mercoledì 12 dicembre 2018

L'IMBECILLE GLOBALE- Marco Travaglio - 12 dicembre 2018


Jean-Paul Fitoussi, rileggendosi, s’è spaventato dell’aggettivo usato nell’intervista ad Antonello Caporale per definire Emmanuel Macron: “imbecille”. Ma, per quanti sforzi facciamo, non riusciamo a trovarne uno più appropriato per definire il suicidio del presidente francese, eletto trionfalmente all’Eliseo un anno e mezzo fa e ora già da buttare come un Renzi qualunque. Si è trattato di un suicidio assistito dalle élite non solo di Francia, ma un po’ di tutta Europa e soprattutto d’Italia (quando c’è una causa cretina da sposare, il nostro establishment politico-economico-mediatico-intellettuale è sempre in prima fila). Tutti a magnificare il Genio Transalpino, il nuovo santo patrono dell’Europa dopo San Francesco d’Assisi, l’ultimo baluardo della Ragione e della Civiltà contro la barbarie del populismo sovranista. E lui ci ha creduto, passando i suoi primi 18 mesi a tagliare le tasse ai ricchi e a lasciare a bocca asciutta i poveri, cioè a fare ciò che più o meno tutti i governi di centrodestra e di centrosinistra han fatto negli ultimi vent’anni, convinti com’erano che, con la fine delle ideologie, anzi della Storia, l’unica ricetta possibile fosse quella di lasciare mano libera ai mercati e alle imprese, che avrebbero provveduto a creare sviluppo e posti di lavoro. Purtroppo questa ricetta poteva funzionare (e non sempre) nell’èra della spesa pubblica à go go e della piena occupazione, prima del Fiscal compact, della globalizzazione, della robotizzazione, delle migrazioni di massa e della crisi del 2009. Ma dopo, cioè ora, è un fallimento totale.
L’hanno capito per prime le destre antieuropee, che hanno archiviato le fascinazioni neoliberiste per riabbracciare il protezionismo, il nazionalismo e il welfare, facendo man bassa di milioni di voti delle periferie sociali. Solo in Italia i primi ad accorgersene non sono state le destre, prigioniere dell’incantesimo berlusconiano, ma un comico-attivista, tale Beppe Grillo, e un tecno-guru, tale Gianroberto Casaleggio, che dal 2007 hanno provato a incanalare il malcontento degli invisibili prima verso un Pd rinnovato (un ossimoro), poi verso Di Pietro e infine, respinti su entrambi i fronti, in un nuovo movimento post-ideologico, né di destra né di sinistra per etichetta ma molto progressista per programma. La reazione dell’establishment è nota: prima ha snobbato i 5Stelle come ribellismo fine a se stesso (“il partito del vaffa”, “la protesta”, “il neo- qualunquismo”), poi l’ha demonizzato come fascismo, autoritarismo, giacobinismo, avventurismo e vai con gli -ismi. Anche quando il M5S era ormai il primo partito.
Nel 2013 a pari merito col Pd, nel 2018 da solo al 32,5%. “Siamo l’unica alternativa democratica alle Le Pen e ad Alba Dorata”, ripeteva Grillo. Ma nessuno lo stava a sentire. E giù a ridere sul reddito di cittadinanza, il salario minimo, la legalità, l’ambientalismo, la lotta al precariato, ai privilegi della casta e alle grandi opere inutili. Intanto battaglie simili diventavano le bandiere delle nuove sinistre occidentali: Sanders in America, Corbyn in Gran Bretagna, Mélenchon in Francia, Podemos in Spagna, i Verdi in Germania. Basta leggere i commenti sprezzanti che i nostri giornaloni, intellettuali, (im)prenditori e vecchi politici riservano tuttora al reddito di cittadinanza. Una misura di puro buonsenso che, chiamata e declinata in vari modi, esiste in tutto il resto d’Europa per colmare un vuoto occupazionale ed esistenziale figlio della globalizzazione, dell’automazione, dell’austerità e della crisi post-2009: i posti di lavoro continueranno a diminuire, perché le imprese preferiranno sempre più i robot e la manodopera a basso costo dei migranti e dei Paesi senza diritti. Dunque, per evitare crolli dei consumi e rivolte sociali che mettano a repentaglio le economie e i governi, sarà decisivo redistribuire risorse e protagonismi dall’alto verso le crescenti masse di nullatenenti e invisibili.
Di questo parlano in tutto il mondo i veri leader politici, i veri economisti, i veri intellettuali (leggete e regalate le strepitose 21 lezioni per il XXI secolo di Yuval Noah Harari, ed. Bompiani). Da noi fa scandalo che il governo Conte destini 7-8 miliardi l’anno – meno di quelli buttati da Renzi per gli 80 euro o per gli incentivi al Jobs Act – per dare un reddito e un volto a 5 milioni di poveri assoluti. Invece non fa scandalo gettare 10-15 miliardi in un buco di 60 km per far passare un treno merci ad alta velocità accanto a quello che già da decenni viaggia vuoto all’80-90%. E si continua a menarla con gli sgravi e gli aiuti alle imprese. Come se non avessimo già regalato abbastanza soldi alla classe macro-imprenditoriale più fallimentare e parassitaria del mondo. Perché Macron, degno spirito-guida dei nostri Micron, scoprisse l’esistenza dei poveri, c’è voluta la rivolta dei gilet gialli. E ora tutti a elogiarlo per quella che viene spacciata per una “svolta” epocale in favore degli invisibili di Francia, mentre è una penosa resa senza condizioni. Chi volesse capire perché gli invisibili d’Italia non scendono in piazza dovrebbe ammettere che siamo l’unico Paese d’Europa che li ha portati al governo, a causa di quel curioso disguido accaduto il 4 marzo e chiamato elezioni. Si può dire e pensare tutto il peggio possibile di questo governo. Ma solo chi non capisce nulla può seguitare a considerarlo un bizzarro incidente di percorso, una stravagante parentesi da chiudere al più presto (per fare che, dopo?). Se 5 Stelle e Lega sono al governo è proprio perché hanno promesso reddito di cittadinanza e quota 100 sulle pensioni. Ora le élite italiane ed europee devono scegliere: meglio che i giallo-verdi mantengano gli impegni o che anche le piazze italiane si riempiano di gilet, magari non gialli, ma neri?

venerdì 7 dicembre 2018

Palermo, imprenditore filma l'estorsione e consegna video ai carabinieri.



Una persona alla quale va tutta la nostra solidarietà.

La città perduta di Heracleion.



Heracleion, nota anche come Thonis, era una città dell'antico Egitto situata nel Delta del Nilo, le cui rovine si trovano oggi sommerse nella baia di Abukir, a 2,5 km dalla costa. Wikipedia

Palermo, Catania, Enna e Agrigento Il grande summit dei boss al bar. - Riccardo Lo Verso

arresti mafia carabinieri, filippo bisconti, incontro fra boss, mafiosi incontro bar, mafiosi sicilia, nuoca cupola mafia, settimo mineo cupola, summit mafia, Cronaca

A rappresentare i palermitani c'era Filippo Bisconti, uno dei capi della Cupola. Una pista porta a Messina Denaro.

PALERMO - Arrestato e condannato, poi di nuovo arrestato ma assolto. Sono anni che la cronaca giudiziaria si occupa di Filippo Bisconti. Ora si scopre che sedeva al tavolo della nuova Cupola di Cosa nostra. Era il capo del mandamento di Belmonte Mezzagno.


C'è molto di più, però, della sua partecipazione alla riunione del 29 maggio in cui nasceva la mafia 2.0. Negli ultimi anni, infatti, Bisconti ha fatto da cerniera fra le province di Palermo, Trapani e Catania. Un ruolo sovraordinato il suo,  di cui è ben consapevole Sergio Macaluso, il pentito di Resuttana che per primo ha parlato dell'esistenza della nuova commissione.

Il 13 aprile scorso Macaluso spiegava che Bisconti “è stato messo nella commissione provinciale per occuparsi dei mandamenti. Pensavamo che lo avesse messo Matteo Messina Denaro come persona di fiducia perché si occupava anche di Trapani. A parte della serietà della persona, lui si occupava delle problematiche dei paesi della zona di Trapani ad esempio Cinisi, Trapani e Partinico, sino ad Alcamo. Ci diceva che tutto doveva passare da lui".

Tra i mafiosi era maturata la certezza che "l'incarico poteva essere dato solo da Matteo, vista l'importanza del ruolo. Lui, Bisconti, però non lo ha mai detto esplicitamente”.

Bisconti, secondo i carabinieri del Nucleo investigativo, era l'alter ego di Salvatore Sciarabba, altro nome storico del mandamento di Belmonte Mezzagno, e pure lui fermato su ordine della Procura della Repubblica. Sciarabba era vincolato dall'obbligo di soggiorno a Palermo e così avrebbe delegato i poteri di rappresentanza a Bisconti soprattutto in trasferta.

Come quella che lo condusse a Catania nel febbraio 2016Fu un "summit interprovinciale”. Quel giorno una Bmw partì in direzione Catania. A bordo c'erano Antonio Giovanni Maranto (uomo forte a San Mauro Castelverde, arrestato nel maggio successivo all'incontro e condannato alcuni mesi fa), Filippo Di Pisa (arrestato nel blitz di due giorni fa e affiliato alla famiglia di Misilmeri) e il messinese Santo Di Dio.

L'appuntamento era fissato al bar “Pigno d'Oro”. I carabinieri del Ros di Catania si appostarono all'esterno del locale. Annotarono la presenza di “esponenti di spicco delle famiglie mafiose”: Giovanni Pappalardo di Catania, Giuseppe Costa Cardone di Catania, Calogerino Giambrone di Cammarata, Domenico Maniscalco di Sciacca, Giuseppe Marotta di Pietraperzia, Giuseppe Benigno e Filippo Bisconti di Belmonte Mezzagno.

Fu Bisconti ad accorgersi della presenza delle forze dell'ordine. Maranto, che diede subito la colpa ai catanesi, doveva consegnare qualcosa a qualcuno: “... glielo lascerei a lui stesso questo coso”. Ma, sentendosi braccato dalle forze di polizia (“c’è l’opera”), decise di allontanarsi. Quando Bisconti arrivò la riunione era già in corso. Lui sentì subito puzza di bruciato e fece finta di prendere solo un caffè.

Dalle parole di Maranto e Di Pisa emergerebbe che dentro il bar c'era pure Francesco Santapaola che sarebbe stato arrestato nell'aprile dello stesso anni. Pochi mesi fa Francesco Colletti, capomafia di Villabate, ha fornito un riscontro al ruolo ricoperto da Bisconti di ambasciatore lontano dalla provincia di Palermo: “... lui mi deve indicare con chi deve andare a parlare”. “Con Catania”, aggiungeva il suo autista Filippo Cusimano.

Le relazioni di Bisconti erano già emersi nel 2013. C'erano stati degli incontri fra boss palermitani e agrigentini. Incontri forse voluti da Matteo Messina Denaro. I militari seguivano Cosimo Michele Sciarabba, figlio di Salvatore, che dopo avere parlato con Alessandro D'Ambrogio, boss di Porta Nuova, partì alla volta di Agrigento in compagnia di Gaetano Maranzano, arrestato assieme a Sciarabba in un’operazione della Squadra mobila e indicato come il capo della famiglia mafiosa di Cruillas. Saranno fotografati in aperta campagna, nella zona di Sambuca di Sicilia, assieme a Leo Sutera, il boss che leggeva i pizzini di Matteo Messina Denaro, e ad un quarto uomo: Filippo Bisconti. Discutevano e leggevano qualcosa. Erano ancora lontani i giorni in cui, lo scorso maggio, Bisconti partecipava alla riunione della Cupola del dopo Riina, con il ruolo di capo mandamento di Belmonte Mezzagno.

https://livesicilia.it/2018/12/06/palermo-catania-enna-e-agrigento-il-grande-summit-dei-boss-al-bar_1018256/?fbclid=IwAR0_rr_Ukj6q2TlgjA4t2CjoKcEhYUKY6VcqqpEjRBM73jEV93fXNRCdtxQ

Blitz anti 'ndrangheta tra Europa e Sud America, 90 arresti.




Si tratta del frutto di un lungo lavoro investigativo condotto tra Italia, Germania, Olanda, Belgio e paesi oltreoceano.

Un blitz contro la 'ndrangheta e le sue ramificazioni all'estero è in corso in queste ore da parte di Polizia e Guardia di Finanza. Sono 90 le misure cautelari che le forze di polizia stanno eseguendo in Italia e - in collaborazione con le autorità di quei paesi - in Germania, Olanda, Belgio e in alcuni paesi del Sud America.
Le accuse ipotizzate nei confronti dei soggetti destinatari del provvedimento vanno, a vario titolo, dall'associazione mafiosa al riciclaggio, dall'associazione dedita al traffico internazionale di droga alla fittizia intestazione di beni e altri reati aggravati dalle modalità mafiose. Il blitz di oggi è il frutto di un lungo lavoro investigativo svolto da una squadra investigativa comune costituita presso Eurojust tra la magistratura e le forze di polizia di Italia, Paesi Bassi e Germania. Al team investigativo hanno aderito per l'Italia la Dda di Reggio Calabria e diversi reparti di Polizia e Guardia di Finanza. L'indagine è stata coordinata dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e riguarda diversi importanti esponenti di famiglie storiche della 'ndrangheta operante nella Locride.
I dettagli dell'operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa in programma alle 16.30 nella sede della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo a Roma, alla quale parteciperanno il procuratore nazionale antimafia e il procuratore di Reggio Calabria.

5.12.2018


giovedì 6 dicembre 2018

Questa cannuccia incredibile ti permette di bere acqua da qualsiasi parte.



Cancro, test rivoluzionario potrebbe diagnosticare tutti i tipi di tumore: come funziona. - Andrea Centini



Un team di ricerca australiano ha sviluppato un promettente test sperimentale che potrebbe rilevare tutti i tipi di cancro in pochi minuti. Gli scienziati hanno scoperto che il DNA delle cellule cancerose modifica la sua struttura quando immerso nell’acqua; sfruttando particelle d’oro è possibile evidenziare il cambiamento con un cambio di colore della soluzione o attraverso un segnale elettrochimico.

Sviluppato in laboratorio un rivoluzionario test sperimentale potenzialmente in grado di diagnosticare qualsiasi forma di cancro in pochi minuti, grazie alla capacità di rilevare una “firma” – tecnicamente un biomarcatore – che sembrerebbe essere presente in tutti i tipi di tumore. Lo ha messo a punto un team di ricerca guidato da studiosi dell'Istituto Australiano di Bioingegneria e Nanotecnologia (AIBN) presso l'Università del Queensland. Come indicato, al momento si tratta soltanto di un test sperimentale condotto su cellule cancerose prelevate da biopsie (liquide e non) e non coinvolgendo direttamente i pazienti. Gli scienziati sono comunque fiduciosi circa i risultati degli studi clinici in previsione.

Ma come funziona esattamente questo test? Tutto ruota attorno a una interessante scoperta fatta dalla squadra coordinata dai dottori Abu Sina e Laura G. Carrascosa e dal professor Matt Trau, docente presso il Centro per la nanomedicina personalizzata dell'ateneo australiano. In parole semplici, gli scienziati hanno scoperto che immergendo nell'acqua il DNA delle cellule cancerose, esso esprime una modifica ricorrente nella sua struttura (che non si manifesta immergendo le cellule sane). Che si tratti di tumore alla mammella, all'intestino, alla prostata o un linfoma, quando le cellule malate vengono inserite nell'acqua si evidenzia sempre la stessa tipologia di modifica al DNA. Gli scienziati australiani l'hanno rilevata analizzandolo il materiale biologico con un sensibile microscopio elettronico a trasmissione.

Sulla base di questa scoperta, Trau e colleghi hanno approntato un sistema in grado di mettere in evidenza la modifica strutturale, che si verifica tipicamente nel gruppo metilico, una piccola molecola superficiale del DNA. Poiché il DNA canceroso possiede una elevatissima affinità con l'oro, è sufficiente immergerlo in una specifica soluzione con particelle di questo elemento per osservare un cambiamento di colore in soli 5 minuti. È la “prova” che si è innanzi al cancro. Il test può essere eseguito anche rilevando il segnale elettrochimico del DNA su un piatto d'oro, che produce un segnale ancor più forte.

Gli scienziati hanno eseguito il test con 200 campioni di tessuti e sangue rilevando una precisione del 90 percento; si tratta di un ottimo risultato per un test sperimentale, ma dovrà essere ulteriormente perfezionato per evolvere in un sistema diagnostico d'uso comune. Solo studi clinici più approfonditi potranno dimostrare la sua efficacia e se è effettivamente in grado di rilevare tutti i tipi di tumore. I ricercatori hanno pubblicato i risultati sull'autorevole rivista scientifica Nature Communications.

https://scienze.fanpage.it/cancro-test-rivoluzionario-potrebbe-diagnosticare-tutti-i-tipi-di-tumore-come-funziona/