “Leggiamo dichiarazioni e interviste di esponenti politici ancora convinti che ci sia spazio per ricucire con Renzi”, ha detto all’agenzia Ansa. “Questo nonostante le mie e le nostre affermazioni nei giorni precedenti siano state chiarissime in tal senso. Allora lo ribadisco, a scanso di ogni equivoco: per il Movimento non ci sono margini per ricucire con Renzi, la porta è definitivamente chiusa. Non torneremo con chi è inaffidabile fino a questo punto: con chi si è reso responsabile di una crisi in un momento tanto drammatico per il Paese”.

Nel M5s però le tensioni sono tante. E c’è anche chi non esclude una linea più distensiva: “Parlare di ricucitura con i renziani”, ha detto all’Adnkronos il deputato M5s Giorgio Trizzino, “probabilmente è inappropriato ma si può fare qualcosa di diverso: cioè ricreare le condizioni ideali per una riflessione collettiva sui reciproci errori commessi in questi ultimi mesi. E, ove esistano le condizioni, potrebbe essere anche valutabile una riapertura di dialogo con i renziani“. Il quadro rimane molto confuso e le ricostruzioni affidate a fonti anonime, ha osservato su Facebook il senatore M5s Primo Di Nicola non aiutano a semplificare il quadro: “La tutela delle fonti per un giornalista è sacra”, si legge. “Ma quando si leggono articoli, come quelli delle cronache parlamentari, costruiti sistematicamente sull’anonimato di deputati, senatori e presunti leader che non rischiano niente, bisogna dire che qualcosa non va”. Perché, ha continuato, “questi anonimi spesso e volentieri vengono citati solo per descrivere scenari e costruire retroscena assolutamente improbabili, utili solo non a raccontare ma a pilotare gli eventi. Allora chiedo se su questo hanno qualcosa da dire gli autorevoli direttori e magari anche i cronisti, a cominciare da quelli iscritti alla Stampa parlamentare. Se la smettessimo con questo modo di lavorare, forse l’informazione riacquisterebbe in Italia maggiore credibilità. E i giornali tornerebbero ad essere venduti molto di più

I movimenti al centro – È in questa delicatissima fase che è piombata come un macigno l’indagine della procura di Catanzaro sul segretario dell’Udc Lorenzo Cesa (ora dimissionario). Anche perché pesi massimi del Movimento 5 Stelle come Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista hanno messo in chiaro sin da subito che “il M5s non parla con chi è accusato di reati gravi“. L’auspicio, però, è che se Cesa ora è escluso dalla partita – ed era soprattutto lui a spingere l’Udc a rimanere nel centrodestra – qualcosa possa smuoversi tra i suoi. Un primo segnale è arrivato dalla senatrice Paola Binetti: “Io sono convinta che la legislatura non può e non deve finire. Per salvarla farei di tutto, penso che tutti faremmo di tutto”, ha detto in un’intervista al Messaggero. “Poi, sulla formula possiamo discutere”. Binetti sostiene infatti che se il premier ha davvero intenzione di “guardare al centro, non trova una prateria vuota, c’è già l’Udc. Conte deve capire se la sfida che vuole assumere è quella di aggregare questa miriade di piccoli soggetti che stanno al centro. Se questa fosse la sfida, mi vedrebbe interessata“. I colleghi Saccone e De Poli, invece, rimangono fermi sul loro no.

L’unica soluzione è che altri forzisti, dopo le defezioni di Maria Rosaria Rossi e di Andrea Causin, possano arrivare in soccorso del governo. Il centrodestra intanto cerca di rimanere compatto e solo ieri i vertici sono saliti al Quirinale per ribadire al capo dello Stato che “non c’è una maggioranza” e per chiedere il ritorno alle urne. In un’intervista a La Verità, Berlusconi ha dichiarato che “Renzi si è ritirato dal governo che lui stesso si era vantato di aver fatto nascere un anno fa. Ha aperto una crisi politica ma fin qui non ha potuto o voluto andare fino in fondo. Se al Senato Italia viva avesse votato no alla fiducia, il governo Conte non esisterebbe più. Credo che questa crisi sia davvero pericolosa e vada risolta molto in fretta o con un governo di segno diverso oppure con le elezioni, secondo ciò che il Presidente della Repubblica riterrà più opportuno”. Mentre Lega e Fratelli d’Italia sono fermi sul no a un esecutivo di unità nazionale, il leader di Forza Italia però non sembra escluderlo del tutto. Così come Renato Brunetta e l’asse Carfagna-Toti. Uno scenario che ricalcherebbe la “maggioranza Ursula” che a Bruxelles permise il via libera di Von der Leyen al vertice della Commissione Ue, ma che per Pd e M5s non può prescindere dal nome di Conte.

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Crisi di governo, Tabacci a Palazzo Chigi incontra Di Maio: "Soluzione è Conte-ter". Si intensificano le trattative con i renziani.

 

Il taccuino politico. Il presidente di Centro democratico a colloquio con il ministro degli Esteri: "C'è tempo fino a mercoledì" per cercare di rafforzare la maggioranza "il premier unico punto di equilibrio di questa coalizione, sennò voto". Con l'ex segretario Udc, Lorenzo Cesa, coinvolto nell'inchiesta per 'ndrangheta si allontana l'ipotesi di un'entrata dei centristi. Polverini passa a Cd. Martella (Pd): "Non temiamo elezioni".

Sono giornate di trattative serrate. Si cerca una soluzione per andare avanti. A proporne una è il presidente di Centro democratico, Bruno Tabacci, tra i principali promotori dei "costruttori", per mezz'ora a Palazzo Chigi nel primo pomeriggio: "La possibilità di rafforzare la maggioranza c'è ma serve un governo nuovo, non basta un piccolo rimpasto. Io penso che Conte sia l'unico punto di equilibrio di questa legislatura", dice al termine del colloquio precisando di aver "incontrato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio". "Per concludere la crisi è necessario aprire a un ventaglio di forze più ampio. Renzi al Senato ha fatto un discorso di rottura ma credo che in Iv ci siano posizioni più concilianti. E poi c'è l'area dei liberal-democratici di FI", aggiunge.

Per aggirare l'ostacolo, a Conte resta ancora la carta Pd. Il partito di Nicola Zingaretti, infatti, sta incessantemente corteggiando i senatori renziani che a settembre del 2019 uscirono dal gruppo dem per seguire l'ex segretario in Italia viva. Intanto i senatori e deputati di Iv escono con una nota congiunta, in cui auspicano una "soluzione politica che abbia il respiro della legislatura". Ma al tempo stesso si riaffaccia l'ipotesi elezioni, prefigurata sia dai "tessitori" centristi come Bruno Tabacci, sia dallo stesso Pd, con il sottosegretario Andrea Martella che oggi afferma di non temere le urne.

Intanto, dopo la notizia del coinvolgimento dell'ormai ex segretario Udc Lorenzo Cesa (che in una lettera a De Poli annuncia le sue dimissioni) in un'inchiesta per 'ndrangheta, la "bomba" Udc piomba sulle trattative di governo a un passo dalla chiusura. Per Giuseppe Conte la partita sembrava avviata verso la conclusione, con la fase due del piano già impostata: entro lunedì sarebbe dovuto avvenire lo stacco dello Scudo crociato da Forza Italia, per dar vita a quel contenitore politico di centro in cui tenere insieme socialisti, liberali e democristiani. Da lì, poi, sarebbe nato il suo partito futuro. Ma la trattativa ora rischia di bloccarsi. Sul punto Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista sono stati chiari: "Mai il M5S potrà aprire un dialogo con soggetti condannati o indagati per mafia o reati gravi". Viceversa i cinquestelle, mentre chiudono la porta a Matteo Renzi, lasciano uno spiraglio aperto per i parlamentari di Iv, con i quali "si è sempre lavorato bene", come sottolinea il capogruppo M5S alla Camera Davide Crippa.

Il prossimo banco di prova per la tenuta del governo poi è la relazione sulla Giustizia del ministro Alfonso Bonafede, che verrà votata mercoledì al Senato e contro cui Renzi potrebbe mettersi di traverso. Ma non sarebbe il solo, visto che il documento suscita perplessità anche in qualche "responsabile", come Sandra Lonardo. A dirlo è suo marito Clemente Mastella: "Mia moglie non voterà contro, ma non credo a favore. A lei non piace l'idea che (Bonafede, ndr) ha fatto della giustizia, il giustizialismo fino alle estreme conseguenze".

Il fine settimana, dunque, si preannuncia di grandi manovre, a tutte le latitudini. Perché anche il centrodestra si muove. Non solo con il colloquio dei tre leader, Matteo SalviniGiorgia Meloni e Antonio Tajani, al Colle, durante il quale hanno ribadito al capo dello Stato che "con questo Parlamento è impossibile lavorare". Ma soprattutto per la mossa di Mara Carfagna, che dando ragione a Giovanni Toti e Luca Zaia, "nella drammatica crisi sanitaria ed economica che stiamo vivendo" vede come "sola prospettiva patriottica in questo momento" un "governo di salvezza nazionale, con una guida autorevole e un sostegno largo, nel quale tutti remino nella stessa direzione".

Tabacci a Palazzo Chigi. E Polverini passa a Cd.

Un colloquio di circa mezz'ora a Palazzo Chigi, dove Bruno Tabacci ha incontrato il ministro degli Esteri. "Considero che il presidente Giuseppe Conte sia l'unico punto di equilibrio di questa coalizione, l'alternativa sono le elezioni", dice il presidente di Centro democratico dopo il colloquio, concetto che aveva già spiegato in mattinata ("Se la maggioranza non si rafforza il passaggio elettorale sarà inevitabile"), a 'Start' su Sky Tg24. "La possibilità di rafforzare la maggioranza passa per un governo nuovo, non credo basti un piccolo rimpasto", aggiunge. Mercoledì in Aula, per il voto sulla Relazione sulla Giustizia del ministro Alfonso Bonafede, ci sarà "una prova di fuoco, lì si vedrà. Io penso che c'è la possibilità di allargare la maggioranza, ma passa attraverso un governo nuovo. Per togliere qualsiasi equivoco, ritengo che il presidente Conte è l'unico punto di equilibrio di questa coalizione. L'alternativa sono le elezioni: se la maggioranza non c'è si va al voto".

Oggi il premier è stato impegnato con i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, nel primo di una serie di incontri con le parti sociali sul Piano nazionale di ripresa e resilienza finanziato con le risorse europee. Intanto Renata Polverini e Carmelo Lo Monte hanno formalmente aderito alla componente Centro democratico-Italiani in Europa di Tabacci del gruppo Misto della Camera. Polverini, che martedì scorso aveva votato la fiducia al governo Conte, formalizza così l'uscita da Forza Italia. Lo Monte, eletto con la Lega, era già nel Misto ma non era iscritto ad alcuna componente.

Martella: "Voto una delle opzioni possibili, non lo temiamo".

"Io penso che gli italiani non siano qui in questo momento a desiderare il voto tuttavia l'istanza del voto è sempre democratica e se questa crisi non si risolve con l'allargamento della maggioranza, ci affideremo alle valutazioni del capo dello Stato. Ma noi il voto non lo temiamo e penso che possa essere una delle evoluzioni di questa situazione", afferma il sottosegretario alla presidenza del consiglio e dirigente del Pd, Andrea Martella, su Rai news. Per Martella quella con Matteo Renzi e Iv è una "frattura scomposta, difficile da ricomporre", "non mi pare che la linea del Pd guardi all'archiviazione di quello che è successo come se niente fosse". "Ora - spiega il sottosegretario - si tratta di vedere se la maggioranza può essere allargata, verificando se si creano le condizioni di un'area liberale e democratica" in modo da siglare un nuovo patto di legislatura e ridefinire programma e squadra di governo. In ogni caso, ha sottolineato, "dobbiamo fare presto, non c'è dubbio. Se lei mi chiede un arco temporale io le dico qualche giorno".

Il capogruppo dem in Senato, Andrea Marcucci, su Twitter riassume la posizione del suo partito: "Reputo che tutto il gruppo dirigente del Pd sia consapevole che il ricorso alle elezioni anticipate non sia in alcun modo opportuno ma vista la situazione è un rischio che non si può escludere". Dello stesso parere,  il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli: se fallisce l'operazione 'costruttori' e con Renzi è chiuso il dialogo definitivamente, come ha detto oggi Crimi, restano le elezioni anticipate "non ci sono alternative", osserva.

Di Battista: "Allontanare renzismo da politica è dovere morale".

"Ho sempre ritenuto che la mancata revoca" di Autostrade "durante il Conte I fosse imputabile alla pavidità di Salvini. Al contrario ritenevo che il Conte II avrebbe trovato le stesse identiche difficoltà per la contiguità di taluni esponenti del Pd con determinati gruppi industriali italiani. E mi riferivo, soprattutto, alla compagine renziana, trombettieri del peggior establishment del Paese. Oggi che allontanare definitivamente il renzismo dalla scena politica italiana non è affatto impossibile, credo sia un dovere morale andare fino in fondo". Così Alessandro Di Battista coon un suo articolo rilanciato Facebook torna a schierarsi contro Matteo Renzi.

Crippa (M5S): "Renzi si è messo fuori da solo. Ma con i parlamentari di Iv si può parlare".

"Renzi ha portato avanti posizioni inconciliabili con il perimetro della maggioranza che sostiene il governo e si è messo da solo all'opposizione. Non ci sono margini per ricucire con lui". E' quanto ha affermato il capogruppo del MoVimento 5 Stelle alla Camera, Davide Crippa, a Rainews24. "Diverso è il discorso per i parlamentari di Italia Viva - ha proseguito Crippa - con cui abbiamo lavorato bene e con i quali si può discutere e può proseguire un discorso costruttivo".

I parlamentari di Iv: "Soluzione politica di respiro".

I deputati e i senatori di Italia Viva escono con una nota congiunta nella quale affermano di osservare "con preoccupazione lo stallo istituzionale di questi giorni, la difficile situazione sanitaria e i drammatici dati economici del nostro Paese". Ribadiscono con forza "la necessità, già espressa nel dibattito parlamentare, di una soluzione politica che abbia il respiro della legislatura e offra una visione dell'Italia per i prossimi anni. E confermano "che si muoveranno tutti insieme in modo compatto e coerente in un confronto privo di veti e pregiudizi, da effettuarsi sui contenuti nelle sedi preposte".

Comincini: "Ho firmato l'appello Iv, ora torni il dialogo".

Il senatore di IV Eugenio Comincini, uno tra i più "corteggiati" per un ritorno nel Pd, spiega di aver firmato convintamente l'appello dei parlamentari del suo partito e conferma l'apertura: "Serve riannodare i fili del dialogo e della leale collaborazione, come sostengo da giorni. Bisogna provarci, fino all'ultimo. Facciamolo intorno ad un tavolo, nelle sedi più opportune, politiche o istituzionali. Davanti agli italiani, con rispetto e senso di responsabilità".

Amendola: "Europeismo può allargare e unire".

"Sono molto contento che negli ultimi passaggi, dopo mesi in cui si criticava l'Unione europea, l'europeismo sia ora un valore di una larga fetta di partiti e parlamentari. È un elemento discriminante perché abbiamo una destra che ha sempre scommesso su fallimento dell'Ue", sostiene il ministro degli Affari europei Vincenzo Amendola a margine di un incontro con il rettore dell'università di Napoli Federico II Matteo Lorito. "L'europeismo - osserva - è nella nostra identità, non solo storica, ma anche per quello che stiamo facendo oggi sulla pandemia, sul Recovery e per dare forza a un'alleanza transatlantica nuova. L'europeismo può allargare e unire, penso a personalità come Napolitano e come quei valori stiano tornando a essere un elemento di forza per il Paese".

Cesa scrive a De Poli: "Mi dimetto, coinvolto in vicenda dolorosa".

Lorenzo Cesa ha recapitato la lettera di dimissioni da segretario al presidente del consiglio nazionale dell'Udc, senatore Antonio De Poli. ''Caro Antonio, in rispetto della nostra storia, dei nostri valori per la dedizione con cui i nostri militanti difendono i nostri valori mi impongono di rassegnare le mie dimissioni'', si legge nella lettera. Cesa aggiunge tra l'altro: ''mi sono sempre adoperato per garantire, nella nostra casa di vetro, la massima trasparenza e pertanto ti trasmetto la nota in cui ti sintetizzo la mia posizione affinché il consiglio nazionale possa fare una puntuale valutazione della vicenda che mi vede dolorosamente coinvolto''.

Minacce social alla ex di Fi, Rossi. "Attenta quando attraversi la strada".

''Ricevo insulti e minacce da giorni ma quello che davvero conta sono tutti quei messaggi di stima, di affetto e di sostegno ad andare avanti. Siete la mia forza''. Lo scrive sul suo profilo Instagram la senatrice Maria Rosaria Rossi che ha lasciato Forza Italia dopo aver votato la fiducia al governo Conte. La senatrice mostra uno dei messaggi ricevuti in cui si legge: "Ti auguro tutti i tipi di malattie possibili e immaginabili a te e i tuoi cari e fai attenzione quando attraversi la strada che le macchine corrono...".

Il neo 'responsabile', il senatore Andrea Causin, invece, assicura che non c'è lo zampino di Silvio Berlusconi dietro il suo sì al governo Conte. L'ex azzurro è sicuro di poter parlare anche per la sua collega Maria Rosaria Rossi, considerata una delle fedelissime del Cav. ''È stata una scelta sofferta e dolorosa, meditata e consapevole'', giura Causin. Che precisa: ''Nessuna ripicca personale e avallo da parte della leadership di Forza Italia, semplicemente abbiamo fatto una scelta consapevole e strettamente personale''.

https://www.repubblica.it/politica/2021/01/22/news/crisi_di_governo_pd_italia_viva_centristi-283722268/

Lombardia, il premio ai medici è l’ingiunzione: “Restituiteci 14,7 milioni di euro d’indennità”. Pasticcio sui servizi di continuità assistenziale. - Thomas Mackinson

 

Nel pieno della seconda ondata la Regione ha preso a bussare alle ex guardie mediche per recuperare l'obolo di un euro che aveva stabilito per le visite a pazienti fuori dall'ambito in cui risiedono. Lo sconcerto dei camici di Bergamo: "La messa in mora pochi mesi dopo che i medici di famiglia sono stati mandati allo sbaraglio". La Federazione dei medici (Fimmg) fa muro e invita gli iscritti a non pagare.

Dal governatore Attilio Fontana in giù son tutti dalla parte dei medici, a parole. Regione Lombardia, che resta in stato di massima allerta, ha pensato bene di premiarli con ingiunzioni a restituire entro 30 giorni cifre che variano da poche centinaia a diverse migliaia di euro a testa, per totali 14,7 milioni. Tutto per un euro di troppo, e per un pasticcio che riporta proprio al Pirellone, per altro sul fronte della “continuità assistenziale” che si è rivelato fragilissimo alla prova del virus. Il pasticcio riguarda la remunerazione delle cure ai pazienti “fuori ambito”. Dal 2005, a livello nazionale, un cittadino che si trova al di fuori della propria zona di residenza e si rivolge alla guardia medica paga 15 euro per una visita in ambulatorio e 25 a domicilio come onorario extra per il medico. Il paziente, fattura alla mano, chiede il rimborso alla propria azienda sanitaria.

Ma in Lombardia no, si fa diversamente. Nel 2007 la Regione e i sindacati dei medici stabiliscono di cancellare il pagamento cash per i non residenti. La Regione dice “pago tutto io”, elimina i compensi extra di 15-25 euro e aumenta di un euro all’ora (da 22 a 23 euro) la tariffa riconosciuta ai medici di continuità assistenziale. Così per 13 anni, finché nel 2018 l’aumento forfettario finisce sotto la lente della Finanza di Varese, che svolge indagini e trasmette i risultati alla Procura della Corte dei conti. Perché? Perché il contratto collettivo del 2005 prevedeva per i medici una “indennità onnicomprensiva”: quindi l’aumento di un euro deciso a livello lombardo era ingiustificato. Il danno economico calcolato dalla Corte dei Conti per la regione è di minimo 14.7 milioni. A risponderne ad aprile saranno 11 dirigenti regionali lombardi.

Nel frattempo il Pirellone sospende l’accordo a maggio 2019 e inizia a lavorare per il recupero delle somme in via cautelare. Si mette in moto la macchina delle ingiunzioni via Pec che ingrana la quarta nell’autunno 2020, con le otto Ats lombarde che inviano ai medici le lettere con la messa in mora dei soldi “in più” ricevuti tra il 2007 e il 2019 per visitare pazienti di notte, nei festivi, giorno di Natale e Capodanno. Peccato che a distanza di tanti anni quelle guardie siano diventate per lo più medici di base, proprio quelli ai cui studi hanno bussato orde di pazienti covid. Non avevano il tempo di respirare, ma dovevano trovare quello per chiamare un avvocato e i sindacati per capire come fosse possibile.

“Quando ho ricevuto l’avviso mi sono cadute le braccia”, racconta Mirko Tassinari, medico di base a Bergamo, la città dove sfilavano i camion con le bare. E’ uno dei tanti camici che si è speso per fermare il Covid rischiando la vita, uno dei primi ad ammalarsi a marzo 2020. Anche lui ha avuto un passato da guardia medica tra dal 2009 al 2014. “La paga di una guardia è molto bassa, quell’euro in più la alzava di circa 1000-1500 euro l’anno”. Il calcolo è presto fatto. In virtù del “pasticcio” dovrà restituire qualcosa come 6-8mila euro. “Quello che mi fa più rabbia è che la messa in mora sia scattata pochi mesi dopo che i medici di famiglia sono stati mandati allo sbaraglio senza protezioni, senza medicinali, in quelle province dove ci sono stati il 25% dei medici ammalati per il covid. Nella mia sei sono morti”.

La categoria alza ovviamente un muro. Il segretario generale della Federazione Italiana dei Medici di Medicina generale Paola Pedrini ha affidato ai legali dell’associazione la tutela degli iscritti invitandoli a non pagare: “I nostri legali danno supporto a tutti i medici che si ritrovano l’ingiunzione tra le mani e la Federazione invita gli iscritti a non pagare”. Avete proposto impugnative e ricorsi? “In realtà no, il parere degli avvocati è che la pretesa sia tanto infondata che non è neppure necessario agire in questo senso”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/22/lombardia-il-premio-ai-medici-e-lingiunzione-restituiteci-147-milioni-di-euro-dindennita-pasticcio-sui-servizi-di-continuita-assistenziale/6066659/

Cesa una volta. - Marco Travaglio

 

Deliziosa, come sempre, la lettura dei giornali dominati da uno sconfinato stupore perché un giglio di campo come Lorenzo Cesa è finito indagato. Chi l’avrebbe mai detto che l’ex portamazzette di Prandini (per gli amici Prendini), arrestato nel ’93 dopo breve latitanza, reo confesso in un verbale che si apriva con un “Ho deciso di svuotare il sacco” degno di Pietro Gambadilegno, finisse nei guai giudiziari? Oltre al comprensibile sbigottimento, la libera stampa distilla le più varie interpretazioni politiche del blitz “a orologeria” di Gratteri nel pieno della caccia ai voltagabbana responsabili o costruttori. Il Cesa infatti era fino all’altroieri il segretario dell’Udc, già Unione dei carcerati, in cui non si sa come si sono ultimamente infiltrati alcuni incensurati, tipo la senatrice Binetti, interessati a sostenere il governo. Cesa non era della partita: sia perché non è più parlamentare, sia perché è fedelissimo del centrodestra e allergico a Conte e ai 5Stelle (non rubano). Poche ore prima della visita dei carabinieri, confidava a Minzolingua: “Non capiscono che noi non ci muoviamo. Io ho bloccato pure WhatsApp”. Ora sappiamo il perché.

L’idea che 58 arresti, più decine di avvisi di garanzia, sequestri e perquisizioni in tutta Italia si improvvisino last minute per interferire nella crisi di governo può venire solo a un malato di mente: infatti occhieggia su tutti i giornali. Le richieste di Gratteri (5.200 pagine) sono del 29 aprile e l’ordinanza del gip (422 pagine) è del 13 gennaio. Ma il Riformatorio non ha dubbi: “Cesa non ha votato per Conte? A lui ci pensa Gratteri” (Cesa non poteva votare una mazza, non essendo parlamentare, ma fa niente). Quindi Gratteri dà un aiutino a Conte. Anzi no, per Domani gli fa un dispetto: “Per i pm il ‘responsabile’ Cesa aiutava anche gli amici dei clan”. Da notare quell’“anche” (aiutava Conte e pure i clan, infatti è così “responsabile” che a destra era e a destra è rimasto). Sempre per l’angolo del buonumore, ecco il Giornale: “In campo anche le toghe” (ma non si precisa in quale campo). E La Verità: “Ciclone ’ndrangheta su Conte e Arcuri” (mai citati nelle 5.200 e 422 pagine, ma tutto fa brodo), “L’indagine sulle cosche spiazza Giuseppi”. Anche per il Corriere è “Un colpo alla trattativa per allargare l’alleanza”. E per Rep: “Addio Udc, si complica l’operazione Responsabili”. E per il Foglio: “Bomba Cesa sul governo: i centristi dicono bye bye. L’inchiesta rompe le trattative”. E per Libero: “I giudici indagano Cesa e mettono nei guai Conte” (non la destra, di cui Cesa fa parte: Conte). Quindi è ufficiale: anche l’inchiesta Cesa è giustizia a orologeria. Anzi, a orologerie: diversamente dai Soliti Ignoti, la banda del buco s’è scordata di sincronizzare gli orologi.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/23/cesa-una-volta/6075683/

Governo: Tensione sui responsabili, 'Non rimpasto, ma nuovo esecutivo'.

 

Bruno Tabacci.

Italia Viva, 'Stallo istituzionale serve una soluzione politica'. Di Battista: 'Allontanare il renzismo dalla politica'.

Non si scioglie il nodo della crisi. In vista del voto di mercoledì sulla giustizia e il ministro Bonafede, la maggioranza è a caccia dei numeri al Senato.

Tra i responsabili, anche chi ha votato la fiducia martedì, come la senatrice Lonardo, ora chiede 'garanzia' prima di dire sì al Guardasigilli.

Tabacci, che lavora a nuovi gruppi centristi, va da Di Maio a Palazzo Chigi e chiede un Conte-ter: 'Rafforzare la maggioranza si può, ma serve un governo nuovo, non basta un piccolo rimpasto. Conte è l'unico punto di equilibrio di questa legislatura', dice. Intanto, Italia Viva apre, ma chiede 'una soluzione politica di respiro'

I deputati e i senatori di Italia Viva osservano "con preoccupazione lo stallo istituzionale di questi giorni, la difficile situazione sanitaria e i drammatici dati economici del nostro Paese" e "ribadiscono con forza la necessità, già espressa nel dibattito parlamentare, di una soluzione politica che abbia il respiro della legislatura e offra una visione dell'Italia per i prossimi anni". E' quanto si legge in un documento di Iv, che l'ANSA ha visionato, che conferma che "si muoveranno tutti insieme in modo compatto e coerente in un confronto privo di veti e pregiudizi, da effettuarsi sui contenuti nelle sedi preposte". Nel documento, approvato al termine della lunga assemblea notturna dei gruppi Iv e che porta la firma di tutti i deputati e i senatori, si ringrazia "Teresa Bellanova, Elena Bonetti, Ivan Scalfarotto per la straordinaria dimostrazione di coraggio, libertà e spirito di squadra che hanno dato e stanno dando in questi giorni lottando per le idee e gli ideali non solo di Italia Viva". 

"Leggiamo dichiarazioni e interviste di esponenti politici ancora convinti che ci sia spazio per ricucire con Renzi. Questo nonostante le mie e le nostre affermazioni nei giorni precedenti siano state chiarissime in tal senso. Allora lo ribadisco, a scanso di ogni equivoco: per il Movimento non ci sono margini per ricucire con Renzi, la porta è definitivamente chiusa". Lo sottolinea, interpellato al telefono dall'ANSA, il capo politico M5S Vito Crimi. "Non torneremo con chi è inaffidabile fino a questo punto: con chi si è reso responsabile di una crisi in un momento tanto drammatico per il Paese", aggiunge.

"Ho sempre ritenuto che la mancata revoca" di Autostrade "durante il Conte I fosse imputabile alla pavidità di Salvini. Al contrario ritenevo che il Conte II avrebbe trovato le stesse identiche difficoltà per la contiguità di taluni esponenti del pd con determinati gruppi industriali italiani. E mi riferivo, soprattutto, alla compagine renziana, trombettieri del peggior establishment del Paese. Oggi che allontanare definitivamente il renzismo dalla scena politica italiana non è affatto impossibile, credo sia un dovere morale andare fino in fondo". Così Alessandro Di Battista in un editoriale su Tpi.it rilanciato su Fb. "Non dimentico le parole che l'Ing. De Benedetti disse al suo broker il 16 gennaio 2015: "Faranno un provvedimento. Il governo farà un provvedimento sulle popolari". E ancora: "Passa, ho parlato con Renzi ieri, passa". Poco dopo il governo Renzi fece il provvedimento e l'Ingegnere incassò centinaia di migliaia di euro di plusvalenze. Non dimentico il #Ciaone lanciato dal renziano Carbone per irridere milioni di italiani che si stavano recando alle urne per votare al referendum sulle trivelle. Non dimentico lo strisciante liberismo che si nascondeva dietro le leggi renziane sul lavoro", ricorda l'ex deputato M5S. "Non dimentico le offensive da borghesucci che si sentono élite contro il reddito di cittadinanza, oltretutto avanzate da chi, nel 2019, ha dichiarato un reddito di oltre un milione di euro. Non dimentico, sebbene la stragrande maggioranza dei media sembra averlo fatto, le indagini che coinvolgono i principali esponenti del giglio magico: Renzi, Boschi, Carrai, l'avvocato Bianchi. Tutti indagati nell'ambito dell'inchiesta che riguarda la Fondazione Open. L'indagine che coinvolge Bonifazi riguarda un'altra fondazione, la Eyu. Sono tutti, ovviamente, innocenti per queste inchieste ma sono colpevoli le loro politiche. 

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/01/22/italia-viva-e-stallo-serve-soluzione-politica-di-respiro-_cf427a6e-be1a-4328-a1de-7f2c1ef28170.html

Il Sistema Solare si è formato in due tappe.

 

Il Sistema Solare si è formato in due tappe: è l'ipotesi suggerita da nuovi dati e una simulazione, capace di spiegare la diversità fra i pianeti rocciosi più interni, Mercurio, Venere, Terra, Marte e quelli gassosi, come Giove. Il risultato, pubblicato sulla rivista Science, si deve ai ricercatori coordinati da Tim Lichtenberg, dell'università britannica di Oxford.

"Il Sistema Solare interno, che si è formato prima ed è più asciutto, e il Sistema Solare esterno, che si è formato più tardi ed è più umido, sono diversi a causa di due diversi percorsi evolutivi" ha rilevato Lichtenberg. Questo, ha aggiunto, "apre nuove strade per comprendere le origini delle atmosfere di pianeti simili alla Terra".

Recenti osservazioni sui dischi di polveri e gas che si formano intorno alle stelle appena nate hanno mostrato che nella regione del disco dove nascono i pianeti possono esserci livelli di turbolenza tali che le interazioni tra i grani di polvere nel disco e l'acqua possono innescare due differenti esplosioni di formazione di mattoni di pianeti.

La prima avviene nelle regioni più interne del sistema planetario e la seconda avviene successivamente in una regione più lontana. I due distinti episodi di formazione determinano differenti modalità geofisiche di evoluzione: nella regione interna e più vicina alla stella i mattoni dei pianeti subiscono una rapida disidratazione, mentre nella regione più esterna si mantengono più umidi.

Per provarlo, i ricercatori hanno messo a punto una simulazione sulla formazione del Sistema Solare, mostrando che effettivamente la differenza fra i pianeti rocciosi interni e quelli gassosi esterni si può spiegare se questi pianeti sono nati in due fasi diverse. "I giovani pianeti del Sistema Solare Interno - ha osservato Lichtenberg - divennero molto caldi, svilupparono oceani di magma interni, formarono rapidamente nuclei di ferro e il loro iniziale contenuto di elementi volatili evaporò, portandoli a diventare dei pianeti asciutti".

(foto: Rappresentazione artistica della formazione del Sistema Solare in due fasi (fonte: Mark A Garlick / markgarlick.com)

https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/spazio_astronomia/2021/01/22/il-sistema-solare-si-e-formato-in-due-tappe_f8575961-8a57-4e35-b9e3-28b5975b7c8b.html

venerdì 22 gennaio 2021

Cesa, la pasionaria cattolica Binetti e il Recovery fund. - Peter Gomez

 

Dopo le perquisizioni in casa di Lorenzo Cesa per associazione per delinquere aggravata dal metodo mafioso, la senatrice Udc Paola Binetti dice di sentirsi “come una persona ferita che vuole stare accanto al suo segretario”. La vicinanza umana e spirituale con chi è in difficoltà non può essere criticata. In genere in politica, a meno che non ti chiami Berlusconi, Dell’Utri o Verdini, appena traballi tutti scompaiono. Ma Paola Binetti non è di quella pasta. Ex parlamentare di centrosinistra, poi eletta a Palazzo Madama con Forza Italia e ora forse in procinto di sostenere il governo Conte, la pasionaria cattolica è anzi sicura dell’innocenza di Cesa (“escludo categoricamente il suo coinvolgimento”); ha fiducia, come si dice sempre in questi casi, nella magistratura, anche se, da politica navigata qual è, sa bene come “Lorenzo in qualità di segretario sia esposto a incontrare gente di ogni tipo”.

Anche noi come Binetti siamo garantisti. Cesa come ogni altro indagato o imputato è innocente sino a prova contraria. E il fatto che non sia stato arrestato, a differenza del potente assessore regionale calabrese Francesco Talarico, amico del segretario, fa anzi capire come, secondo i magistrati, contro di lui, per il momento, vi siano solo indizi.

La vicenda però dovrebbe spingere politici, giornalisti e opinionisti a una franca riflessione sulle nostre classi dirigenti. Una riflessione non più rimandabile visto che, se il governo riuscirà a reggere, il nostro Paese sarà presto inondato da centinaia di miliardi targati Ue.

Cesa, infatti, come molti sanno, ma in tanti fanno finta di non sapere, non è un normale leader di partito. È invece un tangentista miracolato dal codice di procedura penale. È un tizio salvato da quella giustizia malata, forte con i deboli e debole con i forti, che proprio l’Europa ci chiede da anni di riformare. Breve promemoria per i finti smemorati. Arrestato nel 1993 quando ancora era un semplice consigliere comunale di Roma, Cesa in carcere confessa. Ammette di essere uno dei tramiti tra i vertici della Dc e gli imprenditori che versano tangenti per gli appalti Anas. Il suo primo verbale sembra quello di Pietro Gambadilegno. “Intendo svuotare il sacco” esordisce prima di svelare decine di mazzette. Il suo referente era il ministro Giovanni Prandini, all’epoca soprannominato “Prendini”. Gli imprenditori si rivolgevano a Cesa e lui andava dal ministro. Un esempio tra tanti: “Gli chiesi cosa dovevo riferire e mi sentii rispondere che dovevo chiedere il 5 per cento sull’importo dell’appalto”. Il futuro segretario Udc racconta con dovizia di particolari di “borse di plastica”, “cartellette rigide”, “buste sigillate” tutte contenenti denaro. Risultato: Cesa, dopo la “sua ampia confessione”, viene condannato in primo grado a 3 anni e 3 mesi. Nel 2003, però, la Corte di Appello annulla le condanne per un cavillo procedurale: nel frattempo è uscita una sentenza della Corte costituzionale che ha di fatto stabilito come il Tribunale dei ministri fosse competente non solo per Prandini, ma anche per i coimputati. Il processo deve ricominciare, ma per il giudice gli atti compiuti sono ormai “inutilizzabili”. Nel 2005 il Gip ordina il “non luogo a procedere”. Così, sebbene abbia ammesso tutto, viene più volte candidato e spesso eletto.

E qui arriviamo alla riflessione. Anzi alla domanda: davvero si può pensare che spenderemo bene i soldi del Recovery fund se chi rappresenta i cittadini non è in grado di selezionare i suoi compagni di strada? Si attende, dalla senatrice Binetti e da tutti gli altri, una cortese risposta.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/22/cesa-la-pasionaria-cattolica-binetti-e-il-recovery-fund/6074558/