Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 10 dicembre 2012
Kukulkan o Quetzalcoatl.
KUKULKAN EL DIOS MAYA DE LOS TERREMOTOS...
Ma pare che sia anche il dio del vento, del bene.
Viene chiamato anche Serpente Piumato (Quetzalcoatl)
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=4888674105273&set=a.2848699987195.2141007.1550335170&type=1&theater
M5S, “Casaleggio prende i soldi dei gruppi”. E lui querela l’attivista. - Giulia Zaccariello
A una settimana dall’apertura delle Parlamentarie online del Movimento 5 stelle, non si placano le polemiche sulle presunte ingerenze di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, in particolare nella gestione dei fondi per la comunicazione dei futuri deputati. Per la prima volta, il guru della comunicazione di Grillo esce allo scoperto, e con poche righe firmate di suo pugno e pubblicate sul blog beppegrillo.it, annuncia di voler portare in tribunale un attivista di Bologna, Ivano Mazzacurati, e Paolo Ruffini, direttore di La7. “In un’intervista trasmessa da Servizio Pubblico la scorsa settimana – si legge – Ivano Mazzacurati ha affermato che Casaleggio prenderà i soldi destinati ai gruppi parlamentari del MoVimento 5 Stelle. La notizia è falsa ed offensiva. Ho dato disposizioni ai miei legali per querelare Ivano Mazzacurati e il direttore di rete de La 7.”
Nel mirino di Casaleggio c’è un’intervista girata dalla trasmissione di Michele Santoro mercoledì sera a Bologna, durante l’assemblea semestrale di verifica convocata dal consigliere regionale,Giovanni Favia. Mazzacurati parla delle regole da sottoscrivere per candidarsi alla consultazione, con specifico riferimento al patto per la gestione dei fondi che ogni gruppo parlamentare avrà a disposizione per le attività di comunicazione. “A chi andranno quei soldi?” è la domanda della giornalista Giulia Innocenzi. “A loro, a Casaleggio” risponde Mazzacurati, che poi aggiunge: “Chi ha parere diverso dai fedelissimi di Grillo viene isolato. Nel Movimento 5 stelle è Casaleggio ad avere più potere, perché Grillo non manovra tutta questa faccenda”.
Insieme a Lorenzo Andraghetti e Alessandro Cuppone, Mazzacurati è uno dei tre militanti che hanno denunciato di essere stati tagliati fuori dalle primarie online, pur avendo tutte le carte in regola per partecipare.
La regola a cui Mazzacurati fa riferimento nel video di Servizio Pubblico è inserita nel codice di codice di comportamento, che tutti gli aspiranti deputati a 5 stelle hanno dovuto firmare per entrare nella competizione. E prevede che le risorse per la comunicazione dei gruppi parlamentari siano destinate a una speciale struttura di supporto. “La costituzione di due gruppi di comunicazione – si legge nel testo – uno per la Camera e uno per il Senato, sarà definita da Beppe Grillo in termini di organizzazione, strumenti e di scelta dei membri, al duplice fine di garantire una gestione professionale e coordinata di detta attività di comunicazione, nonchè di evitare una dispersione delle risorse per ciò disponibili. Ogni gruppo avrà un coordinatore con il compito di relazionarsi con il sito nazionale del Movimento e con il blog di Beppe Grillo”. Un obbligo che dovrà essere messo nero su bianco “nello statuto di cui lo stesso gruppo parlamentare dovrà dotarsi per il suo funzionamento”.
Processo Ruby, Boccassini: “B. vuole dilatare i tempi per arrivare a elezioni”.
Il ritorno in campo di Silvio Berlusconi si riverbera immediatamente sui i suoi processi. E così oggi Ruby, la marocchina ospite delle serate ad alto tasso erotico di Arcore quando era ancora minorenne e invano spacciata per la nipote dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarak, non si è presentata in aula per testimoniare. “Questa è una strategia per dilatare i tempi, del processo per arrivare alla campagna elettorale” ha affermato il procuratore aggiunto di MIlano Ilda Boccassini nel corso dell’udienza del processo Ruby che vede il leader del Pdl imputato per concussione e prostituzione minorile. La ragazza oggi non si è presentata a testimoniare senza documentare il motivo dell’assenza. E in aula è stato scontro tra accusa e difesa.
”Ho cercato di mettermi in contatto con la ragazza, ma il suo cellulare è staccato e anche quello del suo ragazzo, lei mi ha mandato un sms per dire che è all’estero ma non ho la documentazione di questo viaggio e non so quando tornerà ”ha dichiarato Paola Boccardi, legale di Ruby. L’avvocato ha spiegato così l’assenza ingiustificata della giovane che deve testimoniare nel processo a Silvio Berlusconi, citata dalla difesa dell’ex premier. Il legale ha chiarito che non può dire se la ragazza riuscirà ad essere in aula il 17 dicembre. Non è la prima che i testi e la stessa Ruby non si presenta in aula: A causa di concomitanti impegni parlamentari non avevano potuto esser presenti in aula i due ex ministri Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna il 31 ottobre scorso.
La difesa dell’ex premier ha chiesto di citare nuovamente Ruby come teste per il 17 dicembre, ma Boccassini ha chiesto la ‘decadenza’ del teste perché non crede ai motivi dell’assenza: che non è “documentata. Io non credo a quello che ci viene prospettato in udienza, questa è una strategia per dilatare i tempi del processo e arrivare in campagna elettorale”. Ghedini ha ribattuto: “Questo è intollerabile, questa è una aggressione alla difesa”. Boccassini ha aggiunto: “Conosco le strategie della difesa dell’imputato Berlusconi da tempo”. I giudici, dopo essersi ritirati in camera di consiglio per valutare tempi e modi dell’eventuale testimonianza di Ruby, hanno citato nuovamente la teste per l’udienza del 17 e hanno dato disposizioni alla Polizia giudiziaria di cercarla “in tutto il territorio nazionale”. I magistrati hanno quindi respinto la richiesta del Pm di considerare ‘decaduta’ la testimone. Se alla prossima udienza non si presenterà i giudice potranno decidere la misura dell’accompagnamento coatto. L’esame della teste “non è superfluo né irrilevante” affermano i giudici che chiedono alle forze dell’ordine rintracciarla “anche acquisendo notizie dalla famiglia d’origine e dal suo compagno”. L’aggiunto Boccassini ha suggerito di fare accertamenti presso gli uffici di immigrazione di diverse questure italiane: “Se è andata all’estero – è il ragionamento del magistrato – dovrebbe risultare”. La presidente del collegio, Giulia Turri, ha assicurato che il tribunale “non lascerà nulla di intentato” per verificare dove si trova Ruby
“Mi sembra di capire che ci fosse fretta da parte della procura di arrivare alla sentenza prima delle elezioni” ha poi affermato fuori dall’aula Ghedini. In aula Boccassini aveva ipotizzato anche la fissazione di un’udienza prima delle festività natalizie per recuperare quella “persa” oggi, a causa dell’assenza di Ruby. ”E’ la Procura di Milano che ha aperto la campagna elettorale”. A un cronista che gli faceva notare come la campagna elettorale sia sbarcata oggi nel processo sul caso Ruby, Ghedini ha risposto: “La campagna elettorale l’ha aperta la procura, che ha chiesto di fare udienza anche a Natale per arrivare a una sentenza che i pm ritengono possa essere di condanna prima delle elezioni”. Secondo Ghedini dunque, i pm milanesi vogliono “un risultato pre-elettorale”. A chi gli chiedeva invece se la difesa avanzerà legittimi impedimenti per Berlusconi nel corso della campagna elettorale, Ghedini ha risposto: “Lo valuteremo di volta in volta, comunque noi non abbiamo mai opposto legittimi impedimenti”. Ciò che è grave, secondo Ghedini, “è l’accelerazione prima di una campagna elettorale di un processo che si prescriverà nel 2025, un processo che è andato molto più rapidamente di quelli per gli imputati detenuti”. Secondo lo storico legale dell’ex premier, le frasi pronunciate stamani dal pm Ilda Boccassini riguardo alla presunta strategia dilatoria della difesa per arrivare alle elezioni sono “teorie diffamatorie”.
Già in passato la Procura di Milano aveva lamentato le improvvise e a volte ingiustificate assenze dei testi citati chiedendo quindi che per le udienze fossero chiamati in Tribunale a Milano più testimoni. Eppure poco meno di due mesi fa la ragazza, invano spacciata per la nipotina di Mubarak e oggi madre di una bambina, aveva dichiarato che non vedeva l'ora di dire la verità in aula e cioè che alle feste era la meno disinvolta e che non ha mai avuto rapporti sessuali con l’ex premier. Lo stesso Berlusconi ha sempre negato qualsiasi intimità con la ragazza, anche se diverse testi hanno confermato che le serate ad Arcore era un vero e proprio “puttanaio”.
L’ultimo a testimoniare in ordine di tempo era stato l’ex direttore del Tg4 Emilio Fede che aveva proprio parlato di Ruby dicendo che “ballava male e aveva un cattivo odore”. Il 26 novembre scorso invece aveva risposto alle domande delle accuse una delle Olgettine, Joana Claudia Amarghioalei, che aveva raccontato che la marocchina si presentava dicendo di essere egiziana e di avere 24 anni. Tesi da sempre sostenuta da Berlusconi che lo scorso 19 ottobre era venuto in aula a dire la sua verità: mai rapporti intimi con Ruby, una ragazza con una storia triste che aveva commosso tutti.
Monti: non potevo evitare le dimissioni. Europa preoccupata guarda all'Italia.
Schulz: 'Berlusconi minaccia stabilita' Italia ed Ue'. La replica del Cav: 'Inaccettabile'.
- "Sono convinto di aver fatto la cosa giusta e in ogni caso non potevo farne a meno, dopo quel che è successo. Ma sono preoccupato naturalmente non per me ma per quel che vedo". E' la spiegazione delle ragioni delle sue dimissioni che il premier Mario Monti ha dato a chi lo ha chiamato per un saluto, come riferisce Repubblica in un resoconto firmato dal direttore, Ezio Mauro. Il premier sottolinea di non sapere proprio quale sarà il suo futuro al termine dell'esperienza del governo tecnico: "Se dovessi candidamente dire il mio sentimento oggi, direi che sono molto preoccupato. E non mi riferisco soltanto a quella parte politica da cui è venuto questo epilogo con le mie dimissioni. La mia preoccupazione è più generale".
Una decisione, quella di rassegnare le dimissioni dopo l'ok alla legge di stabilità, maturata "proprio durante il volo da Cannes a Roma", ricordando anche "cosa aveva rappresentato per l'Italia Cannes lo scorso anno, con quel G8 all'inizio di novembre in cui il nostro governo fu messo alle strette". La sua scelta, comunque, sottolinea il premier, "non ha avuto bisogno di un confronto politico. Non è vero che mi sono confrontato con gli onorevoli Bersani e Casini prima di andare al Quirinale. Non ne avevo il tempo e in qualche modo potrei dire che non ne ho avvertito la necessità. Nel senso che mi era ben chiaro cosa dovevo fare. Ecco perché non ne ho parlato nemmeno con esponenti del governo. Ho voluto confrontarmi solo con il Capo dello Stato. Poi a cose fatte ho chiamato Bersani e Casini. E dopo anche l'onorevole Alfano".
L'annuncio nel giorno di festa è arrivato per dare "a mercati chiusi, ventiquattro, trentasei ore di tempo per riassorbire un 'colpo', nella speranza naturalmente che il colpo non ci sia". E determinante non è stato tanto il timore di un 'Vietnam parlamentare' dopo la dichiarazione di Alfano, ("interpretata veramente come un attestato di sfiducia anche se non espressa in modo formale", non necessario perché "le cose sono chiare"). Il fatto "decisivo - spiega il premier - è un altro: io non sento più intorno a me una maggioranza che, sia pure con riserve e magari a malincuore, sia capace di sostenere con convinzione la linea politica e di programma su cui avevamo concordato". E "non potevo fare altrimenti. Non sarebbe stato giusto e nemmeno possibile".
NAPOLITANO: VALUTAZIONI FRA 8 GIORNI - 'Parlero' solo tra 8 giorni e lì farò le mie valutazionì, lo ha annunciato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ai cronisti che, dopo il concerto di Natale, gli chiedevano se fosse preoccupato dalla crisi di governo. 'Vedremo cosa faranno' i mercati, ha aggiunto. Per Mario Monti domenica a Milano, dove é andato con la moglie Elsa a messa. 'Non si poteva andare avanti così'. E' stato il pensiero del premier Mario Monti nel racconto con il Corriere della Sera della giornata nella quale ha annunciato al capo dello Stato la sua intenzione di dimettersi una volta approvata la legge di stabilità. Il premier ha infatti valutato l'intervento del segretario del Pdl Alfano come una mozione di sfiducia e ha preso la sua decisione a mercati chiusi. Il Quirinale prende atto della mossa a questo punto il voto potrebbe arrivare già a febbraio.All'indomani dell'annuncio delle dimissioni del premier, il segretario del Pdl Angelino Alfano assicura che 'la stima per Monti rimane' e garantisce l'approvazione della legge di stabilità e decreto Ilva. 'Non c'é tempo da perdere, si approvi la legge di stabilità in fretta e poi si vada al votò, dice dal Pd Dario Franceschini. fretta e poi si vada al votò, dice dal Pd Dario Franceschini
SCHULZ, BERLUSCONI MINACCIA STABILITA' ITALIA E UE "Berlusconi è il contrario della stabilita" ed il suo ritorno può essere una minaccia per l'Italia e per l'Europa "che hanno bisogno di stabilità". Lo ha detto il presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz, in un'intervista all'ANSA alla vigilia della consegna del Premio Nobel per la pace all'Unione europea a Oslo
BERLUSCONI, PAROLE SCHULZ ASSURDE E INACCETTABILI- "E' assurdo e inaccettabile che il presidente del Parlamento europeo possa esprimere giudizi così sulla politica italiana". Lo ha detto Silvio Berlusconi sulle parole di Martin Schulz, aggiungendo che quest'ultimo è anche "male informato, perché se in Italia c'é una persona più europeista di Silvio Berlusconi me la facciano trovare".
La foto di Monti, apparsa su molti quotidiani, ossequioso e in piedi dietro "i tre dell'avemaria" seduti comodamente è emblematica, oscena, direi. Dà l'idea di come fossero già tutti d'accordo sul "da farsi"..
Napolitano, del resto, non ha fatto altro che salvaguardare Berlusconi, allontanandolo, solo momentaneamente, dalla scena politica per dargli "respiro" e farlo ripresentare sulla scena politica "con rinnovata alterigia". Nulla è cambiato, è solo aumentato il nostro debito pubblico. Perchè non si può pretendere di cambiare un qualcosa alla radice se si cambia solo la testa di un pesce avariato come ha fatto Napolitano cambiando solo lo staff di governo senza sciogliere le camere. A Monti è stato ordinato di fare ciò che B. non è riuscito a fare: quello che "il potere chiedeva fosse posto in essere", e non si doveva transigere. Svolto il "lavoro sporco", tutti concordi, Napolitano, Monti e Berlusconi, sono passati alla fase successiva, tutto ritorna come prima.
Noi cosa rappresentiamo in tutto ciò? Bella domanda! Sarebbe il caso che incominciassimo a domandarcelo!
Per quanto riguarda Schulz non dimentichiamo che è un europeista per eccellenza, nulla da contestargli per ora, ma teniamo questa consapevolezza nella giusta considerazione...non tutto l'oro luccica...ognuno tira l'acqua al suo mulino...tanto per intenderci.
Cetta
domenica 9 dicembre 2012
Crisi di governo, Monti a Napolitano: “Legge di Stabilità, poi mi dimetto”. - Pierluigi Giordano Cardone
Prima la Legge di Stabilità, poi le dimissioni. Perché “il presidente del Consiglio non ritiene possibile l’ulteriore espletamento del suo mandato”.
Mario Monti si è dimesso. O, meglio, ha annunciato che lo farà dopo l’approvazione del dl da cui dipende la tenuta economica dell’Italia. Il motivo? La sfiducia del Pdl, come si legge chiaramente nella nota diffusa dal Quirinale: “Il premier ha rilevato che la dichiarazione resa ieri in Parlamento dal segretario del Pdl Angelino Alfano costituisce, nella sostanza, un giudizio di categorica sfiducia nei confronti del Governo e della sua linea di azione”. Da qui la decisione. Almeno quella ufficiale. Secondo fonti ministeriali, al contrario, la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata invece la pregiudiziale di costituzionalità sull’accorpamento delle province. La scelta, comunque, era già stata presa. Ed è irremovibile.
La prossima tappa, del resto, Monti l’ha già fissata. E’ scritta a chiare lettere nel comunicato del Colle: “Il Presidente del Consiglio accerterà quanto prima se le forze politiche che non intendono assumersi la responsabilità di provocare l’esercizio provvisorio – rendendo ancora più gravi le conseguenze di una crisi di governo, anche a livello europeo – siano pronte a concorrere all’approvazione in tempi brevi delle leggi di stabilità e di bilancio. Subito dopo – prosegue la nota – il Presidente del Consiglio provvederà, sentito il Consiglio dei Ministri, a formalizzare le sue irrevocabili dimissioni nelle mani del Capo dello Stato”. Questo perché il Professore non ha nessuna voglia di farsi ulteriormente “impallinare, né logorare” dalla propaganda del Pdl, né di far diventare il suo esecutivo bersaglio annunciato del disegno pre-elettorale di Berlusconi&Co.
La svolta, assolutamente inaspettata, arriva dopo una giornata all’insegna di una relativa calma, con il capo del Governo che a Cannes si era detto tranquillo in merito alla situazione politica interna. Evidentemente non era così, e le sue parole, col senno di poi, sembrano quasi un testamento politico. La mossa del capo del Governo ora potrebbe comportare cambiamenti radicali nella road map tracciata da Giorgio Napolitano, con le elezioni politiche anticipate rispetto al 10 marzo e l’approvazione della legge di Stabilità a prima di Natale. In tal senso, la data fissata sarebbe quella del 19 dicembre. Dopo di che il Colle passerebbe allo scioglimento delle Camere, con le consultazioni per il nuovo parlamento nella seconda metà di febbraio.
Questa ipotesi seguirebbe un disegno ben preciso, che punta a raggiungere un duplice obiettivo. Con una campagna elettorale sensibilmente più corta, infatti, diminuirebbe il rischio esposizione dell’Italia sui mercati e si darebbe meno tempo al Pdl per organizzare la propaganda in vista del voto. Del resto, era ciò che chiedeva il segretario del Partito democratico Pier Luigi Bersani durante le ‘consultazioni informali’ di ieri al Quirinale. Il leader democrat, infatti, aveva assicurato lealtà al governo, sottolineando al contempo di non voler “lasciare mani libere” al Pdl in vista di una campagna elettorale tutta orientata contro l’operato del governo tecnico. Non solo. Bersani aveva anche provato a far anticipare la data del voto, proprio per non lasciare troppo tempo ai berlusconiani per riorganizzarsi. Proprio per questo motivo, del resto, l’accelerazione impressa da Monti non è piaciuta per niente all’interno del Pdl (c’è chi parla di “grave scorrettezza”), anche perché ci sarebbe la convinzione che il premier abbia condiviso la sua exit strategy sia con Pierferdinando Casini che con Pier Luigi Bersani.
Nella nota del Quirinale, tuttavia, si evince anche una sorta di sfida o quantomeno un messaggio assai chiaro lanciato dall’ex rettore della Bocconi a Berlusconi e al Pdl. Il passaggio è quello in cui Monti parla di accertare “quanto prima se le forze politiche che non intendono assumersi la responsabilità di provocare l’esercizio provvisorio – rendendo ancora più gravi le conseguenze di una crisi di governo, anche a livello europeo – ” siano disposte a votare al più presto il sì alla Stabilità. Come dire: subito il provvedimento economico, altrimenti la responsabilità del possibile disastro sui mercati e in termini di credibilità in Europa ricadranno sul Popolo della Libertà. Il partito azzurro, a questo punto, può decidere o meno se approvare in tempi record la Stabilità. Se non lo fa, il Paese potrebbe ritenerlo colpevole dello sfacelo economico; se invece vota sì subito, avrà pochissimo tempo per riorganizzarsi intorno al vecchio leader, che comunque ha già lanciato la sua campagna elettorale. Da comprendere, inoltre, quale sarà l’atteggiamento dei Pdl nei confronti dell’election day con le regionali di Lombardia e Molise: fino a ieri fortemente voluto dal Cavaliere per provare a sfruttare l’effetto scia del voto al nord (e conquistare così un numero di senatori sufficiente a render difficile la vita a Palazzo Madama), ora rischia di diventare un fardello non di poco conto per la mancanza di tempo utile ad organizzarsi. Non è escluso, infine, che prima o in coincidenza dell’arrivo in aula della Legge di Stabilità, il Professore parli al Parlamento per mettere i puntini sulle ‘i’ e, chissà, preparare anche il campo ad un suo futuro squisitamente politico. Fondamentale, a questo punto, arrivare a lunedì e capire come i mercati reagiranno all’ufficializzarsi della crisi del governo italiano.
Serravalle, assunzioni favori e sprechi: così Penati e Podestà l’hanno prosciugata. - Martino Valente
Ecco come la politica s’è mangiata la gallina dalle uova d’oro. L’asta deserta per la vendita liquida definitivamente le ambizioni di quello che doveva essere il “polo autostradale del Nord”. Eppure nel 2006 la società era un gioiello e macinava 37 milioni di utili. Sei anni dopo, ultima semestrale di cassa, ne dichiara sette. Con 700 dipendenti e 300 milioni di debiti.
Tessere autostradali fantasma e operazioni finanziarie spericolate nell’era Penati. Consulenze inutili, poltrone d’oro per amici e parenti nell’epoca Podestà. Ecco come la politica lombarda s’è letteralmente mangiata la gallina dalle uova d’oro, creando debiti per centinaia di milioni di euro. L’asta deserta per la vendita di Serravalle del 26 novembre scorso, il più imponente tentativo di privatizzazione oggi in Italia, liquida definitivamente le ambizioni di quel “polo autostradale del Nord” che per vent’anni è stato il biglietto da visita della classe dirigente milanese di ogni colore, dal Pd al Pdl. Insieme al flop della quotazione di Sea ha messo in crisi in conti della Provincia di Milano, che è il primo azionista con il 52% delle quote, sempre più vicina al commissariamento. Peggio, ha gettato un’ipoteca fortissima sulle grandi opere di collegamento – Pedemontana, Teem e Brebemi – che procedono in ritardo e senza fondi, con buona pace del contribuente che (forse) non le percorrerà mai. E mentre si fa più stretto e confuso il campo d’azione del pubblico, lungo le sponde dei nuovi tracciati i ras privati delle autostrade si affollano, in attesa che passi il cadavere di società pubbliche esangui, prossime alla liquidazione, da comprare a prezzo di saldo. Eppure nel 2006 la società era un gioiello, macinava 37 milioni di utili. Sei anni dopo, ultima semestrale di cassa, ne dichiara sette. E con 700 dipendenti e 300 milioni tra debiti e aumenti di capitale già deliberati Serravalle è diventata in pochi anni un carrozzone che nessuno vuol comprare, neppure in saldo. E’ legittimo allora chiedersi chi ha trasformato la regina delle autostrade lombarde in Cenerentola.
Filippo Penati, si sa cominciò a farlo nel 2005 quando comprò a Gavio il 15% delle azioni pagandole a peso d’oro e garantendogli plusvalenze per 176 milioni di euro. Ma inaugurò anche una stagione di sprechi, poltrone d’oro e “liberalità” che nulla avevano a che fare con ruspe e cantieri. La storia di Serravalle è costellata di aneddoti ma ne regala sempre di nuovi. Come quello della giornalista milanese che arriva al casello e subito dopo chiama in Provincia, indispettita: “La card non funziona, la sbarra non si alza”. Tra le eredità dell’era Penati c’erano, si apprende oggi, 5mila tessere Serravalle che assicuravano la gratuità dei pedaggi sull’intera rete autostradale italiana, messe a disposizione anche di notabili, collaboratori e amici del “Sistema Sesto”. Era ovviamente la società a saldare. A Penati si devono diverse assunzioni in quota, come quella, contestata dai pm di Monza, di Claudia Cugola, compagna dell’allora presidente. La gestione Podestà non ha però cambiato registro. “Me l’hanno piazzato qui. Dici di sì a uno, due e tre. Poi molli”. Si sfoga uno dei tanti ex amministratori di Serravalle messi alla porta perché poco inclini ad assecondare i “costi impropri” della politica. Il “raccomandato” di turno era Marco Ballarini, responsabile della campagna elettorale di Lega-Pdl a Corbetta, vicino all’ex assessore regionale Stefano Maullu. Ballarini entrerà nel cda di TE e sarà, al contempo, assunto come dirigente da Serravalle a 80mila euro. Stefano Maullu, dimessosi da assessore nell’aprile scorso, due giorni dopo trova un posto caldo come presidente di TEM. La prima assemblea dei soci decreta per lui e per l’ad Massimo Di Marco, già ad di Serravalle nell’era di Penati, l’aumento sino a 120mila euro l’anno lordi degli emolumenti. Maullu è, probabilmente, il politico più incline a catapultare i suoi uomini tra i dirigenti delle società. Prossimo a lui è accreditato l’attuale dg di Serravalle Mario Martino, proveniente da MM a 140mila euro. Ex stretto collaboratore di Podestà in Edilnord è, invece, il presidente di Pedemontana Salvatore Lombardo, che oggi lavora in sintonia con l’ad Marzio Agnoloni, intimo di Loris Verdini e presidente pure di Serravalle, nel rafforzamento degli organici di una società con i conti viranti al rosso. Ha il pallino della famiglia il presidente Podestà. Ma non sono bastate le consulenze affidate alla società della moglie (300mila euro) a ripianare l’azienda di famiglia, la Roly, in rosso per 6,3 milioni. Così ha incaricato di risanarla proprio l’Agnoloni che lui stesso ha nominato in Serravalle.
Adiamo avanti. Carmen Zizza è donna di fiducia di Podestà. Viene assunta in Serravalle a 40mila euro l’anno nelle ultime settimane dell’era Penati. Eletto Podestà, lo stipendio della Zizza, il cui curriculum a effetti speciali è stato oggetto di interrogazioni parlamentari, schizza sino a 130mila euro. Poi la Zizza ripara in Asam come consigliere delegato. A lei, senza laurea, è stata affidata la privatizzazione da 700 milioni di euro di Serravalle e la vendita del 14,5% di Sea. Anche Guido Manca, condannato a febbraio per truffa al Comune di Milano, ha trovato un porto sicuro in Serravalle Engineering a 60mila. In Pedemontana sono occupate le mogli di Pasquale Cioffi, ufficiale di collegamento tra Maullu e la Provincia, e di Vincenzo Giudice, ex capogruppo di Forza Italia a Palazzo Marino e padre di Sara, la pasionaria anti-Minetti risucchiata nell’affaire di ‘ndrangheta dell’ex assessore regionale Domenico Zambetti. Posti e costi della politica: due anni fa, in una sola seduta, il cda di Serravalle stanziava 332mila euro per “iniziative sul territorio”, dalla Milanesiana al Palio di Legnano (50mila euro), dal Don Gnocchi (30mila) all’associazione degli abruzzesi (5mila). Elargizioni cui cercò di porre un freno l’ad Federico Giordano, proveniente da Unicredit. Pur di stringere i cordoni della borsa fece cambiare lo statuto sociale rimettendo le liberalità in mano ai soci e togliendole ai consiglieri. Fu messo alla porta quasi all’istante. Rischia oggi Antonio Marano, ad di TE, pure lui manager “targato” Unicredit. La controllante TEM, insoddisfatta del suo operato, ha chiesto la convocazione (10 dicembre) dell’assemblea dei soci di TE con all’ordine del giorno la revoca dell’ad che ha ottenuto un prestito-ponte di 120 milioni dalle banche in fuga dalle infrastrutture. C’è chi ipotizza la nomina di Maullu al suo posto e l’arrivo alla presidenza di TEM dell’assessore provinciale Fabio Altitonante, numero due della corrente pidiellina guidata dallo stesso Maullu. L’azzeramento da gennaio della Giunta di Palazzo Isimbardi spinge, del resto, molti suoi componenti a cercare un posto al sole. Meglio se ben remunerato.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/12/08/serravalle-assunzioni-favori-e-sprechi-eccome-come-e-stata-prosciugata-da-penati/439776/
Uno dei tanti motivi che hanno portato l'Italia sull'orlo del fallimento e costretto noi cittadini a stringere la cinghia.
Il patibolo non mi sembrerebbe una pena troppo severa per questi loschi individui.
Cetta.
Uno dei tanti motivi che hanno portato l'Italia sull'orlo del fallimento e costretto noi cittadini a stringere la cinghia.
Il patibolo non mi sembrerebbe una pena troppo severa per questi loschi individui.
Cetta.
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