Dopo il prologo di due settimane fa, Graviano ha continuato la sua deposizione durante il processo ‘Ndrangheta stragista. E se la prima volta ha parlato genericamente di “imprenditori del nord”, questa volta ha pronunciato esplicitamente il nome di Silvio Berlusconi.
Giuseppe Graviano sostiene di aver incontrato Silvio Berlusconi. “Da latitante l’ho incontrato almeno per tre volte“. L’ultima volta risale al dicembre del 1993, poche settimane prima dell’arresto del boss di Cosa nostra e della discesa in campo del futuro presidente del consiglio. In quell’occasione, dice sempre il padrino, “con Berlusconi abbiamo cenato insieme. È accaduto a Milano 3 in un appartamento”. All’imprenditore di Arcore, sostiene sempre il padrino di Brancaccio, erano finiti i soldi di suo nonno e di altri personaggi che negli anni ’70 avevano investito nell’edilizia in Nord Italia. Anzi: a sentire Graviano Berlusconi aveva anche rapporti economici con Totuccio Contorno, uno dei primi pentiti di Cosa nostra. Rischia di provocare un vero e proprio terremoto la deposizione del capomafia di Brancaccio, l’uomo che custodisce i segreti delle stragi.
“Mio nonno investì al nord” – Dopo il prologo di due settimane fa, Graviano ha continuato la sua deposizione durante il processo ‘Ndrangheta stragista, in corso davanti alla corte d’Assise di Reggio Calabria, dove è accusato dell’omicidio di due carabinieri. E se la prima volta ha parlato genericamente di “imprenditori del nord”, questa volta ha pronunciato esplicitamente il nome di Silvio Berlusconi. Lo ha fatto confermando una pista battuta dal pool della procura di Palermo che ha indagato sulla Trattativa Stato-mafia: Filippo Quartararo, nonno materno del boss di Brancaccio, è il primo contatto tra la famiglia e i palermitani che hanno investito denaro a Milano. “Negli anni ’70 mio nonno aveva messo i soldi nell’edilizia al nord. Mio nonno materno, Quartanaro Filippo, era una persona abbastanza ricca. Era un grande commerciante di ortofrutta. Venne invitato a investire soldi al nord, nell’edilizia. Il contatto è col signor Berlusconi, glielo dico subito”, spiega Graviano al procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo“.
“Venti miliardi al 20%” – Nell’aula è calato il silenzio, poi Graviano è entrato nel dettaglio degli investimenti: “Venti miliardi di lire con il venti percento. Mio nonno si rivolge a mio papà e mio papà dice: io non faccio queste cose. Quindi quando Di Carlo dice che mio papà aveva queste società a nord Italia dice una bugia: era mio nonno“, ci tiene a specificare il padrino di Brancaccio. La parte principale della deposizione deve ancora arrivare: “Quando è morto mio padre, mio nonno mi prese in disparte e mi disse ‘Io sono vecchio e ora te ne devi occupare tu. Poco dopo mio nonno, che aveva più di 80 anni, morì”. Il vecchio Quartararo muore nel 1986, Michele Graviano, padre di Giuseppe nel 1982. In quei quattro anni Graviano sostiene di aver avuto il tempo di fare la conoscenza di Berlusconi. “Dopo la morte di mio padre, mio nonno mi dice: c’è sta situazione, io sto andando avanti. Tuo papà non vuole che mi rivolgo a voi. Io e mio cugino Salvo abbiamo detto: ci pensiamo. Ci siamo consigliati col signor Giuseppe Greco. E abbiamo deciso di sì e siamo partiti per Milano. E mio nonno ci ha presentato al signor Berlusconi, abbiamo capito cosa era questa società”.
“Ho incontrato Berlusconi all’hotel Quark” – La deposizione di Graviano diventa serrata. Il pm chiede dettagli su quel primo incontro con Berlusconi: “Se non erro era l’Hotel Quark“a Milano. Chi c’era? “Mio cugino Salvatore, mio nonno Quartaro Filippo“. Berlusconi era da solo. “Sì”, risponde Graviano, aggiungendo subito: “Poi io casco latitante, quindi la situazione la comincia a seguire mio cugino Salvatore”. Insomma a sentire Graviano, il nonno aveva investito in modo occulto denaro nelle società dell’imprenditore di Arcore. E quegli investimenti sarebbero poi stati ereditati da lui e dal cugino. “Per adesso va bene, però noi dobbiamo entrare scritti che facciamo parte della società. Noi vogliamo essere partecipi, però questa cosa si andava procrastinando”, dice sempre il boss, facendo intendere che la condizione “occulta” dell’investimento doveva essere poi regolarizzata. “I nomi di quei soggetti non apparivano”, dice riferendosi al fatto che i soci occulti dell’imprenditore di Arcore non comparivano nelle partecipazioni societarie. “Ma c’era una carta privata che io ho visto, la copia di mio nonno la ha mio cugino Salvatore Graviano”. Una frase che sembra essere un vero e proprio messaggio: su quello che dice il padrino di Brancaccio, esistono o sono esistite addirittura delle prove.
“Ho cenato con Berlusconi” – La figura del cugino Salvatore, morto di tumore diversi anni fa, compare nei racconti di Graviano durante l’incontro in carcere con Fiammetta Borsellino. Il boss di Brancaccio aveva detto alla figlia del giudice assassinato: “Lo dicono tutti che frequentavo Berlusconi più che io era mio cugino che lo frequentava”. A Reggio Calabria conferma: “Era mio cugino Salvatore che aveva questi incontri. Io al massimo tre volte l’ho incontrato“. L’ultima risale al dicembre del 1993. “C’è una riunione a Milano. A fine del 1993, dicembre, si è arrivato alla conclusione che si regolarizzava questa situazione. E si fissa un appuntamento nel febbraio del 1994“. È durante quell’incontro alla fine del 1993 che Graviano sostiene di essersi seduto a tavola con l’ex presidente del consiglio: “È successo a Milano 3, è stata una cena. Ci siamo incontrati io, mio cugino e Berlusconi. C’era qualche altra persone che lei non ha conosciuto. Discutiamo di formalizzare le società”.
“Berlusconi disse a mio cugino che aveva pronto il partito già nel 1992” – “Incontrava Ma Berlusconi sapeva che stava incontrando un latitante? “Non lo so, penso di sì. Lo sapeva come mi chiamavo. Io ho condotto la mia latitanza nel milanese tra shopping in via Montenapoleone e teatri, insomma facevo la bella vita”. Quell’appartamento dove i Graviano incontrano Berlusconi sarebbe stato nelle disponibilità del boss di Brancaccio: “Mio cugino mi ha detto: sai mi hanno dato un appartemente a Milano 3”. Graviano ha trascorso in quella casa parte della sua latitanza? “La mia latitanza era a Omegna. Serviva a mio cugino per quando saliva a Milano“. Il pm incalza il mafioso: “Quando vi incontrate a Milano 3, ricava la certezza che i 20 miliardi sono stati investiti e tra i 20 miliardi c’era Milano 3? “Tutto cioè che aveva fatto, c’era le televisioni, Canale 5″. La pubblica accusa ha contestato a Graviano l’ormai nota intercettazione in cui il boss dice al compagno d’ora d’aria Adinolfi: “Nel 1992 Berlusca mi chiese questa cortesia, lui già voleva scendere”. A cosa si riferiva il padrino? “Già nel 1992 Berlusconi annunciò a mio cugino Salvo che voleva entrare in politica. Io non lo incontrai ma lo incontrò mio cugino Salvo a cui Berlusconi parlò di questo progetto di entrare in politica“, conferma Graviano. Specificando un passaggio cruciale per gli inquirenti: “Nel 1992, no come dicono nel 1993. Già il partito era preparato nel 1992. Prima della strage di Capaci”. E dunque quando la Prima Repubblica era ancora lontana dall’essere travolta da Tangentopoli: a cosa doveva servire un nuovo partito già all’epoca?
“Berlusconi è un traditore” – Di sicuro c’è che nel gennaio del 1994 Graviano viene arrestato a Milano insieme al fratello Filippo. Un arresto che definisce “anomalo”. “Berlusconi fu un traditore, perché quando si parlò della riforma del Codice penale e si parlava di abolizione dell’ergastolo mi hanno detto che lui chiese di non inserire gli imputati coinvolti nelle stragi mafiose”, dice Graviano quando il pm gli contesta le intercettazioni del 19 gennaio 2016, quando conversando con il boss Umberto Adinolfi, disse: “Berlusconi prese le distanze e fece il traditore”.Oggi ha confermato quella frase e ha spiegato i motivi di quel tradimento. “Un avvocato di Forza Italia mi disse che stavano cambiando il Codice penale – dice ancora Graviano – e che doveva darmi brutte notizie. Perché in Parlamento avevano avuto indicazioni da Berlusconi di non inserire quelli coinvolti nelle stragi. Lì ho avuto la conferma che era finito tutto. Mio io cugino Salvo era morto nel frattempo per un tumore al cervello. E nella riforma del Codice penale non saremmo stati inseriti tra i destinatari dell’abolizione dell’ergastolo”. E aggiunge: “Questo mi portò a dire che Berlusconi era un traditore”.
Ghedini: “Da Graviano diffamazioni” – A udienza ancora in corso è arrivata la replica di Berlusconi, attraverso una nota del suo legale, Niccolò Ghedini: “Le dichiarazioni rese quest’oggi da Giuseppe Graviano sono totalmente e platealmente destituite di ogni fondamento, sconnesse dalla realtà nonché palesemente diffamatorie. Si osservi che Graviano nega ogni sua responsabilità pur a fronte di molteplici sentenze passate in giudicato che lo hanno condannato a plurimi ergastoli per gravissimi delitti. Dopo 26 anni ininterrotti di carcerazione improvvisamente il signor Graviano rende dichiarazioni chiaramente finalizzate ad ottenere benefici processuali o carcerari inventando incontri, cifre ed episodi inverosimili ed inveritieri. Si comprende, fra l’altro, perfettamente l’astio profondo nei confronti del Presidente Berlusconi per tutte le leggi promulgate dai suoi governi proprio contro la mafia. Ovviamente saranno esperite tutte le azioni del caso avanti l’autorità giudiziaria”.
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