Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 9 dicembre 2012
Serravalle, assunzioni favori e sprechi: così Penati e Podestà l’hanno prosciugata. - Martino Valente
Ecco come la politica s’è mangiata la gallina dalle uova d’oro. L’asta deserta per la vendita liquida definitivamente le ambizioni di quello che doveva essere il “polo autostradale del Nord”. Eppure nel 2006 la società era un gioiello e macinava 37 milioni di utili. Sei anni dopo, ultima semestrale di cassa, ne dichiara sette. Con 700 dipendenti e 300 milioni di debiti.
Tessere autostradali fantasma e operazioni finanziarie spericolate nell’era Penati. Consulenze inutili, poltrone d’oro per amici e parenti nell’epoca Podestà. Ecco come la politica lombarda s’è letteralmente mangiata la gallina dalle uova d’oro, creando debiti per centinaia di milioni di euro. L’asta deserta per la vendita di Serravalle del 26 novembre scorso, il più imponente tentativo di privatizzazione oggi in Italia, liquida definitivamente le ambizioni di quel “polo autostradale del Nord” che per vent’anni è stato il biglietto da visita della classe dirigente milanese di ogni colore, dal Pd al Pdl. Insieme al flop della quotazione di Sea ha messo in crisi in conti della Provincia di Milano, che è il primo azionista con il 52% delle quote, sempre più vicina al commissariamento. Peggio, ha gettato un’ipoteca fortissima sulle grandi opere di collegamento – Pedemontana, Teem e Brebemi – che procedono in ritardo e senza fondi, con buona pace del contribuente che (forse) non le percorrerà mai. E mentre si fa più stretto e confuso il campo d’azione del pubblico, lungo le sponde dei nuovi tracciati i ras privati delle autostrade si affollano, in attesa che passi il cadavere di società pubbliche esangui, prossime alla liquidazione, da comprare a prezzo di saldo. Eppure nel 2006 la società era un gioiello, macinava 37 milioni di utili. Sei anni dopo, ultima semestrale di cassa, ne dichiara sette. E con 700 dipendenti e 300 milioni tra debiti e aumenti di capitale già deliberati Serravalle è diventata in pochi anni un carrozzone che nessuno vuol comprare, neppure in saldo. E’ legittimo allora chiedersi chi ha trasformato la regina delle autostrade lombarde in Cenerentola.
Filippo Penati, si sa cominciò a farlo nel 2005 quando comprò a Gavio il 15% delle azioni pagandole a peso d’oro e garantendogli plusvalenze per 176 milioni di euro. Ma inaugurò anche una stagione di sprechi, poltrone d’oro e “liberalità” che nulla avevano a che fare con ruspe e cantieri. La storia di Serravalle è costellata di aneddoti ma ne regala sempre di nuovi. Come quello della giornalista milanese che arriva al casello e subito dopo chiama in Provincia, indispettita: “La card non funziona, la sbarra non si alza”. Tra le eredità dell’era Penati c’erano, si apprende oggi, 5mila tessere Serravalle che assicuravano la gratuità dei pedaggi sull’intera rete autostradale italiana, messe a disposizione anche di notabili, collaboratori e amici del “Sistema Sesto”. Era ovviamente la società a saldare. A Penati si devono diverse assunzioni in quota, come quella, contestata dai pm di Monza, di Claudia Cugola, compagna dell’allora presidente. La gestione Podestà non ha però cambiato registro. “Me l’hanno piazzato qui. Dici di sì a uno, due e tre. Poi molli”. Si sfoga uno dei tanti ex amministratori di Serravalle messi alla porta perché poco inclini ad assecondare i “costi impropri” della politica. Il “raccomandato” di turno era Marco Ballarini, responsabile della campagna elettorale di Lega-Pdl a Corbetta, vicino all’ex assessore regionale Stefano Maullu. Ballarini entrerà nel cda di TE e sarà, al contempo, assunto come dirigente da Serravalle a 80mila euro. Stefano Maullu, dimessosi da assessore nell’aprile scorso, due giorni dopo trova un posto caldo come presidente di TEM. La prima assemblea dei soci decreta per lui e per l’ad Massimo Di Marco, già ad di Serravalle nell’era di Penati, l’aumento sino a 120mila euro l’anno lordi degli emolumenti. Maullu è, probabilmente, il politico più incline a catapultare i suoi uomini tra i dirigenti delle società. Prossimo a lui è accreditato l’attuale dg di Serravalle Mario Martino, proveniente da MM a 140mila euro. Ex stretto collaboratore di Podestà in Edilnord è, invece, il presidente di Pedemontana Salvatore Lombardo, che oggi lavora in sintonia con l’ad Marzio Agnoloni, intimo di Loris Verdini e presidente pure di Serravalle, nel rafforzamento degli organici di una società con i conti viranti al rosso. Ha il pallino della famiglia il presidente Podestà. Ma non sono bastate le consulenze affidate alla società della moglie (300mila euro) a ripianare l’azienda di famiglia, la Roly, in rosso per 6,3 milioni. Così ha incaricato di risanarla proprio l’Agnoloni che lui stesso ha nominato in Serravalle.
Adiamo avanti. Carmen Zizza è donna di fiducia di Podestà. Viene assunta in Serravalle a 40mila euro l’anno nelle ultime settimane dell’era Penati. Eletto Podestà, lo stipendio della Zizza, il cui curriculum a effetti speciali è stato oggetto di interrogazioni parlamentari, schizza sino a 130mila euro. Poi la Zizza ripara in Asam come consigliere delegato. A lei, senza laurea, è stata affidata la privatizzazione da 700 milioni di euro di Serravalle e la vendita del 14,5% di Sea. Anche Guido Manca, condannato a febbraio per truffa al Comune di Milano, ha trovato un porto sicuro in Serravalle Engineering a 60mila. In Pedemontana sono occupate le mogli di Pasquale Cioffi, ufficiale di collegamento tra Maullu e la Provincia, e di Vincenzo Giudice, ex capogruppo di Forza Italia a Palazzo Marino e padre di Sara, la pasionaria anti-Minetti risucchiata nell’affaire di ‘ndrangheta dell’ex assessore regionale Domenico Zambetti. Posti e costi della politica: due anni fa, in una sola seduta, il cda di Serravalle stanziava 332mila euro per “iniziative sul territorio”, dalla Milanesiana al Palio di Legnano (50mila euro), dal Don Gnocchi (30mila) all’associazione degli abruzzesi (5mila). Elargizioni cui cercò di porre un freno l’ad Federico Giordano, proveniente da Unicredit. Pur di stringere i cordoni della borsa fece cambiare lo statuto sociale rimettendo le liberalità in mano ai soci e togliendole ai consiglieri. Fu messo alla porta quasi all’istante. Rischia oggi Antonio Marano, ad di TE, pure lui manager “targato” Unicredit. La controllante TEM, insoddisfatta del suo operato, ha chiesto la convocazione (10 dicembre) dell’assemblea dei soci di TE con all’ordine del giorno la revoca dell’ad che ha ottenuto un prestito-ponte di 120 milioni dalle banche in fuga dalle infrastrutture. C’è chi ipotizza la nomina di Maullu al suo posto e l’arrivo alla presidenza di TEM dell’assessore provinciale Fabio Altitonante, numero due della corrente pidiellina guidata dallo stesso Maullu. L’azzeramento da gennaio della Giunta di Palazzo Isimbardi spinge, del resto, molti suoi componenti a cercare un posto al sole. Meglio se ben remunerato.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/12/08/serravalle-assunzioni-favori-e-sprechi-eccome-come-e-stata-prosciugata-da-penati/439776/
Uno dei tanti motivi che hanno portato l'Italia sull'orlo del fallimento e costretto noi cittadini a stringere la cinghia.
Il patibolo non mi sembrerebbe una pena troppo severa per questi loschi individui.
Cetta.
Uno dei tanti motivi che hanno portato l'Italia sull'orlo del fallimento e costretto noi cittadini a stringere la cinghia.
Il patibolo non mi sembrerebbe una pena troppo severa per questi loschi individui.
Cetta.
"Financial Times Deutschland"
Il "Financial Times Deutschland" chiude ed ecco la foto di commiato della redazione.
Fantastico il testo:
«Scusate cari azionisti per aver bruciato così tanti milioni. Scusate cari investitori pubblicitari per aver fatto informazione in maniera critica sul vostro business. Scusate cari portavoce, cari addetti stampa, per non aver seguito i vostri suggerimenti. Scusate cari politici per avervi creduto così poco. Scusate cari colleghi per avervi fatto lavorare tante notti e fine settimana. Scusate cari lettori se queste sono le ultime righe del Fdt. Ci dispiace. Ci scusiamo senza riserve. Ma se dovessimo ricominciare daccapo, lo faremmo esattamente allo stesso modo».
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=442237405836886&set=a.262494110477884.62810.261621107231851&type=1&theater
Quando la Fede Serve il Potere. - Furio Colombo
Discorso storico del cardinale di Milano su un evento che sconvolge il mondo. Il Prelato annuncia che lo Stato minaccia Dio. Quale Stato? Ma qualunque Stato laico, inclusi gli Stati Uniti di Obama. Non una parola sugli Stati in cui vige la Sharia, ovvero una religione, quella islamica, come legge civile e penale.
Non una parola sulla bambina Malala, che è stata quasi uccisa in Pakistan (Paese che ha molti problemi ma che trabocca di Dio, nel senso di Scola) per avere sostenuto il diritto delle bambine ad andare a scuola, diritto negato – secondo gli Scola locali – dal Dio di quel Paese.
Noto che il cardinale di Milano dichiara subito che “la laicità dello Stato minaccia la libertà religiosa”. Usa la stessa parola (inspiegabile, dal punto di vista logico) che i cattolici estremisti usano per condannare le coppie di fatto, come se fossero un pericolo per le altre famiglie. Mi riferisco a un “discorso alla città di Milano” nella ricorrenza dell’Editto di Costantino (312 d.C.) interpretato come l’inizio della libertà del culto cristiano (che invece apre il percorso ad altri editti che porteranno al più violento e rigido divieto di ogni altra pratica religiosa che non sia il cristianesimo.
Userò, come interprete delle parole di Scola, il teologo Vito Mancuso: “Per Scola occorre ripensare una visione culturalmente in grado di sostenere i cosiddetti valori non negoziabili cari a Benedetto XVI, cioè vita, scuola, famiglia, da intendersi alla maniera del magistero cattolico attuale, che non è detto che coincida con il vero senso del cristianesimo” (Repubblica , 7 dicembre 2012). L’ultima frase di questa citazione di Mancuso è confermata e illustrata da un libro di Carlo Casini (Movimento per la vita) dal curioso titolo Non li dimentichiamo. Viaggio fra i bambini non nati. “Non è un libro di fantascienza o un thriller alla Stephen King. ma un testo di presunta ortodossia cattolica. Interessante, infatti, notare che l’autore del libro cerca prove e sostegni per l’“identità giuridica” di embrioni e feti non dalla teologia cristiana (non ne troverebbe) ma in una personale interpretazione della Convenzione Onu sui diritti dell’Infanzia. Ecco il marchingegno
La Carta, ovviamente protegge non solo i bambini nati ma anche le mamme incinte. Carlo Casini pensa che ciò significhi che l’Onu funziona e agisce nel vasto territorio non solo dei non ancora nati, ma dei mai nati e dell’universo non identificabile degli embrioni. Ed esclude del tutto dalla sua interpretazione della Carta dell’Onu ogni protezione del diritto delle donne alla tutela del proprio corpo e delle possibilità di sopravvivenza. Come si vede il cardinale Scola, nella solenne occasione del discorso di Milano, si muove con le stesse parole e allo stesso livello del libro inventato alla svelta per l’occasione dal Movimento per la vita, ovvero fuori dalla storia, fuori dalle leggi dei Paesi democratici e fuori dalla Costituzione Italiana. Vito Mancuso ci dice che tutto ciò avviene anche fuori “dal vero senso del cristianesimo”. Credere o non credere è la grande scelta privata e individuale. Ma resta lo stupore e l’imbarazzo per ciò che Scola ha detto come capo della Chiesa di Milano. Ha detto che “lo scontro non è tra fede e istituzioni civili. Le divisioni più profonde sono quelle fra cultura secolarista e fenomeno religioso e non, come spesso erroneamente si pensa, tra credenti di fedi diverse. “Infatti – aggiunge – sotto una parvenza di neutralità e oggettività delle leggi, si cela e si diffonde una cultura priva di apertura al trascendente”. La frase è arrischiata, perché il solo sistema giuridico fondato sulla trascendenza – nel senso detto e pensato dal Vescovo di Milano – è la legge detta Sharia, un’or – todossia cieca che si avvinghia alla politica, intende dominarla, e tormenta alcuni Paesi islamici bloccando ogni passaggio ai diritti umani e civili. In che modo l’apertura obbligatoria alla trascendenza, invocata dal Cardinale Scola per le istituzioni pubbliche italiane, sarebbe diversa dalla imposizione paleo- islamica contro cui tante donne e uomini di molti Paesi islamici si battono? Coloro che si oppongono, nella vita e nella cultura italiana, al fondamentalismo ormai ufficiale della Chiesa romana, sono definiti, come è noto, “laicisti”. La parola descrive in modo sprezzante una categoria culturale e politica inferiore (“laici” sono coloro che accettano gentilmente che il cadavere di Welby venga lasciato fuori dalle porte chiuse di una chiesa e privato del funerale della sua fede) a cui non si deve prestare alcuna attenzione. Si usi allora, per chiarezza nei confronti dei credenti, la parola “cattolicista” per definire tutti coloro, cardinali e no, che usano la religione e la fede come strumento per governare. È storia italiana da decenni. Dovunque si veda o si creda di vedere una promessa di protezione della gerarchia ecclesiastica per un partito o per un potere, subito si raccoglie una folla di cattolicisti, travestiti da fervidi credenti e impegnati a cercare e affermare le loro radici cristiane mentre lasciano morire a migliaia gli immigrati in mare. Ecco dunque il vero punto di scontro evocato dal Cardinale Scola. Il Vescovo di Milano include tra i veri nemici della trascendenza il presidente americano Obama che vuole estendere il diritto alle cure mediche gratuite anche alle donne in caso di aborto. Alcuni giorni fa un padre gesuita che stava ascoltando questi miei argomenti in un incontro pubblico, mi ha dato la frase giusta per concludere: “Ricordi, però, che la Chiesa non sono soltanto i cardinali”.
Noto che il cardinale di Milano dichiara subito che “la laicità dello Stato minaccia la libertà religiosa”. Usa la stessa parola (inspiegabile, dal punto di vista logico) che i cattolici estremisti usano per condannare le coppie di fatto, come se fossero un pericolo per le altre famiglie. Mi riferisco a un “discorso alla città di Milano” nella ricorrenza dell’Editto di Costantino (312 d.C.) interpretato come l’inizio della libertà del culto cristiano (che invece apre il percorso ad altri editti che porteranno al più violento e rigido divieto di ogni altra pratica religiosa che non sia il cristianesimo.
Userò, come interprete delle parole di Scola, il teologo Vito Mancuso: “Per Scola occorre ripensare una visione culturalmente in grado di sostenere i cosiddetti valori non negoziabili cari a Benedetto XVI, cioè vita, scuola, famiglia, da intendersi alla maniera del magistero cattolico attuale, che non è detto che coincida con il vero senso del cristianesimo” (Repubblica , 7 dicembre 2012). L’ultima frase di questa citazione di Mancuso è confermata e illustrata da un libro di Carlo Casini (Movimento per la vita) dal curioso titolo Non li dimentichiamo. Viaggio fra i bambini non nati. “Non è un libro di fantascienza o un thriller alla Stephen King. ma un testo di presunta ortodossia cattolica. Interessante, infatti, notare che l’autore del libro cerca prove e sostegni per l’“identità giuridica” di embrioni e feti non dalla teologia cristiana (non ne troverebbe) ma in una personale interpretazione della Convenzione Onu sui diritti dell’Infanzia. Ecco il marchingegno
La Carta, ovviamente protegge non solo i bambini nati ma anche le mamme incinte. Carlo Casini pensa che ciò significhi che l’Onu funziona e agisce nel vasto territorio non solo dei non ancora nati, ma dei mai nati e dell’universo non identificabile degli embrioni. Ed esclude del tutto dalla sua interpretazione della Carta dell’Onu ogni protezione del diritto delle donne alla tutela del proprio corpo e delle possibilità di sopravvivenza. Come si vede il cardinale Scola, nella solenne occasione del discorso di Milano, si muove con le stesse parole e allo stesso livello del libro inventato alla svelta per l’occasione dal Movimento per la vita, ovvero fuori dalla storia, fuori dalle leggi dei Paesi democratici e fuori dalla Costituzione Italiana. Vito Mancuso ci dice che tutto ciò avviene anche fuori “dal vero senso del cristianesimo”. Credere o non credere è la grande scelta privata e individuale. Ma resta lo stupore e l’imbarazzo per ciò che Scola ha detto come capo della Chiesa di Milano. Ha detto che “lo scontro non è tra fede e istituzioni civili. Le divisioni più profonde sono quelle fra cultura secolarista e fenomeno religioso e non, come spesso erroneamente si pensa, tra credenti di fedi diverse. “Infatti – aggiunge – sotto una parvenza di neutralità e oggettività delle leggi, si cela e si diffonde una cultura priva di apertura al trascendente”. La frase è arrischiata, perché il solo sistema giuridico fondato sulla trascendenza – nel senso detto e pensato dal Vescovo di Milano – è la legge detta Sharia, un’or – todossia cieca che si avvinghia alla politica, intende dominarla, e tormenta alcuni Paesi islamici bloccando ogni passaggio ai diritti umani e civili. In che modo l’apertura obbligatoria alla trascendenza, invocata dal Cardinale Scola per le istituzioni pubbliche italiane, sarebbe diversa dalla imposizione paleo- islamica contro cui tante donne e uomini di molti Paesi islamici si battono? Coloro che si oppongono, nella vita e nella cultura italiana, al fondamentalismo ormai ufficiale della Chiesa romana, sono definiti, come è noto, “laicisti”. La parola descrive in modo sprezzante una categoria culturale e politica inferiore (“laici” sono coloro che accettano gentilmente che il cadavere di Welby venga lasciato fuori dalle porte chiuse di una chiesa e privato del funerale della sua fede) a cui non si deve prestare alcuna attenzione. Si usi allora, per chiarezza nei confronti dei credenti, la parola “cattolicista” per definire tutti coloro, cardinali e no, che usano la religione e la fede come strumento per governare. È storia italiana da decenni. Dovunque si veda o si creda di vedere una promessa di protezione della gerarchia ecclesiastica per un partito o per un potere, subito si raccoglie una folla di cattolicisti, travestiti da fervidi credenti e impegnati a cercare e affermare le loro radici cristiane mentre lasciano morire a migliaia gli immigrati in mare. Ecco dunque il vero punto di scontro evocato dal Cardinale Scola. Il Vescovo di Milano include tra i veri nemici della trascendenza il presidente americano Obama che vuole estendere il diritto alle cure mediche gratuite anche alle donne in caso di aborto. Alcuni giorni fa un padre gesuita che stava ascoltando questi miei argomenti in un incontro pubblico, mi ha dato la frase giusta per concludere: “Ricordi, però, che la Chiesa non sono soltanto i cardinali”.
da IlFattoQuotidiano del 09.12.2012
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=393034800781691&set=a.236707446414428.59232.235982526486920&type=1
Le religioni svolgono le stesse funzioni dei partiti politici: adescare il maggior numero di adepti per ottenere un profitto economico. La fede è tutta un'altra cosa.
Cetta.
Lo spread non si mangia.
L'inguardabile!
Ancora tu? Ma non dovevamo rivederci più?
La riesumazione di Berlusconi e le elezioni anticipate sono alle porte. Non sembra che gli italiani siano sconvolti o sorpresi, molti al grido di "arridatece il puzzone" vogliono liberarsi il prima possibile di Monti rimettendo allo psiconano ogni peccato.
Rigor Montis ci ha messo del suo, insieme a una stampa montiana compiacente fino al leccaculismo più esasperato.
L'agenda Monti, sottoscritta con voluttà dal pdmenoelle, prevedeva un solo punto: lo spread, ma lo spread non si mangia e soprattutto non dipende da Monti, ma dalle agenzie di rating internazionali. Lo spread che è salito alle stelle in estate (colpa dei mercati?) e sotto i 300 punti a dicembre (merito di Monti?) è una variabile indipendente dal governo. E' un guinzaglio per tenere sotto controllo la politica italiana, una corda che si stringe a piacere in mano alla finanza internazionale. Non si vive di solo spread, e di spread, con la politica di Rigor Montis, si può solo morire.
Con il trio Monti, Passera, Fornero è scoppiata la disoccupazione, decine di migliaia di aziende hanno chiuso i battenti, la piccola distribuzione è alla canna del gas, il debito pubblico è aumentato come ai tempi di Tremorti, circa 100 miliardi all'anno. Macelleria sociale nella sanità e nella scuola, diminuzione dei diritti dei lavoratori, milioni di nuovi poveri e nessun taglio alle decine di miliardi di costi inutili, dai cacciabombardieri, alla Tav, alle pensioni d'oro. Nessun recupero della Grande Evasione, come per i 98 miliardi del gioco d'azzardo o il recupero almeno parziale sui 100 miliardi dello Scudo Fiscale tassati al 5%. Nessun esempio dall'alto mentre si colpevolizzavano gli agriturismi e i tassisti. L'unico successo del Governo è aver ricomprato i nostri marci titoli di Stato dalle banche tedesche e francesi e aver finanziato banche sull'orlo del fallimento come MPS. L'italiano è letteralmente terrorizzato da altri cinque anni di montismo, le aziende se possono scappano all'estero. Molti proprietari semplicemente le chiudono e portano i loro capitali altrove. Lo psiconano lo sa e lo sanno meglio di lui i suoi sondaggisti. Monti, i suoi aedi, la distruzione di una nazione in nome dello spread, non li sopporta più nessuno. Non si vive di solo spread. L'Italia è una pentola a pressione sul punto di esplodere. Ci vediamo in Parlamento. Sarà un piacere.
http://www.beppegrillo.it/2012/12/lo_spread_non_si_mangia.html#commenti
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