venerdì 6 novembre 2015

Bancarotta Chil Post, chiesta nuova archiviazione per Tiziano Renzi. -

Bancarotta Chil Post, chiesta nuova archiviazione per Tiziano Renzi

Per la procura di Genova, il padre del premier non ha nessuna responsabilità per il crac del 2013 della società di distribuzione e marketing fallita nel 2013. E' questo l'esito dell'approfondimento di indagini disposto dal gip.

Tiziano Renzi, padre del premier, è estraneo al crac della Chil post, la società di distribuzione e marketing fallita nel 2013, tre anni dopo la vendita da parte sua. Ne è convinta la procura di Genova, che ha chiesto nuovamente l’archiviazione, dopo l’approfondimento di indagini disposto dal gip Roberta Bossi.
Tiziano Renzi era stato accusato di bancarotta fraudolenta per quel fallimento, ma alla chiusura delle indagini il pubblico ministero Marco Airoldi non aveva ravvisato responsabilità in capo al padre del capo del governo e così ne aveva chiesto l’archiviazione. Il giudice per le indagini preliminari, accogliendo la richiesta di uno dei creditori della società, aveva chiesto altri approfondimenti dando un mese di tempo, come ricorda l’Ansa. Adesso il giudice potrà chiedere altre indagini, oppure accogliere la richiesta di archiviazione o, ancora, disporre l’imputazione coatta.
Sotto la lente degli investigatori, dopo l’ordinanza del gip, erano finiti i rapporti contrattuali tra il gruppo Tnt e la Chil post. La Chil post era stata dichiarata fallita il 7 febbraio 2013, tre anni dopo il passaggio di proprietà da Tiziano Renzi ad Antonello Gambelli eMariano Massone. Renzi senior era stato accusato di bancarotta fraudolenta per 1,3 milioni di euro. Il curatore fallimentare aveva ravvisato alcuni passaggi sospetti nella cessione di rami d’azienda ‘sani’ alla Eventi Sei, società intestata alla moglie di Tiziano Renzi, Laura Bovoli, per poco più di tre mila euro, cifra non ritenuta congrua. Subito prima della cessione della Chil post, Tnt aveva ridotto la collaborazione con l’azienda e successivamente l’aveva implementa con la Eventi 6. Dalle nuove indagini non sarebbe emerso che questo avrebbe comportato un depauperamento della Chil e così il pm ha chiesto una nuova archiviazione.
Ad ostacolare la chiusura definitiva della vicenda giudiziaria potrebbe essere anche una nuova opposizione all’archiviazione da parte del proprietario dei locali affittati a suo tempo alla Chil che vanta un credito di 5000 mila euro. In tal caso il gip dovrebbe fissare una nuova udienza per ascoltare le parti. Prima della cessione della società, Matteo Renzi, insieme alle sorelle, ne era stato amministratore e dal 1999 al 2004 era stato anche dipendente della Chil spa. Quando l’attuale capo del governo venne eletto presidente della provincia di Firenze (2004), aveva avuto il ‘distacco’ dall’azienda dopo averne ceduto il 40 per cento delle quote e continuò a percepire i contributi lavorativi per nove anni.

Evasione, le nuove soglie di punibilità mandano al macero un fascicolo delle Procure su tre. Festeggiano in 9mila. - Ferruccio Sansa

Evasione, le nuove soglie di punibilità mandano al macero un fascicolo delle Procure su tre. Festeggiano in 9mila

I magistrati milanesi: "Abbiamo chiesto l’archiviazione di 1.200 fascicoli solo per l’omesso versamento dell’Iva. Contestazioni relative agli ultimi quindici mesi”. E nelle altre città non va in modo diverso.

“Abbiamo chiesto l’archiviazione di 1.200 fascicoli solo per l’omesso versamento dell’Iva. Contestazioni relative agli ultimi quindici mesi”. In Procura a Milano sono questi i primi risultati della nuova disciplina sull’evasione che prevede l’innalzamento dei tetti di non punibilità: da 50 a 150mila euro per l’omesso versamento delle ritenute, da 150mila a 250mila per l’Iva. In Procura non si sono fatti cogliere impreparati: “Da mesi avevamo smesso di trasmettere le carte all’ufficio gip”, raccontano i pm. Così in un attimo sono stati cancellati 1.200 fascicoli solo per l’Iva. A questi dovranno essere aggiunti quelli sulle ritenute. E migliaia di fascicoli già a dibattimento: “In tutto prevediamo oltre 3.500 casi”, spiegano in Procura.
Quanti processi tributari finiranno con l’archiviazione? “Trenta per cento”, azzardano a Milano. Ma parlando con pm di tutta Italia si raccolgono previsioni molto varie: dal 20 per cento di Genova fino al 75 del Friuli. In media, secondo i pm, siamo oltre il 30 per cento. Un processo su tre. Anche se molte Procure interpellate dal Fattostanno ancora elaborando le statistiche. I primi dati riflettono le analisi del Sole 24 Ore pubblicate un anno fa: su 38 procure si parlava di circa 9.000 archiviazioni su più di 25mila fascicoli. Milano da sola vale una bella fetta d’Italia. Capitale economica e Procura molto attiva, guida da sempre la classifica dei reati tributari: 2.494 in un anno (al quinto posto c’è Monza, a pochi chilometri di distanza). Seguono Roma (1.785), Torino (1.110) e Napoli (458).
Per i rinvii a giudizio, Milano (1.419) stacca tutti: Roma è a 438. Adesso migliaia di indagini finiranno nel nulla. Un disastro? Le opinioni dei pm, che preferiscono non essere nominati, sono discordanti: “Perdiamo un fascicolo su tre, ma nel caso dell’Iva l’accertamento del mancato pagamento resta”. Insomma, si dovrebbe finire per pagare anche senza reato. Altri pm lombardi non sono d’accordo: “La sanzione penale è un deterrente. Se ci tolgono anche quello, restiamo in mutande”. A Udine il procuratoreAntonio De Nicolo teme che la nuova disciplina possa portare all’archiviazione di tre fascicoli su quattro. Perché un dato così disomogeneo? Semplice, dove il tessuto economico è fondato sulle piccole imprese, come in Friuli e Veneto, l’innalzamento del tetto avrà effetti molto più pesanti. Dove prevalgono le medio-grandi imprese – vedi la Lombardia – si sentirà meno.
E il resto d’Italia? La procura di Torino deve ancora fare un conteggio preciso: “Stiamo facendo un piano con l’Agenzia delle Entrate”, afferma il procuratore capo Armando Spataro. I dati esatti si sapranno la prossima settimana. Il pool di pm specializzati in reati economici, guidato dall’aggiunto Vittorio Nessi, prevede molte centinaia di archiviazioni in arrivo. “Un proscioglimento che – si ribadisce – non vuol dire sempre impunità: resterà la sanzione amministrativa dell’Agenzia delle Entrate”.
“A Genova in pochi giorni abbiamo contato 150 archiviazioni”, raccontano dalla Procura ligure. Siamo tra il 20 e il 25 per cento del totale. Un po’ sotto la media nazionale. A Modena il procuratore capo reggente Lucia Musti ha emanato un ordine di servizio per bloccare tutti i procedimenti penali in questione: gli avvisi di conclusione indagini verranno richiamati indietro ed eventualmente rielaborati in base alla nuova normativa, così come le richieste di rinvio a giudizio. All’Agenzia delle Entrate è stato chiesto di non inviare più le notizie di reato per i casi sospetti (visto che non si tratta più di reato).
Bologna, Firenze, L’Aquila, Napoli e Reggio Calabria stanno elaborando i primi dati. All’Aquila si segnalano le prime archiviazioni. A Napoli i pm, da una statistica fai da te, hanno contato un’archiviazione a testa ogni giorno. Da Vibo Valentia, il procuratore Mario Spagnolo invita alla cautela: “Per valutare bisogna considerare non solo la quantità, ma anche la qualità dei comportamenti contestati”.
In Sicilia le percentuali, dalle primissime stime, non si allontanano da un fascicolo cancellato su tre: “Valutazioni precise sono impossibili. L’impressione è che i processi destinati all’archiviazione siano il 30 per cento”, sostiene Salvatore De Luca, procuratore aggiunto a Palermo. “Intorno al 25 per cento”, dice Francesco Paolo Giordano, procuratore di Siracusa.
“La nuova legge – commenta un pm partenopeo con ironia – svuoterà un poco gli uffici. Farà anche bene ai nostri carichi, cioè il numero di processi fatti. Faremo carriera. Ma anche gli evasori saranno felici. Tutti contenti!”.
(hanno collaborato Andrea Giambartolomei, Vincenzo Iurillo, Giuseppe Lo Bianco, David Marceddu, Lucio Musolino)

giovedì 5 novembre 2015

Xylella, Regione Puglia: “Terreni colpiti non edificabili. Misura contro speculazione edilizia”. - Luisiana Gaita

Xylella, Regione Puglia: “Terreni colpiti non edificabili. Misura contro speculazione edilizia”

La commissione Agricoltura ha approvato l’emendamento presentato dal consigliere Pd Sergio Blasi che per 15 anni vieta il cambio di destinazione d'uso delle zone infettate dal batterio. "E ora una legge contro il divieto di reimpianto degli ulivi imposto dalla Ue”.

Lì dove c’erano gli ulivi non ci saranno villaggi turistici né resort: è guerra alle speculazioni edilizie sui terreni colpiti dalla Xylella fastidiosa. La commissione Agricoltura dell’assemblea regionale della Puglia ha approvato l’emendamento presentato dal consigliere del Partito democratico Sergio Blasi che riscrive la legge 41/2014: per quindici anni i terreni coltivati a uliveti e colpiti dal batterio non potranno cambiare destinazione d’uso. Il testo dovrà passare in Aula, ma i numeri ci sono: a dare il via libera sia la maggioranza che il Movimento 5 Stelle. “Si tratta di una modifica che era necessaria per garantire la continuità dell’uso agricolo dei terreni soggetti a espianto”, ha detto Blasi. Che ha annunciato la prossima battaglia: “Una legge contro il divieto di reimpianto degli ulivi imposto dall’Unione europea”.

Il via libera per il ddl -  La IV Commissione presieduta da Donato Pentassuglia ha quindi approvato a maggioranza l’emendamento che riscrive il primo articolo della legge regionale. “Al fine di garantire la continuità dell’uso agricolo e della destinazione rurale – si legge nel testo – i terreni soggetti a espianto a causa della Xylella fastidiosa, per effetto della decisione di esecuzione 2014/87/EU della Commissione europea, non possono cambiare per 15 anni la tipizzazione urbanistica vigente al momento dell’espianto”. Una sola – e tassativa – eccezione: “Salvo che per la realizzazione di opere pubbliche prive di alternativa localizzativa – recita il primo articolo così modificato – e necessarie alla salvaguardia della pubblica incolumità e dell’ambiente”. In soldoni: opere fondamentali alle quali non ci siano alternative.

La tutela della tradizione - “Dopo il passaggio in Consiglio regionale di questo emendamento, non sarà consentito a nessuno di speculare sulla tragedia della Xylella”, ha dichiarato Blasi. Il consigliere del Pd ha posto l’accento sul ruolo di tutte le istituzioni, dalla Regione al governo. “Bisogna pensare alle risorse economiche – ha spiegato a ilfattoquotidiano.it – eppure nel Piano di Sviluppo Rurale non si fa cenno a questa emergenza. Allo stesso modo il governo deve investire nella ricerca, anche perché ogni giorno si scoprono nuovi focolai sempre più a Nord. Per fermare il Co.di.r.o (Complesso Disseccamento Rapido dell’Olivo) non abbiamo altra arma che il sapere scientifico. Tutto il resto, comprese le eradicazioni, sono misure tese a contenere – con scarsi risultati – il propagarsi della malattia, ma non a fermarla”. La nuova legge “mette nero su bianco il divieto di cambiare la destinazione d’uso di quei suoli” ha dichiarato il consigliere. E questo significa “affrontare la gravità della situazione con il fermo obiettivo di continuare a puntare sullo sviluppo agricolo e paesaggistico del Salento e della Puglia”.

La nuova battaglia - Ma Blasi ha lanciato anche un’altra sfida: “La prossima battaglia da vincere è quella sulla rimozione del divieto di reimpianto degli ulivi, imposto dall’Unione europea e giustamente contestato dagli olivicoltori salentini”. Il consigliere regionale promotore dell’emendamento si è già schierato con i produttori che contestano al ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina di non essersi imposto di fronte ai diktat di Bruxelles. E il piano Silletti? “Trovo francamente incomprensibile – è la posizione di Blasi – eradicare piante sane, solo perché si trovano nel raggio di cento metri da quelle infette. La Comunità europea dovrebbe ricordare di non aver saputo evitare con le esportazioni che si arrivasse a questa situazione e dovrebbe tener presente che l’Italia è vittima nella vicenda Xylella. Poi si può discutere sui ritardi, che pure ci sono stati”.

Le teorie del complotto - Leggi, divieti e piani d’emergenza da un lato. Gasdotto tap, proteste, e metanodotto Snam dall’altro. In questi mesi l’emergenza Xylella si è intrecciata con altre annose questioni. C’è chi, come il Comitato No Tap, bolla come “una strana coincidenza” il fatto che i focolai di Xylella siano sul tracciato del gasdotto Snam (che dovrebbe collegare il Tap di Melendugno allo snodo di Mesagne, in provincia di Brindisi) e c’è anche chi pensa che la modifica alla legge sia l’ennesimo tentativo di ostacolare la costruzione del gasdotto Tap.

“Non sono per le teorie del complotto – ha dichiarato Blasi – mi baso sulla scienza. Posso dire che l’emendamento ha avuto lo scopo di evitare speculazioni e non di bloccare questa o quell’opera”. Eppure secondo Blasi l’Italia ha due diverse velocità quando si tratta di imporsi a livello comunitario. “Mi chiedo cosa impedisca di far arrivare quel tubo sotto la centrale di Cerano – ha spiegato – dove si potrebbe iniziare a utilizzare il gas invece del carbone. In questo modo non si trae alcun beneficio”. Il risultato? “Non si capisce per quale ragione dobbiamo rispettare la direttiva europea sul divieto di reimpianto e non dobbiamo seguire quella che chiede l’avvio di un processo di decarbonizzazione”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/03/xylella-regione-puglia-terreni-colpiti-non-edificabili-misura-contro-speculazione-edilizia/2186122/

Inps dichiara guerra alla povertà con tagli a pensioni d'oro e vitalizi.

Tito Boeri © ANSA

La proposta di legge è stata presentata al governo. Si punta a combattere la povertà sostenendo gli over 55 che non hanno maturato i requisiti per la pensione.

Roma, 5 novembre 2015 - Togliere ai ricchi per dare ai poveri. Ovvero ridurre le pensioni d'oro per sostenere gli over 55 che non hanno maturato i requisiti. E' questa, in estrema sintesi, la proposta di legge che l'Inps ha presentato al governo. Nel documento, in 16 articoli, si affronta il sistema previdenziale e assistenziale a 360 gradi, senza escludere - ad esempio - il ricalcolo dei vitalizi e delle pensioni dei sindacalisti. Il tutto "Non per cassa ma per equità", come è scritto nel titolo del documento stesso. Ecco alcuni dei punti principali della proposta.
OVER 55 - L'Inps si preoccupa di abbattere la povertà riducendola almeno del 50% fra chi ha più di 55 anni e non ha ancora maturato i requisiti per la pensione. In che modo? Attingendo a risorse dai "circa 250.000 percettori di pensioni elevate" legate all'appartenenza a gestioni speciali e non giustificate dai contributi versati, da "più di 4.000 percettori di vitalizi per cariche elettive" e da "circa 30.000" lavoratori "con lunghe anzianità contributive", e che hanno iniziato a lavorare dopo i 18 anni, che subirebbero decurtazioni dell'assegno "fino al 10%" se decidessero di accedere a pensioni anticipate. Il tutto per consentire di istituire un reddito minimo garantito pari a 500 euro al mese (400 nel 2016 e nel 2017) per una famiglia con almeno un componente over 55.
TAGLI AI RICCHI - La proposta prevede il taglio di trasferimenti assistenziali destinati a circa 230.000 famiglie ad alto reddito (appartenenti perlopiù al 10% della popolazione con redditi più alti) in virtù di una scorretta selettività. 
VITALIZIA partire da gennaio i vitalizi per cariche elettive vanno ricalcolati, per l'Inps, secondo il metodo contributivo oggi applicato a tutti i nuovi lavoratori. In altre parole, ai titolari di vitalizi elevati viene chiesto di convergere al trattamento che avrebbero avuto applicando le regole del sistema contributivo ai versamenti per i loro vitalizi.
SINDACALISTISecondo l'istituto non è "più possibile per i dirigenti sindacali applicare alla contribuzione aggiuntiva le regole di calcolo più vantaggiose presenti per la gestione pubblica fino al 1992".
In generale, secondo l'Inps, la proposta aumenta la sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale, rendendolo più equo. "Le misure Inps - è scritto - vanno a beneficio dei contribuenti attuali e futuri in quanto riducono il debito pensionistico implicito". "Dal punto di vista congiunturale - continua l'Inps - ha un contenuto espansivo ma senza mettere a rischio la tenuta dei nostri conti pubblici dato che complessivamente porta a ridurre il debito pubblico".

Mafia Capitale, diretta del processo: “Carminati pronto a parlare”. Il legale di Buzzi: “La mafia a Roma non esiste”.



CRONACA ORA PER ORA - Al via il maxi-dibattimento con 46 imputati. Il presunto boss ex terrorista e il capo delle cooperative sociali in collegamento in videoconferenza. I loro legali: "Cosa Nostra è una cosa seria, qui c'è solo un cattivo costume". Odevaine presente in aula: "Ho fatto errori, ma ora collaboro". Ressa di fotografi e tv, anche straniere. Gabrielli: "Città ancora molto malata".


Massimo Carminati pronto a parlare, “ha intenzione di difendersi in modo diverso”. Il legale di Salvatore Buzzi che dice che la mafia a Roma non esiste: “C’è un cattivo, cattivissimo costume, ma non la mafia”. Inizia così la giornata dell’inizio del maxi-processo su Mafia Capitale. A giudizio sono in 46. Tra i primi a entrare dall’ingresso per il pubblico un dipendente delle cooperative sociali coinvolte nell’inchiesta, “venuto a vedere questi delinquenti”, dice. Armando Finotella, 56 anni, ex dipendente di aziende della holding di Salvatore Buzzi. “Ho perso il posto e mi sono costituito parte civile da solo con un avvocato d’ufficio. A 56 anni non mi prende più nessuno. Facevo l’addetto alle pulizie e ho perso tutto”.
Per entrare nell’aula Vittorio Occorsio c’è la folla di avvocati e giornalisti. Gli addetti alla sicurezza si sono raccomandati di tenere i cellulari spenti almeno in questa prima fase. Vari imputati saranno in collegamento in videoconferenza per seguire questa prima udienza. Tra di loro gli stessi Massimo CarminatiSalvatore Buzzi e Franco Panzironi, ex amministratore delegato dell’Ama, l’azienda romana dei rifiuti, in collegamento da diversi penitenziari. In aula sono presenti, tra gli altri imputati, Luca Odevaine, da alcuni giorni agli arresti domiciliari, e l’imprenditore Daniele Pulcini. A seguire il processo ci sono anche l’ex consigliere comunale Marcello De Vito e la deputata Roberta Lombardi, entrambi del Movimento Cinque Stelle: “Ci siamo costituiti parte civile come cittadini e referenti di un movimento politico di cittadini stanchi di pagare tasse e di vederci restituiti mafia capitale e disservizi”.
Di certo appare subito chiara la linea degli avvocati dei principali imputati a processo. Da una parte la contestazione del reato di associazione mafiosa. Lo dice l’avvocato di Massimo CarminatiGiosuè Naso: “La mafia sotto il profilo penale è qualcosa di diverso e molto più grave”. Lo ribadisce Fabrizio Gallo, che è il difensore di Roberto Lacopo, il gestore del distributore che secondo i pm faceva da quartier generale di Carminati: “Questa non è mafia, la mafia è una cosa seria. Questo processo doveva chiamarsi Corruzione Capitale”. Lo ripete Alessandro Diddi, avvocato di Salvatore Buzzi: “A Roma la mafia non esiste, c’è un cattivo, cattivissimo costume, ma non la mafia”. 
L’altro fronte degli avvocati è quello delle accuse al cosiddetto circuito “mediatico-giudiziario” e al “clima”, come lo chiama lo stesso Naso. Mafia Capitale, infatti, ha già avuto le sue prime sentenze, le quattro condanne in rito abbreviato una delle quali con l’accoglimento dell’aggravante mafiosa (riconosciuta per Emilio Gammuto, collaboratore di Buzzi). “Si tratta di una decisione ampiamente attesa – risponde Naso – arrivata in forma assolutamente tempestiva. Noi da un anno stiamo aspettando di comparire davanti al tribunale e, guarda il caso, gli immediati verranno celebrati proprio alla vigilia di questa sentenza gup e dell’arresto di alcuni giorni fa della dirigente Eur Spa, Clelia Logorelli, per corruzione. Questo per far capire il clima. Secondo me c’è una regia facilmente identificabile che vuole tutto questo. In aula lo dirò a chiare lettere”.
Il legale ha poi auspicato che “sia un processo normale: tutta questa montatura mediatico-giudiziaria – dice – non fa bene al processo. Se un processo deve dare risposte ad esigenze meta-giuridiche non va bene, i processi dovrebbero essere dei semplici tentativi di accertare verità singole”.
CRONACA ORA PER ORA
12.05 – Il legale di Carminati: “Questo è un processetto dopato dai media”
“Questo è un processetto dopato e montato da una campagna mediatica”. Così Bruno Giosuè Naso, legale dell’ex nar Massimo Carminati, ritenuto dalla procura il capo della presunta organizzazione nota come Mafia Capitale, degli uomini a lui vicini Riccardo Brugia e Fabrizio Franco Testa.”Quali sono le ragioni che rendono Bruggia, Testa e Buzzi diversi da tutti gli altri imputati?” Aggiunge l’avvocato Naso in riferimento al fatto che i tre, oltre a Massimo Carminati, potranno essere presenti fisicamente in aula ma solo attraverso videoconferenza.
11.54 – Il legale di Buzzi: “Vedrete che la mafia non c’è”
“Abbiamo tantissime cose da dimostrare. Spero che abbiate la costanza di oltre un anno di processo per vedere che non c’è la mafia a Roma. L’accusa di associazione mafiosa l’abbiamo sempre negata. Sono sempre più convinto che della mafia a Roma non ci sia proprio traccia”. Lo ha detto Alessandro Diddi, avvocato di Salvatore Buzzi.
11.15 – Anche Povia davanti al tribunale
Anche il cantante Povia davanti al tribunale di Roma per promuovere il prossimo cd “contro l’euro” – così lo ha definito – sfruttando la presenza massiccia della stampa alla prima udienza del maxiprocesso Mafia Capitale. Reso celebre qualche anno fa da “I bambini fanno oh”, Povia ha intonato alcune strofe di una sua nuova canzone.
11.14 – “No bavaglio”, sit-in in difesa dei giornalisti denunciati
“No bavaglio” recita lo striscione portato dalla Fnsi, il sindacato dei giornalisti, davanti al tribunale di Roma a sostegno dei 93 cronisti denunciati da un gruppo di avvocati difensori di imputati nel maxiprocesso Mafia Capitale per aver diffuso le intercettazioni telefoniche. Con alcuni giornalisti sono presenti anche rappresentanti dell’associazione Articolo 21 a difesa della libertà di stampa, come il direttore Stefano Corradino e l’ex parlamentare del Pd Vincenzo Vita.
11.11 – Odevaine: “Settore delle coop ha bisogno di compromessi”
Nel settore delle coop “bisogna arrivare a dei compromessi di natura fiscale perché lo Stato non paga”. Così Luca Odevaine, imputato presente in aula e da pochi giorni ai domiciliari dopo 11 mesi di carcere. Il settore delle coop sociali è al centro dell’inchiesta Mafia Capitale.
11.08 – Ok dei giudici alle riprese televisive
I giudici del maxi-processo a Mafia Capitale hanno dato il consenso nel corso della prima udienza alle riprese televisive all’interno dell’aula dove si svolge il processo, ma solo da parte della Rai e solo in differita. Rosanna Ianniello, presidente del collegio giudicante, ha motivato la scelta anche con “l’interesse sociale rilevante del processo” che si è aperto stamane a piazzale Clodio e proseguirà nell’aula bunker di Rebibbia dalla prossima settimana.
11.03 – Odevaine: “A Roma non c’è sistema mafioso”
“A Roma non c’è un sistema mafioso che gestisce la città. A Roma le cose si trascinano. A Roma la mafia investe in attività legali. Con Carminati non c’entro nulla. Affronto serenamente questo processo dopo un percorso che mi ha portato a collaborare con i magistrati”. Così Luca Odevaine ex membro del tavolo nazionale sull’immigrazione tra gli imputati nel processo denominato Mafia Capitale durante una pausa della prima udienza al tribunale di Roma.
10.57 – Codacons chiede che Comune sia responsabile civile
Mossa a sorpresa del Codacons. Gli avvocati dell’associazione hanno chiesto di inserire nel processo il Comune non come parte civile, ma come responsabile civile, per via dell’alto numero di funzionari del Campidoglio (101) collusi o legati al sistema mafioso degli appalti. Il Comune, è la tesi del Codacons, non solo non si è accorto degli illeciti, ma non ha svolto nemmeno un’attività di prevenzione e vigilanza. La gestione irregolare degli appalti ha prodotto un danno ai cittadini di Roma per circa un miliardo, secondo il Codacons.
10.37 – Ressa di fotografi e tv fuori da tribunale
Da circa tre ore decine di fotografi e giornalisti e operatori delle tv sono all’esterno del Tribunale di Roma, all’ingresso di via Varisco, in attesa di sapere se e con quali modalità il collegio del maxiprocesso per Mafia Capitale permetterà di prendere immagini all’interno del Tribunale e dell’aula. Tra loro anche diverse troupe di testate straniere, come quelle delle agenzie di stampa France Press (Afp) e la britannica Reuters.
10.28 – Odevaine: “Ho fatto errori, ma ora collaboro”“Ho fatto degli errori, ho ammesso le mie responsabilità e ora sto collaborando con i magistrati”. E’ quanto afferma Luca Odevaine parlando a margine del processo per Mafia Capitale che lo vede imputato di corruzione. L’ex membro del Tavolo nazionale sull’immigrazione ha ribadito “di essere dalla parte delle istituzioni”.  Odevaine alla vigilia del maxiprocesso ha ottenuto gli arresti domiciliari dopo 11 mesi di carcere.
10.12 – Gabrielli: “Roma è ancora molto malata”
“Roma è una città ancora profondamente malata”. Lo ha detto il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, intervistato da SkyTg24. I circa due mesi trascorsi dal 27 agosto, quando il governo affidò a Gabrielli un ruolo di coordinamento sulla sicurezza e su alcune opere pubbliche dopo l’inchiesta di Mafia Capitale, “ci hanno consentito di vedere come ancora il lavoro da fare è tantissimo”.
9.42 – Il legale del benzinaio: “Questa non è mafia”
“Questa non è mafia, la mafia è una cosa seria. Questo processo doveva chiamarsi Corruzione Capitale”. Lo ha detto entrando in tribunale a Roma Fabrizio Gallo, avvocato di Roberto Lacopo, il benzinaio gestore dell’area di servizio di Corso Francia considerata una delle basi di Massimo Carminati, presunto capo di mafia capitale. Lacopo è accusato di associazione mafiosa e altri reati.
9.33 – Aperto il processo su Mafia Capitale
Si è aperto nell’aula Occorsio del tribunale di Roma il maxi processo a Mafia Capitale. Presiede il collegio Rosanna Ianniello. 9.12 – Odevaine è in aula Luca Odevaine, ex membro del tavolo sui migranti del Ministero dell’Interno e imputato al processo a Mafia Capitale, è entrato nell’aula Occorsio del tribunale di Roma dove tra poco si aprirà il procedimento. Lo accompagna il suo legale Luca Petrucci.
8.55 – L’avvocato di Buzzi: “La mafia a Roma non esiste”
Salvatore Buzzi chiederà nuovamente il patteggiamento. Lo dice il suo difensore, Alessandro Diddi, a pochi minuti dal via al processo di mafia capitale, spiegando che in precedenza la richiesta era subordinata al consenso della procura mentre ora sarà il tribunale a decidere. Quanto alle accuse di mafia, secondo Diddi, “a Roma la mafia non esiste, c’è un cattivo, cattivissmo costume, ma non la mafia”. Salvatore Buzzi assisterà oggi alla prima udienza del maxiprocesso per Mafia Capitale in video conferenza dal carcere di Tolmezzo (Udine), ma non rilascerà dichiarazioni.
8.36 – Il legale di Carminati: “Nel processo parlerà”
“Massimo Carminati in questo processo parlerà, è intenzionato a difendersi in modo diverso dal solito perché vuole chiarire un sacco di cose e lo farà”. E’ quanto annuncia l’avvocato Giosuè Naso, difensore dell’ex terrorista che secondo la Procura di Roma sarebbe a capo del clan di Mafia Capitale. A pochi minuti dall’inizio della prima udienza, Naso afferma che il suo cliente, che dal giorno dell’arresto non ha mai parlato con i pm, quando toccherà a lui sarà pronto a parlare davanti ai giudici della X sezione penale. Carminati seguirà l’udienza in videoconferenza. “Di tutta questa storia a Carminati ha dato particolarmente fastidio il fatto che il suo nome sia stato accostato alle parole ‘mafia’ e ‘droga’. Con la mafia non c’entra proprio nulla e la droga gli fa veramente schifo”.

Vatileaks: bocche cucite pm Terni su indagine Chaouqui-marito.




Bertone: 'Sono calunnie, ho pagato io la casa'.


Bocche cucite stamani alla procura di Terni sull'indagine che secondo quanto riportano il Corriere della sera e il Messaggero coinvolge l'esperta di pubbliche relazioni Francesca Immacolata Chaouqui e il marito Corrado Lanino per estorsione e intrusione informatica. Il sostituto procuratore titolare del fascicolo Elisabetta Massini non ha voluto nemmeno incontrare i giornalisti. Secondo il Corriere si delineerebbe un quadro di pressioni e ricatti simile a quello che ha coinvolto monsignor Lucio Angel Vallejo Balda e la stessa Chaouqui. Soprattutto le indagini hanno delineato - secondo il quotidiano - un'attività illecita che avrebbe consentito di entrare in numerosi computer e carpire informazioni riservate da utilizzare poi per ottenere favori e incarichi per la coppia ma anche per persone a loro vicine. Il fascicolo è nato nell'ambito degli accertamenti sul dissesto della curia ternana che avevano coinvolto anche monsignor Vincenzo Paglia, la cui posizione è stata poi archiviata.
BERTONE: 'CALUNNIE, HO PAGATO IO LA CASA'
"È una vergogna, non so come difendermi, difendersi dalle calunnie è quasi impossibile". Intervistato dal Corriere della Sera, il cardinale Tarcisio Bertone respinge così l'accusa di aver ristrutturato l'attico in cui vive con i soldi della Fondazione Bambin Gesù.
Sottolinea di aver pagato i lavori con i propri risparmi: "premetto che gli appartamenti assegnati ai cardinali della Curia romana sono di proprietà del Governatorato vaticano o dell'Apsa, e vengono ristrutturati a cura delle amministrazioni con spese messe a bilancio anno per anno". "Quanto all'appartamento che mi è stato assegnato" "mi è stato comunicato che quell'anno non era messa a bilancio alcuna somma per la ristrutturazione e avrei dovuto sostenere io le spese".
"Mentre avanzavano i lavori e alla Ragioneria arrivavano le fatture da pagare - prosegue Bertone - fui invitato dal Governatorato a saldare. E in effetti, come risulta da una precisa documentazione, ho versato al Governatorato la somma: dal mio conto".
Per i lavori, afferma l'ex segretario di Stato vaticano, "il Governatorato mi ha comunicato una spesa sui 300 mila euro: ho pagato con i miei risparmi per un appartamento che non è di mia proprietà e resterà al Governatorato". I 200 mila versati dalla Fondazione Bambin Gesù? "Così dicono. Solo dopo ho saputo che erano state presentate fatture anche alla Fondazione. Io non ho visto nulla. Ed escludo in modo assoluto di aver mai dato indicazioni o autorizzato la Fondazione ad alcun pagamento".
Il cardinale nega poi di vivere nel lusso; "l'appartamento è di 296 metri quadrati. E non ci vivo da solo. Abito con una comunità di tre suore che mi aiutano". Il terrazzo? "Sempre questa storia dell'attico con vista su San Pietro. Non esiste nessun attico. Io abito al terzo piano e il terrazzo non è mio, è stato risanato durante i lavori ma è quello condominiale, in cima al palazzo. È di tutti gli inquilini, cardinali e arcivescovi, che ci vivono".
GALANTINO, SI DICANO LE CIFRE DELL'OPERAZIONE EDITORIALE  - 
"È sintomatico come in questo momento per creare difficoltà alla Chiesa e alla sua immagine - perché, non illudiamoci, dietro c'è questo - si stia attingendo al passato. Vuol dire che la spinta di Papa Francesco, e prima di Benedetto, sta portando i suoi frutti". E' quanto afferma il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, intervistato dal Sir, l'agenzia di stampa dei vescovi italiani. Il testo dell'intervista è riportato sul sito internet, da poco rinnovato, della Sir. Interpellato alla vigilia del quinto Convegno ecclesiale nazionale che si terrà a Firenze, dal 9 al 13 novembre, Galantino nel corso del colloquio si sofferma su molti temi e auspica un Sinodo nazionale per la Chiesa italiana. Al termine risponde a una domanda sulla cosiddetta Vatileaks 2. "Ho l'impressione - osserva Galantino - che qualcuno stia perdendo la calma per questo rinnovamento e si sfoghi appropriandosi di documenti riservati e scrivendo libri. Mi piacerebbe dire all'ineffabile Fittipaldi e all'ineffabile - per due volte - Nuzzi: è possibile conoscere le cifre delle vostre grandi operazioni editoriali? Io, al posto loro, poco poco mi vergognerei a fare le pulci agli altri in maniera ideologica, senza guardare a se stessi. Meno male che alcuni giornali seri stanno mostrando tutte le contraddizioni di operazioni di questo genere. Di fondo, ripeto, c'è il fatto che ad alcuni dà fastidio che ci sia una Chiesa cattolica che, in questo momento, parla in modo più chiaro rispetto al passato, chiamando le cose con il loro nome". 

Vatileaks 2, verifiche sulle canonizzazioni: bloccati 409 conti Ior tra cui quello di padre Georg. - Fabrizio d'Esposito

Vatileaks 2, verifiche sulle canonizzazioni: bloccati 409 conti Ior tra cui quello di padre Georg

Lo scandalo dei "cacciatori dei miracoli": tariffa media di 500mila euro a caso. La figura chiave è il cosiddetto postulatore, una sorta di pm che deve indagare sulla presunta santità e mostrarne le prove sotto forma di prodigi. Coinvolto anche l'ex segretario personale di Benedetto XVI.


Senza soldi non si diventa santi. È stato tre lustri fa, che con il suo L’ora di religioneSergio Castellitto protagonista, Marco Bellocchio denudò crudelmente il commercio vaticano sulle canonizzazioni, raccontando la storia di una famiglia romana decaduta che cerca di risollevarsi economicamente investendo tutto sul processo di santità della mamma morta. Ed è propria la causa per la canonizzazione il segreto per moltiplicare il denaro. In merito, uno dei libri del nuovo Vatileaks, quello di Gianluigi NuzziVia Crucis (Chiarelettere) contiene una notizia clamorosa.
Quattrocento conti per 40 milioni di euro
Quando papa Bergoglio, appena eletto, dispone un’inchiesta sui traffici milionari della Congregazione che si occupa di portare sugli altari uomini e donne di fede – e retta da un fedelissimo bertoniano, il cardinale Angelo Amato – la neocommissione per la riforma delle finanze (la fatidica Cosea) ordina il blocco di 409 conti dello Ior, la banca vaticana, per un totale di 40 milioni di euro. Tra questi c’è anche un nome pesantissimo, quello di monsignor di Georg Gänswein, storico segretario di Benedetto XVI e rimasto al servizio di papa Bergoglio. Il numero dell’importante cliente, presso la banca vaticana, è 29913. Scrive Nuzzi: “La disposizione dunque coinvolge anche il conto corrente di monsignor Georg Gänswein, già segretario personale di Benedetto XVI e ora prefetto della casa pontificia. C’è anche il conto corrente di padre Antonio Marrazzo, postulatore per la beatificazione di papa Paolo VI, Giovanni Battista Montinie quello di monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio consiglio per la famiglia. Si rischia un incidente diplomatico già dopo i primi passi della commissione”. Alla fine del 2013, la Cosea fa sbloccare 114 dei 409 depositi.
Diventare santi e fatturazione.
Il processo per diventare santi è particolarmente lungo, anni se non decenni. La figura chiave è il cosiddetto postulatore, una sorta di pm che deve indagare sulla presunta santità e mostrarne le prove sotto forma di miracoli. In Vaticano sono due avvocati laici ad avere il monopolio delle cause. Il più noto e prestigioso si chiama Andrea Ambrosi ed è un legale che fa solo questo. Per avere il patentino di postulatore c’è un corso parauniversitario da frequentare e superare. La famiglia Ambrosi, poi, è anche proprietaria della tipografia che stampa in esclusiva gli atti delle cause. Si tratta di montagne di carta, un altro affare a tantissimi zeri. Insieme allo studio Ambrosi, altra postulatrice è Silvia Correale
In media, la santità costa tra i 400mila e i 500mila euro. 
Per il filosofo Antonio Rosmini, si è arrivati a ben 750mila euro, di cui la metà solo per organizzare la cerimonia di beatificazione in piazza San Pietro. Avviare una causa presuppone già un anticipo di 20mila. Poi ci sono i costi di trasferte e di studio di documenti più la traduzione della mole di atti in latino, lingua ufficiale della Santa Sede.
Mezzo milione per la beatificazione.
Nel secondo libro che esce oggi, quello di Emiliano FittipaldiAvarizia (Feltrinelli), c’è un ampio elenco di cause costate centinaia di migliaia di euro. A gestire i soldi sono i postulatori, con conti dello Ior, e quando la Cosea ha chiesto i bilanci o un rendiconto delle spese, il cardinale Amato ha risposto che questa certificazione non esiste. Un pozzo senza fondo. Nell’autunno di due anni fa, per esempio, una congrega spagnola di Palma di Maiorca ha messo 482.693 euro sul conto della banca vaticana per la canonizzazione della beata Francisca Ana de los Dolores. La fabbrica dei santi, nata nel 1588 su impulso di Sisto V, ha ricevuto un formidabile impulso alla produzione sotto il pontificato dell’ultimo papa magno, Giovanni Paolo II: 1.338 beati e 482 santi proclamati in 27 anni di regno. I più attivi e dispendiosi sono gli americani. Solo dal 2008 al 2013, la beatificazione dell’arcivescovo e telepredicatore Fulton John Sheen è lievitata a 332mila euro, pagati da una fondazione intestata all’“esaminando”. Il grosso della cifra rappresenta gli onorari di Ambrosi, che si è giustificato così nel gennaio del 2014: “La stesura della positio (la relazione finale, ndr) si basa sullo studio e l’elaborazione di oltre settanta volumi. Essendo poi stato monsignor Sheen uno dei più fecondi scrittori di Gesù e Maria, ho dovuto farmi mandare e leggere – per trovare spunti aggiunti sull’esercizio virtuoso – la sua opera omnia, ammontante a ben ottantatré volumi”. La vita dei “cacciatori di miracoli” è senza dubbio durissima. Iniziata nel 2002, la beatificazione di Sheen è stata sospesa a tempo indeterminato perché l’arcidiocesi di New York non ha voluto spostare le spoglie del monsignore nella sua città natale, Peoria.
Le trattative con i re del tabacco.
Dai santi alle sigarette, la disinvoltura della curia vaticana non ha confini. Nuzzi pubblica una bozza di accordo segreto tra la Santa Sede e una multinazionale del tabacco, la Philip Morris in cui quest’ultima si impegna a dare compensi per la promozione della vendita delle sigarette tra le mure leonine, dove c’è un autentico duty free.