In questa puntata: Italiani, nel doman non v’è certezza e chi vuol esser lieto è un ... pirla!
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 22 febbraio 2014
Governo Renzi auto-rottamato, fatto fuori Gratteri restano solo lobby e gattopardi. - Peter Gomez
Nel 1994 era stato Cesare Previti, l’avvocato degli affari sporchi di Silvio Berlusconi, a entrare al Quirinale come Guardasigilli in pectore e a uscire degradato. Sull’onda dell’indignazione suscitata dalla scoperta di Tangentopoli, il Colle aveva detto no. E Previti era finito alla Difesa. Oggi, nel mondo alla rovescia dei ladri e della Casta, a venir depennato all’ultimo momento dalla lista ministri, è Nicola Gratteri, stimato magistrato antimafia, la cui colpa principale è quella di aver sognato di poter far funzionare la giustizia anche in Italia . Gratteri resterà in Calabria. E per la gioia della ‘ndrangheta, delle consorterie politico-mafiose e dell’Eterno Presidente, Giorgio Napolitano, in via Arenula ci finisce l’ex ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, celebre per aver chiesto l’abolizione dell’ergastolo e proposto l’abrogazione dell’obbligatorietà dell‘azione penale.
È il segno più evidente di come il rottamatore Matteo Renzi prosegua imperterrito nella distruttiva opera di auto-rottamazione e di demolizione del sogno di cambiamento che aveva rappresentato per molti italiani. Una stolta manovra iniziata con il tradimento e il successivo brutale accoltellamento politico del mediocre Enrico Letta, a cui il nuovo premier aveva più volte pubblicamente e bugiardamente assicurato lealtà.
Certo, sull’esclusione all’ultimo minuto di Gratteri in molti vedono le impronte digitali di Napolitano. Il presidente del secondo paese più corrotto d’Europa, noto per aver lesinato solo i moniti in materia di legalità della politica, ovviamente esclude ogni responsabilità. Resta però da spiegare come mai, stando a quello che risulta per certo a Il Fatto Quotidiano, al magistrato fosse stato assicurato il dicastero solo pochi minuti prima della salita di Renzi al Colle. E perché Napolitano, pubblicamente, abbia poi tenuto a precisare – con una sorta di excusatio non petita – che tra lui e Renzi non era avvenuto nessun “braccio di ferro” sulla lista dei ministri.
Nelle prossime ore le notizie su quello che è esattamente accaduto durante il lunghissimo faccia a faccia tra il neopremier e l’ottuagenario capo dello Stato, non mancheranno. Non c’è invece bisogno di retroscena per capire tutto il resto. Bastano i curricula dei ministri più importanti.
Nella lista spiccano i nomi dell’esponente di Confindustria e della Commissione trilaterale, Federica Guidi (Sviluppo economico), quello del presidente della Lega cooperative, Giuliano Poletti, dell’ex delfino di Berlusconi, Angelino Alfano (Interno), e del ciellino Maurizio Lupi (Infrastutture). Mentre all’Economia ci finisce Pier Carlo Padoan, capo economista dell’Ocse e ex presidente della Fondazione italiani europei di Massimo D’Alema, e alle Politiche Agricole, Maurizio Martina, già pupillo di Filippo Penati, l’ex presidente della provincia di Milano sotto processo per le tangenti di Sesto San Giovanni.
Il fatto che Renzi sia riuscito a mettere insieme una squadra formata al 50 per cento da donne, che l’età media dell’esecutivo sia piuttosto bassa, non servirà al premier per cancellare negli elettori la sensazione di trovarsi di fronte a un consiglio dei ministri espressione di quelle lobby da più parti ritenute responsabili del degrado del Paese. È infatti più che ragionevole dubitare che il suo obamiano programma di governo (“una riforma al mese”) possa essere messo in atto da una compagine del genere. Perché questo non è un dream team, ma solo una galleria di errori e orrori.
Così già oggi sappiamo che ha vinto il Gattopardo. #lavoltabuona può attendere.
mercoledì 19 febbraio 2014
La ricchezza nelle mani di 85 persone. Indovina con chi sta la sinistra. - Alessandro Robecchi
Ottantacinque. Non 85.000 (ottantacinquemila), né 8.500 (ottomilacinquecento), e nemmeno 850(ottocentocinquanta), che già sarebbe spaventoso. No, no, proprio 85. Ottantacinque persone su questo affascinante e confortevole (per loro di sicuro) pianetino posseggono una ricchezza pari a quella di 3 miliardi e mezzo di persone, cioè lo 0-virgola-moltissimi-zeri-virgola-uno della popolazione ha un reddito pari a quello del 50 per cento più povero. La cifra, diffusa dall’Oxfam, è al di là di ogni immaginazione, provoca una specie di vertigine. In ogni paese del mondo c’è un grafico con due linee ben distinte: uno schizza verso l’alto, ed è la quota di ricchezza dei pochissimi super-ricchi, l’altra precipita verso il basso, ed è l’aumento della povertà dei moltissimi più poveri. Negli ultimi trent’anni la parte di ricchezza detenuta da pochi è aumentata ovunque e la quota di povertà distribuita tra gli altri è aumentata anche quella. Ovunque.
La lotta di classe esiste, insomma, non si ferma un attimo, non dà tregua, e i miliardari hanno vinto quattro a zero, coppa, giro di campo e champagne negli spogliatoi. Come sia stato possibile non è un mistero. Lo smantellamento di qualunque ideologia dell’uguaglianza e la sua applicazione politica (da Reagan alla Thatcher, alle scuole economiche iperliberiste che tanto piacciono a destra, ma anche a sinistra), per dirne una. E poi il potere politico delle multinazionali, per dirne un’altra. Immaginate di essere voi, normali contribuenti, a poter dettare le regole allo Stato in cui operate: abbassami le tasse, abbassami il costo del lavoro, fammi una legislazione comoda, fai pagare la sanità, fai pagare la scuola…Ecco, comodo, no? Voi non potete, un grande marchio sì.
Ma la discussione sulle cause (che sono numerose) non deve distrarre da una valutazione degli effetti: in molti casi siamo dalle parti dello schiavismo e in altre invece (i paesi industrializzati), alla proletarizzazione progressiva e costante del ceto medio. Insomma, anche nella ricchezza mondiale vince il bipolarismo, non più un mosaico di condizioni sociali, ma una marcia forzata e continua verso la polarizzazione: ricchi e poveri, e in mezzo poca roba.
Tutto questo, si direbbe, rende un po’ ridicole alcune stupidaggini fondamentali che vengono ripetute da decenni. Una: quella che recita che se aumenta la ricchezza diminuisce la povertà. Il ricco darà da lavorare, si dice, e migliorerà le condizioni dei poveri. Ecco. Cazzata, come ci dicono le cifre, dato che ovunque i ricchi sono più ricchi e i poveri più poveri e più numerosi. Altro mito di cartone da sfatare, il vecchio sogno delle simpatiche socialdemocrazie nordiche (che anche qui risuona, va di moda, insomma), cioè la famosa frase di Olof Palme, che diceva: “La sinistra non deve combattere la ricchezza ma deve combattere la povertà”. Bello, eh! Suona bene. Ottimo per l’aperitivo! Peccato che sia proprio la ricchezza di pochi a creare la povertà di molti.
Tassare i super-ricchi e le mega-imprese, costringerle a rispettare certi oneri sociali, a pagare le tasse, a pagare decentemente i lavoratori, a contribuire al progresso sociale dello Stato in cui operano cosa sarebbe se non “combattere la ricchezza?”. Non si fa, naturalmente, non è bello, non è conforme al pensiero unico che domina ovunque. In ogni angolo del mondo destre voracissime e sinistre pallidissime paiono unite nella lotta: tra i tre miliardi e mezzo ultimi e gli 85 che guidano la classifica, hanno scelto con chi stare.
martedì 18 febbraio 2014
Asl Foggia, la maxi truffa dei flaconi di disinfettante: da 60 a 1920 euro.
Ne sono stati ordinati e pagati 929 anziché 90, per una spesa di 1,7 milioni di euro. Arrestati un funzionario e il titolare di una azienda produttrice, cinque le denunce.
FOGGIA - Flaconi di disinfettante per sale operatorie dal valore commerciale di circa 60 euro l'uno, venivano pagati dalla Asl di Foggia al prezzo smisurato di 1.920 euro: è la truffa nella quale sarebbero coinvolti cinque dipendenti dell'azienda sanitaria e due imprenditori, scoperta dalla guardia di finanza. Sette in tutto le persone denunciate, due agli arresti domiciliari. I finanzieri hanno sequestrato beni per circa 1,6 milioni di euro (27 fabbricati, 48 terreni, 8 autovetture, 27 conti correnti bancari e quote di 3 società). A fronte di un fabbisogno per le sale operatorie, stabilito dall'autorizzazione di spesa, di 90 flaconi, sono stati ordinati ulteriori 929 confezioni, per una spesa complessiva per l'ente di 1.783.680 euro.
http://bari.repubblica.it/cronaca/2014/02/12/news/asl_truffe-78368011/
UNA ESTROMISSIONE IN STILE MAFIOSO. - Viviana Vivarelli
Il succedersi degli eventi è impressionante e sono contrassegnati tutti dal più brutale attacco alla democrazia mai visto in 60 anni.
Alla vigilia dell’impeachment di Grillo arriva il colpo del Financial Times a Napolitano, pubblicato, guarda caso, dal Corriere, uno che è sempre stato coi piedi in due staffe. Napolitano riceve Renzi, che non ha nessuna carica parlamentare o ministeriale. Non sente prima i partiti come richiede la Costituzione, no, viola la prassi costituzionale e chiama direttamente quello che ‘deve’ nominare. Non agisce da coordinatore delle scelte parlamentari come vuole la Costituzione, ‘nomina’ arbitrariamente chi gli pare, come ha già fatto con Monti e Letta!
Renzi non è nessuno, a parte l’incredibile bagarre televisiva e mediatica che lo ha imposto agli occhi degli Italiani, la sua unica dote sta nei1.895.332 voti presi alle primarie del Pd in cui hanno votato 2.814.801 elettori sugli 8 644 523 che hanno scelto il Pd alla Camera (nemmeno un piddino su 4). Siccome gli elettori italiani in tutto sono 50 449 979, è come se Renzi rappresentasse il 5,5 % del popolo italiano!
Ma ecco che proprio alla vigilia dell’impeachment, l’inglese Financial Times anticipa un libro di Friedman, giornalista americano che ha lavorato su Rai3, che fa scoppiare uno scandalo: Napolitano si è consultato con Monti “ben 4 mesi prima che B cadesse”, e B è caduto non solo per il difetto dei numeri in Parlamento ma per decisione della Casa Bianca, per cui i mercati che hanno rialzato lo spread con lo scopo di mandarlo a picco minacciando di far crollare le azioni di Mediaset in Borsa (come già aveva spifferato Bossi dopo il G8 di Nizza). Così le società di rating ci hanno declassati illecitamente (malgrado le denunce dei nostri magistrati) e i banchieri di Wall City e della City di Londra hanno fatto dei begli affari su di noi. B è stato costretto ad andarsene e i poteri forti con la collusione di Napolitano hanno messo un loro uomo di fiducia, Monti, a capo del saccheggio italiano. Il mondo finanziario europeo collaborò ben contento di mandarci a picco e di banchettare sulle nostre imprese fallite e in primis esultò la Merkel (mentre si incontravano segretamente Prodi, Passera e De Benedetti, i quali addirittura stilarono il programma di Monti).
Monti, ricordiamolo sempre, non ha mai rappresentato la maggioranza degli elettori italiani, è stato scelto solo in quanto membro del Bilderberg e presidente europeo della Trilaterale, il gruppo neoliberista di speculatori fondato da Rockfeller che sta rovinando l'Europa e primariamente l'Italia. Così abbiamo avuto l’aumento delle tasse, la Fornero e il suo attacco al mondo del lavoro col debito che aumentava di 180 miliardi, la protezione di Clio ai Riva, il No deciso di Monti alla separazione delle banche d’affari da quelle di investimento, il No alla tassazione dei derivati e a un controllo sulle banche, e un primo atto di governo in cui Monti dava alla banca newyorkese Morgan Stanley 2 miliardi e 567 milioni di euro. A Monti Napolitano ha fatto seguire il docile Letta, vicepresidente della Aspen, altro esecutore del Bilderberg che ha portato avanti il patto con Berlusconi, il contratto sindacale unico, i regali alle banche, la svendita del patrimonio pubblico (Poste ecc.). Ma, di fronte al malcontento popolare, eccoci al gradino più basso: il debole Letta non basta più, va troppo piano nello smantellamento dell’Italia e così, dopo 10 mesi, se ne progetta il rapido assassinio, prendendo come sicario il rampante e ambiziosissimo Renzi, il cui pedigree non sta certo nei pochi voti presi (un partito del 5,5% non significherebbe nulla in Italia) ma nei 100 punti di un programma fatto da Gori (il programmista di Berlusconi), in cui si delinea un perfetto piano di estrema dx che piace molto al sistema finanziario come piacerà di sicuro alla P2: cancellazione dei diritti del lavoro e dello stato sociale, privatizzazione totale di beni e servizi, nessun sistema elettorale con preferenze ma anzi abolizione graduale dell’elezione democratica (Province, Senato…) in vista della trasformazione della repubblica da parlamentare a presidenziale, mentre Napolitano si dà da fare tentando (finora bloccato dai 5 stelle) di abolire l’art.139 della Costituzione, per trasformarla da rigida a flessibile e mette su la sceneggiata dei famigerati ‘saggi’ per cambiare in un colpo solo mezza Costituzione (secondo la ‘direttiva’ della prima banca d’affari USA: la Goldman Sachs). Quando Grillo avanza la messa in stato di accusa del PdR, i partiti lo difendono compatti ridicolizzandolo. Ma intanto Renzi come primo atto va a prendere ordini dalla Merkel e stringe i rapporti con B, sia direttamente che tramite Verdini che sembra lo abbia finanziato con 4 milioni di euro e lo ‘allevi’ dal 2009, cioè da 4 anni, come ‘cavallo di Berlusconi’.
Insomma la politica italiana sembra diventata un fatto privato tra Napolitano, Berlusconi, Monti-Letta e ora Renzi (con Prodi e De Benedetti nell’ombra), mentre i veri protagonisti nemmeno compaiono sui media italiani e sono: il sistema bancario-finanziario e la Trilaterale che ne è a capo.
Ed ecco il Financial Times che mette in difficoltà Napolitano e lo fa ad opera di un giornalista americano, il che fa temere piani anche peggiori. E per la prima volta abbiamo una lievissima critica fatta da Napolitano al Parlamento europeo all’austerity che ci sta massacrando. Siamo a 2 mesi dalle elezioni europee, con l’euro criticato solo del M5S, che solo per questo è il granellino di sabbia del sistema.
Appena Friedman parla, Napolitano che ha sempre sostenuto Letta, capisce che non può più continuare e Letta cade. Il Pdr non perde nemmeno tempo a sentire i partiti, li ignora, ignora anche e soprattutto il M5S che è il 2° partito italiano e rappresenta 9 milioni di elettori, sente solo il Pd e lo fa a nomina avvenuta, seguendo il nuovo diktat internazionale.
Scrive Pietro Ancona: “20 anni di berlusconismo non sono stati sufficienti a prepararci allo spettacolo del Segretario del Partito che pugnala alla gola il Capo del Governo del suo stesso partito, assistito da un vecchio cinico che abita il Quirinale”.
Il totoministri di Renzi a questo punto è una buffonata. I poteri turbocapitalisti sanno già chi mettere, magari la figlia di quel Reichlin economista liberista scelto dalla banca d’Inghilterra, sicuramente non saranno persone atte a fare gli interessi nostri e sicuramente saranno iperliberisti, per darci il governo più di dx mai visto in Italia, col consenso del Pd e di Sel, naturalmente, per la regola del “Tengo famigghia e poltrona”. Dopo di che la spoliazione dell’Italia sarà una cosa seria. E’ diventato risibile anche nemmeno parlare di processi per la compravendita di singoli parlamentari, stiamo assistendo al più grande mercato che la politica abbia mai fatto di se stessa: un intero parlamento e governo che si vendono in blocco al massimo aggressore!
Come diceva Ferrara: “La politica si basa sul ricatto”. Non sempre sui reati passati, spesso su quelli futuri.
Il Financial Times ha minacciato Napolitano e ha avuto il suo scalpo: porterà Renzi al governo nel modo più antidemocratico che si possa immaginare. Renzi sarà Capo del Governo per la resa ‘bulgara’ di 136 persone nel più avvilente suk politico della storia della Repubblica italiana.
Come dice Pietro Ancona: “Siamo lontani mille km dalla Costituzione e dalla prassi consolidata che regola le crisi di governo. Siamo lontani dalla democrazia”.
Ma ora il giovane squalo non può solo proclamare, per tenersi in sella deve trattare. E qui cominceranno i suoi guai.
(ricevuta tramite email dall'autrice)
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