mercoledì 11 settembre 2013

Bologna, la Regione paga tre stipendi per un solo seggio da consigliere. - Annalisa Dall'Oca

Bologna, la Regione paga tre stipendi per un solo seggio da consigliere

L'Assemblea ha ridotto gli emolumenti del 50% a Giampaolo Lavagetto, condannato per peculato. Ora, oltre a quest'ultimo, sono altri due gli eletti stipendiati con soldi pubblici per ricoprire lo stesso seggio: l'ex capogruppo Villani, sospeso dopo gli arresti domiciliari per l'inchiesta Public Money e Cinzia Camorali, nominata dopo l'entrata in vigore del decreto anti corruzione.

Un consigliere regionale al prezzo di tre. A luglio il pacchetto “anti – casta” proposto all’Assemblea legislativa della Regione Emilia Romagna dal Movimento 5 Stelle era stato bocciato quasi all’unanimità. Eppure, fosse passato, il provvedimento avrebbe risparmiato a centrodestra e centrosinistra più di qualche “imbarazzo”, e un rapido dietrofront. Perché oggi, successione dopo successione, e condanna dopo condanna, sono 3 i consiglieri stipendiati dalla Regione con soldi pubblici per ricoprire lo stesso seggio in viale Aldo Moro: l’ex capogruppo Pdl Luigi Villani, sospeso dopo gli arresti domiciliari seguiti all’inchiesta Public Money di Parma, il suo successore, l’ex assessore della giunta guidata da Pietro Vignali, Giampaolo Lavagetto, condannato in primo grado per peculato nell’uso del cellulare di servizio, e infine Cinzia Camorali, recentemente nominata a svolgere l’incarico rimasto vacante dopo che il decreto “anti corruzione” ha imposto a Lavagetto, subentrato in maggio, un passo indietro.
“Il problema – spiega Andrea Defranceschi, unico consigliere a 5 Stelle della Regione – è che secondo la normativa vigente i consiglieri sospesi hanno diritto a un’indennità pari al 50% del loro stipendio”. Quindi, sempre sulla base del regolamento votato a luglio dall’Assemblea legislativa, quello che il pacchetto “anti casta” del Movimento 5 Stelle intendeva modificare, Villani e Lavagetto, pur sospesi, percepiscono ancora il 50% del loro stipendio, cifra che si somma al compenso che viene regolarmente riconosciuto al nuovo consigliere, l’unico che effettivamente ricopre l’incarico in viale Aldo Moro. Insomma, “un consigliere al prezzo di tre”. “Noi avevamo chiesto di ridurre quell’indennità dal 50% al 10% non potendola eliminare in toto per legge – continua Defranceschi – ma con me, allora, aveva votato a favore solo Gian Guido Naldi, presidente di Sinistra, Ecologia e Libertà”.
Tuttavia oggi, a quanto pare, la situazione è cambiata e, almeno in viale Aldo Moro, l’asse Pd – Pdl si è spaccato. La Regione, in seguito alla sospensione di Lavagetto, ha richiesto al consigliere di restituire quanto percepito a partire dal 21 maggio 2013, data del suo insediamento in Assemblea, trattenendo il 50% dell’indennità che gli spetta. Ma la questione, come precisa Defranceschi, “è difficile da spiegare all’opinione pubblica”. Così, durante la prima seduta autunnale dell’Assemblea gli eletti hanno optato per un rapido cambio di rotta, votando un ordine del giorno, passato a larga maggioranza – favorevoli Pd, Lega Nord, Udc, il consigliere ex ‘grillino’ Giovanni Favia e il Movimento 5 Stelle – per ridurre, non al 10%, come proposto dai 5 Stelle, ma a ‘zero’ quell’indennità, e modificare così la legge approvata a luglio.
“Finalmente ci hanno dato ragione – chiosa Defranceschi – spero che l’impegno sia portato avanti dall’Assemblea come preannunciato in aula, e che già entro settembre l’indennità sia eliminata”. I tempi tecnici, infatti, richiedono circa 3 settimane e un paio di passaggi in Commissione, ma la forza politica questa volta c’è. Anche perché l’unico partito contrario al cambio di rotta è il Pdl. Che in aula, per bocca del capogruppo Gianguido Bazzoni, ha letto una lettera di Villani, scritta a bocciare “quell’esborso caritatevole” che sarebbe il taglio al 10% dell’indennità, etichettandolo come una proposta “giustizialista e ipocrita” che non considera “la presunzione di innocenza”.
“Mi sembra che le leggi regionali parlino sufficientemente chiaro su quanto si debba assegnare ma avverto un’aria giustizialista e ipocrita – ha scritto Vignali – intendo rinunciare a qualunque forma di indennità per la mia situazione di sospeso fino a quando non potrò rientrare nelle mie funzioni di consigliere regionale. Sono infatti a conoscenza – continua la missiva – che si vorrebbe ridurre tale emolumento dalla metà dell’indennità di carica fino ad ora prevista, al 10%, nella pratica un esborso caritatevole. Preciso, infatti, a scanso di equivoche e superficiali notizie diffuse anche da alcuni media, che ricevo un assegno di circa 1.560 euro netti e che quindi se passasse la linea dell’ulteriore drastica riduzione, ammonterebbe in tutto a circa 310 euro. Come hanno sottolineato recentemente e pubblicamente alcuni consiglieri di diverse sensibilità politica – prosegue Villani – si dovrebbe stare attenti a non cadere nell’arbitrio verso una persona che non ha ancora subito alcun tipo di condanna. Mi preme peraltro ricordare che il nostro ordinamento giuridico è formalmente garantista, anche se lo dovrebbe essere molto di più sostanzialmente, proprio grazie a quella Costituzione che per molti anche nella nostra Assemblea legislativa regionale è una specie di bibbia intangibile e appunto stabilisce la presunzione di innocenza fino alla sentenza definitiva”.

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martedì 10 settembre 2013

G8 Genova, Cassazione: “A Bolzaneto accantonato lo Stato di diritto”.

G8 Genova, Cassazione: “A Bolzaneto accantonato lo Stato di diritto”


La Suprema corte rende note le motivazioni della sentenza dello scorso 14 giugno. "Contro i manifestanti portati in caserma violenze messe in atto per dare sfogo all'impulso criminale". "Inaccoglibile", secondo la Quinta sezione penale, "la linea difensiva basata sulla pretesa inconsapevolezza di quanto si perpetrava all’interno delle celle".

Un “clima di completo accantonamento dei principi-cardine dello Stato di diritto”. La Cassazione mette nero su bianco quello che accadde nella caserma di Bolzaneto dove furono portati i manifestanti no global arrestati e percossi durante il G8 di Genova nel luglio del 2001: “Violenze senza soluzione di continuità” in condizioni di “assoluta percettibilità visiva e auditiva da parte di chiunque non fosse sordo e cieco”. Nelle 110 pagine depositate oggi dalla Suprema corte si spiega perché, lo scorso 14 giugno, sono state rese definitive sette condanne e accordate quattro assoluzioni per gli abusi alla caserma contro i manifestanti fermati.
La Cassazione ha così chiuso l’ultimo dei grandi processi sui fatti del luglio 2001. Nel precedente verdetto d’appello, i giudici avevano dichiarato prescritti i reati contestati a 37 dei 45 imputati originari tra poliziotti, carabinieri, agenti penitenziari e medici – riconoscendoli comunque responsabili sul fronte dei risarcimenti. Risarcimenti che però la sentenza definitiva ha ridotto. I giudici puntano il dito contro chi era preposto al comando: “Non è da dubitarsi che ciascuno dei comandanti dei sottogruppi, avendo preso conoscenza di quanto accadeva, fosse soggetto all’obbligo di impedire l’ulteriore protrarsi delle consumazioni dei reati”.
Oltretutto, scrive la Cassazione “non risulta dalla motivazione della sentenza che vi fossero singole celle da riguardare come oasi felici nelle quali non si imponesse ai reclusi di mantenere la posizione vessatoria, non volassero calci, pugni o schiaffi al minimo tentativo di cambiare posizione, non si adottassero le modalità di accompagnamento nel corridoio (verso il bagno o gli uffici) con le modalità vessatorie e violente riferite” dai testimoni ascoltati nel processo.
I giudici di piazza Cavour denunciano come il “compimento dei gravi abusi in danno dei detenuti si fosse reso evidente per tutto il tempo, data l’imponenza delle risonanze vocali, sonore, olfattive e delle tracce visibili sul corpo e sul vestiario delle vittime”. Ecco perché, osserva la Quinta sezione penale, è “inaccoglibile la linea difensiva basata sulla pretesa inconsapevolezza di quanto si perpetrava all’interno delle celle, e anche nel corridoio durante gli spostamenti, ai danni di quei detenuti sui quali i sottogruppi avrebbero dovuto esercitare la vigilanza, anche in termini di protezione della loro incolumità”.
La Cassazione descrive inoltre i comportamenti inaccettabili di chi aveva il comando e non ha mosso un dito per fermare le violenze sui no global: “E’ fin troppo evidente che la condotta richiesta dei comandanti dei sottogruppi consisteva nel vietare al personale dipendente il compimento di atti la cui illiceità era manifesta: ciò non significa attribuire agli imputati una responsabilità oggettiva, ma soltanto dare applicazione” alla norma che regola “la posizione di garanzia da essi rivestita in virtù della supremazia gerarchica sugli agenti al loro comando”.
Erano poi “ingiustificate” le vessazioni ai danni dei fermati “non necessitate dai comportamenti di costoro e riferibili piuttosto alle condizioni e alle caratteristiche delle persone arrestate, tutte appartenenti all’area dei no global”, si legge nelle motivazioni. Insomma, conclude la Suprema corte, le violenze commesse alla caserma di Bolzaneto sono state un “mero pretesto, un’occasione per dare sfogo all’impulso criminale

Coercizioni governative.


Ci vogliono pecore, ma non lo siamo


Visco: Stretta conti ok, instabilità pesa su ripresa. (ansa)

Ancora frasi subliminali.

Vogliono farci accettare coercitivamente la continuità di un governo anomalo dalla nascita.
Visco pare che non capisca che l'instabilità l'ha provocata l'attuale governo delle "larghe intese", fortemente sponsorizzato da Napolitano, alleandosi con un "partito non partito" nato con l'unico scopo: quello di salvaguardare un essere indegno che non ha alcuna morale e ama aggirare le leggi avvalendosi del parlamento per costruirsene altre pro domo sua.

Coerenza innanzi tutto!



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lunedì 9 settembre 2013

CHI HA UTILIZZATO ARMI CHIMICHE IN SIRIA ? UNA POSSIBILE, INQUIETANTE “ALTRA VERITA’



Mentre il presidente americano Obama cerca di ottenere un voto dal Congresso che giustifichi politicamente dinanzi al popolo americano ed all'opinione pubblica mondiale l'azione militare contro la Siria, spunta un'ennesima "soffiata" in rete che, se confermata, aprirebbe scenari davvero singolari su chi potrebbe avere utilizzato armi chimiche lo scorso 21 agosto in Siria.
Tutto parte da una serie di e-mail che un hacker avrebbe intercettato e rese pubbliche on-line, secondo la nuova moda resa celebre da Wikileaks. Si tratta dello scambio di comunicazioni fra un ex-ufficiale americano, il col. Anthony J. MacDonald, da pochissime settimane ritiratosi dal servizio attivo, ed un funzionario civile del Ministero della Difesa statunitense. 

Proprio nelle ore immediatamente successive al tragico affaire che in Siria ha portato alla morte di molti civili innocenti, il funzionario Usa, Eugene Furst, il 22 agosto scorso si congratula con il colonnello del suo "più recente successo", allegando per l'appunto il link all'articolo del Washington Post del 21 agosto che dà notizia appunto del terribile episodio che rischia oggi di provocare una nuova guerra in Medio Oriente.
Un'altro scambio di e-mail, forse ancora più inquietante, è poi quello tra la moglie del colonnello Usa, Jennifer, ed un'amica, Mary Shapiro, alla cui preoccupazione per quanto accaduto in Siria, la sig.ra MacDonald risponde così:


"Ciao Mary,
ho visto e mi sono spaventata molto. Ma Tony mi ha rassicurato. Mi ha detto che i ragazzi non sono stati colpiti, è stato fatto per le telecamere. Quindi non ti preoccupare, mia cara".

Il colonnello MacDonald è un ufficiale americano con una vasta esperienza operativa nel settore dell'intelligence militare, come si ricava dai brani del suo curriculum militare pubblicati in rete, avendo operato fra l'altro in Iraq con compiti di human intelligence, lo spionaggio classico, anche presso la base di Abu Graib, relazionandosi anche con servizi stranieri e supportando, sempre per compiti di intelligence, come vice-comandante di brigata, il comando del V Corpo americano, operativo sia nella guerra contro Saddam Hussein del 2003 che nell'occupazione successiva del paese mediorientale, nonché nel conflitto afghano, dal 2012 fino allo scorso giugno 2013. Poche settimane dopo, lo scorso luglio, MacDonald si sarebbe dimesso, per essere poi assunto nel giro di pochi giorni dalla TechWise, una società di contractors, costituita nel 1994 da Shawnee Huckstep, dalla quale sarebbe stato reclutato con compiti di consulente per l'addestramento, specializzato ovviamente nel settore dell'intelligence, nell'ambito di un progetto di addestramento per un "cliente militare" collocato negli Emirati Arabi Uniti, progetto approvato dal governo americano nell'ambito della sua politica mediorientale: si tratta, con ogni probabilità, dell'addestramento che gli Usa stanno fornendo al Consiglio di Cooperazione del Golfo, una mini-Nato che riunisce i regimi conservatori arabi di orientamento sunnita del Golfo Persico, che gli Stati Uniti armano da anni in funzione anti-iraniana. Il Consiglio di Cooperazione del Golfo, infatti, viene indicato nel sito della TechWise come uno delle sue principali referenze, vale a dire come un primario cliente della società.
Tutto questo sarebbe quindi parte di un contesto che merita approfondire: vi è infatti nella e-mail di Eugene Furst al col. MacDonald un riferimento che difficilmente potrebbe essere stato fabbricato ad hoc. Il funzionario scrive:
 
"Dobbiamo lavorare sia con il teatro per le sue esigenze sia con l'organizzazione che detiene il contratto per garantire di non avere né troppo pochi né troppi contractors".
 
Seguono le indicazioni, apparentemente criptiche:

"CITP - Rock Island Contract
CIAT - DIA Contract".
 
Proviamo a cercare di capire di cosa stanno parlando qui i due personaggi, in modo da poter collocare nel suo contesto i "complimenti" per il "successo" che il col. MacDonald avrebbe ottenuto il 21 agosto scorso in Siria in una non meglio precisata operazione.
Come ormai è ben noto, gli Usa da decenni utilizzano contractors (vale a dire personale esterno a contratto) per svolgere una serie di attività militari che vanno dal supporto logistico fino all'impiego in combattimento, al punto che questo settore è da tempo divenuto un business molto redditivo per una serie di aziende, in genere fondate da ex-militari, che acquisiscono contratti milionari, reclutando personale sia di nazionalità americana che estera.
I dati forniti ad aprile 2013 dal solo U.S. Centcom, il comando operativo statunitense responsabile per il teatro mediorientale, indicano un totale di oltre 133.000 contractors, dei quali oltre 107.000 impiegati in Afghanistan, 7.900 in Iraq e oltre 17.000 in non meglio specificate "altre collocazioni": sul totale, ben 42.000 sono cittadini Usa.
Fatta questa premessa, si comprendono facilmente i riferimenti citati: infatti il Rock Island Contract è lo Army Contracting Command di Rock Island (ACC-RI), che, come spiega il suo sito web, dispone di 550 dipendenti che gestiscono oltre 80 miliardi di contratti della difesa Usa, pari all'11% dei compiti annuali dell'esercito americano. Fra le attività cui sono destinati questi veri e propri "mercenari" del governo Usa, troviamo: "Enterprise Contracting (Ammunition, Chemical Demilitarization, Installations, and Information Technology); Field Support Contracting (Logistics Civil Augmentation Program (LOGCAP), Army Prepositioned Stocks (APS), Global Reachback Contracting, the Enhanced Army Global Logistics Enterprise Program (EAGLE), and Sustainment) and Contract Operations (Business Operations, Contracting Support, and Contract Pricing)".
La sigla CITP sta poi per Counter Insurgency Targeting Programme: si tratta di una delle componenti fondamentali dei programmi di contro-insurrezione, come vengono chiamate da anni le operazioni che gli Usa e le altre forze internazionali svolgono in Afghanistan per contrastare la guerriglia di quelle forze irregolari islamiste genericamente conosciute in Occidente come "talebani". Così un'altra società di contractors spiega cosa fanno gli esperti di CITP: "gli analisti CITP conducono ricerche e analisi, raccolgono, valutano, addestrano e integrano ogni tipo di fonte di intelligence, concentrandosi su aree riferibili alle priorità nazionali e di teatro statunitensi: analisi e individuazione di reti di contro-insurrezione, individuazione di IED (ordigni esplosivi improvvisati) e attacchi alle reti (Attack the Network, AtN)". Infine, l'altra sigla, CIAT, sta per "Counter Insurgency/IED Analytical Team", vale a dire un'altra branca delle stesse attività di contro-insurrezione, messe a contratto in questo caso dal servizio di spionaggio militare Usa, appunto la Defense Intelligence Agency (DIA).
Sembra quindi del tutto plausibile che il funzionario del ministero della difesa Usa discuta con il col. MacDonald della situazione dei contractors assegnati allo US CentCom per le specifiche attività legate in particolare all'intelligence nell'ambito delle operazioni di contro-insurrezione: in entrambe i casi sono infatti attività del tutto coerenti con il curriculum militare del col. MacDonald, quale esperto di spionaggio militare, da parecchi anni operanti nel contesto mediorientale.
Si tratta ora di capire se, tra le attività che questo tipo di specialisti stanno svolgendo in Medio Oriente per conto del governo Usa, anche se formalmente con contratti presso agenzie private, non ci siano anche attività di destabilizzazione dei paesi considerati nemici, come nel caso della Siria. Un'ipotesi che abbiamo spesso avanzato nelle pagine di clarissa.it e che sarebbe ora davvero confermata nella maniera più drammatica, se queste e-mail si dimostrassero autentiche.
L'insolita durezza con cui il governo russo, questa volta, ha duramente stigmatizzato le informazioni fornite dal ministro della difesa Usa John Kerry ("mente sapendo di mentire") avrebbe dovuto far riflettere quei governi, tra cui quello italiano, che sono servilmente corsi a sottoscrivere un documento di sostegno agli Usa contro l'uso di armi chimiche da parte del regime siriano.
Ancora una volta, come nel caso dell'11 settembre 2011 e dell'attacco all'Iraq è quindi del tutto legittimo il sospetto che la verità che viene raccontata all'opinione pubblica mondiale dai mass-media sia stata anche questa volta spregiudicatamente fabbricata e manipolata: basare su questa non-verità l'ennesimo impiego della forza in Medio Oriente contro un paese arabo come la Siria, laico multiconfessionale e multietnico, sarebbe veramente un ennesimo errore, di incalcolabile portata per l'Occidente. 

sabato 7 settembre 2013

Osho Rajneesh.....pericolosi per la società. Ogni tipo di società ha paura dell' uomo libero.



« Io non ho nessun insegnamento. Non sono un insegnante. Non do nessuna filosofia della vita, né alcuna disciplina, né programmi da seguire. Ho un approccio alla vita ben preciso, che condivido con i miei amici. E il mio approccio inizia con una deprogrammazione. Per quanto mi riguarda questa è la parola chiave. Essere iniziati alla mia amicizia significa essere iniziati a un processo di de-programmazione. Ogni essere umano viene programmato dalla nascita a essere cristiano, hindu, ebreo, mussulmano. Il bambino nasce innocente, ma immediatamente viene appesantito da migliaia di concetti, coi quali vive poi tutta la vita. In questo modo si vive una vita fasulla; non è autentica, non è onesta perché non ti appartiene.[…] Il mio lavoro fondamentale è questo: renderti un individuo, non un semplice ingranaggio dei sistema, non una particella della massa. Voglio darti un'integrità, una libertà dell'anima, in modo tale che tu non sia più vittima di alcuna schiavitù, detta cristianesimo, induismo, ebraismo: per la prima volta sarai semplicemente te stesso. A quel punto entrerà in gioco la tua ricerca della verità, la tua indagine nella verità. E ricorda, tutte le risposte che ti sono state date da altri non potranno mai salvarti. Solo la tua risposta, quella che troverai con le tue mani, con la tua ricerca, potrà liberarti dall'ignoranza, dall'infelicità, dall'angoscia. Io non ho insegnamenti. Offro solo espedienti, stratagemmi. Non sono un insegnante, sono un Maestro. Gli insegnanti offrono insegnamenti, i Maestri possiedono espedienti, stratagemmi, metodologie per trasformare la gente. »

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