Secondo una nuova teoria il nostro universo potrebbe essere il prodotto del collasso di una stella di almeno quattro dimensioni spaziali.
Avete presente un foglio di carta? Fondamentalmente bastano due dimensioni per descriverlo: altezza e larghezza.
Ma il foglio di carta fa parte di un universo con tre dimensioni spaziali (la terza è la profondità, troppo piccola nel foglio per essere apprezzabile). Se disegniamo un omino sul foglio di carta, e immaginiamo che sia vivo, avremo un omino a due dimensioni che vive in un universo a due dimensioni. È l’idea alla base di un famoso romanzo fantastico della fine del XIX secolo, Flatlandia di Edwin Abbott. Oggi potreste trovare quel romanzo nelle librerie di molti fisici e cosmologi in tutto il mondo. Il perché è presto detto: anche il nostro universo potrebbe essere un foglio di carta a tre dimensioni all’interno di un universo con più dimensioni. L’idea non è nuova, soprattutto tra coloro che si occupano di teoria delle stringhe. Ma ora è stata ripescata per spiegare anche la nascita stessa del nostro universo, facendo a meno del Big Bang.
Un universo a quattro dimensioni (spaziali)
Secondo una teoria messa a punto da Razieh Pourhasan, Niayesh Afshordi e Robert Mann del Perimeter Institute in Canada – centro di ricerca d’eccellenza per la fisica teorica e la cosmologia – il Big Bang sarebbe solo un “miraggio”: l’erronea interpretazione di un fenomeno molto diverso dalla singolarità da cui tutto ha avuto origine secondo l’ipotesi corrente. Immaginiamo che esista un universo con quattro dimensioni spaziali. Sì, è difficile immaginarselo, forse è impossibile. Però lo si può descrivere matematicamente attraverso le equazioni. In un tale universo, le stelle avranno anch’esse quattro dimensioni, ma si comporteranno in modo simile alle nostre. Una stella di massa molto grande, giunta alla fine della sua esistenza, espelle gli strati esterni in una violenta esplosione – la supernova – dopodiché il suo nucleo collassa sotto il peso dell’enorme massa, “bucando” lo spazio-tempo. Nasce così un buco nero.
Ma il buco nero nell’universo quadrimensionale è diverso da quello che esiste nel nostro universo tridimensionale. Qui infatti il contorno del buco nero è costituito da una superficie sferica, l’orizzonte degli eventi (così detto perché al di là di esso nemmeno la luce può uscire, quindi non è possibile prevedere cosa avvenga), che possiede tre dimensioni. Nell’universo quadrimensionale, l’orizzonte degli eventi è un’ipersfera, ossia una sfera a quattro dimensioni. Secondo il modello sviluppato dal team di ricercatori, da un simile orizzonte degli eventi può emergere una brana a 3 dimensioni. Una brana è una “fetta” di universo che possiede un numero di dimensioni inferiore a quello del più ampio universo di cui fa parte: esattamente come un foglio di carta a due dimensioni nel nostro universo tridimensionale.
Vivere su un foglio di carta
L’universo in cui viviamo non sarebbe altro, dunque, che un brana emersa da un iper-buco nero, prodotto del collasso di una stella a 4 dimensioni. Niente Big Bang, dunque. L’espansione dell’universo a partire da una singolarità iniziale avvenuta 13,7 miliardi di anni fa sarebbe “un miraggio”, come spiega Niayesh Afshordi: in realtà l’espansione apparente del cosmo altro non è che la crescita della brana in cui viviamo. Il modello così ipotizzato è in grado di spiegare l’uniformità dell’universo facendo a meno della teoria dell’inflazione.
Com’è noto, l’universo oggi possiede una temperatura uniforme che non potrebbe avere se tutte le parti che lo compongono non fossero state in contatto tra loro agli inizi dell’universo. L’inflazione spiega che subito dopo il Big Bang una porzione del nostro universo ha subito un’accelerazione “inflazionaria”, sotto la spinta di un campo di forza non ancora scoperto, che l’ha espansa fino a dimensioni molto superiori. Questa porzione è l’universo visibile in cui viviamo. La nuova ipotesi spiega invece che la nostra 3D-brana ha “ereditato” l’uniformità dell’universo quadrimensionale, frutto a sua volta del tempo lunghissimo – forte eterno – con cui tale universo ha raggiunto l’equilibrio tra le sue diverse parti.
I dati recentemente resi pubblici dal satellite Planck per l’osservazione del fondo cosmico a microonde – l’eco del Big Bang – forniscono tuttavia un quadro che differirebbe di circa il 4% rispetto ai valori calcolati nel modello dell’iper-buco nero. Il gruppo di ricerca sta ora lavorando per cercare di spiegare questa discrepanza, in grado di dimostrare che l’espansione dell’universo non è il prodotto né dell’inflazione né, allo stato attuale, di una misteriosa energia oscura, ma solo della “crescita” della 3D-brana in cui viviamo all’interno di un universo più vasto.
http://scienze.fanpage.it/big-bang-addio-l-universo-e-emerso-da-un-iper-buco-nero/