Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 20 dicembre 2020
sabato 19 dicembre 2020
Il caso degli anticorpi monoclonali, la lettera del professor Ippolito e la risposta del FattoQuotidiano.it.
Il FattoQuotidiano.it ha pubblicato un'inchiesta sulla mancata possibilità di utilizzare - gratuitamente - in ottobre in Italia 10mila dosi del farmaco che riduce i rischi di ospedalizzazione. Il direttore scientifico della Spallanzani ci ha scritto per spiegare le critiche sollevate sulla sperimentazione e il Fatto chiede perché non è stato fatto il possibile per utilizzare un composto autorizzato da oltre un mese negli Usa. Intanto l'Aifa tace.
Il 17 dicembre il FattoQuotidiano e ilfattoquotidiano.it hanno pubblicato un’inchiesta (qui il link) in cui si dava conto del fatto che a inizio ottobre l’Italia aveva avuto la possibilità di sperimentare con almeno 10mila dosi gratis gli anticorpi monoclonali dell’azienda Usa Eli Lilly che riduce i rischi di ospedalizzazione dal 72 al 90%. Possibilità evaporata dopo una riunione all’Aifa. Al Fatto risultava presente, tra gli altri, anche il professor Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani, che avrebbe sollevato una serie di critiche. Interpellato prima telefonicamente e poi tramite email lo scienziato ha risposto alle domande con una lettera al direttore. Qui di seguito le domande rivolte, la lettera del professor Ippolito, la nostra risposta.
LE DOMANDE
Il 7 ottobre 2020 l’Aifa ha ricevuto la richiesta di valutazione di un “trial clinico pragmatico” proposto da una multinazionale che lo aveva somministrato in via sperimentale negli Usa. Vorremmo sapere quali valutazioni sono state fatte e perché, come ci risulta, si è deciso di non dar corso alla proposta che si basava anche sulla fornitura a titolo gratuito di 10mila dosi.
Al FattoQuotidiano risulta che nelle riunioni citate il suo parere è stato fortemente negativo? Perché? Quali riserve sul farmaco stesso, quali sugli studi disponibili, quali di rango regolatorio
C’è chi pensa che lei abbia voluto frenare questa possibilità perché lo Spallanzani è impegnato con la Fondazione Toscana Life Sciences proprio nei test di anticorpi monoclonali. Che risponde?
A che punto è quella sperimentazione? Fino a poco tempo fa se ne parlava molto e si dava come orizzonte la prossima primavera…
Ci risulta che dopo Usa – dove dal 10 novembre è autorizzato pare con successo l’uso degli anticorpi – e Canada alcuni Paesi della Ue stiano per ufficializzare un’autorizzazione d’emergenza rispetto alle procedure dell’Ema che non consentono autorizzazioni senza la chiusura degli studi. È una strada impraticabile per l’Italia? Perché lo sarebbe per la Germania?
LA LETTERA.
Egregio direttore,
contrariamente alle mie abitudini, sono costretto a intervenire in merito all’articolo “Il salvavita italiano che noi non usiamo”, pubblicato sul Fatto Quotidiano del 17 dicembre, per fornire ai suoi lettori alcune precisazioni. L’articolo, riassumo liberamente per chi non avesse avuto la fortuna di leggerlo, ipotizza che io avrei dato, nel corso di una riunione svoltasi in sede Aifa il 29 ottobre scorso, parere negativo all’avvio in Italia del trial clinico di un farmaco prodotto dalla multinazionale Eli Lilly che qualche giorno dopo avrebbe ottenuto l’autorizzazione all’uso emergenziale negli Stati Uniti, privando così il nostro Paese di uno strumento in grado di salvare migliaia di persone dalla malattia COVID-19.
Chi mi conosce sa che ho troppo rispetto per le istituzioni alla quali sono chiamato a collaborare per venire meno al dovere della riservatezza e prestarmi invece al giochino tutto italiano dell’indiscrezione, della soffiata, della confidenza. Di fronte ad una richiesta di questo tipo, sono stato forse un po’ brusco ma certamente corretto nell’indicare al giornalista il luogo istituzionale – l’Aifa appunto – al quale avrebbe potuto chiedere informazioni.
Quanto all’accusa di conflitto di interessi, ovvero che sarei stato contrario al trial del farmaco Eli Lilly perché lo Spallanzani partecipa ad un altro progetto di ricerca finalizzato allo sviluppo di un medicinale analogo, non riesco neanche ad offendermi tanto è evidente la sua inconsistenza: in base alla stessa logica, dovrei essere contrario alla somministrazione del nuovo vaccino Pfizer dal momento che il mio istituto – istituto pubblico, è il caso di ricordare – è impegnato a condurre uno studio di fase 1 di un altro vaccino sviluppato in Italia, e uno di fase 3 del vaccino AstraZeneca, e sono personalmente impegnato nel comitato di sicurezza e monitoraggio di un ulteriore vaccino. Chiunque voglia fare ricerca nel nome della scienza sa che allo Spallanzani troverà sempre le porte aperte: a breve, solo per fare un esempio, avvieremo la sperimentazione per un nuovo anticorpo monoclonale.
Vorrei approfittare di questa occasione, visto che si parla di argomenti sui quali ho qualche competenza, per rassicurare i lettori che probabilmente si chiedono come mai non si sia accolta la possibilità di avere questo farmaco, “una mano dal cielo misteriosamente respinta”, una occasione “da cogliere al volo”, che “avrebbe permesso di salvare migliaia di persone” come scrive l’autore dell’articolo con una enfasi un po’ sospetta. Il trial BLAZE-1 cui si riferisce lo studio del New England Journal of Medicine citato nell’articolo in realtà attesta una modesta efficacia del farmaco nei pazienti con sintomi lievi o medi: solo per uno dei tre dosaggi utilizzati è stata riscontrata, a 11 giorni dal tampone positivo, una riduzione della carica virale maggiore rispetto a quella osservata nei pazienti trattati con placebo, mentre vi è stata sì una migliore performance per quanto riguarda la percentuale dei ricoverati (1,6% nel gruppo del farmaco, 6,3% in quello del placebo), ma con numeri assoluti troppo bassi (cinque ricoverati nel gruppo dei farmaci, nove in quello del placebo) per poter avere una robusta rilevanza statistica. Né tra i pazienti trattati col farmaco né tra quelli ai quali è stato somministrato il placebo, infine, vi è stato alcun decesso.
Ciò che però nell’articolo non viene detto, e che secondo me sarebbe stato invece opportuno riportare per completezza di informazione, è che un altro trial (ACTIV-3), che si proponeva di valutare l’efficacia dello stesso farmaco nei pazienti ricoverati in ospedale, è stato interrotto dal board indipendente di valutazione a causa di “assenza di benefici clinici” per i pazienti ospedalizzati. In parole semplici: sui pazienti più gravi questo farmaco non ha dimostrato alcun effetto.
La chiusura negativa del trial americano avveniva il 26 ottobre: tre giorni dopo, in una conversazione informale e non – come viene sostenuto nell’articolo – in una riunione ufficiale in sede Aifa per esprimere un parere, la società farmaceutica proponeva di testare il farmaco in Italia. Quando si dice la coincidenza…
Concludo: di fronte ad una pandemia che ha sconvolto le nostre vite, causato tante morti e travolto la nostra economia, il nostro dovere di uomini di scienza, ma anche di operatori dell’informazione, dovrebbe essere quello di comportarci in maniera corretta ed etica, rispettando il ruolo e le funzioni delle agenzie regolatorie alle quali spetta l’ultima parola, senza alimentare false speranze in rimedi miracolosi, che purtroppo non esistono, e senza seminare dubbi non suffragati da prove sulle scelte degli organismi preposti a decidere in materia di salute pubblica.
LA RISPOSTA.
Il FattoQuotidiano non ha chiesto al professor Ippolito di venir meno al dovere di riservatezza, ma di avere un riscontro per verificare quella che senza dubbio era una notizia riportando la sua pur breve dichiarazione: “Non prescrivo farmaci, mi occupo solo di scienza”. Rassicuriamo i nostri lettori che l’Aifa è stata più volte contattata per chiedere delucidazioni. Invano. Il FattoQuotidiano non ha accusato nessuno di conflitto di interessi, ma avanzato una ipotesi in assenza di una risposta completa ed esauriente a domande legittime.
Per quanto riguarda il trial ci siamo impegnati per comprendere – in un settore piuttosto tecnico – che l’effetto sulla riduzione della carica virale è di importanza secondaria rispetto al rischio di ricoveri ospedalieri che cala, stando allo studio pubblicato su The New England Journal of Medicine (qui il link), da 5.8% a 1.6%. In considerazione, quindi, delle 10mila dosi di anticorpi a 10mila pazienti con Covid iniziale (ma ad alto rischio) si sarebbe potuti passare da 1.350 a 400 ospedalizzazioni: quindi 950 ricoveri in meno.
Riguardo al trial interrotto (Activ-3) questo non concerneva il potenziale protocollo di uso del farmaco Ly-CoV555 in Italia per il quale si parlava di un progetto per pazienti con sintomi iniziali e non ospedalizzati. Il punto fondamentale era quindi un altro: la tempistica. Sulla “coincidenza” della chiusura negativa del trial possiamo tranquillamente dire è non solo irrilevante perché non riguarda l’Italia, ma anche infondata perché i contatti con l’azienda sono partiti il 7 ottobre e il professor Ippolito ne è stato informato proprio in quei giorni.
Condividiamo con il professore Ippolito l’idea che il dovere di tutti sia quello di comportarsi in maniera corretta ed etica ed è per questo che pensiamo che sarebbe stato opportuno ed importante fare il possibile per usare in piena fase pandemica un farmaco che – approvato dalla Food and drug administration ormai da oltre un mese – causa una riduzione di oltre il 70% del rischio di ricovero ospedaliero in apparente, fino a questo momento, assenza di effetti collaterali. In settimane in cui, ricordiamolo, l’alternativa era nulla e a costo zero per le finanze pubbliche. Da oltre un mese invece negli Usa viene utilizzata, in via emergenziale, quella che viene considerata dalla comunità scientifica e non dal Fatto la prima terapia mirata per Covid 19.
Ci chiediamo e continueremo a farlo perché l’Agenzia italiana del farmaco, che ha tra le sue mission il contributo alla tutela del diritto della salute oltre che la regolamentazione dell’immissione in commercio, dell’uso e della vigilanza dei prodotti farmaceutici ad uso umano, che era ed è l’unico organo competente a valutare e autorizzare la procedura, non si sia ancora espressa, né abbia risposto alle legittime domande che allo stato restano inevase.
Il sogno di un “vaffa” da un Matteo all’altro.
Sul Fatto Quotidiano di ieri, Antonio Padellaro raccontava di “aver fatto un sogno” a proposito della crisi di governo minacciata da Italia Viva: “Giuseppe Conte che sfancula Matteo Renzi nell’aula del Senato come fece con l’altro Matteo in quell’indimenticabile (per me, ma penso anche per voi) 20 agosto 2019”. Leggendo queste parole, tantissimi lettori hanno scritto a lettere@ilfattoquotidiano.it per raccontarci come anche il loro “sogno” fosse molto simile a quello del nostro fondatore. Per questo abbiamo deciso di pubblicare qui accanto alcune delle tante lettere ricevute.
Io e molti altri siamo con Padellaro.
Io credo che il sogno di Antonio Padellaro sia quello di tanti italiani che lo condividono. Io in prima persona.
Alessia Bussetta
Ci vorrebbe un altro confronto memorabile.
Caro Padellaro, leggendo il suo articolo avrei voluto abbracciarla. Anch’io ho fatto lo stesso sogno! Sono diversi giorni che aspetto che si avveri e pur essendo consapevole che forse non sarebbe opportuno e che il presidente Conte – essendo più saggio di me – probabilmente si asterrà (ma chissà che voglia ne avrebbe anche lui!) non posso fare a meno di sperarci. Il 20 agosto del 2019 è rimasto per me un giorno memorabile, una gioia incontenibile dinanzi ad un discorso perfetto nei modi nei toni e nei contenuti. Sono d’accordo con lei: quanto mi piacerebbe oggi che Conte riservasse lo stesso trattamento a chi forse lo merita se possibile ancor di più…
Ma anche se rimarrà solo un sogno è bello pensarlo.
Alessandra Martini
Matteo-destra insieme e sarà guerra al “Fatto”.
È dal lontano 1960 che sogno un governo e un leader che onorino il loro ruolo. Ho sognato di vedere Andreotti in carcere, poi Craxi, poi Berlusconi. E poi Renzi che si ritira a vita privata assieme alla Boschi, come da loro promesso, dopo il flop del referendum. Però sono ottimista, spero che il sogno di Padellaro si avveri! Ma temo che il governo cada, se andasse al potere la destra con Renzi che occupa una poltrona, prevedo una guerra al Fatto di proporzioni bibliche!
Marco Pedriali
Gli italiani sono stufi delle minacce di Iv.
Matteo Renzi ormai ha stufato gli italiani responsabili.
Credo che abbia voluto provocare il premier per visibilità, atteso che i vari sondaggi lo vedono sempre in preoccupante discesa.
In ogni caso, basterebbe il simpatico sorriso con cui il buon Bersani ha risposto a un conduttore televisivo che gli chiedeva il parere sull’argomento.
Ritengo che Conte adesso debba essere consequenziale per sua dignità, anche perché non vi è preoccupazione in quanto nessun parlamentare, compresi i renziani, vorrà tornarsene a casa prima della lontana scadenza del mandato, con la grande eventualità di non ritornare in Parlamento, anche per via della riduzione dei seggi.
Mario De Florio
Da Briatore a Verdini: un governo da incubo
I have a dream! Eccolo.
Prima di tutto Matteo Salvini come presidente del Consiglio, poi i seguenti ministri: Giorgia Meloni all’Interno, Niccolò Ghedini alla Giustizia, Ignazio La Russa alla Salute, Maurizio Gasparri alla Difesa (“Dichiaro guerra alla Jugoslavia”, ha subito proclamato nel sogno), Daniela Santanchè all’Istruzione, Adriano Galliani allo Sport, Roberto Calderoli agli Esteri, Denis Verdini all’Economia, infine Flavio Briatore al Lavoro…
Da questa Repubblica delle Banane credo che scapperebbero persino le pantegane romane! I partiti della maggioranza vogliono davvero arrivare a tutto questo? Allora si adoperino per evitarlo.
Andrea Pellizzari
Per quanto ancora si andrà avanti?
Tra noi poveri amministrati/governati è ormai diffusa l’impressione di trovarsi nella curiosa circostanza di cui al celebrato film di Tarantino: un duello in cui ciascun partecipante tiene sotto tiro un altro ed è a sua volta tenuto sotto tiro da un terzo e così via, con conseguente totale e buffa immobilità.
Sarebbe l’immagine plastica del celebre aforisma di Flaiano: la situazione è grave ma non è seria. Allo stato, sembrerebbe che Renzi, dopo aver scatenato l’inferno per le nobili ragioni che possiamo intuire, abbia provato ad uscirne fischiettando, con la sciocca farsa della sua ministra impegnata a Bruxelles.
Questo soggetto è infatti del tutto indifferente alle figuracce che va collezionando. E ugualmente indifferenti al “bagno” di discredito sono anche i suoi accoliti, sia nel partitucolo di riferimento che nel Partito democratico, cioè i “nominati” dal suddetto, rimasti a presidiare “da vicino” gli interessi del capo e dei suoi sponsor.
Ma fino a quando si può continuare in questo modo? Mi chiedo se si sia già verificata in passato una simile paralisi nel funzionamento delle istituzioni a seguito delle manovre pregresse, spudorate, si direbbe premeditate, di costui e di chi ha avuto e ha ancora interesse a ostacolare la rinascita del nostro Paese. Tutto ciò in piena pandemia e con ottocento vittime al giorno. Come si fa a governare con questi?
Patrizia Cozzolino
Adesso non resta che incrociare le dita
Stranamente anche io ho fatto lo stesso sogno di Antonio Padellaro!
E credo che, come me, moltissimi italiani abbiano fatto lo stesso sogno.
Allora adesso incrociamo le dita e speriamo che si avveri presto.
Fiorella Fant
L'Imperatore sfida il Covid, a Roma riapre il Mausoleo di Augusto.
Raggi: "E' un messaggio di speranza". Visite guidate fino al 21 aprile.
ROMA - Dopo 14 anni riapre al pubblico il Mausoleo di Augusto. Al termine di un lungo progetto di recupero e restauro, una delle più imponenti opere architettoniche della romanità e il più grande sepolcro circolare del mondo antico sarà nuovamente accessibile ai visitatori dal 1° marzo. "Dopo 14 anni riapre al mondo questo monumento unico. È un momento storico - ha detto la sindaca Virginia Raggi -. A pochi giorni dal Natale facciamo un regalo ai romani e ai cittadini di tutto il mondo. Un capolavoro dell'antica Roma, un tesoro di inestimabile valore che rinasce in tutto il suo splendore. Un obiettivo raggiunto grazie a un proficuo lavoro di squadra, soprattutto, grazie al sostegno e all'atto di mecenatismo della Fondazione Tim. Una testimonianza significativa dell'efficacia e della lungimiranza della collaborazione tra pubblico e privato" ha proseguito.
Una riapertura, in tempi di Covid, che la sindaca ha definito «un messaggio di speranza». «Dal 1° marzo fino al 21 aprile, Natale di Roma, la visita sarà gratuita per tutti - ha detto Raggi - e per tutto il 2021 sarà gratis per i romani. È un regalo che faccio ai miei concittadini». Dal 21 dicembre sarà aperto il sito per le prenotazioni e «potremo organizzare le visite nel rispetto delle norme Covid».
Dopo la prima fase di restauro conservativo terminata nel 2019 e realizzata attraverso un finanziamento pubblico di 4.275.000 euro (di cui 2 milioni versati dal Mibact e 2.275.000 da Roma Capitale), è attualmente in corso la fase di valorizzazione del monumento, finanziata dalla Fondazione TIM con un atto di mecenatismo. I lavori, diretti dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, permetteranno di realizzare un itinerario che racconterà le varie fasi storiche del Mausoleo, affiancato da un percorso senza barriere architettoniche, in concomitanza con i lavori di sistemazione di Piazza Augusto Imperatore, avviati a maggio. E per quanto riguarda gli interventi sulla piazza la sindaca ha spiegato: "contemporaneamente al recupero della parte monumentale procediamo a spostare il capolinea dei bus e alla progressiva pedonalizzazione della piazza per valorizzarlo e dare l'importanza che merita".
A presentare l'intervento di recupero e restauro del Mausoleo di Augusto, assieme alla prima cittadina, il Presidente della Fondazione TIM Salvatore Rossi, il Vicesindaco di Roma con delega alla Crescita culturale Luca Bergamo, la Soprintendente speciale di Roma Daniela Porro e la Sovrintendente Capitolina Maria Vittoria Marini Clarelli. "In primavera, grazie alla collaborazione tra Fondazione TIM e Sovrintendenza, i visitatori potranno inoltre navigare attraverso la storia del Mausoleo grazie alle possibilità offerte dalle tecnologie multimediali" ha detto il vicesindaco aggiungendo: "l'apertura del Mausoleo ha un significato ancora ulteriore perché si collega all'impegno della Sovrintendenza grazie a cui sono partiti i lavori nella piazza Augusto Imperatore, che dovrebbero concludersi per questa prima fase a dicembre 2021".
Inchiesta Consip, atto finale: “Processate Tiziano Renzi”. - Marco Lillo e Valeria Pacelli
La richiesta - I pm vogliono il giudizio per il padre dell’ex premier Contestati quattro reati. “Romeo e l’offerta dei 30 mila euro al mese”.
Il “babbo” di Matteo Renzi potrebbe presto dover affrontare un processo. Per Tiziano Renzi la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per quattro capi d’imputazione. Traffico di influenze e turbativa d’asta sono i reati contestati in relazione a due gare: l’appalto Fm4 indetto da Consip (del valore 2,7 miliardi di euro) e la gara per i servizi di pulizia bandita da Grandi Stazioni. Sarà il gup (l’udienza deve essere ancora fissata) a decidere se mandare a processo Renzi e altre dieci persone: tra queste l’amico di Tiziano, Carlo Russo, l’imprenditore campano Alfredo Romeo, gli ex deputati Denis Verdini e Ignazio Abrignani e pure gli ex ad di Consip e Grandi Stazioni, Domenico Casalino e Silvio Gizzi.
Per Tiziano Renzi, inizialmente indagato solo per traffico di influenze, la Procura aveva chiesto l’archiviazione. Respinta dal Gip Gaspare Sturzo che ha disposto nuove indagini. E così le cose si sono messe male: alla fine della ulteriore attività investigativa, i pm hanno contestato a Renzi, seguendo linee guida fissate da Sturzo, non uno, bensì quattro reati.
C’è dunque la gara Fm4, appalto indetto nel 2016 e sospeso dopo l’esplosione dell’inchiesta partita a Napoli e poi trasferita a Roma per competenza. Stando alle accuse, era Carlo Russo a farsi promettere denaro in nero da Romeo per sé e per Renzi sr., in cambio della propria mediazione sull’ex ad di Consip, Luigi Marroni (estraneo alle indagini) affinché favorisse le società dell’imprenditore campano nella gara Fm4. Russo (accusato di turbativa d’asta), secondo le accuse, quindi “agiva in accordo con Tiziano Renzi” (che però ha sempre smentito). La “mediazione illecita” di Russo consisteva così nell’istigare Marroni a intervenire “sulla commissione aggiudicatrice della gara Fm4 (…) e in particolare sul presidente Francesco Licci (allora presidente della commissione di gara di Fm4, indagato per traffico di influenze, ndr) anche per il tramite di Domenico Casalino, per facilitare la Romeo Gestioni Spa”, società che partecipava a quell’appalto. In cambio di questa “mediazione illecita”, Russo “si faceva promettere da Alfredo Romeo”, tra le altre cose, “numerose ospitalità negli hotel di proprietà del gruppo Romeo”, oltre che “denaro in nero per sé e per Tiziano Renzi”. Nella questione della gara Fm4, la turbativa d’asta e il traffico di influenze sono contestati anche a Romeo, Casalino e a Italo Bocchino.
L’altra grana di Tiziano Renzi riguarda poi la gara per i servizi di pulizia indetta da Grandi Stazioni. Anche in questo filone, Romeo e Bocchino sono accusati di traffico di influenze e turbativa d’asta. Reato, quest’ultimo, contestato anche a Russo e a Silvio Gizzi, ex amministratore delegato di Grandi Stazioni. Anche in questo caso, per i pm, è il solito Russo a voler favorire la Romeo Gestioni Spa, agendo sempre “in accordo con Tiziano Renzi”. E anche questa volta sfruttava le proprie relazioni, stavolta però con l’ex numero uno di Grandi stazioni, Gizzi, “relazioni – è scritto nel capo di imputazione – ottenute anche per il tramite di Maurizio Gentile, ad di Rfi Spa (estraneo alle indagini, ndr), a sua volta sollecitato da Tiziano Renzi”. Come prezzo della propria mediazione, Russo “si faceva promettere da Romeo, il quale agiva in accordo con Italo Bocchino, utilità consistenti in somme di denaro periodiche”.
Nell’indagine romana, il solo Russo è accusato anche di estorsione: avrebbe minacciato Marroni, spiegandogli che qualora non fosse intervenuto su Fm4 a favore della Romeo Gestione Spa, “sarebbero intervenuti Tiziano Renzi e Denis Verdini, persone che per relazioni e ruolo potevano farlo licenziare”. Non riuscì nell’intento, “per la resistenza” di Marroni”.
Proprio Verdini, che ora si trova in carcere per altre vicende di bancarotta, ha qualche grana pure in questa inchiesta romana. Il fondatore di Ala è indagato insieme anche all’ex deputato Abrignani. I due, per i pm, avrebbero concorso nella turbativa della gara Fm4 parteggiando per Cofely. Sono accusati anche di concussione: secondo i pm, Verdini, nel 2016 quando era ancora parlamentare, “costringeva Marroni”, Ad di una “società pubblica i cui vertici vengono designati proprio dal governo”, “a erogare a Ezio Bigotti (…) l’utilità consistita nell’incontrarlo e ascoltarlo in quanto interessato a conoscere notizie riservate sulla gara FM4 e a sollecitare una minore resistenza di Consip nei contenziosi pendenti”. Ancora qualche tempo e il gup deciderà se dare vita a un ulteriore processo Consip.
Vince la linea più dura: a Natale l’Italia è rossa, massimo 2 ospiti in casa. - Tommaso Rodano
C’è poco da salvare nel Natale di questo terribile 2020. Come previsto, passa la linea dura: l’Italia chiude, nello sforzo di mantenere al minimo i contatti sociali (e familiari) e contenere un nuovo aumento dei contagi. Il premier Giuseppe Conte lo annuncia in tarda serata, dopo il consiglio dei ministri: “La curva può subire un’impennata nel periodo natalizio, il Cts ci ha fatto pervenire un verbale in cui ha espresso forte preoccupazione. Dobbiamo intervenire, vi assicuro che è una decisione sofferta, non facile”.
Dal 24 dicembre al 6 gennaio su tutto il territorio nazionale varrà il regime applicato finora nelle regioni rosse. Tranne nei quattro giorni feriali (28, 29, 30 dicembre e 4 gennaio), quando si applicheranno le norme delle zone arancioni.
Significa, di fatto, che l’Italia vivrà il Natale 2020 in lockdown. Nei giorni “rossi” non si potrà uscire di casa (se non per lavoro o per emergenze). Con un’unica deroga, per evitare che in tanti rimanessero completamente soli a Natale e Capodanno: “Nei giorni festivi e prefestivi – si legge nel testo – lo spostamento verso le abitazioni private è consentito una sola volta al giorno, in un arco temporale compreso fra le ore 05,00 e le ore 22,00, verso una sola abitazione ubicata nella medesima regione e nei limiti di due persone, ulteriori rispetto a quelle ivi già conviventi, oltre ai minori di anni 14 sui quali tali persone esercitino la potestà genitoriale e alle persone disabili”. Traduciamo dal legnoso lessico del diritto: si possono raggiungere i parenti stretti, ma ci si può spostare al massimo in due (esclusi i figli con meno di 14 anni o non autosufficienti). E se si vuole invitare qualcuno in casa propria, il vincolo è lo stesso: solo parenti stretti e non più di due, bambini esclusi.
Mobilità “arancione”. Nei giorni feriali sarà consentito muoversi all’interno del proprio comune senza limitazioni (ma con il coprifuoco dalle 22 alle 5). Inoltre saranno permessi gli spostamenti dai piccoli comuni (meno di 5mila abitanti) ma per una distanza massima di 30 chilometri (e sarà vietato raggiungere i capoluoghi di provincia).
Moblità “rossa”. Nei giorni festivi ci si potrà muovere una sola volta al giorno, all’interno della Regione di residenza e – come detto – al massimo in due. È sempre consentito, con entrambi i regimi, il rientro al proprio domicilio, abitazione o residenza.
Negozi. Per gli esercizi commerciali restano immutate le norme già stabilite per le zone rosse e arancioni nel Dpcm del 3 dicembre. Negozi di alimentari, edicole, tabaccai, farmacie, parafarmacie, ferramenta e librerie possono restare sempre aperti in questi giorni, mentre i negozi di abbigliamento potranno tenere le serrande alzate solo nei giorni feriali. Centri commerciali e gallerie restano chiusi sempre e comunque, dal 24 dicembre al 6 gennaio.
Ristoranti. Chiusi i bar, i ristoranti restano aperti solo per asporto e consegne a domicilio, con lo stesso regime in giorni feriali, prefestivi e festivi: il cibo d’asporto si può ritirare fino alle 22.00 (prima del coprifuoco), le consegne sono possibili senza limitazioni orarie. Conte ha promesso “un immediato ristoro di 645 milioni per ristoranti e bar” e ha ringraziato l’opposizione per la collaborazione.
Parrucchieri. Barbieri e coiffeur possono restare aperti, come pure tintorie e lavanderie. Nei giorni festivi e prefestivi restano chiusi invece i centri estetici. Jogging. La corsa è sempre consentita, nei giorni “rossi” invece le passeggiate sono permesse soltanto “in prossimità della propria abitazione”.
Multe. Si annunciano controlli rigidi (ma chiaramente non nelle abitazioni private), le sanzioni sono sempre le stesse: multe tra i 400 e i 1.000 euro.
Raggi e miraggi. - Marco Travaglio
L’altra sera a Otto e mezzo Carlo Calenda, reduce da un “tavolo” col Pd, ha dichiarato bel bello: “Il Pd mi ha detto che aspetta la condanna della Raggi per fare l’accordo con i 5Stelle”. Al che mi son detto: “Ora il Pd si affretterà a smentire quell’incredibile affermazione. Altrimenti verrà assalito da torme di garantisti veri o presunti, che avranno buon gioco a denunciare il giustizialismo dei dem e a domandar loro: quando mai abbiano fatto caso alla condanna di qualcuno per eliminarlo dalla vita politica; come facciano a sapere che oggi la Raggi sarà condannata in appello; e, ammesso e non concesso che lo sappiano, cosa si sognano di farlo sapere in giro, mettendo in imbarazzo i giudici che oggi si riuniranno in camera di consiglio e saranno in ogni caso condizionati dal preannuncio del Pd via Calenda: se condanneranno la sindaca, qualcuno dirà che l’avevano già deciso e comunicato al Pd prim’ancora di ascoltare la requisitoria e l’arringa, commettendo un reato; se la assolveranno, qualcuno dirà che han cambiato idea in extremis per smentire la fuga di notizie del Pd”.
Ma, incredibilmente, nessun dirigente Pd ha smentito la rivelazione di Calenda e nessun garantista all’italiana vi ha trovato nulla da ridire. Dunque si suppone che sia vero e normale che il Pd già sappia in esclusiva mondiale che oggi la Raggi sarà condannata e attenda soltanto la formalità chiamata “sentenza” per sedersi al tavolo col M5S per trattare su un altro candidato. Sempreché nel M5S prevalga la corrente dei trombati biliosi De Vito, Lombardi&C., il cui vasto programma politico per la Capitale è invariabilmente “Raggi fuori dalle palle”; e che tutti gli altri fingano di non vedere l’assurdità di un automatismo che non distingue fatti infamanti da accuse neutre, come l’interpretazione della parola “istruttoria” in una dichiarazione all’Anac su una nomina (processo Raggi) o un debito appostato nel bilancio comunale del 2018 anziché del 2016 con l’ok della Corte dei Conti (processo Appendino). Quando Lenin disse “Saranno i capitalisti a venderci la corda con cui impiccarli”, non immaginava che un giorno sarebbero arrivati i 5Stelle non a vendere la corda ai rivali, ma addirittura a regalarla. Infatti l’Appendino, dopo la ridicola condanna, si è autosospesa a norma di Codice etico e non si è ricandidata a Torino. E qualche 5Stelle spera nella condanna della Raggi per liberarsi anche di lei e coronare il sogno di una vita: diventare la ruota di scorta dei dem. I quali, mentre preannunciano a Calenda la condanna della Raggi come cosa fatta, si sono tenuti Beppe Sala sindaco di Milano dopo la condanna per lo stesso reato da cui era stata assolta la Raggi: il falso in atto pubblico.
Un falso che, diversamente da quello contestato alla Raggi senza uno straccio di prova a carico, anzi con tutte le prove a discarico, per Sala è documentale: la retrodatazione di due verbali di gara per il principale appalto di Expo, da lui firmati il 30 maggio con data 17, per sanarne ex post le gravi irregolarità. Condannato a 6 mesi, Sala giurava di non volere la prescrizione: infatti in appello l’ha incassata senza fare un plissé. E ora che si ricandida col Pd, nessuno gli ricorda il suo passato di falsificatore di appalti, anzi tutti esultano per la good news. Un minimo di coerenza, o di decenza, imporrebbe un solo metro di giudizio per tutti: se un sindaco colpevole di falso deve farsi da parte, la regola dovrebbe valere sia per Sala (condannato e prescritto, dunque ritenuto responsabile anche in appello) sia per la Raggi (in caso di condanna in appello dopo l’assoluzione in tribunale); o viceversa. Invece il falso della Raggi, finora assolta, è un reato da ergastolo. E il falso di Sala, confermato da due sentenze, è un falsetto da ridere. Ma la storia dei due gemelli diversi non finisce qui. Da quando la Raggi ha annunciato la sua ricandidatura per completare il lavoro svolto nel primo mandato, non passa giorno senza che i giornaloni deplorino la sua scelta come “ostacolo al dialogo col Pd” e “favore alle destre”, invitandola a “farsi da parte” per la compattezza dei giallorosa. Discorso già bizzarro in sé: chi l’ha detto che i candidati unitari M5S-Pd debba sceglierli sempre il Pd col 18% e mai il M5S col 33%?
I sindaci dopo il primo mandato devono potersi ricandidare per il secondo e, se si trova l’accordo, essere sostenuti dagli alleati: vale a Milano per Sala e a Roma per la Raggi; non vale a Bologna e a Napoli, dove Merola e De Magistris hanno esaurito i due mandati ed è giusto che M5S, Pd e LeU scelgano i nuovi candidati comuni. Se però si attacca la Raggi per la “corsa solitaria” che impedisce l’accordo giallorosa, bisognerebbe attaccare anche Sala per lo stesso motivo: tantopiù che ha già detto di non volere tra i piedi il M5S (se no, come fa a taroccare le carte degli appalti?). Invece Sala può, la Raggi no.
Comica finale: quello che “aspetta la condanna della Raggi” per farla fuori è lo stesso Pd che ha appena chiesto e ottenuto dalla Casellati di violare le regole del Senato per ridare il vitalizio a Del Turco, condannato per tangenti sulla sanità a 3 anni e 11 mesi e a risarcire l’Abruzzo con 700mila euro, ovviamente mai pagati. Lo stesso Pd che chiede a B., pregiudicato per frode fiscale, imputato per corruzione giudiziaria e indagato per strage, di entrare nella maggioranza in veste di “energia migliore”. A riprova del fatto che la politica è la prosecuzione del Circo Togni con altri mezzi.
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