Gli astronomi hanno scoperto un buco nero che eruttava resti stellari anni dopo aver distrutto e consumato una stella.
A ottobre 2018 una piccola stella è stata fatta a pezzi dopo essersi avvicinata troppo a un buco nero in una galassia che si trova a 665 milioni di anni luce dalla Terra. Sebbene possa sembrare emozionante, l’evento non è stato una sorpresa per gli astronomi, che occasionalmente assistono a questi incontri ravvicinati mentre osservano il cielo notturno. Ma quasi tre anni dopo il massacro, lo stesso buco nero è tornato a illuminare i cieli, stavolta non per “mangiare” altri oggetti cosmici.
Cosa sta succedendo e come lo abbiamo scoperto.
Gli scienziati ritengono che il buco nero stia espellendo materia a metà della velocità della luce. Il punto è che non sanno perché questo “deflusso” si sia verificato così tardi, dopo tutti questi anni. I risultati dello studio potrebbero aiutare gli scienziati a comprendere meglio il comportamento “alimentare” dei buchi neri, che i ricercatori paragonano al “ruttare” dopo un pasto. Il team ha individuato l’insolita esplosione mentre ri-osservava gli eventi di interruzione delle maree (TDE) – ovvero quando le stelle vengono spaghettificate dai buchi neri – che si sono verificati negli ultimi anni. I dati del radiotelescopio del New Messico hanno mostrato che il buco nero si era misteriosamente rianimato, a giugno 2021. Gli scienziati si sono affrettati a esaminare l’evento più da vicino.
I risultati dello studio.
Questo rilascio di materia nello spazio, noto come deflusso, normalmente si verifica rapidamente, non di certo anni dopo. “È come se questo buco nero avesse iniziato improvvisamente a eruttare un mucchio di materiale dalla stella che aveva mangiato anni fa“, spiegano. Il deflusso di materia viaggia ad una velocità pari al 50% della velocità della luce. Per fare un confronto, la maggior parte dei TDE hanno un deflusso che viaggia al 10% della velocità della luce. “Questa è la prima volta che assistiamo a un ritardo così lungo tra l’alimentazione e il deflusso”. “Il prossimo passo è esplorare se ciò effettivamente accade con maggiore regolarità nell’universo” concludono i ricercatori.
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