Code e costi in aumento. Il dato emerge dalla ricerca Censis-Rbm, presentata oggi in occasione del Welfare Day: "L'universo della sanità negata tende a dilatarsi".
Roma, 8 giugno 2016 - Aumenta il numero degli italiani che hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie a causa di difficoltà economiche. È quanto emerge dalla ricerca Censis-Rbm, presentata oggi in occasione del Welfare Day. Per molti pagare vuol dire più qualità, sicurezza e minore attesa. Ma non tutti possono permetterselo e devono rinunciare alle cure: dai 9 milioni nel 2012, sono diventati 11 milioni nel 2016, gli italiani che hanno dovuto rinviare o rinunciare, per motivi economici, a prestazioni sanitarie.
Tra chi non può più finanziarsi le prestazioni di cui avrebbe bisogno, in particolare troviamo 2,4 milioni di anziani, ma anche 2,2 milioni di millennials, ovvero i nati tra gli anni '80 e il 2000.
"L'universo della sanità negata tende a dilatarsi", tra "nuovi confini nell'accesso al pubblico e obbligo di fatto di comprare prestazioni sanitarie", spiega la ricerca. Ma meno sanità vuol dire anche "meno salute per chi ha difficoltà economiche o comunque non riesce a pagare di tasca propria le prestazioni nel privato o intramoenia (cioè le prestazioni erogate al di fuori dell'orario di lavoro dai medici di un ospedale, che utilizzano le strutture ambulatoriali e diagnostiche dell'ospedale stesso a fronte del pagamento da parte del paziente di una tariffa)".
Negli ultimi due anni è aumentata di 80 euro a persona la spesa di tasca propria destinata alla salute, e non rimborsata dal Servizio Sanitario Nazionale. Dal 2013 al 2015 si è passati infatti da 485 a 569 euro procapite.
Nello stesso arco di tempo invece è salita a quota 34,5 miliardi di euro la spesa sanitaria privata, con un incremento del 3,2%: il doppio dell'aumento della spesa complessiva per i consumi delle famiglie nello stesso periodo (pari a +1,7%).
Dei 7,1 milioni gli italiani che nell'ultimo anno hanno fatto ricorso all'intramoenia, il 66,4% lo ha fatto proprio per evitare le lunghe liste d'attesa. Un 30,2% invece si è rivolto alla sanità a pagamento anche perché i laboratori, gli ambulatori e gli studi medici sono aperti nel pomeriggio, la sera e nei weekend.
Ma il fattore che pesa di più è il declino della qualità del servizio sanitario pubblico. Per il 45,1% degli italiani il servizio sanitario della propria regione è pegggiorato negli ultimi due anni: lo pensa il 39,4% dei residenti nel Nord-Ovest, il 35,4% nel Nord-Est, il 49% al Centro, il 52,8% al Sud. Per il 41,4% è rimasta inalterata e solo per il 13,5% è migliorata.
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