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lunedì 28 settembre 2020

Il servizio “buste arancioni” cancellato per aumentare lo stipendio a Tridico? Ecco perché è una bufala (e il taglio è su una voce diversa). - Chiara Brusini

 Il servizio “buste arancioni” cancellato per aumentare lo stipendio a Tridico? Ecco perché è una bufala (e il taglio è su una voce diversa)

Il "caso nel caso" viene sollevato su Repubblica. Ma la riduzione di spesa decisa per coprire gli emolumenti del cda ha riguardato il capitolo "Spese postali, telegrafiche e telefoniche degli uffici". Mentre le buste con la simulazione dell'assegno pensionistico volute da Tito Boeri erano a carico del capitolo "Spese per l'invio di posta massiva". L'invio delle lettere cartacee comunque era stato sospeso prima dell'arrivo del nuovo presidente.


Davvero l’aumento di stipendio riconosciuto per decreto a Pasquale Tridico è stato finanziato sulla pelle dei cittadini, interrompendo il programma di spedizione delle “buste arancioni con il calcolo della pensione futura? La risposta è no e per scoprirlo basta leggere la determina 28 del 20 febbraio 2020 del presidente Inps sulla “riduzione strutturale delle spese di funzionamento preordinata alla determinazione degli emolumenti” dei componenti del cda che si sarebbe insediato a metà aprile. Il documento spiega che la spending review decisa con quello scopo (come previsto dal “decretone” di marzo 2019) ha colpito per 261mila euro la voce Manutenzione e noleggio impianti, macchine e apparecchiature sanitarie e per la stessa cifra le Spese postali, telegrafiche e telefoniche degli uffici. Ma l’invio di comunicazioni agli iscritti – comprese le buste arancioni – non grava su quel capitolo dell’enorme bilancio dell’Inps: è a carico del capitolo 5U1210029 – Spese per l’invio di posta massiva, per la gestione della corrispondenza in entrata/uscita e per i servizi di dematerializzazione.


Il “caso nel caso” viene sollevato su Repubblica, che riprende un allarme lanciato da Tito Boeri nel febbraio 2019, al termine della sua presidenza. “La relazione tecnica al decreto su ‘quota 100’ indica che i soldi per i compensi del cda dovrebbero essere presi dal capitolo di spesa che usiamo per mandare le comunicazioni ai cittadini”, aveva spiegato l’economista bocconiano. “Non c’è alcun bisogno di attingere a quel capitolo: solo nel 2018 abbiamo fatto risparmi per circa 30 milioni sulle spese di funzionamento”. In effetti la Relazione tecnica del “decretone” su reddito e quota 100 diceva che i risparmi necessari per corrispondere gli emolumenti a presidente, vicepresidente e cda (ricostituito dopo che il governo Berlusconi aveva concentrato quasi tutti i poteri nelle mani del presidente) sarebbero stati “conseguiti in via prioritaria attraverso le riduzioni di spesa concernenti la posta massiva, di cui al capitolo 5U1210029“. E lì c’erano anche le buste arancioni, per un costo di circa 700mila euro.

Ma la decisione finale su dove sforbiciare, a parità di risultato, spettava all’istituto, che peraltro da anni – come ricordato da Boeri – è soggetto a disposizioni di contenimento delle spese ben più severe rispetto ai 522mila euro complessivi di cui si parla ora. Quel che conta è che il 27 novembre 2019 il direttore generale Inps ha deciso di tagliare di 261mila euro non la voce a cui fa capo la “posta massiva” (già ridotta a poco più di 70 milioni dai quasi 100 del 2016) ma quella che copre, per esempio, l’invio di atti giudiziari a chi non ha pagato i contributi. Un capitolo che nel 2019 è stato tagliato nel complesso di 8,7 milioni su 14,5, principalmente grazie a un nuovo contratto con Poste italiane.

Che c’entrano, dunque, le Buste arancioni? Nulla, anche perché l’invio su larga scala promosso da Boeri a partire dal 2016 (non senza critiche, perché le proiezioni contenute nelle missive erano basate su parametri ottimistici come una crescita del pil dell’1,5% annuo e un’inflazione al 2%) era stato sospeso prima dell’arrivo di Tridico all’Inps. Non per ridurre la trasparenza sulle pensioni, ma in nome della sempre invocata digitalizzazione. L’istituto infatti ha messo a disposizione degli iscritti anche un simulatore online, La mia pensione, più completo della busta arancione perché consente di simulare scenari diversi in base per esempio alla possibile evoluzione di carriera, con relativi aumenti, e a una minore crescita del prodotto interno, da cui dipende la rivalutazione dei contributi versati. Non a caso le lettere cartacee, durante la gestione Boeri, venivano spedite solo a chi era privo di pin Inps e di Spid. Negli ultimi anni, e soprattutto nei mesi del Covid, la situazione su quel fronte è molto cambiata: 27 milioni di persone tra assicurati e pensionati hanno il pin (nel 2016 erano “solo” 18,5 milioni) e un totale di 10 milioni di italiani ha l’identità digitale Spid, che dall’1 ottobre sostituirà il pin come credenziale per i servizi online dell’istituto. Quindi l’accesso al simulatore, dal computer di casa o con l’aiuto dei patronati, è garantito a una platea molto più ampia.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/09/27/il-servizio-buste-arancioni-cancellato-per-aumentare-lo-stipendio-a-tridico-ecco-perche-e-una-bufala-e-il-taglio-e-su-una-voce-diversa/5945442/

domenica 27 settembre 2020

Il caso dell’aumento di stipendio a Tridico: la cifra è stata proposta dal ministero del Lavoro. “Il decreto non è retroattivo, falso che prenderò 100mila euro di arretrati”. - Chiara Brusini

 

L'adeguamento era previsto - anche se non nell'importo - dalla legge che nel marzo 2019, sotto il governo gialloverde, ha riformato la governance di Inps e Inail ripristinando i consigli di amministrazione. Nella fase transitoria il commissario (poi presidente) Tridico prendeva 62mila euro. A decidere sui 150mila è stato il capo di Gabinetto della ministra Catalfo, confermando una proposta risalente a quando era Luigi Di Maio a guidare il dicastero, durante il governo gialloverde. Il decreto interministeriale che il 7 agosto ha ufficializzato la somma prevede che la decorrenza sia "dalla data di nomina del presidente, vice e consiglieri".

“Non ho preso nessun arretrato. 100mila euro? Un falso. Il decreto interministeriale prevede i compensi del cda e del presidente da quando il cda si è insediato, ovvero aprile 2020“. Si limita a questo il commento di Pasquale Tridico al fattoquotidiano.it mentre il centrodestra compatto ne chiede le dimissioni e prima che la direzione del personale Inps metta nero su bianco gli stessi concetti in una nota ufficiale. Dopo ritardi nell’erogazione della cig e il caso del bonus 600 euro ai deputati, stavolta le polemiche riguardano il raddoppio di stipendio riconosciuto a Tridico (e al presidente dell’Inail Franco Bettoni) da un decreto interministeriale del 7 agosto. Un aumento che era previsto – anche se non nell’importo – dalla legge che nel marzo 2019, sotto il governo gialloverde, ha riformato la governance dei due istituti ripristinando i consigli di amministrazione. Quanto alla cifra – 150mila euro lordi, 90mila in meno rispetto al compenso massimo per i dirigenti pubblici – la documentazione ufficiale rivela che a deciderla non è stato il cda ma il ministero del Lavoro guidato da Nunzia Catalfo (M5s), peraltro confermando una proposta risalente all’anno scorso, durante il Conte 1, quando a guidare il dicastero era Luigi Di Maio. Nel frattempo l’istituto ha tagliato altre spese per un totale di 522mila euro, per cui l’aumento non comporta esborsi aggiuntivi per le casse pubbliche.

La cifra è stata proposta dal ministero del Lavoro – Il caso è stato sollevato da Repubblica, secondo cui “è stato lo stesso Cda, riunitosi nel bel mezzo del lockdown, ad auto-assegnarsi il quantum, poi suggerito alla Catalfo”. Il verbale del cda Inps del 22 aprile sembra raccontare un’altra storia: nelle premesse viene infatti citata la Nota n. 6445 del 7 aprile 2020, con la quale il capo di Gabinetto del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha comunicato all’istituto l’importo degli emolumenti del presidente, del vicepresidente e del consiglio di amministrazione, nella misura di euro 150.000 per il presidente, 40.000 per il vicepresidente – estensibile fino a 100.000 in funzione delle deleghe allo stesso attribuite – , di euro 23.000 per ciascun altro componente del cda (…), invitando il predetto organo, una volta insediato, all’adozione della delibera di proposta dei citati compensi, con l’indicazione delle relative coperture finanziarie“. Per quanto riguarda il compenso del presidente, la cifra è peraltro identica a quella che era stata proposta nel giugno 2019 – subito dopo la nomina di Tridico – dall’allora capo di gabinetto di Luigi Di Maio, Vito Cozzoli (nella sua nota, l’emolumento riconosciuto al vicepresidente è di 100mila euro senza riferimento alle deleghe). Poi l’insediamento del cda è slittato causa crisi di governo e si è concretizzato solo sotto il Conte 2.

Ricapitolando: il cda non si è “auto assegnato” gli aumenti. E’ stato il ministero del Lavoro a proporre la cifra, disponendo così l’adeguamento previsto dalla legge e mettendo fine al periodo transitorio che si era aperto nella primavera 2019, quando i gialloverdi hanno nominato Tridico commissario dell’Inps affiancandogli Adriano Morrone (area Lega) come subcommissario.

Nella fase transitoria a Tridico 62mila euro l’anno – In quella prima fase, ai due era stato attribuito rispettivamente uno stipendio di 62mila e 41mila euro lordi, ripartendo tra loro i 103mila euro che fino all’anno prima spettavano al predecessore Tito Boeri. Cifre evidentemente basse a fronte delle responsabilità legate alla gestione di un istituto che eroga prestazioni per oltre 200 miliardi l’anno (molto di più nel 2020 del Covid). Tanto più che il tetto dei compensi per i dirigenti pubblici è fissato a 240mila euro. Tridico inoltre non ha altri redditi: dal 14 marzo 2019 è in aspettativa dall’università di Roma 3 dove insegnava Politica economica. La legge 26 del 28 marzo 2019 – il “decretone” su reddito di cittadinanza e quota 100 – stabiliva comunque che fosse nominato un cda e rimandava a un successivo decreto interministeriale Lavoro-Economia la definizione dei compensi, “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica“.

La spending review da 522mila euro e la decisione del ministero – Per poter aumentare gli emolumenti, quindi, l’Inps doveva prima fare una spending review interna. Il ministero del Lavoro a giugno 2019 aveva chiesto almeno 450mila euro di tagli, l’istituto è arrivato a 522mila riducendo le uscite per manutenzioni e noleggi e le spese postali e telefoniche, tra cui quelle sostenute per inviare comunicazioni cartacee ai lavoratori. Tenendo conto che si era resa disponibile quella cifra, il 7 aprile il capo di gabinetto del ministero con la nota 6445 propone dunque i 150mila euro per Tridico e 40mila per la vice Luisa Gnecchi (che è pensionata e svolge l’incarico a titolo gratuito). La cifra totale è inferiore ai tagli messi a budget dall’Inps.

Il nuovo compenso spetta “dalla data di nomina”. Tridico: “Vale da quando il cda si è insediato” – Il 15 aprile si è insediato ufficialmente il cda, in cui siedono anche Roberto LancellottiRosario De Luca e Patrizia Tullini. Come previsto dalla legge, a quel punto serviva il decreto interministeriale, che è stato approvato il 7 agosto. “In piena estate, nella speranza di passare inosservati“, chiosa Repubblica. “E per di più in forma retroattiva: così da versagli gli arretrati, forse persino a dispetto della legge. (…) A spanne, una tantum di 100mila euro“. Questo perché il decreto prevede che la decorrenza sia “dalla data di nomina del presidente, vice e consiglieri”. Una formulazione forse ambigua – di qui la richiesta di chiarimenti del collegio sindacale – ma che secondo Tridico va senza dubbio interpretata nel senso “da quando il cda si è insediato, ovvero aprile 2020”. Dunque nessun compenso retroattivo gli spetta per il lavoro svolto da maggio 2019, quando è stato ufficialmente nominato presidente, ad aprile 2020. Gli arretrati vanno calcolati solo a partire dalla metà di aprile.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/09/26/il-caso-dellaumento-di-stipendio-a-tridico-la-cifra-e-stata-proposta-dal-ministero-del-lavoro-non-e-retroattivo-falso-che-prendero-100mila-euro-di-arretrati/5944825/

venerdì 12 luglio 2019

Csm sospende Palamara da funzioni e stipendio.

Luca Palamara © ANSA

Accolta la richiesta del Pg della Cassazione.

La Sezione disciplinare del Csm ha sospeso dalle funzioni e dallo stipendio il pm romano Luca Palamara, indagato a Perugia per corruzione. Il tribunale delle toghe ha così accolto la richiesta avanzata dal Pg della Cassazione Riccardo Fuzio. A Palamara viene contestato di aver violato i suoi doveri di magistrato per le vicende al centro dell'inchiesta di Perugia,dove è accusato di aver messo le sue funzioni di magistrato a disposizione dell'imprenditore e suo amico Fabrizio Centofanti in cambio di viaggi e regali.
"I fatti contestati appaiono oggettivamente e incontrovertibilmente gravi e tali da rendere incompatibile con gli stessi l'esercizio delle funzioni, perchè idonei a compromettere irrimediabilmente, allo stato degli atti , la credibilità del magistrato, anche sotto il profilo dell'imparzialità e dell'equilibrio": così la Sezione disciplinare del Csm motiva perchè ha sospeso il pm romano Luca Palamara, indagato a Perugia.

venerdì 9 novembre 2018

M5S, vertici battono cassa. (pro alluvionati)

M5S, vertici battono cassa

vertici del Movimento 5 Stelle 'battono cassa' e chiedono agli eletti di effettuare le restituzioni dello stipendio relative ai mesi di luglio, agosto e settembre 2018
Una mail inviata ai parlamentari dallo staff del M5S avvisa i grillini che da oggi è possibile utilizzare il portale tirendiconto.it, aggiornato secondo il nuovo regolamento sul trattamento economico. Le istruzioni prevedono una fase 1 (test tecnico) e una fase 2. Nella prima fase i grillini dovranno effettuare il versamento, nella seconda completare le rendicontazioni.

"Ti preghiamo di effettuare il versamento della quota minima di restituzione mensile, prevista dal regolamento sul trattamento economico degli eletti del MoVimento 5 Stelle - si legge nella mail visionata dall'Adnkronos -, per il periodo in oggetto (luglio, agosto e settembre) per un totale di 6.000 euro, entro il 18 novembre 2018 effettuando una donazione a favore delle popolazioni colpite dagli eccezionali eventi atmosferici di ottobre e inizio novembre 2018". La donazione dovrà essere fatta con bonifico bancario a favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri (IBAN: IT49J0100003245350200022330) con la causale "donazione a favore popolazioni colpite da eventi alluvionali ottobre novembre 2018".

Segue la fase 2, con termine 10 dicembre, data entro la quale i 5 Stelle dovranno "completare le rendicontazioni dei mesi in oggetto e caricare il bonifico effettuato di 6.000 euro nei vari mesi. Qualora il sistema ti indichi di restituire un importo complessivo per i tre mesi superiore ai 6.000 euro - spiega la missiva - ti preghiamo di versare la differenza alla stessa destinazione e di allegare alle rendicontazioni il relativo bonifico di integrazione". Nella mail sono contenute alcune disposizioni 'anti-furbetti': "è di fondamentale importanza indicare chiaramente nella causale del bonifico il periodo di riferimento", viene sottolineato.

"Vi ricordiamo le caratteristiche richieste per i bonifici da caricare nel sistema: Quietanza definitiva della banca in formato file Pdf, jpeg o png (non va caricata la richiesta di bonifico); Iban di destinazione chiaramente visibile; Numero operazione Cro/Trn/Tid visibile; Importo bonifico chiaramente visibile; Causale visibile e con chiara indicazione del mese/i di riferimento", si legge ancora nella mail inviata ai parlamentari M5S.

Per chi avesse difficoltà, un'area 'help desk' offrirà ai portavoce supporto tecnico nell'uso della piattaforma: "Nei prossimi giorni verranno calendarizzate presso la Camera e il Senato alcune sessioni formative per l'utilizzo del portale di rendicontazione dedicate ai parlamentari ed eventualmente ai collaboratori che materialmente utilizzeranno la piattaforma. A breve riceverete comunicazione in merito via mail".

"Da questo momento inizia la seconda restituzione per i mesi che vanno da luglio a settembre. Nella scorsa legislatura abbiamo restituito oltre 23 milioni di euro al fondo del microcredito ai quali si aggiungono 2 milioni e mezzo raccolti con la restituzione marzo-luglio 2018", spiega il tesoriere del M5S Camera, Sergio Battelli, che aggiunge: "Questa volta abbiamo deciso di cambiare la destinazione dei soldi: li verseremo in un fondo della Protezione Civile a favore popolazioni colpite dagli alluvioni in queste ultime settimane. 

Ben 11 regioni hanno chiesto lo stato di calamità, praticamente mezza Italia, e questo governo glielo riconoscerà. Ma è giusto che il M55 faccia la sua parte".
"Lo stipendio dei parlamentari è un privilegio. Guadagnano troppo e presto metteremo mano a questo spreco di soldi pubblici. Noi, come abbiamo sempre fatto, lo stipendio ce lo tagliamo, e l'eccedenza la diamo agli alluvionati. Parliamo di circa 2 milioni di euro da parte dei 300 parlamentari. Un piccolo gesto, ma molto concreto", rimarca Battelli.

Fonte: adnkronos del 9 novembre 2018

domenica 23 luglio 2017

280mila euro di pensione e 100mila di retribuzione per Antonio Malaschini (Dec 2008)

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C’è un caso davvero clamoroso. Il sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento Antonio Malaschini, classe 1947, ex segretario generale del Senato, percepisce come pensione la somma incredibile di 519.015,45 euro. Sono 43.000 euro al mese, praticamente quasi 1500 euro al giorno. I dati sono al lordo, ma il netto è ugualmente alto: 277.120 l’anno.
Ma non basta. Oltre alla pensione, avrà una retribuzione di 188.000 euro in qualità di sottosegretario. Al netto sono 106.000 euro l’anno. (daw-blog)

Che sommati fanno circa 380 mila euro NETTI l'anno, pari a circa 1000 euro al giorno.

Nerocicuta da: http://www.finanzaonline.com

domenica 17 maggio 2015

Mattarella si taglia lo stipendio. Tetto a tutti i dipendenti del Quirinale.




Il suo portavoce spiega al 'giornale' che il suo assegno sarà solo quello di professore universitario.


Spending review al Colle. Il capo dello Stato si taglia lo stipenedio cancellando la parte relativa alla pensione di professore universitario. Non solo. Il capo dello Stato decide di estendere il tetto di 240mila euro alle retribuzioni previsto per i dipendenti della p.a. a tutti quelli che lavorano al Quirinale.
La nota del Quirinale - "Il Presidente della Repubblica, il 27 febbraio scorso, ha disposto la riduzione dell'assegno a lui spettante per legge, in corrispondenza dell'ammontare del suo trattamento pensionistico". A precisarlo è una nota del Quirinale che risponde ad alcune notizie di stampa relative agli stipendi del Colle. Il Presidente della Repubblica, con il decreto del 23 febbraio 2015, ha disposto, nei confronti di tutti i soggetti che svolgono funzioni all'interno della Presidenza, l'introduzione del divieto di cumulo delle retribuzioni con trattamenti pensionistici erogati da pubbliche amministrazioni", si legge nella nota del Colle.
"Questo divieto - previsto dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 489 - non era, per sua espressa disposizione, direttamente vincolante nei confronti degli organi costituzionali. Come tale la stessa non risultava recepita nell'ordinamento della Presidenza della Repubblica e "ha adesso efficacia e, in applicazione del medesimo principio, il Presidente della Repubblica, il 27 febbraio scorso, ha disposto la riduzione dell'assegno a lui spettante per legge, in corrispondenza dell'ammontare del suo trattamento pensionistico".
"Con l'introduzione del divieto di cumulo nell'ambito della Presidenza della Repubblica diversi Consiglieri del Capo dello Stato svolgono le loro funzioni senza alcun compenso, mentre per altri il compenso risulta fortemente ridotto. Il segretario generale, Ugo Zampetti, aveva già rinunciato autonomamente a ogni compenso al momento dell'assunzione dell'incarico. Con lo stesso decreto il Presidente della Repubblica ha disposto l'applicazione, all'interno della Presidenza della Repubblica del tetto alle retribuzioni previsto dalla legge per i pubblici dipendenti, anch'esso non direttamente vincolante per gli organi costituzionali. Dai due provvedimenti deriva un consistente risparmio di risorse pubbliche", conclude la nota del Quirinale. Su "Il Giornale" e su "Il Messaggero" si parla rispettivamente della rinuncia da parte di Mattarella alla "super-pensione" e della "sforbiciata agli stipendi del Quirinale".

http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2015/05/17/mattarella-si-taglia-la-pensione.-tetto-a-tutti-i-dipendenti-del-quirinale_2ec73836-4dab-41d6-b49c-3fb8573b42e8.html

lunedì 4 maggio 2015

Ecco la ricca busta paga dei deputati dell’Ars: 15.000 euro al mese spese tra cene, viaggi e….

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L’ha diffusa ieri alla stampa Cateno De Luca, deputato regionale, attualmente sotto processo per abuso d’ufficio e falso, candidato alla presidenze dell’Ars. Lui si definisce “una piccola azienda vivente”. Con quei soldi paga un’Audi A4 con autista personale, segreteria sparse in mezza Sicilia, cene e convegni con buffet almeno due volte a settimana. E, ancora, portaborse, addetto stampa e consulenti.
«Come tutte le imprese ogni mese faccio un rendiconto, a differenza di qualche mio collega che si mette i soldi direttamente in tasca», dice Cateno De Luca. Un’impresa, quella del deputato-partito De Luca, che ha come entrata il ricco stipendio garantito da Palazzo dei Normanni: un assegno che tra indennità, diarie varie, rimborsi spese, un bonus di 4 mila euro per i portaborse, arriva a una cifra totale di 14.598 euro.
Senza considerare che, in caso d’incarichi aggiuntivi, come ad esempio presidente di commissione, a questa cifra occorre sommare altri tre mila euro.
«La mia busta paga prevede un’indennità parlamentare di 10.705 euro, alla quale occorre aggiungere 3.500 euro di rimborsi spese e diaria, e altri 1.331 euro per l’indennità di trasporto su gomma, che mi spetta in quanto vivo fuori da Palermo. Infine ci sono 345 euro per spese telefoniche».
L’Ars versa ai gruppi altri 4 mila euro a deputato che vengono poi girati ai singoli onorevoli per le spese di portaborse e segreterie: «Fino all’anno scorso questi soldi nemmeno dovevo rendicontarli, adesso per almeno 2 mila euro devo portare qualche pezza d’appoggio, mostrando regolari contratti. Io ho sempre messo in regola tutti i miei collaboratori, pochi lo fanno in questo Parlamento».
A ogni deputato spettano poi 10 mila euro all’anno, circa 800 euro al mese, per rimborsi di viaggi. Il totale fa 14.598 euro netti al mese, cifra che De Luca raggiunge anche perché non deve versare un euro ad alcun partito, se non il suo. «Anche se io questa cifra non la guadagno, visto che ho acceso un mutuo con il Banco di Sicilia utilizzando una convenzione messa a disposizione dell’Ars». Convenzione che garantisce il prestito praticamente a interessi zero, a fronte di quelli pagati dai comuni mortali alle prese con l’acquisto della prima casa.
Ma come spende tutti questi soldi un deputato?
«La prima spesa che affronto — dice De Luca — è quella dell’auto. La mia provincia, quella di Messina, è composta da 109 comuni e ogni giorno ho appuntamenti in diversi posti. i miei elettori. Ho quindi un autista, che pago 1.300 euro al mese, e vado in giro con una Audi A4 che ho affittato dall’Audicentrum di Palermo, per un costo di 1.200 euro ».
Poi ci sono le spese di segreteria«Ho tre segretarie che pago con regolare contratto e che si occupano delle mie sedi elettorali a Santa Teresa Riva, Messina e a Palermo in corso Pisani. Fra contratti ai collaboratori e utenze, cioè luce e telefono, spendo altri 2.500 euro al mese. Ho anche un addetto stampa con contratto part time che mi costa 600 euro al mese, e mi avvalgo sempre di consulenti per la mia attività parlamentare: ho un assistente legale e, in base ai vari argomenti in discussione in aula, alcuni consulenti specifici. Per loro spendo 2 mila euro al mese, ma durante il voto a Sala d’Ercole della Finanziaria sono arrivato a spendere anche 10 mila euro: non a caso poi ho presentato cinquemila emendamenti, tutti molto dettagliati». 
«Ogni settimana organizzo in giro per la mia provincia almeno due appuntamenti con gli elettori, di solito il venerdì e il sabato. In genere invito a cena in pizzerie che conosco da tempo una ventina di persone, pagando circa 20 euro a testa per una pizza e una birra. Se invece organizzo un convegno o un seminario, allora pago il buffet con rosticceria e bibite. In genere faccio un appuntamento al mese in ognuno dei collegi provinciali del Messinese. Per questi appuntamenti elettorali spendo 3 mila euro al mese, e penso che un deputato debba sempre farli per tenere davvero i rapporti con il territorio».


http://giacomosalerno.com/2012/09/26/ecco-la-busta-paga-di-un-deputato-della-regione-siciliana/