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lunedì 28 maggio 2018

Il comunicato di Paolo Savona: «Voglio un’Europa diversa, più forte ma più equa»



Il testo integrale della lettera del professore candidato ministro dell’Economia.

Il professor Paolo Savona, indicato come ministro dell’economia del nuovo governo Lega-M5S ma sulla cui nomina si è acceso uno scontro con il Quirinale, ha diffuso una nota in cui chiarisce le sue posizioni. Il documento è comparso sul sito scenarieconomici.it. Eccone il testo integrale.

«Non sono mai intervenuto in questi giorni nella scomposta polemica che si è svolta sulle mie idee in materia di Unione Europea e, in particolare, sul tema dell’euro, perché chiaramente espresse nelle mie memorie consegnate all’Editore il 31 dicembre 2017, circolate a stampa in questi giorni, in particolare alle pagine 126-127. Per il rispetto che porto alle Istituzioni, sento il dovere di riassumerle brevemente:

– Creare una scuola europea di ogni ordine e grado per pervenire a una cultura comune che consenta l’affermarsi di consenso alla nascita di un’unione politica.
– Assegnare alla BCE le funzioni svolte dalle principali banche centrali del mondo per perseguire il duplice obiettivo della stabilità monetaria e della crescita reale.
– Attribuire al Parlamento europeo poteri legislativi sulle materie che non possono essere governate con pari efficacia a livello nazionale.
– Conferire alla Commissione Europea il potere di iniziativa legislativa sulle materie di cui all’art. 3 del Trattato di Lisbona.
– Nella fase di attuazione, prima del suo scioglimento, assegnare al Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo compiti di vigilanza sulle istituzioni europee per garantire il rispetto degli obiettivi e l’uso dei poteri stabiliti dai nuovi accordi.

Per quanto riguarda la trasposizione di questi miei convincimenti nel programma di Governo non posso che riferirmi al contenuto del paragrafo 29, pagine 53-55, del Contratto stipulato tra la Lega e il M5S, nel quale vengono specificati gli intenti che verranno perseguiti dal Governo che si va costituendo “alla luce delle problematicità emerse negli ultimi anni“; queste inducono a chiedere all’Unione Europea “la piena attuazione degli obiettivi stabiliti nel 1992 con il Trattato di Maastricht, confermati nel 2007 con il Trattato di Lisbona, individuando gli strumenti da attivare per ciascun obiettivo” che nel testo che segue vengono specificati.

Anche per le preoccupazioni espresse nel dibattito sul debito pubblico e il deficit il riferimento d’obbligo è il paragrafo 8 di pagina 17 del Contratto in cui è chiaramente detto che “L’azione del Governo sarà mirata a un programma di riduzione del debito pubblico non già per mezzo di interventi basati su tasse e austerità – politiche che si sono rivelate errate ad ottenere tale obiettivo – bensì per il tramite della crescita del PIL, da ottenersi con un rilancio della domanda interna dal lato degli investimenti ad alto moltiplicatore e politiche di sostegno del potere di acquisto delle famiglie, sia della domanda estera, creando condizioni favorevoli alle esportazioni.”

Spero di aver contribuito a chiarire quali sono le mie posizioni sul tema dibattuto e quelle del Governo che si va costituendo interpretando correttamente la volontà del Paese. Sintetizzo dicendo: Voglio un Europa diversa, più forte, ma più equa».

mercoledì 23 maggio 2018

Paolo Savona all’economia, Mattarella a casa. - di Piemme - sollevazione.blogspot.it

comedonchisciotte controinformazione alternativa Paolo Savona

Siamo stati facili profeti. Scrivevo il 16 maggio:
«La campagna di paura è solo l’antipasto. Il peggio deve ancora venire. Lorsignori, usando Mattarella, tenteranno di uccidere nella culla il tentativo di un governo dei “populisti antieuropei”. Nel caso non vi riuscissero, nei prossimi mesi, forse già nelle prossime settimane, scateneranno l’inferno. Il precedente del 2011 è noto. Noto è l’assedio a cui sottomisero la Grecia».

 Non è servito smussare il “contratto”. Non hanno giovato i ghirigori linguistici di Di Maio e Salvini. Né le rassicurazioni che “L’Europa non ha nulla da temere”. Le élite eurocratiche avendo messo nel conto possibili dissimulazioni aspettavano i “populisti” al varco del Ministro dell’economia, che considerano, più ancora del Presidente del Consiglio, la cartina di tornasole per saggiare il grado di sudditanza e di fedeltà all’Unione europea, un presidio inespugnabile.
Mattarella (sulla disonestà di costui aveva ben detto Mazzei) non solo non “gradisce” Conte come Presidente del Consiglio (è già partita questa mattina la campagna di sputtanamento), ha posto il veto su Paolo Savona, che non è un sovversivo marxista, e nemmeno un autentico keynesiano. E’ anzi un boiardo di stato che tuttavia non ha mai cessato di sostenere che la Terra è tonda, ovvero che l’euro è una “moneta sbagliata”, che l’Unione europea, se non cambia radicalmente, è destinata a miglior vita, che è destituito di fondamento il dogma neoliberista per il cui il mercato capitalistico va lasciato a sé stesso.
Delle posizioni del Savona abbiamo dato conto, al tempo, su questo blog: LETTERA A VAROUFAKIS E…. di Giulio Tremonti e Paolo Savona (gennaio 2015);  “NON CEDIAMO ALLA UE LA NOSTRA SOVRANITÀ FISCALE” di Paolo Savona (agosto 2015);  PAOLO SAVONA: “L’EURO? COSÌ È FALLITO” (maggio 2016);
Questo è Savona e tuttavia, l’eurista Congregazione per la dottrina della fede che ha Mattarella come primate, lo ritene pericoloso, poiché non è un euroinomane, perché il suo tasso di europeismo non è sufficiente per guidare il Ministero. La “casta”? Altro che “casta”, qui verifichiamo che c’è una vera e propria cosca di illuminati fuorilegge che vaglia e quindi decide chi debba guidare il Paese. Ove il criterio decisivo per assurgere alla guida non è la fedeltà all’interesse nazionale, né tantomeno alla Costituzione, bensì il grado di sudditanza all’euro-germania.
Si apre, ove Mattarella non recedesse dal suo veto e Di Maio e  Salvini non capitolassero, una crisi istituzionale gravissima e senza precedenti nella storia repubblicana. Il potere di “nomina” dei ministri da parte del Quirinale, siccome non siamo in un regime presidenziale, non significa che i ministri li scelga Mattarella. La composizione del governo, essendo esso un organismo strumentale del Parlamento (che rappresenta la volontà popolare)  è decisa dai partiti che hanno al suo interno la maggioranza. Il Presidente della Repubblica, in quanto garante dell’ordinamento costituzionale, può sindacare se e solo riscontri, nel programma di governo o nella lista dei ministri, profili di palese incostituzionalità. Qui abbiamo l’opposto, il paradosso per cui proprio il Quirinale, in quanto garante del “vincolo esterno” e delle oligarchie eurocratiche, si pone in aperto conflitto del dettato costituzionale. Mattarella compirebbe un gesto ancor più grave del suo sodale e mentore Napolitano.
Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento, quest’ultimo può e deve rimuoverlo ove esso si metta di traverso alla volontà popolare, ove cioè si ponga come eversore del principio cardinale della Costituzione.
Salvini e Di Maio hanno non solo il dovere ma l’obbligo di resistere ai veti del Quirinale. C’è di mezzo, oltre allo loro dignità politica, la democrazia in questo Paese, il principio della sovranità popolare e nazionale. Se chineranno il capo, se accetteranno il veto di Mattarella, questo sarà il segnale che sono dei pagliacci, che il nostro Paese resterà un protettorato. Questo esito va evitato, se serve con una grande mobilitazione popolare affinché Mattarella se ne vada.
Nessun dorma!
Ps.Voglio essere sincero: temo, come è stato scritto su questo blog, che il Di Maio sia “il problema”, che sia il lato arrendevole della coalizione giallo-verde. Ove Di Maio si dimostrasse lo Tsipras italiano, ove la partita del governo fosse vinta da Mattarella, sarebbe una sconfitta per tutti i patrioti democratici. Grama consolazione che ciò sarebbe anche la fine del Movimento Cinque Stelle.
Piemme
22.05.2018