Da quando, il 1° agosto 2013, la sezione Feriale della Cassazione da lui presieduta condannò definitivamente B. per frode fiscale a 4 anni, gli impiegati del pregiudicato – come da contratto – hanno svelato una raffica di particolari inquietanti della sua biografia, fino a quel momento immacolata. Una collezione da Guinness di scheletri nell’armadio scovati dai segugi del Giornale e degli altri fogli aziendali setacciando fascicoli, compulsando sentenze, auscultando portoni e fioriere, interrogando edicolanti, perlustrando bar, ristoranti, tavole calde, hotel e motel, importunando passanti, scoperchiando tombe e cassonetti, nella bizzarra convinzione che B. torni incensurato se si dimostra che uno degli 11 giudici che l’han condannato in primo, secondo e terzo grado è un poco di buono.
Purtroppo, diversamente da quelle dei pm a B., le accuse degli house organ a Esposito si erano rivelate false.
Falso che avesse barattato la richiesta di archiviazione per suo figlio, scoperto a cena con la Minetti, in cambio della condanna di B. (la richiesta sul figlio era di sei mesi prima che il processo B. giungesse sul suo tavolo).
Falso che suo figlio parlasse con lo 007 La Motta in carcere (quello non era suo figlio, ma il figlio di suo fratello Vitaliano, allora Pg di Cassazione).
Falso che a tavola Esposito alzi il gomito (è astemio).
Falso che tenesse lezioni a pagamento nella scuola della moglie all’insaputa del Csm (insegnava gratis con l’ok del Csm).
Falso che si appropriasse di processi altrui per finire sui giornali (sostituiva doverosamente colleghi assenti).
Falso che faccia vita da nababbo (la “prova”, una Mercedes, è un ferrovecchio del 1971 acquistato nel ’77 con 300mila km).
Falso che fosse odiato per la sua faziosità quand’era pretore a Sapri (lo odiavano solo i suoi imputati che, accertò il Csm, avevano ordito “un complotto contro l’Esposito”).
Falso che fosse stato trasferito per affari loschi (il Tar annullò il provvedimento perché le accuse erano fasulle).
Falso che abbia anticipato a cena la condanna di Wanna Marchi.
Falso che avesse raccontato in giro le telefonate sexy delle girl di Arcore (mai lette da nessuno e subito distrutte dai giudici di Napoli).
Falso che sia una toga rossa di estrema sinistra (il Giornale, prima della sentenza su B., definì lui e gli altri 4 “toghe moderate”).
Falso che una sera, a casa di un tizio di San Nicola Arcella (Cosenza), ospite d’onore insieme all’attore Franco Nero, ripetesse a cantilena per tutta la cena “Berlusconi mi sta sulle palle, gli faccio un mazzo così” (non l’aveva come imputato e si occupava di criminalità organizzata, mentre B. inspiegabilmente non aveva processi in materia).
Fin qui le panzane raccolte da Giornale, Libero e tv Mediaset a botta calda, quando si trattava di salvare il padrone dalla cacciata dal Senato in base a una legge, la Severino, che aveva votato pure lui con tutta FI. Ora, sette anni dopo, la Banda B. ci riprova, nel tentativo disperato di riverginarlo in vista del governissimo che fa benissimo. E, va detto, ci sta riuscendo grazie a nuovi testimoni di grande autorevolezza, terzietà e credibilità: un cameriere, un bagnino e uno chef dell’hotel di Ischia di proprietà del rascampàno di FI Mimmo De Siano, legatissimo al celebre Giggino ’à Purpetta, i quali giurano all’unisono che Esposito nei suoi soggiorni non faceva che ripetere: “Berlusconi è una chiavica” e “Berlusconi e De Siano li devono arrestare”. Così, come intercalare. “All’ingresso del ristorante – testimonia il cameriere – invece di dire ‘buonasera’, Esposito era solito affermare: ‘Ancora li devono arrestare’, riferendosi al dottor Berlusconi e al mio datore di lavoro”. Il fatto che i tre cantino tutti la stessa canzone e a Napoli si indaghi sulle loro testimonianze non deve ingannare. È più che credibile che un giudice di Cassazione, sapendo di albergare in un hotel del senatore De Siano, vada in giro per la hall preannunciando a chiunque incontri l’arresto del proprietario e del suo leader. “Scusi, cameriere: posto che Berlusconi è una chiavica, me lo farebbe un caffè corretto?”. “Salve, chef: siccome quelle chiaviche di Berlusconi e De Siano vanno arrestati, me lo porterebbe un antipastino di pesce?”. “Ehilà, bagnino: alla faccia di quelle chiaviche da arrestare del suo padrone e del premier, avrebbe un ombrellone, due lettini e un telo mare?”.
Casomai le prove esibite dal giurista Porro e dal giureconsulto Sansonetti (quello che non distingue una Corte d’appello da un paracarro, figurarsi dalla Cassazione), non bastassero a convincere le Corti di Strasburgo, Lussemburgo, Magdeburgo, Brandeburgo e Cheesburger,
Casomai le prove esibite dal giurista Porro e dal giureconsulto Sansonetti (quello che non distingue una Corte d’appello da un paracarro, figurarsi dalla Cassazione), non bastassero a convincere le Corti di Strasburgo, Lussemburgo, Magdeburgo, Brandeburgo e Cheesburger,
il Fatto è in grado di rivelare le due nuove prove in possesso agli avvocati. La prima è il nastro di una seduta spiritica con Filumena Ciucciasangue, nota medium di Casamicciola e candidata di FI che, chiacchierando del più e del meno con l’anima del giudice Franco, gli udì scandire accuse molto circostanziate al giudice Esposito (la registrazione si sente “sbsazgrttt… bsdparttzz…”, ma l’on. avv. Ghedini la sta facendo tradurre da uno fidato). La seconda è il video di Ciruzzu Scannacristiani, detenuto all’Ucciardone al 41-bis, che confida al compagno di ora d’aria: “Chill’ curnutone scurnacchiate d’Esposito m’ha fatt’ carcerà! Cià raggione Belluscone: è tutt’ nu cumblott”. A questo punto, il ricorso in Europa è una pura formalità.