mercoledì 24 febbraio 2010

Riciclaggio, le frodi Carosello ecco come funzionavano


ROMA
- La parola-chiave è "frode carosello". Secondo il gip di Roma è in questo modo che l' "organizzazione criminale" sgominata da Ros e Gdf ha potuto "realizzare attività economiche fittizie del valore di alcuni miliardi di euro al fine di ottenere crediti di imposta con profitti per centinaia di milioni di euro in favore di Fastweb e Telecom Italia Sparkle". La frode carosello veniva realizzata in quattro mosse, che consentivano di creare "ingenti fittizi crediti Iva".

1) In primo luogo venivano realizzate o individuate, scrive il gip, una serie di società 'A', tutte con sede all'estero nell'ambito dell'Ue e di fatto create ad hoc per le operazioni delittuose, nonchè una serie di società 'B', con sede in Italia e anch'esse di fatto create ad hoc".

2) 'A' cedeva fittiziamente a 'B' un valore pari a '100' di servizi, di solito traffico telefonico ma non solo, senza pagare l'Iva poiché si trattava di cessione all'interno di Stati appartenenti all'Ue (la cosiddetta cessione 'intra')

3) 'B' cedeva fittiziamente alle società 'C' - vale a dire Fastweb e Telecom Italia Sparkle - i medesimi servizi per un valore di '100' sul quale veniva pagata da 'C' l'Iva per il 20%, poiché si trattava di una compravendita di servizi in Italia, con un esborso finale apparente per 'C' di '120'.

4) 'C', infine, rivendeva ad 'A' i medesimi servizi con il sistema 'intra' (come detto applicabile negli acquisti tra Stati Ue) al prezzo di '100' senza il pagamento dell'Iva.

In questo modo, afferma il gip, "alla fine di un'operazione sostanzialmente neutra a fini economici perché ogni soggetto paga ed incassa '100', 'C' (vale a dire Fastweb e Telecom Italia Sparkle) ha apparentemente pagato '20' di Iva a 'B', che quest'ultima in ogni caso non versa all'erario, non avendo mai incassato la relativa somma".
Secondo il giudice, dunque, "il vero scopo dell'operazione è consentire a 'C' di realizzare un credito erariale di '20' su ciascuna operazione fittizia di pagamento di '100'. Questo credito può essere sottratto dall'Iva che 'C' incassa dai propri clienti per l'uso delle utenze telefoniche e che (in mancanza di credito Iva) dovrebbe riversare all'erario".

Perciò, se ad esempio Fastweb o Telecom Italia Sparkle avevano incassi per un milione e 200mila euro, avrebbero dovuto versare 200mila euro all'erario alla scadenza prevista dalla legge. Poichè però esponevano un (inesistente) credito Iva pari o superiore a 200mila euro, lo detraevano da quanto dovevano versare e ottenevano profitti superiori del 20% a quelli che avrebbero realizzato solo con l'operazione commerciale (ad esempio 1 milione 200mila anzichè 1 milione)".

A questo punto, scrive il giudice, "le ingenti somme di denaro apparentemente spese per pagare l'Iva in favore delle società 'B' (le cosiddette 'cartiere') consentivano a Fastweb e Telecom Italia Sparkle di realizzare 'fondi neri' per enormi valori che costituivano l'oggetto primario delle attività di riciclaggio e di investimento fittizio realizzato da altri membri dell'associazione per delinquere".

Attraverso questo "schema delittuoso" è stato arrecato un danno all'erario complessivo di 370 milioni di euro in poco più di tre anni, in particolare mediante "due distinte operazioni truffaldine": una denominata 'Phuncard', l'altra 'Traffico telefonico'. La prima ha riguardato la commercializzazione di schede prepagate, denominate appunto 'Phuncards', recanti un codice che avrebbe dovuto consentire l'accesso tramite un sito internet a contenuti tutelati da diritto d'autore, in realtà inesistenti. La seconda fittizia operazione ha avuto per oggetto la commercializzazione di "servizi a valore aggiunto" (del tipo 'contenuti per adulti') da realizzare mediante l'acquisto e la veicolazione dei contenuti attraverso servizi di interconnessione internazionale per il trasporto di traffico telematico. Anche in questo caso l'oggetto stesso della prestazione (il traffico telematico) si è rilevato inesistente ed ha consentito alle società debitrici dell'Iva nei confronti dello Stato di non versare il tributo, trasferendo ingenti somme all'estero e facendo girare in circolo i flussi finanziari.


Leggere anche:



martedì 23 febbraio 2010

Riciclaggio, ricercato fondatore di Fastweb Silvio Scaglia


Chiesto l'arresto anche per il senatore del Pdl Nicola Di Girolamo per violazione della legge elettorale "con l'aggravante mafiosa". In tutto sono 56 le ordinanze di custodia cautelare emesse dalla procura distrettuale antimafia di Roma


L'ex amministratore delegato di Fasteweb ed attuale azionista di Babelgum Silvio Scaglia e il senatore del Pdl Nicola Di Girolamo sono tra i destinatari di un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Roma su richiesta della procura distrettuale antimafia che indaga su un'associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio e al reimpiego di capitali acquisiti attraverso un sistema di frodi fiscali.
Lo hanno detto oggi gli investigatori, che hanno illustrato in una conferenza stampa i contenuti dell'inchiesta alla presenza del Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso.

Scaglia è al momento ricercato dai carabinieri e dalla Guardia di Finanza che stanno eseguendo 56 ordinanze di custodia cautelare. Alcuni indagati sono stati raggiunti dal provvedimento restrittivo in Usa, Inghilterra e Lussemburgo.

Per Di Girolamo è stata richiesta l'autorizzazione all'arresto al Senato. Dal sito del Senato, Di Girolamo risulta residente a Bruxelles. L'accusa è violazione della legge elettorale "con l'aggravante mafiosa".
Nel giugno 2008 il gip di Roma aveva chiesto gli arresti domiciliari per Di Girolamo, chiedendo l'autorizzazione all'arresto alla Giunta delle Immunità parlamentari del Senato. Ma il 24 settembre 2008 il Senato ha negato l'autorizzazione e la Giunta per le Elezioni ha avviato una verifica del possesso dei requisiti per l'eleggibilita' da parte del Di Girolamo. Al termine della verifica la Giunta ha richiesto al Senato l'annullamento della sua elezione.

Il 29 gennaio 2009 il Senato - si è appreso in conferenza stampa - ha deciso di rinviare gli atti alla Giunta delle Elezioni "affinché la prosecuzione dell'attività di verifica fosse subordinata all'esito processuale passato in giudicato". In base alle accuse l'elezione di Di Girolamo doveva servire all'organizzazione criminale per spostarsi, senza problemi nell'ambito delle attività transnazionali di riciclaggio.

Guarda anche:
Riciclaggio, scoperto un giro da due miliardi di euro


Santoro-Travaglio pace fatta: ''Brutti, sporchi e cattivi ma buchiamo la gelatina''


Il conduttore di Annozero risponde al collega sul Fatto quotidiano.

La coppia è salva. La lite è rientrata e con ogni probabilità nella prossima puntata di Annozero Marco Travaglio siederà al suo posto caustico e pungente come al solito. Michele Santoro, infatti, ha risposto sul Fatto quotidiano al collega e amico con una lettera aperta piena di affetto e comprensione, ma lucida nel definire lo spazio che la trasmissione vuole occupare nel panorama televisivo e chiara nel ricordare a Travaglio la sua storia giornalistica e il suo ruolo sul set.

Brutti, sporchi e cattivi

"Siamo brutti, sporchi e cattivi", scrive Santoro, "Raccogliamo meno consensi di Ballarò ma creiamo un maggior numero di situazioni critiche, più adrenalina, più polemiche, più brecce nella gellatina.
Perciò ho voluto e continuo a volere che, almeno per un po' di minuti, tu occupi il centro della scena. Sei il simbolo di ciò che il recinto della televisione generalista non vuole più contenere, di tutti coloro che sono stati espulsi e non possono più rientrare. La prefigurazione di un cambiamento possibile".

"Chi va via dimentica la periferia"

E poi a proposito di una possibile rinuncia di Travaglio alla partecipazione ad Annozero, scrive Santoro: "... chi resta è meno libero e chi va via non entra più in contatto con una sterminata periferia, una enorme banlieu culturale nella quale resta confinata una buona metà della popolazione italiana. In questa periferia, almeno qualche volta, Annozero è entrato prepotentemente. Anche grazie a te, e ne vado fiero. E anche grazie a Maurizio Belpietro".

Annozero come una partita di calcio

E ancora parlando degli altri programmi di approfondimento giornalistico: "Report ha l'andamento di un film. Annozero assomiglia ad una partita di calcio, mette in gioco non solo nozioni ma emozioni, convinzioni profonde, passioni anche viscerali", continua Santoro, "quando il gioco diventa noioso e scontato il pubblico più infedele cambia canale. Ed è questa la ragione per cui siamo costretti a inseguire lo spettatore meno affezionato ai nostri programmi, qualche volta perfino deludendo i fan. Il contrario esatto di quello che avviene in teatro".

La replica di Travaglio

E Travaglio sempre sul Fatto quotidiano di oggi risponde, cercando di spiegare meglio la sua posizione e ammettendo che la "militarizzazione del fronte berlusconiano", rappresentato lo scorso giovedì da Porro e Belpietro, ha scatenato una sua reazione nervosa per lo scatto in avanti che ogni volta realizza ma anche per la stanchezza personale del giornalista.

Libero cavalca la polemica

Intanto Libero, nel numero in edicola questa mattina, cavalca ventre a terra la "spaccatura" tra Marco Travaglio e Michele Santoro.
Il quotidiano, diretto da Maurizio Belpietro, specula in attesa della replica di Santoro a Travaglio.
L'editorialista di Anno zero ha infatti scritto una lettera aperta al conduttore tv su Il Fatto quotidiano di sabato mattina. Una missiva nella quale Travaglio si dice pronto ad abbandonare la trasmissione in quanto, come accaduto giovedì scorso, ogni volta che si accinge ad affrontare nel merito una questione, viene attaccato personalmente con argomenti che, oltre a essere falsi, non centrano assolutamente nulla con la discussione in atto.

Gli insulti Porro-Travaglio

Nell'ultima puntata di Annozero, infatti, si è superato il limite con Travaglio e Porro (vicedirettore de Il Giornale) che si sono insultati pesantemente. "Fascistone", "Liberale del cavolo", "Poveraccio", "Arrogante" e "Cretino": sono gli insulti che i due si sono scambiati. Per questo Travaglio ha scritto a Santoro: "Forse la mia presenza, per il clima creato da questi signori, sta diventando ingombrante e dunque dannosa per Anno zero...".


20 febbraio 2010, in MARCO TRAVAGLIO Lettera a Michele Santoro

Da il Fatto Quotidiano del 20 febbraio

Caro Michele,

ho riflettuto su quanto è accaduto giovedì ad Annozero. E, siccome è accaduto davanti a 4 milioni di persone, te ne parlo
in forma pubblica. Parto da una tua frase dell’altra sera: "Parliamo di fatti". Il punto è proprio questo. Si può ancora parlare di fatti in tv? Sì, a giudicare dagli splendidi servizi di Formigli, Bertazzoni e Bosetti. No, a giudicare dal cosiddetto dibattito in studio, che non è più (da un bel pezzo) un dibattito, ma una battaglia snervante e disperante fra chi tenta di raccontare, analizzare, commentare quel che accade e chi viene apposta per impedirci di farlo e costringerci a parlar d'altro.

La maledizione della par condicio, dovuta alla maledizione di Berlusconi, impone la presenza simmetrica di ospiti di destra e di sinistra. E, quando si tratta di politici, pazienza: la loro allergia ai fatti è talmente evidente che il loro gioco lo capiscono tutti.
Ma quando, come l’altra sera, ci si confronta
fra giornalisti, anzi fra iscritti all’albo dei giornalisti, ogni simmetria è impossibile: quelli "di destra" parlano addosso agli altri e – quando non sanno più che dire – tirano fuori le mie condanne penali (inesistenti) o le mie vacanze con mafiosi o a spese di mafiosi (inesistenti). Da una parte ci sono giornalisti normali, come l'altra sera Gomez e Rangeri, che non fanno sconti né alla destra né alla sinistra; e dall’altra i trombettieri. Che non sono di destra: sono di Berlusconi. E non fanno i giornalisti: recitano un copione, frequentano corsi specialistici in cui s'impara a fare le faccine e a ripetere ossessivamente le stesse diffamazioni.

Invece di contestare i fatti che racconti, tentano di squalificarti come persona. Poi, a missione compiuta, passano alla cassa a ritirare la paghetta. E, se non si abbassano a sufficienza, vengono redarguiti o scaricati dal padrone. Non hanno una faccia e dunque non temono di perderla.
Partono avvantaggiati, possono permettersi
qualunque cosa. Non hanno alcun obbligo di verità, serietà, coerenza, buonafede, deontologia. Non temono denunce perchè il padrone mette ogni anno a bilancio un fondo spese per risarcire i danni che i suoi sparafucile cagionano a tizio e caio dicendo e scrivendo cose che mai scriverebbero o direbbero se non avessero le spalle coperte. Come diceva Ricucci, che al loro confronto pare Lord Brummel, fanno i froci col culo degli altri.

Sguazzano nella merda e godono a trascinarvi le persone pulite per dimostrare che tutto è merda. E ci tocca pure chiamarli colleghi perchè il nostro Ordine non s'è mai accorto che
fanno un altro mestiere. Ci vorrebbe del tempo per spiegare ogni volta ai telespettatori chi sono questi signori, chi li manda, quali nefandezze perpetrano i loro "giornali", perchè quando si parla di Bertolaso rispondono sulle mie ferie e soprattutto che cos'è davvero accaduto a proposito delle mie ferie: e cioè che ho documentato su voglioscendere.it di aver pagato il conto fino all'ultimo centesimo e di aver conosciuto un sottufficiale dell'Antimafia prima che fosse arrestato e condannato per favoreggiamento, interrompendo ogni rapporto appena emerse ciò che aveva fatto (i due trombettieri invece dirigono e vicedirigono i giornali di due editori - Giampaolo Angelucci e Paolo Berlusconi, già arrestati due volte ciascuno, il secondo pregiudicato - e non fanno una piega).

Ma in tv non c'è tempo per spiegare le cose con calma. E, siccome io una reputazione ce l'ho e vi sono affezionato, non posso più accettare che venga infangata ogni giovedì da simili gentiluomini. Gli amici mi consigliano di infischiarmene, di rispondere con una risata o un'alzata di spalle. Nei primi tempi ci riuscivo. Ora non più: non sai la fatica che ho fatto giovedì a restarmene seduto lì fino alla fine. Forse la mia presenza, per il clima creato da questi signori, sta diventando ingombrante e dunque dannosa per Annozero. Che faccio? Mi appendo al collo le ricevute delle ferie e il casellario giudiziale? Esco dallo studio a fumare una sigaretta ogni volta che mi calunniano? O ti viene un'idea migliore?

http://voglioscendere.ilcannocchiale.it/2010/02/20/lettera_a_michele_santoro.html




Come è messa l'Italia?






















http://www.facebook.com/photo.php?pid=122389&id=100000473211112&op=1&view=all&subj=308159176041&aid=-1&oid=308159176041#!/photo.php?pid=708835&id=1528525380&op=1&view=all&subj=308159176041&aid=-1&oid=308159176041&fbid=1266031820753

Corruzione & Protezione - Peter Gomez


22 febbraio 2010

Nelle 20 mila pagine dei verbali la fotografia del “sistema gelatinoso”: appalti truccati, auto di lusso e massaggiatrici

Quanto sia seria lo raccontano le facce scure e le dichiarazioni di chi lavora tra Palazzo Grazioli e Palazzo Chigi. "Sono turbato e preoccupato", dice il sottosegretario Gianni Letta. "Approveremo nuove norme contro la corruzione" gli fa eco un po’ bugiardo il premier, Silvio Berlusconi, dopo aver esaminato i focus group e i sondaggi riservati che ormai lo assimilano alla Casta. "Posso aver commesso errori e omissioni", si giustifica il capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso. "È vero il sistema di potere esiste, ma non è illegale" assicura il coordinatore nazionale delPdl, Denis Verdini, atterrito dalle intercettazioni che hanno svelato la sua vera passione: non la politica, ma gli affari.

A dieci giorni esatti dagli arresti per corruzione di tre importanti funzionari pubblici,
Angelo Balducci, Fabio De Santis, e Mauro Della Giovampaola, e dell’imprenditore romano Diego Anemone, la politica italiana entra in una fase nuova, diversa, mai vista prima. In attesa che la magistratura faccia di nuovo scattare le manette ai polsi di qualche protagonista del "sistema gelatinoso" attraverso cui vengono assegnati gli appalti nella Penisola, diventa chiaro perché nel nostro paese le opere pubbliche costino molto più che all’estero e perché spesso non vengano mai terminate.

Per rendersene conto basta leggere le 20.000 pagine, piene zeppe di omissis, dei rapporti del
Ros dei carabinieri alla base delle 4 ordinanze di custodia cautelare e dei 40 avvisi di garanzia emessi mercoledì 10 febbraio. Il Fatto Quotidiano, dopo averle esaminate tutte, ha deciso di fornire ai suoi lettori un’ampia sintesi.

Già ora, in attesa che i giudici stabiliscano chi è colpevole e chi è innocente, è così possibile trarre dalle carte qualche conclusione. Anzi, sette punti fermi.
1) Nel corso degli anni, e sotto diversi governi, si è deciso di derogare per legge alla normativa europea sugli appalti. Ufficialmente la scelta è stata presa per permettere di concludere celermente una serie di opere pubbliche. In realtà la discrezionalità con cui vengono assegnati i lavori si è rivelata criminogena.
2) Alla Protezione civile di Bertolaso sono stati affidati compiti che non hanno nulla a che vedere con la salvaguardia delle popolazioni e del territorio: per esempio il
G8alla Maddalena, i Mondiali di Nuoto, la Celebrazione dei 150 anni dell’Unità d’Italia (tutti eventi ora sotto i riflettori degli investigatori).
3) Intorno a Bertolaso (oggi indagato) si è coagulato un gruppo di
gran commisdello Stato che andava a braccetto con le imprese a cui erano stati affidati gli appalti. Esemplare è il caso di Balducci, fino a pochi giorni fa presidente del Consiglio superiore delle opere pubbliche. La famiglia Balducci era socia della famiglia Anemone, proprietaria di un’azienda di soli 26 dipendenti, a cui sono stati affidati più di 100 milioni di euro di lavori per il G8 e i mondiali di nuoto. Insomma il controllore faceva affari con il controllato.
4) In una situazione per certi versi analoga si trovano molti parlamentari. Verdini era legato a doppio filo alla
Baldassini Tognozzi Pontello di Riccardo Fusi. Il suo collega di partito Rocco Girlanda si muoveva invece in favore del gruppoBarbetti. Ma l’elenco è lungo. E comprende aziende vengono considerate "di riferimento" per importanti esponenti del centro-sinistra. Nelle carte spuntano, a questo proposito, i nomi di Francesco Rutelli e Walter Veltroni, che però smentiscono e annunciano querele.
5) Il sistema delle "aziende di riferimento" rende spesso (ma non sempre) inutile le mazzetta. Il rapporto del
Ros elenca piuttosto una serie di favori. Che possono andare da quelli sessuali (escort), fino alle raccomandazioni per concorsi o esami. In pratica il funzionario dello Stato, che ha bisogno della politica per far carriera, ha tutto l’interesse a favorire l’impresa segnalata dal politico di turno.
6) Questo metodo di spartizione degli appalti è esteso anche a lavori che non riguardano la Protezione Civile. Nella documentazione si parla spesso di gare che riguardano l’
Anas. E di riunioni, tra imprenditori, politici e funzionari, in cui vengono discussi business rimasti per ora misteriosi.
7) Anche la ricostruzione del post terremoto abruzzese, fiore all’occhiello di Bertolaso e del governo, è in qualche modo entrata nella partita.

La Baldassini, per esempio, costituisce un consorzio, che lavorerà all’Aquila, dopo un incontro a Palazzo Chigi con il sottosegretario Letta. E Gianni, come dice Verdini per telefono, "ha portato tutto a Guido".

Se questo è il quadro, ecco che diventa chiaro come sia del tutto inutile cercare la “pistola fumante”, cioè la prova incontrovertibile di eventuali passaggi di denaro. Perché i soldi ci sono. E sono i 1000 euro in più di tasse che ogni cittadino è costretto a versare per far fronte a spese inutili o gonfiate. Il malaffare, dicono le statistiche, costa al Paese 60 miliardi all’anno. E a fumare in Italia ormai non sono le pistole, ma qualcos’altro.


Da il Fatto Quotidiano del 20 febbraio

lunedì 22 febbraio 2010

2010 odissea in parlamento - Furio Colombo


Una giornata

qualunque nella

routine di una

Camera dei

Deputati

devitalizzata,

in cui l’orgia

di corpi e mani

protesi a omaggiare

il capo unico, offusca

il senso stesso della

vita democratica

del Paese



Alle ore 15 e 35 del 18 febbraio il primo ministro -sua eccellenza Silvio Berlusconi - fa il suo ingresso alla Camera dei deputati.


L’evento è di portata storica, perché - salvo che in due casi di voto per se stesso – non si ricorda una circostanza simile dall’insediamento della coalizione Berlusconi-Bossi.


L’ingresso determina un caos festoso.


Quelli della Lega, in cravatta e fazzoletto verde di ordinanza, salutano in piedi, con larghi cenni da treno che parte.


Dai banchi gremiti della maggioranza, la folla viene giù come rivoli di lava dall´Etna, tanti percorsi confusi e rapidi per farsi vedere vicino a Berlusconi, toccargli la mano.


Ci sono fotografi e telecamere in tribuna.


C´è il tutto esaurito per l´imminente votazione sulla Protezione Civile, tanto è vero che Guido Bertolaso siede (sedeva, adesso sono tutti in piedi) al banco del governo, pronto a combattere l´opposizione, (ma anche qualunque cauta obiezione al suo operato) con la risolutezza con cui si combatte una esondazione.


Il primo ministro, dunque, entra in Aula, producendo un solco e una scia nella folla dei suoi fedeli, mentre sta parlando il deputato Palomba dell’Italia dei Valori.


Palomba, come farà più tardi Zaccaria del Pd, denuncia la incostituzionalità della legge omaggio a Bertolaso.


L´emiciclo è una grande ameba, che si muove agglutinata dal carisma del capo con un unico corpo collettivo, tante gambe che si spostano rapide, tante braccia che si protendono verso di lui , e una sola testa - scurita dal trucco quando guarda in su – e campo di sperimentazione tricologica (un vivaio di nuovi bulbi), quando mostra il cranio accuratamente restaurato.


Le scene di accoglienza festosa continuano e salgono di tono, sommergendo l’oratore abbandonato al traffico umano di deputati sconvolti dall´emozione.


L´abbandono è spiegabile perché nel giorno e nell´ora del raro e memorabile evento, la Camera dei Deputati era presieduta dall’onorevole Antonio Leone (Pdl) che tutto avrebbe voluto fare al mondo meno che affrontare l’ingorgo di passione che stava sommergendo più di metà della Camera .


Per capire, anche nelle piccole cose, come si svolge la vita della Repubblica, può essere utile trascrivere il verbale d’Aula del momento di cui sto parlando.


Federico Palomba: "Presidente, se parlassi solo per lei sarebbe un onore, ma, se possibile, vorrei potermi rivolgere...”


Presidente: "Colleghi, se permettete..."


Furio Colombo: "Presidente, ma non vede che c´è un comizio in corso?"


Presidente: "E allora? Vuole aggiungere anche il suo comizio?"


Furio Colombo: "Le chiedo solo di presiedere".


Presidente: "La smetta, onorevole Colombo".


Federico Palomba: "Signor Presidente, vorrei un po´di tempo..."


Il banco del governo, come ho detto, era affollato.


Si andava da Frattini, ministro degli Esteri, a Tremonti, ministro dell´Economia (oltre a due decine di sottosegretari ignoti).


Eppure ognuno dei due aveva da temere dalla comparsa in pubblico.


Frattini ha schierato l´Italia con la Libia contro la Svizzera, ma gli italiani continuano ad essere respinti dalla Libia.


Tremonti ha vantato la buona situazione dell´Italia in un fantasioso "dopo-crisi", mentre gli arrivavano dall´Europa, dall´Istat e dalla Banca d’Italia i dati peggiori da vent´anni di vita italiana, crollo del Pil, crollo degli ordini nelle aziende,crollo dell´occupazione.


Ma c´erano tutti, dalla star Brunetta, al sottosegretario ignoto.


Bisognava votare la "legge Bertolaso", ovvero la creazione della "Protezione Civile Spa" e la messa al sicuro (scudo giudiziario) del sottosegretario molto attivo in tanti modi, proprio mentre piovono intercettazioni e si moltiplicano le inchieste.


Il tutto con l´espediente del voto di fiducia.


Come è noto, non è andata così e l’evento simbolico è stata la visita di sua eccellenza il primo ministro al fronte.


Quasi all´improvviso, il padrone di Arcore che pensava di celebrare il trionfo, si è avviato col suo corteo di corpi umani agglutinati verso la porta ed è uscito in fretta, dall´Aula e da Montecitorio.


Era accaduto questo.


I suoi, guidati probabilmente da Gianni Letta, avevano in parte ceduto: niente "Bertolaso Spa", niente scudo giudiziario penale.


In cambio Bertolaso sta dove sta (capo della Protezione Civile), finché inchiesta giudiziaria consenta.


Ma lo spettacolo è continuato, incalzante, fuori dalla scena un po´ arrischiata, dell´Aula di Montecitorio.


Ecco la sequenza.


Ore 16.00 Berlusconi annuncia severità assoluta verso gli indagati e annuncia la campagna "liste pulite".


Ore 16.20 Il sottosegretario Cosentino, il cui arresto per reati di camorra è stato chiesto dai giudici di Primo grado,d´Appello e di Cassazione, si è dimesso da coordinatore della Cdl in Campania (inclusa la zona a lui familiare di Casal di Principe) e da sottosegretario all´Economia del governo Berlusconi.


Ore 17.00 Il presidente Berlusconi respinge le dimissioni del suo super indagato collaboratore e lo reintegra all´istante nelle sue posizioni e responsabilità: coordinatore Cdl e sottosegretario all´Economia.


Intanto accadono altre due cose.


Berlusconi dichiara di essere in pericolo di attentato e il portavoce di Berlusconi, quello vero, Augusto Minzolini, svergogna, in un editoriale audio-video, tutti coloro che hanno osato attaccare la sacra persona di Guido Bertolaso, rappresentante in terra (sia disastrata, sia contesa dagli appalti) di Berlusconi.


La somma delle due dichiarazioni serve a metterci in guardia.


Chi può dire se l´avversario politico che finge di battersi contro la corruzione politica e lo strapotere del governo e del sottogoverno è invece uno che trama un attentato contro la vita del capo del governo italiano?


La mattina di venerdì 19 febbraio si ripete il miracolo.


Al momento del voto (tutta la maggioranza Berlusconi-Bossi più tutto il governo, compreso il coraggioso Frattini, mentre gli italiani continuano ad essere respinti dall´alleato libico) Silvio Berlusconi è presente, con l´espressione astiosa e determinata della cultura del fare, mascelle strette e sguardo di sfida che a momenti - solo per un istante - diventa triste.


Forse quando si rende conto, persino lui, che dove lui distrugge non cresce più erba, e che oggi ha posto fine anche alla riserva indiana che era - o credevamo che fosse - la Protezione Civile.


InvanoDario Franceschini definisce "vittoria delle opposizioni" l´avere spinto via il progetto di privatizzazione di tutto, creando la "Protezione Civile Spa".


Le inchieste stanno dimostrando e dimostreranno che ogni impresa di questo governo è affare privato.


Ma - come sanno i portavoce preposti all´informazione - è una questione di percezione.


Già un quarto d´ora dopo la cupa entrata e uscita dal Parlamento di Silvio Berlusconi - di cui si è percepita al primo sguardo una congenita e irrimediabile estraneità - giornali radio e telegiornali montano frasi e applausi nella giusta sequenza.


Prima Cicchitto - che nella vera vita ha parlato per ultimo - poi Cota della Lega che aveva parlato subito prima di Cicchitto, poi lo scroscio di applausi da concerto che raramente hanno spazio nel Tg e Gr.


In questo modo diffondono l´impressione di una grande vittoria di Berlusconi, Bertolaso e soci.


La mite opposizione benevola non lascia traccia e non raggiunge gli elettori, in questo montaggio di regime.


Dovranno aspettare le motivazioni del prossimo avviso di garanzia.


Il Fatto quotidiano del 21 febbraio 2010.