sabato 21 maggio 2016

IL MISTERIOSO FENOMENO DELLA LENTA E RARA FIORITURA DEL BAMBÙ. - Marta Albè

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Il bambù è la pianta che cresce più rapidamente sulla Terra. La crescita di una pianta di bambù può arrivare a 10 centimetri in un solo giorno. Alcune specie crescono ncora più rapidamente tanto da poter osservare il fenomeno ad occhio nudo. Ma la fioritura del bambù resta ancora un mistero.
Mentre la crescita è molto rapida, la sua fioritura è davvero lenta. Quando si tratta di fiorire, infatti, il bambù è forse una delle piante più lente del mondo. Per questo è un evento speciale e molto raro.
La maggior parte dei bambù infatti fiorisce una volta ogni 60 anni. Gli intervalli di fioritura possono anche superare i 100 anni. Si parla addirittura di un intervallo di tempo che può arrivare fino a 130 anni.
Si tratta di un fenomeno che in gran parte resta ancora un mistero per i botanici. Inoltre le piante di bambù che derivano dalla stessa madre fioriscono nello stesso momento in tutto il mondo. Anche se si trovano in luoghi diversi, infatti, portano con sé lo stesso corredo genetico della pianta madre.
E’ come se le piante di bambù figlie della stessa pianta madre avessero al loro interno un orologio in grado di dare il via ad una fioritura collettiva. Gli esperti ipotizzano che la fioritura collettiva serva ad aumentare il tasso di sopravvivenza del bambù.
Una volta che il bambù ha raggiunto la propria aspettativa di vita, ha prodotto semi e fiori, la pianta muore. Si ritiene che la produzione di semi richieda alla pianta una quantità enorme di energia tanto da portarla a morire. Secondo un’altra teoria, la pianta madre muore per fare spazio alle nuove piantine di bambù che nasceranno dai semi.
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Fonte foto: shweeashbamboo.com
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Fonte foto: mizostory.org
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Fonte foto: gator-ventures.com
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Fonte foto: squarespace.com
La fioritura del bambù può rappresentare un evento catastrofico nei paesi più poveri dato che il fenomeno attira centinaia di predatori, soprattutto roditori, alla ricerca di nutrimento. I roditori dopo essersi cibati del bambù attaccano i campi coltivati della zona e in pochi giorni rischiano di distruggere tutti i raccolti. Per le popolazioni locali dove il bambù è molto diffuso è dunque un bene che le fioriture di questa pianta siano così rare.

Anter lancia “SalviAmo il respiro della terra”, in mille piazze italiane per le fonti rinnovabili. - Alessandro Nunziati



Il 2030 è l’anno indicato da molti esperti come punto di non ritorno per le conseguenze del disastro climatico planetario provocato dall’inquinamento. E’ per questa ragione che ANTER, forte delle competenze maturate all’interno degli istituti scolastici, grazie al progetto formativo “Il Sole in Classe”, nato per diffondere la conoscenza e il corretto utilizzo delle energie rinnovabili tra i bambini e i ragazzi di scuole primarie e secondarie di primo grado, ha lanciato l’evento nazionale “SalviAmo il respiro della terra”.
Con il sostegno di NWG Energia – Società Benefit attiva nel trading di energia elettrica prodotta solo da fonti rinnovabili e prima azienda italiana del settore con certificazione B Corporation  –  e il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, dal 26 al 29 maggio, a un anno dall’Enciclica “Laudato si’, sulla cura della casa comune” di Papa Francesco, l’Associazione Anter porterà la propria esperienza in quasi mille piazze italiane, chiamando a raccolta oltre un milione di cittadini attraverso momenti di formazione e confronto sul tema delle energie pulite.
“Possiamo vincere la sfida ai cambiamenti climatici solo attraverso una reale presa di coscienza da parte delle future generazioni”. Dichiara il Ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti che aggiunge: “Quanto fatto a Parigi è un passo significativo verso un futuro solidale in cui tutti i paesi devono avere le opportunità economiche e tecnologiche per una crescita sostenibile. L’Italia è una delle realtà europee più all’avanguardia negli investimenti sulle rinnovabili e infatti, ad oggi, le fonti pulite contribuiscono per il 17% alla produzione di energia nel nostro Paese. Gli eventi di divulgazione come questo e l’attività pedagogica – conclude il Ministro – sono gli strumenti che ci permetteranno di vincere questa importante sfida”.
“Con il progetto ‘Il Sole in classe’, tra il 2014 e il 2016, siamo riusciti a coinvolgere 700 istituti scolastici in ben 19 regioni, per un totale di 68 mila alunni. Riteniamo fondamentale diffondere tra le nuove generazioni la cultura della tutela ambientale e promuovere la conoscenza e lo sviluppo delle energie alternative. Un salto di qualità nella consapevolezza dei vantaggi derivanti dall’utilizzo delle energie pulite è inoltre coerente con l’identità e l’ineguagliabile bellezza del nostro Paese. E’ con questo fine che scenderemo nelle piazze italiane” – afferma Leonardo Masi, Presidente ANTER.
“La nostra generazione – sostiene Antonio Rainone, fondatore e Presidente Onorario di Anter – ha sempre più consapevolezza del problema ambientale; abbiamo gli strumenti per reagire e diventare cittadini più responsabili e attivi. Sarà un nuovo modo di manifestare, dove per la prima volta i bambini chiederanno espressamente agli adulti una vera e propria assunzione di responsabilità nel presente, per difendere il pianeta che sarà lasciato alle generazioni future”. Per informazioni sul programma di “SalviAmo il respiro della Terra”: www.salviamoilrespirodellaterra.org

giovedì 19 maggio 2016

Lavoro, Inps: “Nei primi tre mesi nuovi posti stabili giù del 77% dopo il dimezzamento degli sgravi”.

Lavoro, Inps: “Nei primi tre mesi nuovi posti stabili giù del 77% dopo il dimezzamento degli sgravi”

Tra gennaio e marzo 2016, i contratti a tempo indeterminato registrano un saldo positivo di 51mila unità, contro i 225mila di un anno fa. Il dato è peggiore anche del 2014, quando si era rilevato un aumento di 87mila posti stabili. I rapporti precari invece sono aumentati del 22%, i voucher del 45%.

Non accenna a diminuire il calo delle assunzioni stabili dopo il dimezzamento degli sgravi contributivi, che nel 2016 sono passati dal 100% al 40%Nei primi tre mesi dell’anno, secondo l’Inps, sono stati stipulati 428mila contratti a tempo indeterminato (comprese le trasformazioni) mentre le cessazioni sono state 377mila, con un saldo positivo di 51mila unità. Il dato è peggiore del 77% rispetto al saldo positivo di quasi 225mila contratti stabili dei primi tre mesi 2015. Era andata meglio anche nel 2014, in piena recessione e senza la spinta dell’esonero dai contributi per i contratti stabili: nei primi tre mesi si erano registrati 87mila posti stabili in più. Si conferma così la tendenza negativa partita con l’anno nuovo: a gennaio la flessione delle assunzioni certificata dall’Inps era stata del 39,5%a febbraio del 33%.
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Il saldo del solo mese di marzo, confrontato con quello di marzo 2015, restituisce un preoccupante -150%. I dati, che arrivano nel giorno in cui la Commissione Ue ufficializza il via libera alla manovra 2016 ma a fronte di impegni credibili” a contenere il deficit l’anno prossimo, confermano che il mini boom di assunzioni è ormai alle spalle. E non fanno ben sperare, anche alla luce del fatto che Commissione Ue e Istat prevedono per quest’anno una crescita del pil limitata all’1,1%, sotto le previsioni del governo (1,2%).
Ampliando lo sguardo a tutte le tipologie di contratto, considerando anche rapporti a termine e di apprendistato, la situazione non è comunque positiva. Nei primi tre mesi dell’anno, la variazione netta dei rapporti di lavoro subordinato è stata positiva per 241mila unità, dato inferiore del 26% rispetto allo stesso periodo del 2015. In questo contesto, gli unici contratti ad aumentare sono quelli precari. Il saldo dei rapporti a tempo determinato, nel primo trimestre 2016, è positivo di 272mila unità, con un balzo in avanti rispetto all’anno scorso del 22,2%.
E in tema di precariato, prosegue anche l’avanzata dei voucher, i buoni per pagare il lavoro accessorio. Nel primo trimestre dell’anno sono stati venduti 31,5 milioni di tagliandi, con un incremento del +45,6% rispetto al primo trimestre 2015. Pochi giorni fa, la stessa Inps aveva rivelato come il 37% dei percettori di voucher non ha altri redditi da lavoro, mentre l’85% guadagna meno di mille euro l’anno.
Se si guardano solo i dati di marzo 2016, si sono registrate 101mila attivazioni di contratti a tempo indeterminato. Un anno fa, mese di esordio del contratto a tutele crescenti, erano 166mila: il crollo è stato del 39%. Il confronto diventa ancora più impietoso se si guarda il saldo tra contratti attivati e cessati. Se a marzo del 2015 la differenza era positiva, con un balzo in avanti di oltre 30mila posti di lavoro, quest’anno il dato scende sotto lo zero, a quota -15mila. Insomma, i rapporti stabili giunti al capolinea di marzo superano di gran lunga il numero di quelli creati nello stesso mese. Rispetto a tutti i tipi di contratto, le assunzioni sono passate dalle 442mila del marzo 2015 alle attuali 380mila, con un calo del 14%. Stesso discorso se si fa il calcolo al netto delle cessazioni. I contratti attivati in più passano nel giro di un anno da 82mila e 66mila, con una flessione del 19%.

mercoledì 18 maggio 2016

IL COLLASSO DELL'UNIONE EUROPEA: RITORNO ALLA SOVRANITA' NAZIONALE E AD EUROPEI FELICI ? - Peter Koenig

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Immaginate che l'Unione Europea crolli domani, o comunque a breve: gli europei scenderebbero per strada a ballare. La UE è diventata un autentico serbatorio di paura e terrore: sanzioni economiche, punizioni, militarizzazione, abolizione dei diritti civili per gran parte degli europei. Un gruppo di tecnocrati non eletti, rappresentanti di 28 paesi, e molti dei quali inadatti a servire nel sistema politico del loro paese ma abbastanza ben connessi da ottenere un lavoro ben pagato a Bruxelles, sta decidendo il futuro dell'Europa. In piccoli gruppi, e spesso in stanze segrete ne stanno decidendo il futuro.

Prendete il TTIP - sotto la pressione dei loro padroni a Washington, dietro a porte chiuse e nella più totale segretezza, e molto probabilmente contro i loro stessi interessi - un piccolo gruppo di delegati senza scrupoli della Commissione Europea (CE) sono pronti a mettere 500 milioni di europei e loro discendenti in pericolo, senza alcun rispetto per i loro concittadini, senza considerazione per i loro stessi figli, nipoti e pronipoti, interessati solo alle onoreficenze immediate e, statene certi, alle gratifiche da parte dei colonialisti, usurpatori e guerrafondati Stati Uniti del Caos e dell'Omicidio.

Non si ripeterà mai abbastanza quali sono gli orrori che il TTIP (Trans-Atlantic Trade and Investment Partnership) potrebbe fare alla gente europea; e ciò si basa su quel poco che sappiamo dalle 248 pagine dei negoziati ultra-clandestini fatte trapelare da Greenpeace Netherlands. “Negoziati” è il termine più sbagliato che possiate immaginare, dal momento che tutte le regole sono imposte da Washington, la stessa cosa che avviene per il TTP (Trans-Pacific Partnership, che riguarda gli USA e 11 paesi dell'area del Pacifico ma non Cina e Russia).

Sebbene i negoziati del TPP siano terminati, nessuno degli 11 partner del Pacifico, né il Congresso USA hanno approvato il trattato. C'è la speranza che anche se i “negoziati” tra i segreti traditori della CE e Washington arriveranno a conclusione, almeno qualcuno dei 28 paesi CE possa non approvarlo. Per essere valido il trattato dovrà essere approvato all'unanimità. Il nuovo candidato di destra alla presidenza austriaca, Norbert Hofer, ha già affermato che non firmerà il TTIP. Affermazioni simili sono state fatte dal Ministro per il Commercio Estero francese, Matthias Fekl, che ha detto che “non ci sarà un accordo senza la Francia e tantomeno contro la Francia”.

Sotto al TTIP i cittadini europei perderebbero su tutti i fronti. Gli europei diventerebbero letteralmente sudditi di un impero delle corporations guidato dagli Stati Uniti d'America. I paesi UE cesserebbero di essere stati sovrani, ancor più di quanto non sia già sotto gli attuali ordini di Bruxelles. Come rivelano i documenti segreti TTIP l'accordo sarebbe la campana a morto per l'Europa. Ecco ciò che ha da dire a riguardo Susan George, filosofo, analista politico e presidentessa del Comitato di Pianificazione del Transnational Institute di Amsterdam:
-     Il cibo che importiamo sarebbe chimicamente trattato, geneticamente modificato e senza indicazioni. Non saprete mai cosa c'è in ciò che mangiate. Potreste comprare pollo che è stato trattato col cloro, manzo cresciuto con gli ormoni, cibo biosintetico ottenuto dal gene di una pianta o di un altro animale, e ciò non sarebbe indicato.
-     In campo agricolo è probabile che perderemmo una grande quantità di coltivatori, perchè abbassando le tariffe il mais e il grano OGM americani che sono soggetti di enormi sussidi statali inonderanno la Spagna rovinando tantissimi agricoltori, proprio come i “campesinos” del Messico vennero rovinati dalNorth American Free Trade Agreement, il NAFTA.
-     Nel campo sanitario le case farmaceutiche vogliono sbarazzarsi dei farmaci generici. Sono già riusciti a costringere le aziende che li producono a ripetere sulla stessa identica medicina “di marca” tutti i test clinici che avevano già eseguito. Per produrre un farmaco generico bisogna iniziare da capo: test clinici, test alla cieca e così via. Così la medicina diventerà molto più costosa.
Ma soprattutto:

-     Il TTIP serve per dare alle aziende la possibilità di perseguire legalmente i governi se non gradiscono una legge che questi approvano. Ne abbiamo ormai tantissimi esempi, perchè in centinaia di trattati bilaterali esiste questo sistema giudiziario privato, e, ad esempio, quando il governo egiziano ha alzato il salario minimo, una importante azienda francese, la Veolia, lo ha denunciato perchè avrebbe dovuto pagare di più i lavoratori. Questo caso non è ancora arrivato a giudizio, ma un caso che è stato già deciso è, ad esempio, quello dell'Ecuador che ha rifiutato a una compagnia petrolifera americana di trivellare in una particolare zona in quanto zona protetta. E la compagnia ha detto “ah si? e noi vi denunciamo”. E hanno vinto. E l'Ecuador deve loro una multa di 1.8 miliardi di dollari, una somma enorme per un paese piccolo e piuttosto debole. 

Questo semplicemente vuol dire che tribunali privati sarebbero al di sopra delle leggi e dei tribunali di stati sovrani. Non vi sarebbe più alcuna sovranità; nemmeno quel poco di indipendenza che Bruxelles ancora non ha distrutto. I paesi UE sarebbero tutti sotto le leggi dell'impero anglo-americano delle corporations.

Potete leggere l'intero articolo di Susan George qui ( http://www.defenddemocracy.press/suzan-george-%CE%BFn-ttip-new-european-movements/ ) così come il mio articolo recentemente ripubblicato ( http://www.globalresearch.ca/the-transatlantic-trade-and-investment-partnership-ttip-would-abolish-europes-sovereignty-the-eu-would-become-a-us-colony/5417382. ).

E poi c'è il TiSA, il “Trade in Services Agreement”, di cui ancora meno persone sono a conoscenza. Anche questo viene negoziato in segreto, riguarda 23 membri WTO (Australia, Canada, Cile, Taipei, Colombia, Costa Rica, i 28 paesi UE, Hong Kong Cina, Islanda, Israele, Giappone, Corea, Liechtenstein, Mauritius, Messico, Nuova Zelanda, Norvegia, Pakistan, Panama, Perù, Svizzera, Turchia e USA). In totale stiamo parlando di 50 paesi; 29 dei quali sottomessi a uno solo, gli Stati Uniti delle Guerre, del Crimine e del Dominio. Non serve troppa immaginazione per capire che, ancora, è Washington che decide. In realtà i negoziati TiSA, così come quelli TTIP, sono infiltrati da lobbysti e troll delle aziende USA, rendendo Washington il rappresentante dell'impero USA delle corporations e, naturalmente, di Wall Street.

Secondo la WTO, il TiSA aprirebbe il mercato del “commercio in servizi”, cioè: aspettatevi la privatizzazione di tutti i servizi pubblici e sociali, la sanità, educazione, previdenza sociale, pensioni, trasporti, poste, telecomunicazioni, forniture idriche, fognature e altro ancora sarebbero tutte soggette alle acquisizioni da parte di aziende multinazionali. Guardate alla Grecia che sta cercando disperatamente di ripagare il suo maledetto debito vendendo il suo capitale sociale nazionale, o capitale di vita, a tutto svantaggio dei poveri, attualmente la maggioranza dei greci, che dipendono da esso. Una volta che un paese abbia firmato l'accordo non c'è ritorno, deve aprire i suoi settori sociali e pubblici ad aziende private in cerca di profitto.

Proprio come per il TTIP, se un governo in un secondo momento dovesse realizzare che la privatizzazione, per dire, delle forniture idriche, non ha portato alla gente i benefici promessi, non potrebbe tornare indietro e ri-nazionalizzare o ri-municipalizzare questo servizio. La ri-municipalizzazione dei servizi idrici sta avvenendo ora in Francia, tra tutti i paesi quello con le fornitura idriche maggiormente in mano ai privati. Nel 2012 il governo e i comuni di grandi città hanno deciso di riprendere in mano questo servizio pubblico vitale. Sta accadendo ora. Sotto le regole del TiSA non sarebbe possibile. Peggio ancora, una volta sottoscritto il TiSA, un paese non potrebbe decidere di esentare un particolare settore incluso nelle liste per le potenziali “liberalizzazioni”, come ad esempio la sanità, l'educazione e altri servizi pubblici vitali. 

Tribunali di arbitrato delle aziende, simili a quelli del TTIP, verranno istituiti per il TiSA. Questi “negoziati” stanno avvenendo a Ginevra, sotto l'egida del WTO, in segreto e sottoposto a regole, bastoni e carote imposti da, indovinate un po', Washington.

Se la UE crollasse oggi sia i negoziati TTIP che TiSA arriverebbero a un punto morto. Uno qualunque dei 28 paesi europei, o ancora meglio uno dei 19 dell'eurozona, può far crollare la UE. 
Una Grexit, una Brexit, un fiasco dalla prossima ripetizione delle elezioni spagnole, o una ferma decisione da parte di un qualche governo di fare default sul suo debito imposto in gran parte dalla troika, potrebbe far crollare il castello di carte dello schema a piramide del dollaro, e cancellare una volta per tutte l'egemonia schiavizzatrice del dollaro-euro. Il debito potrebbe venire rinegoziato in nuove monete nazionali. Ricordate, l'euro ha a malapena 15 anni. Perciò tornare a valute nazionali non sarebbe drammatico, ma un sospiro di sollievo, sollievo dalla trappola del debito e sollievo dal tallone di ferro dell'oppressione di Washington e Bruxelles.
Immaginate cosa vorrebbe dire per il popolo greco. Sebbene ci siano voci che più di metà dei greci siano ostinatamente attaccati all'euro distruttore scommetterei che il suo crollo porterebbe centinaia di migliaia di persona a festeggiare per strada. Syriza potrebbe scordarsi gli ulteriori 3 miliardi di tagli di austerità recentemente negoziati, e ancor più i tagli alle pensioni e gli aumenti di tasse per i poveri.
State certi che un sollievo dal debito greco non verrà dall'attuale costellazione UE/CE-troika. Al contrario, il Ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, usa toni sempre più duri verso la Grecia, come a minacciare di spingerla fuori dalla UE. Una minaccia vuota, come ognuno dovrebbe ormai sapere. Washington, padrone anche della Germania, non permetterà una Grexit, o una Brexit o l'uscita di un qualunque membro UE. Washington ha bisogno di una UE “intatta” perchè faccia da partner schiavo nel TTIP e nel TiSA.
Ciò che è successo e continua a succedere in Grecia può serviere come un esempio da seguire per altri paesi “deboli” tra le nazioni meridionali della UE, a meno che la Grecia o un altro paese sotto la pressione e il soffocamento economico e finanziario della CE-troika non prenda il toro per le corna, assumendo una decisione drastica: uscire dalla UE e dall'eurozona, far ripartire l'economia locale con una moneta locale, e rinegoziare il debito illegale e fraudolento alle proprie condizioni. Questo può portare alla fine della nefasta eurozona e dell'Unione Europea creata dagli USA.

Sappiate che la UE come è oggi non è un'invenzione degli europei; è una struttura pensata dagli USA immediatamente dopo la seconda guerra mondiale in modo da mantenere l'Europa sotto il proprio controllo e creare una zona cuscinetto di fronte al comunismo, all'Unione Sovietica. 
Così ha funzionato sino a oggi. Questa idea prevale ancora oggi, come si vede dal modo in cui la Russia e il suo leader sono demonizzati e attaccati dai media occidentali. Cerchiamo di essere franchi, se non fosse per la chiarezza e lungimiranza strategiche del presidente Putin, noi, l'Europa, saremmo per la terza volta in 100 anni nel mezzo di una guerra mondiale. E se lasciamo che l'andazzo imposto da Washington continui, l'Europa diventerà terra di schiavitù anglo-americana. Guardate al TTIP e al TiSA.

Un'autentica federazione di stati europei sovrani, magari anche con una moneta comune e una vera banca centrale potrebbe essere una soluzione a lungo termine per l'Europa. Ma, e questo è il MA più importante, una tale Europa dovrà essere progettata da veri e onesti europei (sto sognando?), assolutamente senza nessuna influenza degli Stati Uniti d'America. Nessuna.
Ciascuno dei 28 paesi UE può riportare la felicità ai popoli europei; spazzare via la paura, il dolore, la frustrazione, l'ansia; può restaurare la sovranità nazionale, riportare in auge l'orgoglio nazionale e l'economia locale, non globale, semplicemente uscendo dalla UE, lasciando l'euro, mettendo il governo del proprio popolo nelle mani di un governo sovrano e democratico.
La semplice uscita di un paese, Grecia, Portogallo, Spagna, Irlanda, UK, Francia...fate voi, può arrestare la feroce macchina del debito aprendo l'opportunità di unirsi a un nuovo, più giusto e più equo schema monetario, il nascente spazio economico orientale di Cina, Russia, BRICS, SCO (Shanghai Cooperation Organization) e della EEU (Unione Economica Euroasiatica).
Sicuramente il tempo è importante. Non per niente Obama sta spingendo per una veloce conclusione e per la firma del disgraziato TTIP. La sottoscrizione di questi accordi predatori, TTIP, TiSA, TPP, è un punto chiave dell'agenda della presidenza Obama; la sua eredità militare e corporativa, di cui l'espansione della NATO ne è parte, dipende da ciò. Una volta che questi trattati saranno firmati non ci sarà ritorno. Se contro ogni logica il TTIP sarà ratificato, anche se poi la UE dovesse dividersi, ogni singolo paese sarebbe soggetto ai termini dell'accordo. Perciò è essenziale il crollo della UE prima della ratifica del TTIP.
Questa soluzione radicale potrebbe essere troppo persino per i più convinti oppositori della UE e dell'euro. Molti di loro ancora cercano, sperano e sognano una UE riformata. Vivono ancora sotto l'illusione che le cose si possono sistemare. Credetemi: non è possibile. La machiavellica creazione USA chiamata Unione Europea, e l'altrettanto americana moneta comune, l'eurozona, hanno fatto il loro tempo. Sta andando a sbattere contro il suo iceberg. La nave della UE-euro è troppo pesante per evitare il disastro. Per l'Europa è meglio prendere tempo per riorganizzarsi; ogni nazione con lo scopo di riottenere sovranità economica e politica, e magari tra un paio di generazioni progettare una nuova Europa unita di stati federali sovrani, indipendenti, totalmente scollegati dai diabolici giochi dell'impero anglo-americano.

Peter Koenig è un economista e analista geopolitico. E' un ex membro della Banca Mondiale e ha lavorato in tutto il mondo nel campo delle risorse ambientali e idriche. Scrive regolarmente per Global Research, ICH, RT, Sputnik, PressTV, Chinese 4th Media, TeleSUR, The Vineyard of The Saker Blog, e altri siti internet. E' autore di Implosion – An Economic Thriller about War, Environmental Destruction and Corporate Greed [“Implosione - un thriller economico su guerra, distruzione ambientale e avidità aziendale”]– un romanzo basato su fatti e su 30 anni di esperienza intorno al mondo con la Banca Mondiale. E' coautore di The World Order and Revolution! – Essays from the Resistance [“Ordine mondiale e rivoluzione! Scritti dalla resistenza”].
The original source of this article is Global Research
Copyright © Peter Koenig, Global Research, 2016

Titolo originale: The Collapse of the European Union: Return to National Sovereignty and to Happy Europeans?
http://www.globalresearch.ca/the-collapse-of-the-european-union-return-to-national-sovereignty-and-to-happy-europeans/5524555
11 Maggio 2016

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da ALCENERO

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=16476

L’Europa ha creato una catastrofe umanitaria d’altri tempi. - Paul B. Preciado

Profughi e migranti in fila per il cibo nel campo di Idomeni, al confine tra Grecia e Macedonia, l’11 maggio 2016. - Marko Djurica, Reuters/Contrasto

Sono state dette molte cose a proposito delle similitudini tra la gestione dell’attuale crisi economica e il periodo precedente la seconda guerra mondiale. È probabile che nel 2008 gli orologi del tempo globale si siano misteriosamente sincronizzati con quelli del 1929. Ma la cosa più curiosa è che da allora non stiamo procedendo verso gli anni trenta, bensì regredendo verso l’inizio del novecento, come se in un ultimo delirio malinconico l’Europa volesse rivivere il suo passato coloniale.
L’errore che commettiamo abitualmente quando cerchiamo di comprendere la crisi politico-economica è guardarla attraverso la concezione spazio-temporale tipica degli stati nazionali di quella che consideriamo attualmente come “Europa” nel loro rapporto con gli Stati Uniti, lasciando fuori dalla nostra prospettiva lo spazio-tempo che va oltre il qui e ora della finzione “Europa”, verso il sud e l’est, in relazione con la sua storia e il suo presente “criptocoloniale”, per dirla con Michael Herzfeld.
Scambio asimettrico
Solo tornando alla storia dell’invenzione degli stati-nazione europei e del loro passato coloniale possiamo comprendere l’attuale gestione della crisi dei profughi in Grecia. Com’è noto, il 18 marzo l’Unione europea (Ue) e la Turchia hanno firmato un accordo sulla deportazione in massa dei profughi. Questo accordo stabilisce delle relazioni di scambio politico tra due entità asimmetriche (Ue e Turchia) con tre variabili profondamente eterogenee: corpi umani (vivi, nel migliore dei casi), territorio e denaro.
Da una parte l’accordo stipula che, a partire da tale data, “tutti gli immigrati e i profughi arrivati irregolarmente in Grecia devono essere immediatamente espulsi verso la Turchia, che s’impegna ad accettarli in cambio di denaro”. D’altra parte “gli europei prendono l’impegno di accogliere sul proprio territorio i profughi siriani che si trovano in Turchia, fino a un massimo di 72mila persone”. Basta parlare qualche minuto con i siriani che hanno raggiunto la Grecia per capire che torneranno in Turchia solo se costretti con la forza.
Inevitabilmente, l’agente che rende possibile questo processo di deportazione di massa e “scambio di popolazioni” è la violenza. Una violenza istituzionale che, nel quadro di relazioni internazionali tra entità statali e sovranazionali teoricamente democratiche, prende il nome di “forze di sicurezza”. L’accordo costerà trecento milioni di euro nei prossimi sei mesi, prevede l’intervento di quattromila funzionari degli stati membri e delle agenzie di sicurezza europee Frontex ed Easo, richiede l’invio di forze militari e d’intelligence da paesi come la Germania, la Francia e la Grecia, oltre che la presenza di funzionari greci in Turchia e di funzionari turchi in Grecia.
Questo violento apparato poliziesco è presentato come “un’assistenza tecnica alla Grecia”, un aiuto necessario alle “procedure di ritorno”. L’unico quadro politico che permette di considerare legale una simile marchiatura, reclusione, criminalizzazione ed espulsione di essere umani è la guerra. Ma allora contro chi sono in guerra l’Europa e la Turchia?
Europa e Turchia dichiarano guerra ai popoli migranti che potrebbero attraversare le loro frontiere
Sebbene questo accordo appaia, sia per gli elementi dello scambio (corpi umani vivi) sia per la sua portata (almeno due milioni di persone), più vicino a "Il trono di spade" che a un patto tra due stati democratici, esiste un precedente storico che alcune famiglie greche e turche conoscono bene. In Grecia questo precedente è noto come “Grande catastrofe” e ha avuto luogo durante e dopo la guerra greco-turca, tra il 1922 e il 1923.
Nel 1830, dopo quattrocento anni di dominazione ottomana e una guerra d’indipendenza perduta, il territorio della Grecia attuale era ancora sotto il dominio dei turchi, mentre solo una piccola parte era riconosciuta come stato greco da Francia, Regno Unito e Russia. Dopo la prima guerra mondiale la caduta dell’impero ottomano ha ridestato il sogno nazionalista greco (chiamato “megali idea”, la “grande idea”) di riunificare tutti i territori “bizantini”. Un progetto svanito con la vittoria della Turchia nella guerra combattuta tra il 1919 e il 1922.
Per costruire la nuova finzione degli stati-nazione, tanto greca quanto turca, fu necessario non solo dividere i territori, ma anche e soprattutto ricodificare in senso nazionale corpi le cui vite e i cui ricordi erano fatti di storie e lingue ibride. Il trattato sullo “scambio di popolazioni tra Grecia e Turchia” fu firmato a Losanna nel 1923. Riguardava due milioni di persone: un milione e mezzo di “greci” che vivevano in Anatolia e mezzo milione di “turchi” che vivevano nei territori greci. La presunta “nazionalità” venne infine ridotta alla religione: i cristiani ortodossi furono mandati in Grecia, i musulmani in Turchia. Molti di questi “profughi” furono sterminati, altri furono trasferiti in campi precari dove rimasero per decenni, con una cittadinanza incerta.
Quasi cento anni dopo questi stessi stati-nazione, la cui capacità d’azione economica è stata fortemente indebolita dalla riorganizzazione globale del capitalismo finanziario, sembrano orchestrare un nuovo processo di costruzione nazionalista, riattivando (ancora una volta contro i civili) i protocolli di guerra, riconoscimento ed esclusione della popolazione con cui si erano costruiti in passato.
Europa e Turchia dichiarano oggi guerra ai popoli migranti che potrebbero attraversare le loro frontiere. È questa la sensazione che si prova percorrendo le strade di Atene, tra gli edifici occupati dai profughi e le centinaia di persone che dormono nelle piazze: una guerra civile contro coloro che, dopo essere sfuggiti a un’altra guerra, cercano di sopravvivere.
(Traduzione di Federico Ferrone)

martedì 17 maggio 2016

Ilva, l’Italia va a processo alla Corte di Strasburgo. “Non ha protetto la salute dei cittadini di Taranto”.

Ilva, l’Italia va a processo alla Corte di Strasburgo. “Non ha protetto la salute dei cittadini di Taranto”

Nel giorno in cui inizia il processo ai vertici dell'azienda per disastro ambientale, dall'Europa arriva una nuova stangata per il nostro Paese. Secondo l'accusa, lo Stato ha violato il proprio diritto alla vita e all'integrità psico-fisica, per non avere prevenuto gli effetti dell'inquinamento prodotto dall'impianto siderurgico.

Nel giorno in cui inizia il processo ai vertici dell’Ilva per disastro ambientale, dall’Europa arriva una nuova stangata per il nostro Paese. Lo Stato italiano è formalmente sotto processo di fronte alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, con l’accusa di non aver protetto la vita e la salute di 182 cittadini di Taranto dagli effetti negativi delle emissioni dell’Ilva. La Corte di Strasburgo ha ritenuto sufficientemente solide, in via preliminare, le prove presentate, e ha così aperto il procedimento contro lo Stato italiano.
A rivolgersi a Strasburgo sono stati, nel 2013 e nel 2015, 182 cittadini che vivono a Taranto e nei comuni vicini. Alcuni rappresentano i congiunti deceduti, altri i figli minori malati. A febbraio, la Corte aveva accettato la domanda di trattazione prioritaria del ricorso collettivo. Nel testo, i ricorrenti affermano che lo Stato ha violato il loro diritto alla vita, all’integrità psico-fisica e al rispetto della vita privata e familiare e che in Italia non possono beneficiare di alcun rimedio effettivo per vedersi riconoscere queste violazioni. Fonti della Corte, citate dall’agenzia Ansa, precisano che la decisione di comunicare i ricorsi al governo significa che le prove presentate dai ricorrenti contro l’operato dello Stato sono molto forti.
Nel ricorso, i cittadini di Taranto sostengono che “lo Stato non ha adottato tutte le misure necessarie a proteggere l’ambiente e la loro salute, in particolare alla luce dei risultati del rapporto redatto nel quadro della procedura di sequestro conservativo e dei rapporti Sentieri”. Le autorità nazionali e locali, secondo l’accusa, hanno omesso di predisporre un quadro normativo ed amministrativo idoneo a prevenire e ridurre gli effetti gravemente pregiudizievoli derivanti dal grave e persistente inquinamento prodotto dal complesso dell’Ilva. I ricorrenti contestano inoltre al governo il fatto di aver autorizzato la continuazione delle attività del polo siderurgico attraverso i cosiddetti decreti salva Ilva.
Intanto, al Palazzo di giustizia di Taranto ha preso il via la prima udienza del processo per il presunto disastro ambientale causato dall’Ilva. Alla sbarra ci sono 44 persone fisiche e tre società: tra gli imputati eccellenti, figurano i fratelli Fabio e Nicola Riva della proprietà Ilva (oggi in amministrazione straordinaria), l’ex governatore della Puglia, Nichi Vendola, il sindaco di Taranto Ippazio Stefano, l’ex presidente dell’Ilva Bruno Ferrante, l’ex responsabile dei rapporti istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà, l’uomo che rubò il microfono a un cronista che chiedeva conto a Emilio Riva dei morti di cancro causati dall’Ilva e ne rideva al telefono insieme a Vendola. Si sono costituite in giudizio circa mille parti civili, tra le quali la Regione Puglia rappresentata in aula dal governatore Michele Emiliano.
Quando l'uomo commette l'errore di anteporre il proprio tornaconto a quello di altri uomini dei quali si è assunto la responsabilità, è giusto che intervenga un organo superiore a correggere l'errore.

Migranti, Europol ed Interpol: “Traffico vale fino a 6 miliardi di dollari. 800mila pronti a partire dalla Libia”.

Migranti, Europol ed Interpol: “Traffico vale fino a 6 miliardi di dollari. 800mila pronti a partire dalla Libia”

Per arrivare in Europa, ogni migrante ha pagato fra i 3.200 e i 6.500 dollari alle organizzazioni criminali. Organizzazioni che sono una "multinazionale del crimine" che coinvolge uomini originari di più di 100 Paesi. Nessun legame sistematico fra terrorismo e migrazioni, ma cresce il rischio di foreign fighter di ritorno.

Il traffico di migranti vale fino a 6 miliardi di dollari e le persone che cercheranno di partire per raggiungere l’Unione europea aumenteranno ancora: solo dalla Libia si stimano 800mila in attesa di mettersi in viaggio. Sono questi i dati del rapporto di Interpol ed Europol del 17 maggio.
Il business dei migranti fa dei trafficanti di esseri umani una vera e propria multinazionale del crimine. Il bottino complessivo si aggira, solo per il 2015, fra i cinque e i sei miliardi di dollari. Per arrivare, in condizioni spesso disperate, in Europa, ogni migrante ha pagato fra i 3.200 e i 6.500 dollari alle organizzazioni criminali che lucrano sul traffico di migranti.  Che sono vulnerabili di sfruttamento sessuale o lavorativo, usati come mezzi per ripagare il loro debito con i trafficanti.
Traffico che coinvolge uomini originari di più di 100 paesi e può contare su una struttura formata da una serie di capi che coordinano le attività lungo le rotte migratorie, “manager” che gestiscono le attività sul posto attraverso contatti personali e facilitatori di più basso livello.
Da loro passa il 90% del flusso di migranti che provano ad entrare nel vecchio continente: è questo il “core business” della multinazionale dei trafficanti di uomini. Fatta, di solito, di gente con una storia criminale alle spalle. E se dai dati snocciolati daInterpol non emerge alcun legame sistematico fra il terrorismo e le migrazioni, il rapporto segnala un “rischio crescente” di foreign fighter che possono unirsi al flusso migratorio per rientrare nell’Unione Europea.
Le partenze dal Nord Africa, intanto, non accennano a fermarsi. La Guardia Costiera ha soccorso la scorsa notte, 40 miglia a nord delle coste libiche, 200 persone – tra loro 45 donne e 11 minori – che erano a bordo di un barcone diretto verso l’Italia. Ricevuto l’allarme, la centrale operativa di Roma della Guardia Costiera ha localizzato il natante ed ha inviato la propria nave Peluso in soccorso dei migranti.
Se solo abbattessimo le barriere create dall'uomo, la terra tornerebbe ad essere di tutti e queste nefandezze non esisterebbero.