lunedì 5 settembre 2011

Al governo c'è la nave dei folli. - di Giorgio Bocca



Cambiano la manovra ogni giorno. Si circondano di faccendieri. Insultano il Paese che li ha eletti. Ma restano attaccati disperatamente alle loro poltrone. Per giudicare questa classe dirigente, non è necessario aspettare la Storia.

I politici dovunque formano la classe dirigente, quella che governa, che amministra lo Stato, le sue risorse, le sue opportunità, il suo futuro. Come? Di solito si giudicano i risultati: spesso passano per buoni o per sopportabili anche quelli disastrosi. Vogliamo fare un breve elenco? Il Partito della libertà, il partito del fare di Silvio Berlusconi, ha esordito con una meritoria battaglia per il salvataggio dell'Alitalia, la linea aerea di bandiera, concupita da Air France.

Berlusconi si è vantato e si vanta della difesa a oltranza della compagnia italiana. Risultato: siamo arrivati a 4 miliardi di euro di debiti e l'unica via di uscita pare sia quella della cessione ai francesi. Un'altra grande opera a cui il Cavaliere intendeva affidare la sua fama di statista e di benefattore era il ponte sullo stretto di Messina. Una follia tecnica ed economica, il più lungo ponte del mondo nella zona a maggior rischio sismico, di collegamento fra due regioni economicamente arretrate. E' intervenuta per fortuna l'Europa a negare i finanziamenti. Le opere del regime berlusconiano si segnalano per la loro inattuabilità o per il rischio estremo.

Quando il nostro ha annunciato in Parlamento la prossima conclusione dei lavori sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria una fragorosa risata dei parlamentari ha seppellito la ridicola vanteria.
Il governo in carica non è in grado neppure di portare a compimento la Tav della Val Susa, dove è in corso una guerriglia fra la maestranza dei cantieri e la popolazione locale, secondo alcuni infiltrata dagli anarchici black bloc, questi misteriosi terroristi che vagano per l'Europa per sabotare ogni iniziativa ragionevole dei governi legittimi.

L'economia mondiale è da due anni in una crisi profonda che gli esperti non riescono né a capire né a fronteggiare. Siamo arrivati all'impensabile: che gli Stati Uniti, il più ricco Paese del mondo, sono a rischio di default, di fallimento, perché i conservatori del partito repubblicano sabotano il finanziamento pubblico, e cinque o sei Stati europei sono vicini al disastro finanziario.

Un vento di follia sembra imperversare in ogni attività umana compreso lo sport. Il mercato dei calciatori è una gabbia di matti dove sceicchi scialacquatori spendono fortune per vincere la Champions league, dove tutte le squadre sono indebitate fin sopra i capelli, il che non impedisce ai giocatori di vendere le partite al mercato delle scommesse.

Nei Paesi latini dalla moralità discutibile l'informazione e la giustizia vengono accusate dei peggiori traffici nelle intercettazioni telefoniche e nella corruzione generale. E un giorno si scopre che nella civilissima Inghilterra il magnate della stampa popolare Murdoch ha violato tutte le regole della correttezza, frodando e danneggiando persino il primo ministro di Sua Maestà.

Non passa giorno senza che uno stimato uomo politico o un funzionario pubblico non venga colto con le mani nel sacco, ma tutti pronti a giustificarsi con il "così fan tutti", tutti si giovano delle truffe dei faccendieri, dei finanziamenti dei palazzinari e delle società truffaldine con i mafiosi. Non c'è uomo politico che non si faccia pagare l'acquisto della casa o l'affitto dello studio e poi cada dalle nuvole: io non lo sapevo, qualcuno pagava per me ma io non ne ero al corrente. Anche persone di cui si celebrava e ammirava la ferrea onestà vengono colte con le mani nel sacco e non sanno come difendersi, salvo le generiche dichiarazioni sempre smentite di onestà.

I partiti se potessero manderebbero tutti assolti a continuare il malgoverno. E i maggiori responsabili del disastro non mollano le loro poltrone e accusano i magistrati, e persino il presidente della Repubblica, di essere dei comunisti invidiosi e diffamatori. Se non fosse stato proprio l'esito di Tangentopoli a gettarci nel baratro del berlusconismo, ci verrebbe di chiedere ad Antonio Di Pietro di tornare a fare il pubblico ministero.


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