A coordinare la prima grande inchiesta nella regione, denominata "Aemilia", è la procura distrettuale antimafia di Bologna. Altri 46 provvedimenti sono stati emessi dalle procure di Catanzaro e Brescia. In manette anche il consigliere comunale di Reggio Emilia Giuseppe Pagliani. Al centro dell'indagine i rapporti e le infiltrazioni della cosca dei Grande Aracri.
Scacco alla ‘ndrangheta in Emilia Romagna. La Direzione distrettuale antimafia di Bologna ha disposto 117 arresti: dando vita all’inchiesta “Aemilia“, la prima maxi operazione che ha smascherato le infiltrazioni della criminalità organizzata nella regione del nord, così come già avvenuto in Lombardia (Crimine-Infinito), Piemonte (Minotauro) e Liguria (Maglio). Altri 46 provvedimenti sono stati emessi dalle procure di Catanzaro e Brescia – in inchieste collegate – per un totale di oltre 160 arresti.In manette anche il consigliere comunale di Reggio Emilia Giuseppe Pagliani (Forza Italia). I carabinieri lo hanno prelevato dalla sua abitazione di Arceto di Scandiano. L’operazione, oltre all’Emilia, ha interessato la Lombardia, il Piemonte, il Veneto, la Calabria e la Sicilia. Migliaia i carabinieri impiegati, appartenenti ai Comandi Provinciali di Modena, Parma, Piacenza e Reggio Emilia.
Le misure cautelari sono state richieste dal sostituto procuratore Marco Mescolini e firmate dal gip Alberto Ziroldi. Le 117 persone finite in carcere sono accusate, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, porto e detenzione illegali di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di capitali di illecita provenienza, emissione di fatture per operazioni inesistenti ed altro. Tutti reati commessi con l’aggravante di aver favorito l’attività dell’associazione mafiosa.
Tra le persone coinvolte ci sono anche i fratelli del boss già detenuto dal 2013 Nicolino Grande Aracri, Domenico ed Ernesto. Domenico Grande Aracri, avvocato penalista, è stato arrestato nell’ambito delle misure emesse dall’antimafia bolognese. Mentre Ernesto Grande Aracri è uno dei destinatari dei 37 provvedimenti di fermo emessi dalla Dda di Catanzaro. I Grande Aracri sono uno storico clan originario di Cutro (Catanzaro), da anni radicato nella provincia di Reggio Emilia, con infiltrazioni in molteplici settori economici ed imprenditoriali, soprattutto nel business dell’edilizia.
Dall’inchiesta, secondo quanto si è appreso, è emersa la diffusione capillare in Emilia Romagna, e in parte della Lombardia e del Veneto, delle attività della cosca di ‘ndrangheta dei Grande Aracri sotto il diretto controllo e la guida di Nicolino Grande Aracri. In manette anche diversi imprenditori calabresi, alcuni già noti alle forze dell’ordine, tra cui Nicolino Sarcone, considerato anche da indagini precedenti il reggente della cosca su Reggio Emilia. Sarcone, già condannato in primo grado per associazione mafiosa, è stato recentemente destinatario di una misura di prevenzione patrimoniale che gli aveva bloccato beni per 5 milioni di euro.
Sul versante calabrese delle indagini emergono alcuni dettagli sul potere e l’influenza del “locale” di Cutro, feudo dei Grande Aracri. Secondo il procuratore di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo, Nicolino Grande Aracri aveva intenzione di costituire una grande provincia di ‘ndrangheta in autonomia a quella reggina. Questo secondo il magistrato – evidenzia l’importanza che Cutro aveva ormai assunto nella geopolitica delle cosche di tutto il distretto giudiziario di Catanzaro – che comprende anche le province di Crotone, Cosenza e Vibo Valentia – e poteva inoltre contare sui contatti anche con le cosche del Reggino. “Grande Aracri – ha detto Lombardo – si atteggia a capo di una struttura al di sopra dei singoli locali. E’ sostanzialmente il punto di riferimento anche delle cosche calabresi saldamente insediate in Emilia Romagna dove c’era una cellula dotata di autonomia operativa nei reati fine. I collegamenti tra Emilia Romagna e Calabria erano comunque continui e costanti e non si faceva niente senza che Grande Aracri lo sapesse e desse il consenso”. Legami, quelli tra la terra d’origine e il nord, che rappresentano la linfa vitale per i clan lontani dalla Calabria, così come è emerso già in altre inchieste antimafia in Lombardia.
Nell’ambito dell’inchiesta, nel 2012, venne ascoltato come persona informata sui fatti Graziano Delrio, attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio e all’epoca ex sindaco di Reggio Emilia. Assieme all’allora presidente della Provincia Sonia Masini e al consigliere regionale del Pdl Fabio Filippi (nessuno dei tre è coinvolto nelle indagini). Sotto la lente dell’antimafia di Bologna era finita una cena del 21 marzo 2012 tra alcuni politici reggiani – fra cui l’allora capogruppo in Provincia del Pdl Giuseppe Pagliani, oggi arrestato, e il consigliere comunale Rocco Gualtieri – e personaggi ritenuti vicini alla criminalità organizzata. Pagliani spiegò di essere stato invitato alla cena da alcuni imprenditori calabresi per discutere della crisi e delle difficoltà nel settore dell’edilizia e dei trasporti. Tra i presenti Alfonso Diletto, i fratelli Nicolino, Gianluigi e Giuseppe Sarcone Grande ritenuti vicini al clan Grande Aracri, Gianni Floro Vito, Michele Colacino: tutte persone considerate vicine al clan ‘ndranghetista.
Ma gli inquirenti, nel 2012, avrebbero chiesto chiarimenti a Delrio, Masini e Filippi anche sulla processione del Cristo a Cutro datata 2009, quando scesero in Calabria l’ex sindaco Antonella Spaggiari, lo stesso Delrio e Fabio Filippi: la terna dei candidati sindaci che proprio quell’anno dovevano sfidarsi alle elezioni comunali.
Dall’inchiesta di oggi, sottolineano gli investigatori, emerge che la ‘ndrangheta in Emilia ha assunto una nuova veste, grazie all’appoggio degli imprenditori locali. I dettagli dell’operazione saranno resi noti in una conferenza stampa in programma alle 10:45 presso la procura di Bologna, alla presenza del procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti.