Destinatari del provvedimento di custodia in carcere, eseguito dagli uomini delle Fiamme Gialle, sono stati Luigi Vassallo già detenuto a Opera nell’ambito della stessa inchiesta, un imprenditore, i giudici Luigi Pellini (commercialista) e Gianfranco Vignoli Rinaldi (avvocato). Per entrambi la Procura ha chiesto gli arresti domiciliari.
Inchiesta sulla giustizia tributaria, un’altra mazzetta da 60mila euro e altri quattro arresti. La procura di Milano scoperchia “un vasto sistema di corruzione che coinvolge giudici tributari, professionisti e altri soggetti disposti a risolvere le proprie vertenze pagando (…) Un sistema che è stato utilizzato per azzerare complesse indagini della Guardia di finanza e dell’Agenzia delle entrate”.
Le tangenti per addomesticare le sentenze venivano recapitate “a giudici compiacenti” attraverso “pacchi natalizi con decine di biglietti da 500 euro”. Così “si sono annullati accertamenti milionari”, scrivono i pubblici ministeri titolari dell’inchiesta ‘Dredd’, Laura Pedio ed Eugenio Fusco.
Destinatari del provvedimento di custodia in carcere, eseguito questa mattina dagli uomini delle Fiamme Gialle, sono stati Luigi Vassallo (avvocato, professore universitario a Pavia e giudice d’appello della Commissione tributaria regionale della Lombardia, già detenuto a Opera nell’ambito della stessa inchiesta: per lui si tratta del terzo mandato di arresto) e l’imprenditore Matteo Invernizzi, residente a Trescore Balneario (Bergamo), amministratore di fatto della Eurocantieri Srl, società attiva nell’edilizia e sottoposta ad accertamenti fiscali, che nel 2013 avrebbe comprato due sentenze. Una dalla Commissione tributaria regionale e l’altra dalla Commissione tributaria provinciale, secondo l’accusa con il contributo determinante dei giudici Luigi Pellini (commercialista, di Milano) e Gianfranco Vignoli Rinaldi (avvocato, anche lui di Milano). Per entrambi la Procura ha chiesto gli arresti domiciliari, “in ragione della loro età, essendo ultra 70enni”. Le richieste degli inquirenti sono state accolte dal Giudice per le indagini preliminari, Manuela Cannavale.
Indagato a piede libero anche un ex finanziere, Agostino Terlizzi, che ha rivestito ruoli di comando nella Fiamme Gialle, lavorando presso la tenenza di Castel San Giovanni in provincia di Piacenza, dove vive. Numerosi i contatti tra l’ex Gdf (la cui abitazione è stata perquisita) e Vassallo. In una mail Terlizzi trasmette al giudice tributario alcuni documenti che riguardano la situazione dell’imprenditore Invernizzi e la Eurocantieri Srl.
La Procura mette nero su bianco le enormi difficoltà nel condurre l’indagine, che vede in Vassallo un vero dominus. Quest’ultimo “non ha inteso chiarire alcunché rispetto alle proprie condotte”, come del resto “nessuno (fra indagati e coinvolti) ha inteso fornire un contributo spontaneo, che pure ci si poteva attendere da chi esercita funzioni giurisdizionali”. Neppure Marina Seregni (commercialista 70enne di Monza, giudice tributario di primo grado, arrestata lo scorso 28 gennaio e interrogata in carcere: ha fornito elementi utili all’inchiesta. Per i pm Pedio e Fusco, attorno al nebuloso mondo della giustizia tributaria, vige “la regola del silenzio”. Una tesi già proposta da Antonio Di Pietro a metà degli anni ‘90.
Ma la svolta nelle indagini è comunque arrivata. Fondamentale la perquisizione dello studio Vassallo, dove sono stati trovati quattro telefoni cellulari (due Blackberry e due Smartphone), sei ‘chiavette’ elettroniche, tre pc portatili e cinque fissi, oltre a vari documenti (fra cui una bozza di sentenza favorevole all’imprenditore Invernizzi) e agende per gli appuntamenti. Prezioso il contributo della segretaria di Vassallo, Mirella Orbani. È stata lei, testimone oculare e parte attiva nella preparazione delle bustarelle, a fornire alcune importanti conferme e ad aiutare la Guardia di finanza a decifrare la “contabilità riservata”.
Gli inquirenti hanno ricostruito l’incontro tra Vassallo e Invernizzi, quando l’imprenditore consegnò al giudice tributario la somma di 60mila euro in contanti: “Ricordo – riferisce Orbani – che Matteo Invernizzi (il giorno 11 dicembre 2013) è venuto in studio da noi (…) con una busta contenente 60 mila euro in contanti e la consegnò a Vassallo. Quando siamo rimasti soli, io e Vassallo, quest’ultimo ha aperto la busta in mia presenza e ha contato il denaro. Ricordo che erano tutte banconote da 500 euro”.
La tangente sarebbe poi stata suddivisa. Lo testimonierebbero alcuni appunti sulla agende e sulle buste, puntualmente interpretati dalla segretaria Orbani. Il 18 dicembre 2013 si legge: “-5 (Agostino) = 55”. Secondo i pm Pedio e Fusco, questo “lascia intendere che Vassallo abbia effettuato un prelievo di 5 mila euro da destinare verosimilmente a Terlizzi (ex Gdf, ndr)”. Due giorni dopo, il 20 dicembre, un altro prelievo dalla busta, sempre di 5 mila euro. Ricostruisce Orbani: “Vassallo aveva pronto un cesto natalizio da consegnare al dottor Luigi Pellini (giudice tributario, ndr). Mi disse che sarebbe andato all’appuntamento per consegnare la busta coi contanti e il cesto”. Il 23 dicembre, infine, è il turno del giudice Vignoli Rinaldi: altri 5 mila euro. “Come per Pellini – chiarisce la Orbani – (Vassallo) portò un cesto di Natale”.
I rimanenti 45mila euro vengono depositati in una cassetta di sicurezza presso la Banca Unicredit di piazza San Babila a Milano, dove infatti il denaro viene trovato dalla Guardia di finanza. Assieme a un’altra busta con dentro 1.400 euro. Anche questo contante proviene, secondo i pm, dall’imprenditore Invernizzi, il quale si sarebbe accordato con Vassallo per la consegna (avvenuta solo parzialmente) di ulteriori 5 mila euro in caso di sentenze favorevoli. Circostanze che si sono in effetti verificate, in un caso con qualche difficoltà. Lo scrive lo stesso giudice Vignoli Rinaldi in una mail indirizzata a Vassallo: “Ho dovuto lottare, o meglio tenere a bada (…) la testardaggine del giudice relatore (Rag. Antonio Rigoldi). Quest’ultimo sosteneva – a ragione – che nel ricorso (della Eurocantieri Srl, ndr) era stata chiesta solo la sospensione della cartella e non il suo annullamento”. Ma alla fine, chiosa il giudice soddisfatto, “ho convinto presidente e relatore ad accogliere il ricorso, anche nel merito”.