sabato 13 gennaio 2018

Carte di credito, lʼUe elimina costi extra e commissioni

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LʼUnione Europea elimina i costi extra e le commissioni sui pagamenti con carte di credito e debito sia online sia nei negozi. Aumentano anche i diritti dei consumatori.


L'Unione Europea elimina i costi extra e le commissioni sui pagamenti con carte di credito e debito sia online sia nei negozi. Secondo le stime grazie alla nuova direttiva i consumatori europei risparmieranno fino a 500 milioni di euro all'anno. Niente più sorprese addebitate all'ultimo quando su internet si arriva alla pagina del conto né quando qualche commerciante aggiunge un costo extra a chi non paga in contanti. Aumentano anche i diritti dei consumatori.

La direttiva Ue è già entrata in vigore - La nuova direttiva europea Psd2 sui servizi di pagamento è già operativa e dovrebbe impattare da subito ad esempio sui costi applicati per l'acquisto con carte di credito dei biglietti aerei delle compagnie low cost che imponevano "balzelli" anche di 5€ a transazione.
Le nuove tutele rafforzano i diritti dei consumatori anche in altre situazioni: in caso di furto frodi con carte o bancomat, il cliente fino ad oggi era tenuto a pagare 150 euro per operazioni che non riconosceva, effettuate prima della sua denuncia. Ora la sua responsabilità scende a 50 euro.

Aumenta anche la trasparenza dei costi di commissione quando si acquista qualcosa (non in contanti) in una valuta europea diversa dall'euro. Fino ad oggi, alla transazione veniva applicato un tasso di cambio arbitrario, in ogni caso poco chiaro. Infine, aumenta la protezione della privacy di chi utilizza i servizi che creano un legame tra il conto del cliente e quello del venditore: da ora anche questi dovranno rispettare standard molto rigidi di protezione dei dati finanziari, e dovranno dotarsi di una sicurezza ulteriore per assicurare le transazioni.

La tecnologia rivoluziona i pagamenti - La prima direttiva di questo tipo risale al 2007, ed era pensata per favorire l'ingresso nel mercato di altri attori, per non lasciare il terreno dei pagamenti soltanto alle banche e alle carte di credito. Negli ultimi anni si sono quindi sempre più diffusi nuovi metodi: da sistemi come Paypal (che però ha acquisito una licenza bancaria) alle app di mobile payment, come Apple Pay e Samsung Pay, o in Italia anche Satispay. Sono esponenti della cosiddetta Fintech, la tecnologia applicata ai servizi finanziari, area che vale sempre di più ma che finora non è stata mai regolata. Spesso nemmeno a livello nazionale. Per questo gli Stati membri hanno chiesto una revisione della direttiva del 2007, che includesse i nuovi servizi.

venerdì 12 gennaio 2018

De Benedetti alla Consob: «Ecco cosa mi ha detto Renzi sulle Popolari». - Lorenzo Bagnoli* e Angelo Mincuzzi




"Allora, con le nostre controparti ... avevamo fatto 620 milioni, di cui le Popolari solo 5. Tutte le altre operazioni hanno il taglio di 20, ma se io avessi saputo, avrei fatto 20 anche sulle Popolari, o di più, e ho fatto meno! Cioè è una roba che è un controsenso. Cioè questa è la prova provata che, che io non sapevo niente della, della, dei tempi ...». Sono le 11,15 dell'11 febbraio 2016 e Carlo De Benedetti è negli uffici della Consob in via Broletto 35 a Milano.

L’ingegnere è stato convocato «ai sensi dell'articolo 187-octies, comma 3, lettera c), del decreto legislativo numero 58/1998 nell'ambito di indagini amministrative relative a ipotesi di abuso di informazioni privilegiate con riguardo a operazioni effettuate da Romed Spa il 16 e il 19 gennaio 2015 su azioni ordinarie Banco Popolare, Banca Popolare dell'Emilia Romagna, Banca Popolare di Milano, Ubi Banca, Credito Valtellinese e Banca Popolare di Sondrio». A porgli le domande sono Maria Antonietta Scopelliti, responsabile divisione Mercati della Consob, e il responsabile dell'Ufficio abusi di mercato, Giovanni Portioli.
In quei giorni del 2015, poco prima che il governo Renzi varasse il decreto per trasformare le Popolari in Spa nel Consiglio dei ministri del 20 gennaio, qualcuno aveva operato in Borsa sui titoli delle banche coinvolte.

«Un'operatività potenzialmente anomala di alcuni intermediari, in grado di generare plusvalenze per 10 milioni di euro», racconterà l'allora presidente della Consob, Giuseppe Vegas, in un'audizione davanti alle commissioni Finanze e Attività produttive della Camera l'11 febbraio 2015. Tra gli intermediari sui quali la Consob in quei giorni concentra l'attenzione c'è anche la Romed, società di trading presieduta fino a gennaio 2015 da Carlo De Benedetti.
Davanti ai funzionari della Consob, l'ingegnere si difende dalle ipotesi accusatorie e racconta degli incontri avuti con il premier Matteo Renzi il 15 gennaio 2015 e con il vicedirettore generale della Banca d'Italia, Fabio Panetta, il 14 gennaio. Afferma che entrambi gli interlocutori gli parlarono incidentalmente della imminente riforma delle popolari ma che nessuno di loro accennò né ai modi né ai tempi delle misure.

Nella sua audizione, De Benedetti si dilunga anche sulle colazioni periodiche con l'ex premier, sugli incontri con il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, e sull'amicizia con Maria Elena Boschi. E sostiene di essere il vero “padre” del Jobs Act.

L’incontro in Bankitalia. 
I funzionari della Consob esordiscono spiegando che De Benedetti ha la facoltà di non rendere dichiarazioni ma l'ingegnere sceglie di rispondere alle domande e le sue parole vengono dunque registrate e trascritte in un verbale che Irpi (Investigative reporting project Italy) e il Sole 24 Ore hanno potuto leggere. 
Il racconto parte dal 14 gennaio 2015, quando l'allora presidente del gruppo Espresso incontra il direttore generale di Bankitalia, Fabio Panetta. «Ero tornato dalle vacanze ed ero andato a trovare Panetta in Banca d'Italia - spiega l'ingegnere -, come faccio abbastanza abitualmente o con lui o con Visco, una volta al mese una volta ogni due mesi, non c'è una scadenza precisa ma, diciamo, una consuetudine precisa».

Con Panetta, quel giorno De Benedetti discute soprattutto della situazione della Grecia e del rischio - possibile - di un default. Al termine del colloquio - racconta De Benedetti agli uomini della Consob -, Panetta accompagnandolo all'ascensore accenna al tema delle popolari: «Mi ha detto, “guardi, l'unica cosa, sono negativissimo, sono pessimista, solo lei si illude. Guardi! L'unica cosa positiva che mi pare che finalmente il governo si sia deciso ad implementare quella roba che noi chiediamo da anni e cioé: la trasforma ..., la riforma delle, delle popolari”. Per dire - prosegue De Benedetti -: non mi fece altra affermazione, né date, né di, né di quando, né di che cosa, in che cosa sarebbe consistito, ecco! Mi ha solo detto: “Guardi, con tanta roba che va male, finalmente quella roba lì l'abbiam portata in porto o la porteremo in porto”. Adesso le parole esatte non me le ricordo».
Il responsabile dell'Ufficio abusi di mercato della Consob, Giovanni Portioli, chiede allora a De Benedetti se Panetta gli abbia specificato che il governo avrebbe adottato lo strumento del decreto legge per il provvedimento sulle Popolari. «No - risponde De Benedetti -. Mi ha detto: “Il governo lo farà”. Il governo si è convinto».

La colazione a Palazzo Chigi. 
Il giorno seguente, il 15 gennaio, alle 7 del mattino, De Benedetti incontra Renzi a Palazzo Chigi. Fanno colazione insieme e discutono soprattutto della situazione in Grecia e di questioni di politica interna. Spiega De Benedetti: «Anche lui - e sembra una condanna - accompagnandomi all'ascensore di Palazzo Chigi mi ha detto: “Ah! Sai, quella roba di cui ti avevo parlato a Firenze, e cioè delle Popolari, la facciamo”. Ma proprio mentre un commesso stava aprendo la porta dell'ascensore, quindi non fu parte della conversazione durante la colazione, fu proprio nel dirci: ciao, arrivederci, mi ha detto: “Ah, ti ricordi di quella volta, ti ricordi di quando ti parlai che volevo fare le Popolari? Ecco, lo faremo”. Non mi ha detto con che. Ero già un piede sull'ascensore; non mi ha detto se le faceva con un decreto, con disegno, quando. Non mi ha detto niente, però mi ha detto sta' roba riferendosi ad una conversazione più ampia che avevamo avuto ancora a Firenze su che cos'erano le cose che lui doveva fare».

La telefonata con Bolengo 
È a questo punto che l'audizione si concentra sulla telefonata tra De Benedetti e il broker della Intermonte Sim, Gianluca Bolengo, finita in questi giorni sulle pagine dei giornali. La conversazione telefonica avviene tra le 9,02 e le 9,10 di venerdì 16 gennaio 2015, quindi il giorno dopo il breakfast con Renzi e due giorni dopo l'incontro con il direttore generale di Bankitalia.

I funzionari della Consob leggono a De Benedetti la trascrizione della telefonata e si concentrano soprattutto su una frase pronunciata dall'ingegnere: «Faranno un provvedimento in cui le p... il governo farà un provvedimento in cui le popolari per togliere la storia del voto capitario nei prossimi me... (incomprensibile) una o due settimane». Sembra che lei abbia avuto un'indicazione precisa sui tempi, gli chiede Portioli. «Non è così», ribatte De Benedetti. 

“Nessuno mi ha parlato di decreto. Né io con Bolengo ho parlato di decreto. Io mi sono limitato a dire che io sapevo che passava ” Carlo De Benedetti 

L'audizione prosegue concentrandosi sull'incontro tra Renzi e De Benedetti ma torna quasi subito sulla telefonata con Bolengo e in particolare su una frase di quest'ultimo quando l'ingegnere gli chiede: «Salgono le popolari?». Bolengo gli risponde: «Sì, se questo su questo se passa un decreto fatto bene salgono». E De Benedetti risponde: «Passa, ho parlato con Renzi ieri, passa».

L'ingegnere conferma di aver pronunciato quelle parole ma aggiunge: «... nessuno mi ha parlato di decreto. Né io con Bolengo ho parlato di decreto. Io mi sono limitato a dire che io sapevo che passava ma, ripeto, non, ma poi non è neanche nella natura di Renzi quella di parlare della tecnicalità con cui fa le cose. Ecco non, proprio non, è uno molto, è uno molto poco tecnico, ecco».
De Benedetti insiste ancora, più avanti, su questo punto e ai funzionari della Consob tiene a spiegare che «se io avessi saputo e qualcuno mi avesse detto che si trattava di una roba che usciva per decreto martedì, non, non ipotizzo di dire mesi o settimane, dico la prossima settimana».

L’operazione da cinque milioni di euro. 
De Benedetti ribadisce più volte che se avesse saputo che il governo si apprestava a varare un decreto sulle Popolari pochi giorni dopo non avrebbe certamente investito solo 5 milioni di euro. A gennaio di quell'anno, afferma De Benedetti, «l'operatività della Romed è stata di 620 milioni di cui 5.066.451 solo Popolare, cioè per dirle - prosegue - che questa è un'operazione fuori size perché lei prende tutte le altre operazioni sono almeno da 20 milioni. Quindi noi 5 milioni per noi è un'operazione che non facciamo ... d'altronde noi facciamo 20 miliardi all'anno, se fossimo andati avanti con 5 milioni non li faremmo mai».
«Ma se io avessi saputo - incalza De Benedetti - avrei fatto 20 anche sulle Popolari, o di più, e ho fatto meno!... ma perché l'avrei fatta così piccola? Se avessi saputo?». Il trading sulle Popolari ha consentito alla Romed di incassare una plusvalenza di 600mila euro.

«Quella - si difende ancora De Benedetti - era mini operazione per il nostro standard ... Cioé se io avessi voluto veramente e fortemente, chiamavo Tronci (Roberto Tronci, all'epoca amministratore delegato della Romed, ndr) e gli dicevo: “Guardi: faccia questa operazione”. Ho detto a Bolengo: “Dica a un suo collaboratore di parlare con Tronci, tanto era per me obiettivamente secondaria, sia in size che nel fatto che la facesse o non la facesse. Se Tronci non l'avesse fatta: pace!».

La copertura del rischio. 
Un altro elemento che De Benedetti porta in sua difesa è la decisione dell'ex ad di Romed, Roberto Tronci, di coprirsi dal rischio dell'acquisto dei titoli delle Popolari con una strategia di hedging (copertura). 

Tronci, spiega De Benedetti, «è talmente poco convinto di fare l'operazione che la hedgea (nel testo del verbale la parola è scritta senza l’h iniziale, ndr). Ma se fosse stata un'operazione a tre giorni o quattro giorni o una settimana, che cacchio vai a hedgeare? - si chiede De Benedetti - E tanto è vero che chiude l'hedge il lunedì mattina. Chiuse l'operazione Popolari e chiude l'hedge che ha fatto per cinque milioni esatti, cioé per quella roba lì. Quindi non c'è logica a pensare che uno sapesse che salivano e allora perché la hedgei? ... per spendere dei soldi inutili veramente totalmente inutili. È che Tronci era talmente pessimista sulla Borsa che - data l'indeterminazione temporale dell'operazione sulle Popolari, voleva hedgearsi, ma se avesse saputo che l'opera ... il lasso di tempo che erano tre giorni, pessimista o non pessimista sulla Borsa, non ti hedgei perché, comunque, spendi dei soldi».

C'è un altro fattore su cui De Benedetti insiste, ed è la reputazione personale. «Avendo compiuto 81 anni - afferma - ... non mi caccerei in una situazione dove potrei perdere la reputation anche in relazione al fatto che l'unica cosa che mi è rimasta, per mia volontà, è la presidenza de L'Espresso (lasciata poi il 23 giugno 2017, ndr), che se domani viene fuori che io ho fatto dell'insider trading sulle Banche popolari io posso smettere io posso dimettere dall'Espresso domani mattina, perché è una cosa che non sta bene».

Renzi, Boschi, Visco e il Jobs Act 
Per spiegare il contesto all'interno del quale sono avvenuti gli incontri con Renzi e Panetta, De Benedetti racconta ai funzionari della Consob delle sue frequentazioni politiche.

«Io normalmente con Renzi faccio, facciamo breakfast insieme a Palazzo Chigi - fa mettere a verbale - ... e io devo dire che quando lui ha iniziato, quando lui ha chiesto di conoscermi, che era ancora sindaco di Firenze, e io ... mi ha detto: “Senta”... ci davamo del Lei all'epoca, mi ha detto: “Senta, io avrei il piacere di poter ricorrere a Lei per chiederle pareri, consigli quando sento il bisogno. Gli ho detto: “Guardi! va benissimo. Non faccio, non stacco parcelle, però sia chiara una roba: che se Lei fa una cazzata, io Le dico: caro amico, è una cazzata».

Nel suo ruolo di advisor informale, De Benedetti parla anche del Jobs Act e di un consiglio dato a Renzi quando era ancora sindaco di Firenze: «Io gli dicevo che lui doveva toccare, per primo, il problema lavoro e il job-act è stato - qui lo dico senza, senza vanto, anche perché non mi date una medaglia, ma il job-act gliel'ho, gliel'ho suggerito io all'epoca come una cosa che poteva - secondo me - essere utile e che poi, di fatto, lui poi è stato sempre molto grato perché è l'unica cosa che gli è stata poi riconosciuta».

Gli uomini della Consob gli chiedono poi se abbia incontri con qualcun altro dello staff della presidenza del Consiglio. «No - risponde De Benedetti -. Guardi io sono molto amico di Elena Boschi, ma non la incontro mai a Palazzo Chigi. Lei viene sovente a cena a casa nostra ma non ... diciamo io, del Governo vedo sovente la Boschi, Padoan. Anche lui viene a cena a casa mia e basta. Perché poi sa, quello lì si chiama Governo, ma non è un Governo, sono quattro persone, ecco».

De Benedetti accenna infine - sempre rispondendo a una domanda - ai suoi incontri con il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco. «... l'ultima volta ho visto Visco, anziché, anziché Panetta, forse perché Panetta era via, ma poi, perché ho un buon rapporto con Visco da quando lui era all'Ocse per cui ci vediamo anche così per fare quattro chiacchiere ... Visco non parla tanto volentieri dell'Italia; gli piace di più parlare del mondo, ecco».

L'indagine della Consob è stata archiviata. L'istituto ha trasmesso gli atti alla procura di Roma, che ha chiesto l'archiviazione per l'unico indagato, Gianluca Bolengo. Il gip si deve ancora pronunciare.

*Irpi (Investigative reporting project Italy)

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-01-11/de-benedetti-consob-ecco-cosa-mi-ha-detto-renzi-popolari-155756.shtml?uuid=AEBy69fD&refresh_ce=1
Leggi anche:
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-01-10/manovre-popolari-atti-consob-retroscena-acquisti-125002.shtml?uuid=AEJ6xkeD
e anche: 
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-01-10/banche-renzi-riforma-lecita-se-ne-parlava-giornali-194526.shtml?uuid=AEu1itfD

Abbinati così, olio d’oliva e alloro creano un potente unguento analgesico naturale.

olio d'oliva e alloro

Olio d’oliva e alloro sono due ingredienti che posseggono proprietà e benefici ottimi per la nostra salute.Abbinandoli si crea un potente unguento analgesico naturale.

Dalla combinazione di questi due elementi  si ottiene un vero e proprio rimedio naturale che funge da calmante, da protezione per l’organismo, da antidolorifico, da stimolante per il cervello ecc.
Per preparare il composto bastano un barattolo di vetro da 250 ml a chiusura ermetica, 30 grammi di foglie d’alloro e dell’ olio d’oliva.
Innanzitutto le foglie d’alloro devono essere abbastanza secche in modo da poterle sminuzzare facilmente, magari con un mortaio simile a quelli per fare il pesto. Una volta ottenuto il “pesto d’ alloro” bisogna versarlo nel barattolo con l’olio d’oliva e lasciarlo macerare per 2 settimane.
Dopo 2 settimane filtrare l’olio, aggiungere altri 30 grammi di alloro sminuzzato e lasciarlo macerare per altre 2 settimane.
Terminato il periodo, filtrare nuovamente l’olio e l’unguento analgesico a base di alloro è pronto per essere utilizzato.
Teniamo a precisare che questo unguento naturale è anche commestibile (in quanto sono commestibili entrambi gli ingredienti). Infatti bevendone qualche goccia o utilizzandolo come condimento nei pasti, grazie alle sue proprietà è in grado di calmare il sistema nervoso, rinforzare il sistema immunitario, proteggere il colon, migliorare l’appetito, eliminare il mal di stomaco e normalizzare le funzioni renali.
Basta invece applicarlo sulle zone interessate per calmare i dolori articolari, eliminare brufoli e acne, curare il mal di testa e stimolare il cervello (massaggiando le tempie con qualche goccia d’olio), ridurre il dolore alle orecchie (versando un paio di gocce all’interno dell’ orecchio medio).

giovedì 11 gennaio 2018

I giovani? Pagati 6.500 euro in meno dei coetanei europei. - Alberto Magnani



L'attacco (con retromarcia) di Berlusconi al Jobs act ha fatto riemergere numeri e risultati della riforma voluta dal governo Renzi nel 2014. Tra i primi beneficiari della legge ci sarebbero dovuti essere i giovani, una delle categorie che ha sofferto e continua a soffrire di più sul mercato italiano. Come è andata dal 2015 ad oggi? Gli ultimi dati Istat hanno registrato una disoccupazione giovanile al 32,7%, dato che brilla rispetto ai picchi di oltre il 40% raggiunti dopo la crisi. Ma la statistica inquadra il fenomeno solo in parte. In primo luogo perché con «giovanile» si intende esclusivamente la fascia dai 15 ai 24 anni, in larga parte assorbita dagli studi secondari e universitari (dove è più raro dedicarsi a tempo pieno alla ricerca di lavoro, l’attività che qualifica appunto come disoccupati). In seconda battuta perché non contempla alcuni fattori integrati all'occupazione in sé, dalla tipologia di contratto alla retribuzione media.
Se si dà uno sguardo all'andamento delle assunzioni tra 2015 e 2017, secondo i dati stimati dall'Inps, emerge un quadro un po' più articolato. Le assunzioni dei giovani sono in crescita, ma con contratti a termine e retribuzioni basse sia rispetto agli altri blocchi anagrafici che alla media in Europa.
Crescono le assunzioni, cala la stabilità 
Per iniziare dai contratti, il triennio 2015-2017 rispecchia l'andamento complessivo del mercato: un calo delle assunzioni a tempo indeterminato che si bilancia alla crescita di quelle a termine, incoraggiate anche dall'obbligo di stabilizzare i vecchi rapporti di collaborazione (aboliti proprio dal Jobs Act). Il risultato è che, nell'arco di tre anni, si è passati dalle 397.878 nuove assunzioni a tempo indeterminato per 15-29enni nel periodo gennaio-ottobre 2015 alle 235.600 dello stesso periodo del 2017: 
144.278 rapporti permanenti in meno rispetto agli standard di tre anni prima, nonostante il viatico delle cosiddette tutele crescenti. Viceversa, i contratti a termine per under 29 sono lievitati nello stesso periodo dai circa 1,01 milioni del 2015 agli 1,5 milioni del 2017.
La prevalenza dei rapporti a termine non è di per sé patologica, e si allinea agli standard europei sui cosiddetti temporary contracts (contratti temporanei). Su scala continentale, secondo dati Eurostat, il 43,8% dei lavoratori dai 15 ai 24 viene assunto con contratti a breve termine, con picchi di oltre il 70% in paesi come la Slovenia e Spagna, del 66,3% in Portogallo e del 58,3% in Francia. Il problema è che nel resto d’Europa la percentuale scende al 13,1% quando si passa alla fascia 25-49 anni d’età. In Italia, sempre tra 2015 e 2017, i lavoratori nella fascia 25-29 anni hanno visto aumentare le assunzioni a termine da 501.386 a 690.718 (+189.332) e calare quelle a tempo indeterminato da 222.727 a 132.288 (-90.439).
Stipendi al palo: in Germania un giovane guadagna 11mila euro in più. 
L’instabilità si fa sentire anche in busta paga. Sulle circa 4 milioni di assunzioni a tempo attivate nel 2017, quelle che prevedono retribuzioni sotto ai 1.500 euro lordi sono oltre 1,4 milioni. Più di una su tre. Le retribuzioni dei giovani, però, sembrano anche più confinate in una sorta di limbo distante sia dalla media delle altre fasce anagrafiche sia, e soprattutto, rispetto alle attese dei coetanei assunti in Francia e Germania. JobPricing, una società, di ricerca, ha evidenziato che la Ral (retribuzione annua lorda) per il 2017 nella fascia 25-34 anni viaggia sui 25.632 euro lordi, contro i 29.238 euro lordi della platea complessiva di lavoratori dai 15 ai 55 anni. E il dato è anche generoso rispetto a quello rilevato dall’Istat per il blocco 16-29 anni nel 2015, anno di debutto del Jobs Act: 13.553 euro lordi, in discesa dai 13.667 euro del 2014.
Potrebbe essere ovvio che la retribuzione cresca con l’esperienza, permettendo a un over 50 di guadagnare di più di un 26enne ai primi contratti. Ma l’anomalia italiana sta nel fatto che la curva degli stipendi viaggia a un ritmo rallentato rispetto alla media Ue: nel resto del Continente le remunerazioni salgono già dai primi anni e raggiungono l’apice a 40, in Italia bisogna aspettare oltre ai 55 per avvicinarsi alle stesse condizioni.
Non a caso il paragone si fa più pesante su scala europea, termine di confronto naturale per neolaureati e professionisti disposti a trasferirsi (anche) a seconda delle retribuzioni. Secondo dati di Willis Tower Watson, una società di consulenza, un giovane assunto comeentry level (contratto di ingresso) dopo la laurea magistrale in Germania guadagna in media 37mila euro lordi all’anno: circa 11mila euro in più rispetto ai 25-34enni italiani fotografati da JobPricing. Se si allarga il confronto ad altri paesi Ue, la forbice si allarga a oltre 6.500 euro lordi: dai circa 25.600 euro lordi che si guadagnano in Italia ai 32.214 euro nella media dei laureati magistrali tra Francia Irlanda, Olanda, Regno Unito, Spagna e Svezia .

mercoledì 10 gennaio 2018

il mio voto.

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Io mi rifiuto categoricamente di votare per chi, di qualsivoglia appartenenza e ideologica politica, abbia già governato. 

Mi limiterò a votare per l'ultimo baluardo che mi è rimasto, se verrò delusa anche questa volta, non mi sporcherò mai più la coscienza andando alle urne poiché avrò avuto la dimostrazione che chi si presta alla politica lo fa:

- per puro interesse personale; 
- che non è in grado di decidere e, pertanto, si presta ad obbedire agli ordini di chi detiene il potere economico; 
- che è irresponsabile poiché prende molto alla leggera l'onere di governare. 

Il mio voto vale molto più di una presa in giro, il mio voto significa porre la mia fiducia nell'operato di qualcuno che deve legiferare nel mio interesse, per il mio benessere, che deve fare valere i miei diritti, che deve salvaguardare la mia persona, che deve controllare che non esistano differenze sociali, come sancito nella Costituzione.


Non mi pare che i governi che si sono succeduti abbiano operato in tal senso, non mi pare, quindi, che chi ha governato abbia diritto ad ottenere la mia fiducia.

Mps, decolla la cartolarizzazione delle sofferenze. - Paola Valentini

banca mps

Quaestio Capital Sgr ha comunicato di aver completato l'investimento nella tranche mezzanine della cartolarizzazione di circa 25 miliardi di euro di crediti lordi in sofferenza del gruppo senese. Il fondo Italian Recovery Fund acquisirà, per 805 milioni di euro, il 95%. Entro il primo semestre sarà rilevata la parte junior e arriverà la Gacs sulla quota senior.

Decolla la cartolarizzazione delle sofferenze di Mps, una delle più grandi mai realizzate in Europa e determinante del piano di ristrutturazione e di rilancio della banca concordato con le autorità europee, che ha visto l'ingresso dello Stato italiano nella banca senese. Quaestio Capital Sgr ha comunicato oggi di aver completato l'investimento nella tranche mezzanine della cartolarizzazione di circa 25 miliardi di euro di crediti lordi in sofferenza di Banca Monte dei Paschi  di Siena.

In dettaglio l'operazione è realizzata attravverso il fondo Italian Recovery Fund che acquisirà, per 805 milioni di euro, il 95% della parte mezzanine emessa da un veicolo di cartolarizzazione a cui è stato trasferito il portafoglio di deteriorati della banca senese. L’investimento nel 95% della parte junior da parte di Italian Recovery Fund e l’ottenimento del rating e della Gacs  sulla tranche senior (e la sua successiva cessione sul mercato) avverranno invece entro il primo semestre 2018.

Dopo averne curato la strutturazione, Quaestio spiega che gestirà e controllerà l’intera operazione, sia per quanto riguarda la struttura della cartolarizzazione con Credito Fondiario in qualità di master servicer, sia per quanto riguarda la gestione dei piani di recupero dei crediti che è stata affidata ad alcuni operatori del settore e alla piattaforma di recupero crediti acquisita da Mps  assieme a Cerved.

Questo, aggiunge Quaestio, al fine di tutelare gli interessi degli investitori nel fondo e perseguire l’obiettivo di contribuire a creare un mercato dei Npl in Italia efficiente.

Italian Recovery Fund, nato grazie all’impegno di molteplici istituzioni finanziarie italiane ed internazionali per investire soltanto in crediti deteriorati, è il più grande investitore dedicato al mercato italiano dei npl e uno dei maggiori investitori al mondo in questo settore. 

Attualmente è coinvolto in quattro operazioni di cartolarizzazione di crediti deteriorati per circa 31 miliardi lordi per un investimento complessivo di circa 2,5 miliardi.


Quaestio capital Sgr, in virtù della posizione di leadership raggiunta in Italia nella strutturazione e nell’investimento in cartolarizzazioni di crediti deteriorati, intende lanciare nei prossimi mesi altre iniziative di investimento nel settore dei distressed credit italiani.

martedì 9 gennaio 2018

Non esiste il Capitalismo Buono - Cecilia Zamudio




Gli immigrati, opera di Rodolfo Campodónico

Ogni giorno la povertà aumenta in tutto il mondo, mentre le grandi fortune crescono esponenzialmente: i capitalisti degradano sempre più il pianeta e riducono in schiavitù e reificano altri esseri viventi. Escludono milioni di esseri umani da una vita sana e dignitosa. Sterminano specie ed ecosistemi.
Milioni di esseri umani, impoveriti dal saccheggio perpetrato dalle multinazionali che capitalizzano sulla distruzione di montagne e fiumi, finiscono per affollarsi nelle cinte delle grandi città.

L'esodo degli esseri umani si intensifica, dai paesi più brutalmente saccheggiati, alla metropoli del capitalismo. Ma i paesi arricchiti a spese dell'impoverimento degli altri, vogliono cinicamente le ricchezze, ma non le persone. Muri e recinti di filo metallico crescono man mano che l'analisi e l'empatia diminuiscono. La sabbia delle spiagge è sbiancata dalle ossa di migliaia di naufraghi nel loro tentativo di fuggire dal calderone capitalista in cui gli uomini forti hanno convertito i loro paesi, a furia di saccheggiare e di guerre imperialiste.

I padroni dei paesi della metropoli capitalista, che intensifica anche lo sfruttamento contro gli operai della metropoli, e che precarizza le loro condizioni di vita, ha bisogno di un "Capro Espiatorio" per incolparla di ciò di cui non vuole farsi carico: usa i suoi media per alienare le maggioranze, sostenendo che la precarizzazione delle loro condizioni di vita è dovuta agli: "immigrati". La promozione del razzismo e del fascismo si intensifica nei mezzi dell'alienazione di massa, aumentando così la divisione della classe operaia e moltiplicando i livelli di violenza razzista.

Anche la violenza contro le donne è intensamente promossa per mezzo dell'alienazione di massa, dato che il maschilismo è una parte fondamentale della sovrastruttura capitalista: galoppano i profitti di pochi sulla mostruosità di femminicidio.

La reificazione dell'essere umano è promossa a sazietà. E tutto il valore della "solidarietà" è sostituito dai valori del consumatore. La nozione di "giustizia sociale" cerca di essere cancellata, e soppiantata dalla perversa "Carità", quando non lo è dall' "edonismo Zen", o direttamente dall' "Edonismo VIP ", ancora più egocentrico e triste.

Mentre i mezzi dell'alienazione capitalista addomesticano le persone con il loro promosso "non cambiare il mondo, cambia te stesso" (come se non si potesse provare a fare entrambe le cose allo stesso tempo), i capitalisti continuano a depredare. Implementano con maggiore intensità l'Obsolescenza programmata (invecchiamento precoce e programmato delle cose), trasformando questo pianeta in una discarica, avvelenando la terra e il cibo in modo cancerogeno, uccidono un bambino per fame ogni 5 secondi, in un mondo in cui l'agricoltura attuale riuscirebbe nutrire 12 miliardi di persone ...

I capitalisti approfittano della precarietà delle condizioni di vita (che loro stessi precarizzano) per espandere il loro bacino di schiavi: schiavitù moderna, prostituzione, traffico di bambini.
È urgente abbandonare questo sistema in cui una manciata di pochi capitalizza sul sangue, il sudore e le lacrime della maggioranza.

Data l'inevitabilità della constatazione (da parte di una parte importante della popolazione mondiale) dell'aumento dello sfruttamento, della miseria e del saccheggio della natura, i grandi capitalisti attaccano con i loro carri armati di pensiero: si tratta di colonizzare le nostre menti e di gestire la percezione della realtà.

Questi carri armati di pensiero cercano di porre il problema sotto luci deformanti, e per "guadagnare tempo" hanno inventato questa falsa dicotomia tra "capitalismo selvaggio" contro un presunto "capitalismo dal volto umano".

Il capitalismo è selvaggio per natura, poiché si basa sullo sfruttamento: non esiste un "capitalismo meno selvaggio" poiché la violenza e l'accelerazione di essa sono intrinseche all'accelerazione dell'accumulazione capitalista.

Crescono le grandi fortune sui cadaveri.
Nella fase attuale del capitalismo, i vecchi "Stati del benessere" in Europa vengono smantellati, perché dopo la caduta dell'URSS, i capitalisti non hanno bisogno di preoccuparsi di mascherare parte dei loro crimini, facendo finta che il capitalismo preservi il "benessere" , almeno per quelli del "primo mondo" autoproclamato.

Ricordiamo che il primo paese ad avere una sicurezza sociale fu l'Unione Sovietica, perché i lavoratori sovietici lo stabilirono poco dopo aver preso il potere (il primo paese ad avere un'assistenza sanitaria universale e gratuita, un'istruzione universale e gratuita, il diritto di voto alle donne, abitazioni come diritto concreto e tangibile, ecc.). Esistendo questi diritti nella vicina URSS, i capitalisti europei hanno capito che era necessario, per arginare il malcontento sociale nei paesi capitalisti, concedere un minimo in termini di sicurezza sociale. Così, la lotta degli operai, unita all'esistenza dell'URSS, ha permesso di ottenere alcuni diritti ... Gli stessi che stanno scomparendo oggi.

Oggi gli accumulatori di capitali e divoratori delle nostre ore di vita, festeggiano lo sfruttamento; non devono più mantenere alcuna "compostezza": sono già riusciti a finire l'URSS, hanno speso gli anni necessari per privatizzare tutto e a volgarizzare la sazietà, e i loro mezzi di alienazione di massa hanno iniettato un tenace odio contro il comunismo. Gli sfruttati possono già divorarsi a vicenda, immersi nel razzismo, nel maschilismo e nell'odio contro i rivoluzionari: gli sfruttatori hanno lavorato ai parametri della sottomissione al millimetro.

Ma siamo ancora vivi, e solo la lotta ci renderà liberi.
Ogni giorno l'accumulazione capitalista accelera, e con essa l'esclusione, lo sfruttamento, il saccheggio, la repressione, il terrorismo di stato, le guerre imperialiste, il fascismo, il razzismo, il maschilismo e tutte le forme di violenza.

Perciò è urgente combattere contro il capitalismo, e non credere che, forse, sarebbe possibile "un capitalismo meno cattivo". Sarebbe come fingere di dover lottare per un presunto "maschilismo meno cattivo" ... Quando ciò che esiste è un sistema di sfruttamento e le "variazioni" sintomatiche che percepiamo sono solo una funzione dello stadio di questo cancro sociale.

Traduzione per TLAXCALA di Alba Canelli