giovedì 9 dicembre 2010

Dopo Mastercard e Visa, attaccato il sito della Palin


Pirati informatici mettono fuori uso anche quello del Senatore conservatore Lieberman


NEW YORK - Anche i siti dell'ex governatore dell'Alaska Sarah Palin e del senatore ultra-conservatore Usa Joe Lieberman, dopo quelli di Mastercard e Visa, sono stati colpiti ieri da un attacco di hacker, che hanno voluto così manifestare il loro sostegno a Wikileaks e al suo fondatore, Julian Assange, detenuto in Gran Bretagna con l'accusa di stupro. L'attacco informatico è stato lanciato dal gruppo Anonymous, che ha ha promesso di colpire tutti coloro che avrebbero tenuto dei comportamenti «anti-WikiLeaks».
Mastercard e Visa, secondo gli hacker, sarebbero colpevoli di avere bloccato il trasferimento di fondi al sito di Assange, che sta pubblicando in questi giorni migliaia di documenti riservati che stanno mettendo a rischio la rete delle relazioni diplomatiche internazionali.
Sarah Palin, invece, aveva descritto il fondatore di Wikileaks come «un agente anti-americano con le mani sporche di sangue». Il suo sito internet, attaccato dagli hacker, è rimasto fuori uso per alcuni minuti, ha confermato un esperto di sicurezza informatica, Sean-Paul Carroll. Quanto a Joe Lieberman, il senatore Usa aveva chiesto alle aziende americane di ritirare il loro sostegno tecnico a Wikileaks

WikyLeaks.


*L'informazione non ha prezzo, per tutto il resto c'è "mastercard"*.

Questa è la frase che compariva sui display delle macchinette per le transazioni commerciali.

Il gruppo di hackers, denominati "'Anobymous", di tutto il mondo hanno messo in ginocchio il pianeta con l'"Operazione Payback" che ha bloccato le transazioni commerciali di Visa, Mastercard e Paypal per boicottare le società che hanno bloccato le donazioni in favore di WikyLeaks.


La trattativa e le lacrime di Massimo Ciancimino


di Rita Di Giovacchino - 7 dicembre 2010


Era impossibile non fare caso alle lacrime che scendevano copiose sulle guance diMassimo Ciancimino in apertura dell’indimenticabile puntata di Annozerodedicata alla mafia e ai misteri delle stragi. Mai sulla tv di Stato un simile argomento era stato affrontato senza i consueti veli. I misteri sono la materia opaca che avvolge le stragi, fumogeni lanciati nel corso delle indagini, non appena si delinea una pista che possa far risalire ai mandanti.

Qualcuno preferisce chiamarli segreti e in effetti il mistero è solo un derivato che prevale quando vengono occultate notizie indispensabili. Come conferma la conclusione del processo di Brescia che 36 anni dopo ha mandato assolti tutti gli imputati. E quando anche gli esecutori vengono condannati – siano i brigatisti rossi di via Fani o i corleonesi di Totò Riina – i mandanti la fanno comunque franca, e poco importa che sia condannato qualcuno di troppo, tanto si tratta di terroristi e mafiosi. Per anni ci siamo bevuti la storiella che era stato Prospero Gallinari ad uccidere Aldo Moro nell’affollata autorimessa di via Montalcini, per poi scoprire che era stato Moretti o chissà chi.

Da giorni mi chiedo, e certamente non sono la sola, quale sarà l’utilità dei boatos su Gianni De Gennaro, lo schizzo di fango (che non manca mai) sull’uomo che ha riportato in Italia Buscetta e che, consegnandolo – solo, disperato, reduce da un tentato suicidio per l’uccisione di figli e fratelli- aFalcone ha certamente avviato un processo di destabilizzazione del sistema politico (e mafioso), poi culminato nel 1992-93 con l’uccisione dello stesso Falcone e l’incriminazione di Andreotti. Un sistema marcio, ormai alla fine del suo percorso, da eliminare in nome della legalità. E se anche ciò facesse parte di un più vasto piano di destabilizzazione dell’Italia, decisa al piano attico del mondo, il ruolo di De Gennaro è stato questo e non poteva essere diversamente a meno che non si voglia dare la patente di ingenui fno alla morte non soltanto a Falcone e Borsellino, ma alle decine di poliziotti, magistrati – il fior fiore degli apparati investigativi antimafia – che a Palermo sono stati uccisi perseguendo lo stesso obiettivo.

Cosa abbia raccontato Massimo Ciancimino ai pm Ingroia e Di Matteo, se abbia davvero riconosciuto in foto il famigerato signor Franco, se De Gennaro fosse lui o il suo diretto superiore non si sa. Poi si è affrettato a precisare che ha rivelato soltanto quello che il padre mafioso insinuava, o forse si è lasciato condizionare da più recenti pressioni di usurai della ‘ndrangheta cui si era rivolto quando le banche gli hanno bloccato i fidi. In ogni caso il danno è fatto, Ciancimino ha delegittimato se stesso e così facendo ha danneggiato l’inchiesta sulla trattativa che a Palermo poggia sulle sue dichiarazioni. Istintivamente non credo che l’ex ragazzo sia manovrato, mi è più facile immaginarlo in preda alla paranoia che sempre si appropria di chi si trova a raccontare fatti devastanti, oppure ha dovuto fare marcia indietro su altri nomi.

La notizia è tanto improbabile quanto succulenta, un assaggio di prossimi, futuri veleni. Su Ciancimino jr, ma soprattutto su quella tormentata inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia che può portare a speculare sulle origini della Seconda Repubblica, sui nuovi intrecci politici mafiosi. E che da oggi sarà più difficile. Non si tratta di essere amici o nemici di Gianni De Gennaro, come già qualcuno distingue, la verità è che siamo di fronte a un canovaccio inconsistente in cui non c’è nulla che torni. La tipologia dei personaggi, i tempi, la stessa età dei protagonisti non coincide.

Che Ciancimino sia pilotato dall’esterno o sia soltanto vittima di un incidente di percorso poco importa. Una rivelazione del genere sarà comunque utilizzata come un fumogeno perchè in ballo ci sono le stragi. Le stragi di mafia sono diverse da tutte le altre, totalmente prive da alibi ideologici. Chi deve capire capisce, è una partita giocata all’interno di un sistema occulto. “Il labirinto degli dei” come lo definisce Ingroia nel suo libro. Una sentenza definitiva inchioda ad esempio Pippo Calò come mandante della strage di Natale del 1984, la prima. Quale fosse il movente ancora nessuno lo sa: un messaggio trasversale per il ritorno in Italia di Buscetta, una minaccia al Vaticano per i miliardi inghiottiti dal crack dell’Ambrosiano? Ma anche sulle stragi più recenti sono molti i pezzi che mancano.

Quella sera ad Annozero c’era anche Frank Di Carlo, l’unico boss ancora vivo presente all’incontro con Berlusconi e Dell’Utri a Milano e di questo si è parlato, perché è ciò che oggi interessa. Ma Di Carlo è anche l’unico che afferma di essere stato avvicinato nel carcere di Full Sutton in Inghilterra da agenti segreti che parlavano inglese e che volevano che lui indicasse qualcuno interessato a far fuori Falcone. Lui aveva fatto il nome di Nino Gioè, suo cugino, che poi in effetti ha imbottito di tritolo il tunnel di Capaci. Poi Gioè si è suicidato in carcere e Di Carlo, interrogato dal pm Tescaroli, a suo tempo dichiarò: “Non so se mio cugino si è suicidato, quando si hanno rapporti con i servizi bisogna stare attenti sempre…ti usano e poi ti lasciano”. Di Carlo racconta la verità? Penso di sì, ma chi può dirlo?

Gioè si suicidò a Rebibbia all’alba del 27 luglio 1993, poche ore prima che a Roma e Milano esplodessero le ultime bombe. Era stato lui a suggerire a Bagarella di colpire i monumenti, e a lui lo aveva suggerito tal Paolo Bellini, un tipo che da solo potrebbe riscrivere una decina di misteri d’Italia.

Ma vediamo i pezzi mancanti. Chi ha ucciso il procuratore generale della Cassazione Antonino Scopelliti nell’agosto 1991? Tutto è cominciato lì, ma nessun pentito sa niente di questo omicidio. Chi ha distolto i mafiosi dall’idea di uccidere Falcone a Roma per mettere in piedi la fantasmagorica scenografia di Capaci? Chi ha selezionato i luoghi delle stragi nell’estate 1993? Basta dare un’occhiata ai nomi: Via Fauro, via dei Georgofili, la basilica di San Giovanni, San Giorgio al Velabro, via Palestro. Una strategia di segnali incrociati che pochi sono in grado di leggere. In via Fauro c’era una sede coperta dal Sismi dove alloggiava quel Lorenzo Narracci, il cui nome appare e scompare dall’inchiesta su via d’Amelio. In piazza San Giovanni l’autobomba fu collocata davanti alla sede della Caritas presso il Vicariato, dove erano state coordinate tutte le spedizioni di denaro in favore di Solidarnosc. Nella chiesa di San Giorgio al Velabro, si sarebbero svolte riunioni dell’Ordine costantiniano di cui facevano parte Cossiga, il generale Tavormina (poi capo della Dia), il generale Siracusa (poi capo del Sismi). In via dei Georgofili la bomba venne collocata a 150 metri da un Centro massonico che faceva riferimento a Spadolini. In via Palestro l’ordigno scoppiò nei pressi dell’ufficio stampa della nuova obbedienza di Di Bernardo, maestro del Grande Oriente che “non voleva avere che fare con la campagna stragista”. E per finire l’ultima bomba, quella che non è esplosa nel gennaio 1994, era stata collocata in una Giulietta parcheggiata, vedi bene, in via dei Gladiatori.

Non so perché piangesse Massimo Ciancimino, forse avvertiva il peso dell’enormità di ciò che va raccontando, a prescindere dal signor Franco. E penso alla solitudine dei magistrati che lo ascoltano – a Palermo, Firenze, Caltanissetta – e che cercano di trarre dai suoi discorsi a volte sconclusionati, a volte reticenti, frammenti di verità. I pezzi mancanti.




mercoledì 8 dicembre 2010

Zamparini accusato di corruzione e truffa Il Riesame decide sulla richiesta d’arresto


Il verdetto dei giudici è atteso per domani. In sostanza il presidente del Palermo calcio è accusato di vari reati assieme all'ex ministro della Giustizia Clemente Mastella e a sua moglie Sandra Lonardo. Al centro la costruzione di un ipermercato a Benevento

BENEVENTO – Corruzioni, truffe, mazzette e promesse di posti di lavoro per oliare i meccanismi burocratico-amministrativi e così aprire il centro commerciale “I Sanniti”, nella paludosa periferia di Benevento, “pur con vistose carenze strutturali”. Lo scrive il pm Antonio Clemente negli atti con cui la procura di Benevento ha chiesto l’arresto di Maurizio Zamparini, il leader della grande distribuzione e presidente del Palermo calcio, nell’ambito di un’inchiesta che vede indagati anche Clemente Mastellae sua moglie Sandra, un assessore beneventano e altre otto persone tra dirigenti e funzionari comunali, tecnici e collaboratori dell’imprenditore friuliano. Il 9 dicembre il Riesame di Napoli affronterà il ricorso della Procura contro la decisione del Gip che ha negato l’arresto di Zamparini, respingendo in tutto dieci misure cautelari chieste a vario titolo tra domiciliari, divieti di dimora ed interdizioni ai pubblici uffici (nessuna richiesta, però, riguarda i Mastella). Mentre pende in Cassazione e verrà discussa nelle prossime settimane un’altra istanza, rigettata nei primi due gradi, con la quale il pm Clemente ha chiesto il sequestro dell’ipermercato, valutato 17 milioni e mezzo di euro, e delle azioni del Palermo di proprietà di Zamparini, per un valore nominale di quasi 25 milioni di euro. Una spada di Damocle sull’annunciata cessione della società calcistica al gruppo Al Hokair dell’Arabia Saudita.

Accuse pesanti, che pur in assenza di misure cautelari potrebbero approdare a una richiesta di rinvio a giudizio. E tra queste, spiccano quelle relative alla presunta corruzione dei coniugi Mastella da parte di Zamparini. L’imprenditore avrebbe incontrato la signora Mastella due volte, in un periodo in cui lei era presidente del consiglio regionale campano e il marito ministro della Giustizia. La prima volta nella mitica villa di Ceppaloni, quella con la piscina a forma di cozza, il 13 settembre 2006. Il secondo, alcuni mesi dopo, in piazza Guerrazzi, dove ha sede l’associazione Iside Nova. La conferma cheSandra Lonardo Mastella ha visto due volte Maurizio Zamparini arriva dalle parole di un agente di polizia assegnato alle scorte della signora, verbalizzate il 28 dicembre 2009. Ma ci sono altri due riscontri: la traccia di una soggiorno alberghiero di Zamparini a Benevento il giorno prima, e le dichiarazioni di Diego Della Valle. ‘Mister Tod’s’, amico di famiglia dei Mastella, che spesso e volentieri ospita sul suo yacht, non esclude, scrive il pm, “che in quel periodo vi siano stati incontri tra i Mastella e Zamparini”.

Per la procura di Benevento i colloqui tra il presidente del Palermo e Lady Mastella avevano lo scopo di sbloccare l’apertura del centro commerciale I Sanniti, inaugurato in fretta e furia nell’ottobre successivo. Ed infatti, secondo le dichiarazioni del sindaco di Benevento Fausto Pepe acquisite dalla procura il 12 e il 13 novembre 2009, da quel momento i Mastella si attaccano ai telefoni per intervenire e fare pressioni su chi, nell’amministrazione comunale, avrebbe dovuto consentire l’apertura dell’Ipermercato. Apertura subordinata a una serie di condizioni stipulate con l’amministrazione comunale per ottenere le licenze e i permessi, che però l’imprenditore friuliano non avrebbe rispettato: la costruzione a sue spese di un asse interquartiere, un parco fluviale sul fiume Calore, il restauro di una antica masseria, la salvaguardia dei reperti archeologici dell’area in cui collocare il centro commerciale, e soprattutto la demolizione di tre vicini capannoni industriali abusivi, costruiti un’area destinata a verde pubblico.

Così l’assessore all’Urbanistica di Benevento Aldo Damiano, legato a doppio filo al leader dell’Udeur, si prodiga con zelo. Tanto da incontrare Zamparini e compiere con lui un sopralluogo “pur non essendo legittimato” ed affermare in un comunicato stampa su carta intestata del Comune di Benevento, secondo il pm mentendo, “che le opere cui era tenuto lo Zamparini erano complete all’80%”. Ma questo è sufficiente: l’iniziativa ‘I Sanniti’ andrà a buon fine, pur tra dubbi e polemiche che resteranno confinate nella stampa locale. E il 4 giugno 2007 parte il bonifico del Banco di Napoli col quale Zamparini versa 50.000 euro nelle casse di Iside Nova, l’associazione no-profit creata con la mission di organizzare eventi culturali e di spettacolo dalla signora Mastella, che ne è stata presidente fino al 2005 per poi dimettersi dopo l’elezione ai vertici dell’assemblea legislativa campana, affidandone la guida al figlio Elio.

Per il pm quel bonifico è la pistola fumante di un reato. Ed infatti indaga per corruzione Zamparini, i Mastella e l’assessore all’Urbanistica dell’epoca Aldo Damiano, con un dettagliato capo di imputazione che riassume le complicate vicende dell’Ipermercato. Per inciso: Iside Nova è la onlus recentemente finita nel mirino di un’altra inchiesta della Digos beneventana: avviso concluse indagini per Sandra edElio Mastella con le accuse di truffa ed estorsione per una storia di fatture gonfiate sugli spettacoli estivi di Benevento e di soldi raccolti senza averne titolo tra i titolari degli stand allestiti ai piedi del palco.

Che bisogno ha Zamparini di chiedere l’intervento dei Mastella? La realizzazione dell’Ipermercato, avviata nel 2002, procedeva a rilento e con l’aperta ostilità di alcune associazioni locali, preoccupate dello stravolgimento urbanistico di un’area sottoposta a diversi vincoli. Dunque, bisogna fare qualcosa per mobilitare consenso intorno all’operazione. E se da un lato i collaboratori dell’imprenditore iniziano ad avvicinare i personaggi più influenti del luogo per farsi segnalare liste di nomi di persone da assumere, dall’altro si cerca aiuto dai leader dell’Udeur, il partito che in quegli anni a Benevento controlla giunte, nomine, sanità, agenzie pubbliche. Titola il Sannio Quotidiano il 2 settembre 2006: “L’imprenditore in città nelle ultime ore ha incontrato i vertici dell’Udeur”. Poi, quando il Comune di Benevento torna a sollecitare il rispetto degli impegni e la demolizione dei capannoni, Zamparini va su tutte le furie, incontra Lady Mastella, muove le sue pedine sulla scacchiera della partita e il 16 settembre 2006 sbotta. Il Sannio Quotidiano riassume così il 16 settembre 2009: “L’imprenditore si sfoga: chiederò i danni. Alcuni politici locali mi avevano garantito, ma hanno prevalso i contestatori per mestiere”. A leggere le carte delle indagini resta il dubbio che senza i buoni uffici dei Mastella, i contestatori avrebbero prevalso davvero e l’Ipermercato non sarebbe stato concluso.

In queste ore Zamparini è distratto da altre vicende. In cima ai suoi pensieri c’è la cessione del Palermo. Le pagine palermitane di Repubblica riferiscono che già lunedì scorso il principe saudita Al Hokair avrebbe dovuto assistere alla partita Napoli-Palermo per discutere dell’acquisto della società. Solo le pessime condizioni metereologiche hanno impedito di raggiungere Napoli con un viaggio già programmato a bordo dell’aereo privato di Zamparini, che grazie a questa partnership sta per sbarcare in Arabia Saudita per aprire la catena di supermercati “Casa Italia”, una mega operazione finanziaria da un miliardo e cinquecento milioni di euro che prevede la realizzazione di trenta ipermercati a Riyad e nel resto del paese. Il gruppo saudita a sua volta sembra pronto ad acquistare il pacchetto di maggioranza del Palermo, ma Zamparini dovrebbe conservare una parte delle azioni e restare nel Palermo con un ruolo diverso. “Individueremo insieme un presidente giovane – dice il patron dei rosanero – un manager che faccia al caso del Palermo. In questo modo avrei la possibilita’ di riposarmi un po’ e di continuare comunque a godermi la squadra”. Purché i magistrati non ordinino il sequestro delle azioni della squadra, o altri provvedimenti. In quel caso, però, i tifosi del Palermo non la prenderebbero bene. Sui forum dei siti sportivi è un fiorire di commenti in suo sostegno: “Forza Zampa”, “Zampaman sappiamo che sei la persona più onesta di questo mondo” e via lodando. Chiosa un tifoso col nikname ‘udiwup’: “Zampa non può essere arrestato. Invaderemmo Benevento!!!


Per Assange libero già diecimila firme


Da Grillo a Fillppo Rossi di Fare futuro. Da Santoro fino a Mentana. Solo alcuni nomi che in sette ore hanno aderito alla petizione per scarcerare il fondatore di Wikileaks lanciata da ilfattoquotidiano.it

Il Fattoquotidiano.it e il resto del pianeta
Le iniziative in favore di Assange

Noam Chomsky ha firmato una lettera in favore di Assange. Gli haker attaccano tutti coloro che hanno ostacolato Wikileaks: dalla disobbedienza sociale alla operazione Payback


Michele Santoro, Antonio Tabucchi, Beppe Grillo, Carlo Lucarelli. E ancora: Enrico Mentatana,Gad Lerner, i fratelli Guzzanti. Anche il mondo della cultura e dell’informazione italiana si schiera a favore dell’ iniziativa del Fattoquotidiano.it: Salvate il soldato Assange. Intanto, oltre i nostri i confini, aumentano le iniziative di intellettuali (Noam Chomsky) e le campagne degli Haker pro-wikileaks.

Noam Chomsky, docente di linguistica al MIT (Massachusetts Institute of Technology) ha firmato una lettera in favore di Assange. Il messaggio è diretto al premier australiano, Julia Gillard. Chomsky, da sempre molto critico con la politica estera statunitense, si è unito a un gruppo di decine di esponenti del mondo intellettuale australiano (scrittori, giornalisti e avvocati). I firmatari si dicono “gravemente preoccupati” per la sicurezza del 39enne australiano e chiedono al governo di affermare pubblicamente l’impegno a tutelare la libertà di comunicazione e i diritti fondamentali di Assange. La lettera aperta chiede anche al premier di fornire sostegno ad Assange e di “compiere tutto quanto in suo potere per garantire che vengano rispettati i diritti fondamentali” del fondatore di WikiLeaks nei procedimenti giudiziari che lo riguardano.

Da ieri un gruppo di hacker è in azione per “punire” chi sta creando il cercando di isolare Wikileaks. Uno dei fenomeni più diffusi, la “disobbedienza digitale” sta colpendo Amazon. In molti hanno cancellato i propri account. Mentre la rete etica si è datat da fare per mettere fuori uso i siti degli altri “traditori”. Il gruppo hacker chiamato “Anonymous”, una firma digitale di molti attacchi etici avrebbe dato il via all’operazione “Avenge Assange” a cui si è subito collegata anche l’operazione “Payback”, attiva in Rete già da settembre per sostenere i diritti della pirateria digitale. Finora gli attacchi hanno sii sono scatenati contro Mastercard e Paypal. I siti del colosso delle carte di credito prima e quello dei pagamenti online, dopo, sono stati inaccessibili per diverse ore. La loro coilpa: aver bloccato i bonifici dei sostenitori al sito di Wikileaks.


martedì 7 dicembre 2010

Wikileaks, resa di Assange: arrestato Esulta Frattini: «Ora processatelo»


Al fondatore di Wikileaks rifiutata la libertà su cauzione: dovrà comparire al tribunale della città di Westminster

MILANO - Il fondatore di Wikileaks Julian Assange è stato arrestato dalla polizia britannica. L'arresto è avvenuto in una stazione di polizia londinese dove il 39enne giornalista australiano si è presentato di sua iniziativa. Ad Assange è stata rifiutata la libertà su cauzione e dovrà restare in carcere fino al 14 dicembre quando dovrà comparire davanti al tribunale della città di Westminster, uno dei municipi di Londra. Il giudice distrettuale Howard Riddle ha respinto la cauzione giudicando Assange a rischio di fuga. Il magistrato non ha accolto le garanzie offerte dal regista Ken Loach, dalla ex fidanzata di Hugh Grant, Jemima Kahn, e dal giornalista John Pilger. Definendo l'azione come «politicamente motivata», il legale di Assange, Mark Stephens, ha detto che il suo assistito vuole sapere quali siano i rilievi che gli vengono mossi così da potersi difendere.

ESTRADIZIONE - La vicenda sulla quale è stato spiccato il mandato d'arresto internazionale (il secondo, perché il primo era incompleto) risale al mese di agosto, quando due donne accusarono il patron di Wikileaks di averle aggredite sessualmente, accuse che Assange ha sempre negato. L'accusa è che le due donne hanno avuto con Assange rapporti consensuali, ma poi diventati non consensuali quando lui si sarebbe rifiutato di utilizzare preservativi Secondo Sky News, dopo esser stato interrogato dalla polizia, Assange comparirà dinanzi ai magistrati della corte britannica (la City of Westminster) che decideranno sull'estradizione; ma il suo avvocato ha ribadito che Assange si opporrà con tutte le sue forze a ogni tentativo di estradizione, perché il rischio è che possa essere «consegnato agli americani».

CAUZIONE NEGATA - Assange, che ha negato l'accusa di stupro, si è limitato a fornire il proprio domicilio, dapprima indicando una casella postale di Londra e poi, dopo l'insistenza dei magistrati, la città di Parkville, in Australia. Assange ha sempre affermato che si è cercato di incastrarlo per fermare le sue rivelazioni tramite Wikileaks. Altre fonti hanno riferito al quotidiano Guardian che Assange avrebbe chiesto ai suoi sostenitori di farsi garanti per lui e di raccogliere una cauzione. Assange crede di aver bisogno di almeno sei persone come garanti. Intanto il portavoce del sito di Wikileaks, Kristinn Hrafnsson, ha definito l'arresto un attacco alla libertà di stampa, ma non ostacolerà la diffusione dei documenti segreti sul sito. Poi ha ammesso di essere stato in contatto con il giornalista australiano nelle ultime 24 ore. «Questo non cambierà la nostra operazione», ha detto Hrafnsoon all’Associated Press.

FRATTINI E GATES - «Era ora, l'accerchiamento internazionale per fortuna ha avuto successo» è stato il commento del ministro degli Esteri, Franco Frattini. Conversando con i cronisti alla Farnesina l'esponente del governo ha aggiunto: «Assange ha fatto del male alle relazioni diplomatiche internazionali e mi auguro che sia interrogato e processato come le leggi stabiliscono». Soddisfazione anche oltreoceano: il segertario americano alla Difesa, Robert Gates, ha definito l'arersto «una buona notizia».

http://www.corriere.it/esteri/10_dicembre_07/wikileaks-assange-corte_988773d8-01ce-11e0-afab-00144f02aabc.shtml



Accerchiamento internazionale.




Siccome non è persona dotata di straordinaria intelligenza, sull’arresto di Julian Assange il nostro ministro degli Esteri ha detto quello che tutti i suoi colleghi hanno taciuto: «Era ora, per fortuna l’accerchiamento internazionale ha avuto successo».

Un’ammissione, neanche troppo implicita, che le questioni sessuali per cui il fondatore di Wikileaks è dentro sono solo una vergognosa scusa.


http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2010/12/07/accerchiamento-internazionale/