domenica 24 gennaio 2021

La cronologia dell’errore sulla zona rossa della Lombardia: i 9mila casi riclassificati, l’Rt che schizza, la ‘rettifica’ e le polemiche di Fontana. - Andrea Tundo

 

LA RICOSTRUZIONE - Ecco cosa è accaduto tra il 13 e il 23 gennaio, nei dieci giorni che hanno costretto 10 milioni di cittadini lombardi a restrizioni che, sulla base dei dati, avrebbero dovuto essere meno pesanti. Tutto ruota attorno a una riclassificazione dei casi, ma i vertici del Pirellone ora attaccano l'intero sistema dell'Iss: "Malfunzionamento dell'algoritmo, non c'è trasparenza". La risposta dell'Istituto: "Più volte segnalate anomalie nei loro dati". Brusaferro: "Polemiche non accettabili, siamo al servizio del Paese".

La storia della zona rossa che non lo era inizia il 13 gennaio. Ma a leggere tra le righe della polemica, il destino era già scritto da tempo: l’incidente costato una settimana di serrata generale per 10 milioni di lombardi, prima o poi sarebbe arrivato. Il 13 gennaio è un mercoledì, nelle ore successive dall’Istituto Superiore di Sanità inviano i dati del monitoraggio alle Regioni per ottenere il ‘check’ sui dati che determineranno la zona in cui finiranno i territori. Di fronte all’indice Rt a 1,4 i funzionari del Pirellone rispondono con un silenzio-assenso. Nessuna contestazione. Solo dopo, chiarisce il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, la “Lombardia ha richiesto un ricalcolo dei dati”. Così due giorni dopo, venerdì 15, il ministro della Salute Roberto Speranza firma l’ordinanza che sposta in in zona rossa per due settimane la regione più popolosa d’Italia, quella che secondo la neo-assessora al Welfare e vice-presidente Letizia Moratti deve avere un “occhio di riguardo” perché spinge il Pil italiano.

Il database inviato dalla Lombardia il 13 gennaio
La decisione viene presa sulla base dei numeri che da Palazzo Lombardia sono stati inviati a Roma: nel database caricato figurano 501.902 casi, di cui 419.362 hanno una data di inizio sintomi. Tra questi, scrive l’Istituto superiore di sanità, 185.292 hanno anche “segnalato uno stato sintomatico (qualunque gravità)” o questa informazione è “assente”. Negli altri 234.070 casi è stato dichiarato uno stato “asintomatico” o c’è una notifica di “guarigione-decesso senza indicazione di stato sintomatico” precedente. I primi (185.292) rispondono ai criteri per essere inclusi nel calcolo dell’Rt, i secondi (234.070) no. Tra i 185.292, al 13 gennaio, ci sono 14.180 casi con data inizio sintomi nel periodo 15-30 dicembre, quindi gli unici da considerare per il calcolo dell’Rt nel periodo di riferimento del monitoraggio. È sulla base di questi che l’indice risulta di 1,4 e la Lombardia finisce in zona rossa.

La reazione di Fontana e Moratti, dalla ‘punizione’ al Tar
La Regione si agita. Attilio Fontana dice subito che si tratta di una “punizione che non meritiamo” e che “c’è qualcosa che non funziona nei conti”. Appena quattro giorni prima, l’11 gennaio, il governatore aveva detto: “Ci stiamo sicuramente avvicinando alla zona rossa, peggiorano tutti i parametri”. Viene chiesta una sospensione della zona rossa per riesaminare i dati e annunciato un ricorso al Tar del Laziopoi presentato il 19 gennaio. “Mi auguro davvero – dice Fontana – che presto possa riunirsi di nuovo il tavolo di confronto con le regioni per rivedere, con il ministro Speranza, i parametri di riferimento”. Parametri che la Lombardia, come tutte le altre Regioni, ha avallato negli scorsi mesi. Quella del Pirellone è un’escalation di attacchi: “La Lombardia non merita la zona rossa. Indubbiamente il rischio per la regione è di fermarsi, di fermare il lavoro, le attività e la vita sociale. Per questo con il presidente Fontana abbiamo ritenuto di voler presentare un ricorso, per uscire dalla zona rossa”, dice Moratti nelle ore in cui vengono chiamati in causa i giudici amministrativi.

Il nuovo invio di dati: così crolla l’indice Rt
Il 20 gennaio la Regione Lombardia invia l’aggiornamento del suo database. Un’operazione di routine, che avviene tutte le settimane. Però, mette nero su bianco l’Iss, nel nuovo set di dati “si constata anche una rettifica dei dati relativi anche alla settimana 4-10 gennaio 2021″. Tra i casi presenti sia nel database inviato il 13 gennaio che nell’aggiornamento sono cambiate alcune cose. Innanzitutto: “I numero di casi in cui è indicata una data inizio sintomi è diminuita (da 419.362 a 414.487)”. Quindi: “Il numero di casi con una data inizio sintomi e in cui sia segnalato uno stato sintomatico (qualunque gravità) o sia assente questa informazione (inclusi dal calcolo Rt) è diminuito (da 185.292 a 167.638)”. Ancora: “Il numero di casi con una data inizio sintomi e in cui sia dichiarato uno stato asintomatico o vi sia notifica di guarigione-decesso senza indicazione di stato sintomatico precedente (esclusi dal calcolo Rt) è aumentato (da 234.070 a 246.849)”. Non si tratta di scostamenti di poco conto, perché scrivono dall’Istituto superiore di sanità “questi cambiamenti riducono in modo significativo il numero di casi che hanno i criteri per essere confermati come sintomatici e pertanto inclusi nel calcolo dell’Rt basato sulla data inizio sintomi dei soli casi sintomatici”. I 14.180 casi sintomatici con data inizio sintomi nel periodo 15-30 dicembre 2020 che erano presenti nel database inviato 13 gennaio – e quindi una settimana prima determinanti per definire un Rt di 1,4 – sono diventati 4.918 nell’aggiornamento del 20 gennaio. Con 9.262 casi in meno da conteggiare, l’indice ‘crolla’ a 0,88.

Lo spettro evocato dal Pirellone: “L’algoritmo non funziona”.
Si arriva così a venerdì, il giorno spartiacque. Il Tar fa slittare a lunedì 25 la pronuncia sulla sospensiva chiesta dalla Lombardia. Nel frattempo però la cabina di regia, riunita per riassegnare i colori alle Regioni, prende in esame anche il caso Lombardia. In teoria la regione dovrebbe rimanere nella stessa fascia per un’altra settimana, visto che il periodo di assegnazione dura 14 giorni. Ma alla luce del ricalcolo, il nodo deve essere sciolto. E arriva la decisione: l’indice Rt giusto è 0,88 e quindi torna in arancione. A riunione in corso, Fontana già attacca: “La Lombardia deve essere collocata in zona arancione – scrive su Twitter – Lo evidenziano i dati all’esame della Cabina di regia, ancora riunita. Abbiamo sempre fornito informazioni corrette. A Roma devono smetterla di calunniare la Lombardia per coprire le proprie mancanze”. L’accusa è gravissima, ma è solo l’inizio. Tra venerdì sera e sabato, i vertici del Pirellone alzano i toni. Moratti: “Nessuna rettifica, a seguito di un approfondimento relativo all’algoritmo dell’Iss, abbiamo inviato la rivalorizzazione dei dati”. Ancora Fontana: “Malfunzionamento dell’algoritmo”Sempre Fontana: “Problema con algoritmo che calcola Rt anche per altre regioni? Probabile ma non mi interessa”. La Lombardia avanza quindi l’ipotesi che l’intero sistema sul quale si basano le restrizioni sia ‘falsato’. Il direttore generale dell’assessorato al Welfare, Marco Trivelli, afferma: “Il meccanismo di calcolo complessivo delle Rt non è noto, non è trasparente”. Sostiene che l’inserimento di un valore nel campo ‘stato clinico’ (quello che ha contribuito a ridurre di 9.262 i casi da considerare ai fini del calcolo dell’indice Rt, ndr) sia “facoltativo” e che l’Iss abbia chiesto di “inserire un valore convenzionale di stato sintomatico”. E ancora: “Abbiamo trasmetto dati identici a quelli della settimana precedente con la sola integrazione di questo valore convenzionale indicato dall’Iss e abbiamo manifestato la nostra perplessità tecnica”.

La replica dell’Istituto: “Tutti sanno come si calcola l’Rt”
Speranza tiene il punto ribadendo che la Regione Lombardia ha “trasmesso dati errati” propedeutici al calcolo del Rt e li ha “successivamente rettificati”. Il riferimento è a quei 9.262 casi che per come erano stati classificati il 13 gennaio dai funzionari del Pirellone dovevano rientrare nel calcolo facendo schizzare l’indice Rt, mentre con la “rettifica” di una settimana erano da escludere dal conteggio. Ma il livello della polemica si è ormai alzato. Adombrare un “malfunzionamento” dell’algoritmo, una mancanza di trasparenza, spinge l’Istituto superiore di sanità a prendere posizione: “L’algoritmo è corretto, da aprile non è mai cambiato ed è uguale per tutte le Regioni che lo hanno utilizzato finora senza alcun problema – scrive l’Iss – Questo algoritmo e le modalità di calcolo dell’Rt sono state spiegate in dettaglio a tutti i referenti regionali perché lo potessero calcolare e potessero verificare da soli le stime che noi produciamo, ed è perciò accessibile a tutti”. Tradotto: la Regione è a conoscenza del meccanismo di calcolo, nessuna ombra. Quindi si torna al 13 gennaio, quando l’indice era risultato 1,44 sulla base dei dati forniti dalla Lombardia. Si tratta di un dato che, prima della firma delle ordinanze, viene inviato alle Regioni, chiarisce l’Istituto: “Lo ricevono con richiesta di verifica e validazione con un criterio esplicito di silenzio assenso”. E sottolinea: “La Regione Lombardia non ha finora mai contestato questa stima”.

E l’attacco: “Anomalie nei dati lombardi, segnalate più volte”
Quindi si entra nello specifico: “La Lombardia ha segnalato dall’inizio dell’epidemia nell’ultimo periodo una grande quantità di casi, significativamente maggiore di quella osservata in altre regioni, con una data di inizio sintomi a cui non ha associato uno stato clinico e che pertanto si è continuato a considerare inizialmente sintomatici”. Una “anomalia”, attacca l’Iss, “segnalata più volte” alla Regione. Quindi conclude: “Solo a seguito della rettifica del dato relativo alla data inizio sintomi e dello stato clinico dei casi già segnalati, avvenuta con il caricamento dati del 20 gennaio, con una corretta identificazione dei casi asintomatici da parte della Regione Lombardia, su loro richiesta, sono state ricalcolate le stime di Rt realizzate la settimana precedente”. In un’intervista a Repubblica, il presidente dell’Istituto, Silvio Brusaferro, è costretto a ribadire: “Sono stati loro a contattarci per chiedere di fare approfondimenti su alcuni indicatori. Gli abbiamo dato alcune informazioni assieme alla Fondazione Kessler”. Venerdì mattina, insiste Brusaferro, “hanno scritto una mail al ministero e all’Istituto per chiedere di ricalcolare l’Rt della settimana precedente. Ripeto: il ricalcolo ce lo ha chiesto la Regione Lombardia”. Le polemiche “non sono accettabili e non mi sono proprie – conclude il numero uno dell’Iss – L’Istituto è l’organo tecnico scientifico a servizio del servizio sanitario e dell’intero Paese”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/24/la-cronologia-dellerrore-sulla-zona-rossa-della-lombardia-i-9mila-casi-riclassificati-lrt-che-schizza-la-rettifica-e-le-polemiche-di-fontana/6076424/

Prescrizione e Bonafede: Renzi ci prova, ma rischia la scissione. - Giacomo Salvini

 

Lodo Annibali. Il 28 gennaio tornerà l’emendamento per lo stop alla riforma del guardasigilli: i ribelli renziani non sono d’accordo.

Il calendario, per il governo, non è stato fortunato. Non bastavano le dimissioni delle ministre di Italia Viva, la fiducia traballante al Senato (156 voti) e i “costruttori” che latitano. Il primo ostacolo del governo Conte senza i renziani è proprio sul tema che scatena da sempre gli appetiti delle opposizioni e di Matteo Renzi: la giustizia. E l’uno-due dei prossimi dieci giorni rischia di mettere ko il governo, tant’è che non si esclude l’ipotesi di un Conte ter prima di mercoledì. Quel giorno alla Camera e probabilmente giovedì al Senato si voterà sulla relazione del ministro Alfonso Bonafede sullo stato della Giustizia italiana e il 28 in commissione Affari Costituzionali a Montecitorio scade il termine per presentare emendamenti al dl Milleproroghe: qui il deputato di Azione Enrico Costa ripresenterà il “lodo Annibali” per fermare la norma sulla prescrizione introdotta con la legge Spazzacorrotti. I renziani non potranno non votarlo.

La relazione sullo stato della Giustizia di solito è una formalità: il Parlamento vota su risoluzioni a maggioranza semplice che vengono sempre approvate. Peccato che stavolta proprio contro Bonafede – tanto bistrattato da Renzi che avrebbe voluto sfiduciarlo già a maggio – potrebbe consumarsi la vendetta di Iv. Il ministro parlerà soprattutto di come spendere i 2,3 miliardi del Recovery Plan per assumere personale e snellire i processi, ma Luciano Nobili e il capogruppo al Senato Davide Faraone hanno già annunciato che il partito renziano voterà contro, insieme alla destra. Un voto tutto politico.

E, visto che anche i nuovi “responsabili” Riccardo Nencini, Sandra Lonardo (e forse l’ex berlusconiana Mariarosaria Rossi) in nome del “garantismo” potrebbero già disertare, il rischio che il governo vada sotto è concreto. Sfiduciare politicamente il ministro della Giustizia e capodelegazione del M5S avrebbe un effetto immediato: Conte salirebbe al Colle per dimettersi. Così è scattata la corsa contro il tempo per trovare “costruttori” che neutralizzino i renziani, ma non è detto che i giallorosa ci riescano. Rinviare la relazione non è possibile e anche l’idea di “rimettersi all’aula” (il governo non dà un parere per tenersi fuori dalla contesa) non sembra fattibile: il dato politico resterebbe. Intanto il voto al Senato potrebbe slittare a giovedì mattina: mercoledì alle 16 il ministro sarà alla Camera mentre il voto a Palazzo Madama dovrebbe tenersi qualche ora più tardi. La decisione spetterà alla conferenza dei capigruppo di martedì, dove Iv e la destra hanno la maggioranza.

Se alla Camera i numeri non sono un problema, al Senato sì: il governo si salverebbe solo nel caso in cui si materializzasse un cospicuo numero di responsabili o se i renziani decidessero di astenersi. In questo modo Renzi continuerebbe a trattare con il governo ma è un’ipotesi improbabile. Dal Pd sperano che appena il leader di Iv comunicherà il suo “no” a Bonafede, un gruppo di renziani potrebbe mollarlo: “Qualcosa da qui a mercoledì si muoverà” dice un pontiere dem.

Nel caso in cui il governo uscisse indenne dal voto di mercoledì, già giovedì si ripresenterebbe un altro ostacolo: alla Camera saranno presentati gli emendamenti del decreto Milleproroghe da convertire in legge entro l’1 marzo. E i renziani torneranno all’attacco sulla prescrizione: l’ex FI e passato con Calenda, Enrico Costa, ripresenterà il cosiddetto “lodo Annibali” (come la responsabile Giustizia di Iv Lucia Annibali) per spazzare via la riforma Bonafede entrata in vigore il 1° gennaio 2020 e rinviarla di un anno. I deputati renziani lo voteranno. L’emendamento era già stato presentato un anno fa nel Milleproroghe ma era stato bocciato: adesso, con l’uscita dal governo di Iv, in commissione Affari Costituzionali i giallorosa non hanno più la maggioranza.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/24/prescrizione-e-bonafede-renzi-ci-prova-ma-rischia-la-scissione/6076344/

A Rosarno la ‘ndrangheta sceglieva “candidato, programma e anche il simbolo”. - Lucio, Musolino

 

Nelle intercettazioni dell'Antimafia di Reggio Calabria il ruolo del dentista legato alle cosche: l'uomo che ha pilotato l'elezione del sindaco.

“Ce lo prepari un tavolo per otto?”. “Si… a nome di chi?”. “A nome di… Idà… futuro sindaco di Rosarno”. Mancano più di due mesi alle elezioni comunali nella cittadina della Piana di Gioia Tauro, ma il 30 marzo 2016 Francesco Pisano non ha dubbi che Giuseppe Idà sarà eletto sindaco di Rosarno, cosa che poi avverrà. Qualche giorno fa l’uomo è finito agli arresti domiciliari.

Per la Dda di Reggio Calabria, Pisano non è solo un semplice dentista che, negli anni novanta, è stato condannato per ‘ndrangheta nel processo “La mafia delle tre province”. Piuttosto è l’uomo a cui la cosca, conosciuta con il soprannome dei “diavoli”, ha affidato i rapporti con la classe dirigente politica. Per i pm, Pisano è “la parte più raffinata della consorteria”.

Un ruolo che l’inchiesta “Faust” ha riempito di contenuti nel capitolo sulle elezioni comunali di Rosarno per le quali Francesco Pisano ha scelto tutto: dal candidato a sindaco al programma elettorale passando per i discorsi dei comizi, la scelta del simbolo e pure quella dei candidati a consigliere.

“Siamo cercando di organizzare un gruppo… hai capito?”. Francesco Pisano detta la linea parlando con Enzo Idà, il padre del futuro sindaco Giuseppe, di Forza Italia, finito agli arresti domiciliari nell’operazione della Procura di Reggio Calabria.

“Aspettiamo a Mimmo Scriva, i River Boys, noi…quelli… C’è Franco La Rosa – dice l’esponente di spicco della cosca Pisano – Io sono qua in campagna. Telefonagli tu, digli se vuole venire che siamo qua… Glielo avevo detto pure a Gianni, a Ciccio Arruzzolo… ma non li ho rintracciati”.

Gianni Arruzzolo è il consigliere regionale di Forza Italia da poche settimane nominato presidente di Palazzo Campanella dopo l’arresto del compagno di partito Mimmo Tallini. Arruzzolo non è indagato ma quando “la moglie di tale Gioacchino” ha deciso di non candidarsi con la lista avversaria, Francesco Pisano chiama subito il padre del futuro sindaco chiedendogli di avvertire il consigliere regionale: “Lo puoi comunicare a Gianni, che è ufficialissimo”.

“Stiamo facendo il programma”. Pisano parla e i carabinieri annotano sul brogliaccio finito sulla scrivania del procuratore Giovanni Bombardieri, dell’aggiunto Gaetano Paci e dei pm Adriana Sciglio e Sabrina Fornaro. “Stiamo facendo una cosa snella, – sono le sue parole – però è una cosa che sappiamo solo noi per ora. Altrimenti ce la copiano”.

Dalle carte dell’inchiesta, il vero candidato a sindaco sembra Francesco Pisano. È lui che decide in nome e per conto di Giuseppe Idà, l’ex segretario giovanile dell’Udc passato a Forza Italia e messo a capo di una lista civica di fatto organizzata dalla ‘ndrangheta. Leggendo le intercettazioni del dentista, gli inquirenti distinguono il puparo dal pupo: “Allora io voto qua Idà e voto un candidato che è una persona perbene… un figghiolu pulituun figghiolu garbatu in tutti i maneri… certo un giovanotto che va plasmato”.

Ci pensa Pisano a plasmarlo a dovere, decidendo anche il simbolo della lista. Quando lo ha scelto glielo comunica a Idà: “Vedi che ti ho inviato un’immagine. L’hai vista?”. “Molto carino e originale”. “Per Mimmo va bene… vedi tu… ovviamente sottoposto anche all’attenzione di Gianni”.

Mimmo è Mimmo Scriva l’architetto che, stando alle indagini, la cosca Pisano ha fatto eleggere in consiglio comunale a Rosarno con l’intenzione di farlo nominare assessore ai lavori pubblici. Anche lui, come il sindaco Idà, è stato arrestato per scambio elettorale politico-mafioso.

Gianni, invece, è sempre il consigliere regionale di Forza Italia Gianni Arruzzolo. La sua voce non è stata mai intercettata dai carabinieri e per questo “gli investigatori – scrive il gip – evidenziavano l’anomala assenza di contatti diretti tra Pisano Francesco ed il consigliere regionale Gianni Arruzzolo”.

Ma la campagna elettorale deve andare avanti. Così come le intercettazioni dei carabinieri che registrano anche alcune scene imbarazzanti. Come quando il sindaco Idà chiede l’aiuto dell’esponente della ‘ndrangheta per l’occasione diventato consulente sulla correttezza grammaticale delle frasi da pubblicare su facebook: “Perché vorrei che tutti i rosarnesi siano orgogliosi giusto? È italiano? O fossero orgogliosi?”. “Fossero”. Il responso del dentista non è definitivo e il candidato che insiste: “Secondo te, grammaticalmente è sbagliato?”. “Non è neanche sbagliato, si può dire in un modo e in un altro”.

Oltre ai social, la campagna elettorale “dei diavoli” si fa per strada e con i comizi pubblici. Come quello del 31 maggio 2016 per il quale Idà non ha scritto nemmeno il testo del suo discorso. È lo stesso candidato in una telefonata ha confermare la circostanza: “Mi ha scritto l’intervento a me Cicciu u Diavulu ah, ce l’ho qua poi ce lo vediamo”.

Il giorno delle elezioni arriva e l’atteggiamento della ‘ndrangheta è quasi militare: “I referenti della cosca Pisano fornivano indicazioni ben precise ai candidati e ai rappresentanti di lista su come comportarsi nei seggi”.

C’è pure chi ha il compito di “recarsi presso elettori non meglio identificati, verosimilmente anziani o portatori di handicap, per accompagnarli a votare”: “Devo andare all’Inam mi disse u zio Ciccio… – afferma la nipote di Francesco Pisano – prendo e mi faccio fare il certificato… per zia Concettina e per Carmela”.

La tensione sale così come il dato dell’affluenza che fa aumentare il timore del sindaco Giuseppe Idà di vedere offuscata la sua immagine. Nel tentativo di allontanare da lui ogni sospetto, punta il dito contro i suoi avversari: “‘U nnacamentu’ ha votato a loro… se la mafia aiuta a loro”.

La realtà, per gli inquirenti, era un’altra. Il candidato della ‘ndrangheta, o quanto meno dei Pisano, era Giuseppe Idà e quei voti rappresentavano la cambiale da saldare alla cosca. Lo scrive il gip senza molti fronzoli: “L’esistenza dell’accordo di scambio politico-mafioso viene successivamente riempito anche di contenuto, soprattutto con riguardo alle modifiche ed approvazione del piano strutturale associato (PSA), che direttamente interessavano Pisano per la destinazione urbanistica di terreni che lo stesso aveva in precedenza acquistato assieme allo zio del candidato sindaco”.

“Un altro interesse di Pisano – si legge sempre nell’ordinanza di custodia cautelare – era quello per l’apertura del centro vaccinale a Rosarno, essendo desideroso che lo stesso venisse avviato in un immobile di sua proprietà”.

In un’intercettazione, il dentista mette le mani avanti: “Se si vincono le elezioni, probabilmente daremo battaglia per portare il centro vaccinale di nuovo a Rosarno… siccome io con Salvatore Barillaro (funzionario dell’Asp, ndr) sono amico…”.

La contropartita dei “diavoli” era ancora più ampia. Garantita la vittoria del sindaco Idà, quest’ultimo deve nominare il consigliere Domenico Scriva assessore ai lavori pubblici.

“La richiesta che facciamo, non è che è leggera, – dice il dentista già condannato per mafia – è pesante, però ce la devono dare… L’assessorato va per competenze… quindi… Vediamo se è possibile ‘quagghiare’ una cosetta…”.

La cosetta non “quagghierà” perché “la vittoria alle elezioni comunali – scrivono i magistrati – induceva il neo eletto sindaco, Giuseppe Idà, ad allontanarsi, almeno apparentemente, per ragioni di opportunità, dai suoi amici mafiosi”.

Per farlo, l’intenzione del primo cittadino era quella di “cucirsi addosso l’immagine di ‘paladino della legalità’”. L’occasione per smarcarsi dai clan è l’arresto, il primo dicembre 2016, del latitante Marcello Pesce detto “u ballerino”. Lo stesso giorno il sindaco dichiara alla stampa locale: “È l’ennesima dimostrazione che lo Stato vince sempre. La nostra terra sarà presto liberata dal giogo delle mafie. Esprimo a nome della città sentimenti di profonda gratitudine alle Forze dell’ordine per la brillante operazione eseguita”.

Carmine Pesce, detto “u sardignolo, non la prende bene e, davanti a Pisano, si lamenta dell’atteggiamento di Idà e difende il parente arrestato: “E che ti ha fatto questo a te? Che fai tutto il commento… o no? Mi ha fermato mia moglie… ti giuro, Gli ho detto, ora scrivo su facebook, che i voti… Dove si trova adesso il sindaco… Grazie a Carmelo Pesce che gli abbiamo raccolto i voti… lo faccio andare sotto inchiesta e in due minuti, lo buttano fuori…ma guarda che brutto cambio”.

Dieci giorni dopo, il sindaco trova una cimice dei carabinieri sulla sua Alfa Romeo. Fa fare una bonifica in un’officina e decide di non rimuovere la microspia ambientale. Il perché lo spiega il 14 dicembre nel suo ufficio: “Io vado da Sferlazza (procuratore di Palmi, ndr) dicendogli: ‘Procuratore, io ho scoperto di essere intercettato’… se vi decidete di intercettarmi fatelo perché non ho un cazzo da nascondere voglio dire, ma sono una persona onesta, ve lo dico e ve lo dimostro! Glielo mando per conoscenza anche a Cafiero de Raho (ex procuratore di Reggio Calabria, ndr)”.

In sostanza Idà aveva paura “di un possibile scioglimento del consiglio comunale” e questo ha creato qualche incomprensione con i “diavoli” Pisano a loro volta scontenti della iniziale presa di distanza del neo sindaco dopo la campagna elettorale del 2016. Ci sarebbe stata pure una “riappacificazione” con gli amici “mafiosi”, cercata dallo stesso Giuseppe Idà subito dopo la vittoria delle comunali. Il 10 giugno Letterio Rositano chiama lo zio Francesco Pisano per avvertirlo che Idà aveva sollecitato un incontro a cena: “Dice che vuole, per la settimana prossima vuole una cena con te e con me…dice io ho bisogno di parlare con Ciccio… voglio vedermi con Ciccio…e mi scuso che non l’ho chiamato, perché non l’ho chiamato”.

La cena ci sarà ed è un’altra intercettazione a confermarlo. Questa volta è Francesco Arruzzolo, il fratello del presidente del Consiglio regionale, che chiama il dentista Pisano per digli che il sindaco e suo padre sono già arrivati: “Ti stavo chiamando… vieni a casa mia per favore che siamo qua dai”.

Era il 22 giugno 2016 e da allora sono passati quattro anni e mezzo nel corso dei quali l’avvocato Giuseppe Idà, eletto con i voti della ‘ndrangheta, non ha mai smesso di essere il sindaco di Rosarno.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/21/a-rosarno-la-ndrangheta-sceglieva-candidato-programma-e-anche-il-simbolo/6072567/

Vomito, ergo sum. - Marco Travaglio

 

A chi non si capacita che questo centrodestra, con tutto quel che ha fatto e ha detto, sia in cima a tutti i sondaggi, segnaliamo gli ultimi capolavori della cosiddetta informazione. La giunta Fontana&Moratti invia all’Iss dati sballati sui contagi in Lombardia, che finisce in zona rossa per una settimana, con danni stimati in 600milioni per le attività produttive. Roba da chiedere i danni e i ristori non al suo governo, ma agli incapaci del famoso “modello lombardo” targato Lega-FI-FdI. Titoli sui giornali di destra contro Fontana&Moratti? Zero. Repubblica parla affettuosamente di “pasticcio”, poi intervista la Moratti per un’intera pagina piena di balle. Titolo del Corriere: “La Lombardia torna arancione. Dati errati” (da chi?), “tensione esecutivo-Regione” (chi ha sbagliato? Boh). La Stampa è ancor più gentile: “Scontro fra Palazzo Chigi e Fontana”, “Fra Roma e Milano la guerra dei numeri” (giusti quelli di Roma, sbagliati quelli di Milano, ma fa niente). Insomma, pari e patta. Immaginate se l’errore l’avesse commesso la Raggi: edizioni straordinarie in formato 60 per 30. Come quando la Raggi fu indagata per abuso e falso: decine di prime pagine e titoloni cubitali. Ora il Fatto scopre che per abuso e falso è indagato Zingaretti. Ma non si deve sapere. Corriere: 7 righe a pag. 10. Repubblica: 9 righe a pag. 3. Messaggero: due colonnini in cronaca locale a pag. 40. Stampa: zero tituli. Del resto mica è un grillino.

Alla fine del 2019 nasce Italia Viva, fondata dallo Scilipoti di Rignano sull’Arno, che la riempie di 48 Razzi: tutti eletti nel Pd, nel M5S,in FI, nell’Udc. Trasformismo? No, si chiama riformismo. Ora che qualcuno è tentato di tornare nel Pd per rispetto a chi l’ha votato, è un voltagabbana (la camerata Polverini era riformista quando l’Innominabile la voleva in Iv: ora che vota il governo è di nuovo fascista e naturalmente trasformista). Stesso scippo, ma in miniatura, da Calenda: iscritto al Pd dopo Confindustria, Montezemolo e Monti, si fa eleggere eurodeputato a 16-19 mila euro al mese, poi esce per fondare Azione con un deputato e un senatore, entrambi voltagabbana: l’ex FI Costa e l’ex Pd Richetti. Ma neppure questo è trasformismo: è riformismo. In questi tre anni di legislatura il M5S ha perso 16 senatori e 47 deputati, fra espulsi per regole violate e fuoriusciti per dissensi vari: tutti avevano sottoscritto l’impegno a non cambiare mai gruppo e, nel caso, a versare una multa di 100 mila euro e a dimettersi da parlamentari, ma nessuno l’ha fatto; alcuni si sono fermati nel Misto, altri han traslocato in Lega, FdI, Pd, Iv, persino FI; e ovviamente si tengono tutti lo stipendio pieno, senza più obblighi di “restituzioni”.

Nessuno di loro viene bollato come voltagabbana, anzi il titolo fisso dei giornaloni è contro chi resta (“i 5Stelle perdono i pezzi”, “esodo biblico”, “fuga di massa”, “finiti”, “morti”): ora i trasformisti sono i Ciampolillo che votano con chi li ha portati in Parlamento. Da quando esistono i 5Stelle, i giornaloni ripetono che, per rimediare alle loro vittorie elettorali, il Pd deve allearsi con FI, cioè con B. Che, da pregiudicato pluriprescritto plurindagato plurimputato in conflitto d’interessi, diventa moderato, liberale, europeista, antipopulista e riformista (massì, abbondiamo). Infatti il Pd si allea con lui nei governi Monti e Letta e con pezzi di FI (tra i peggiori: Alfano e Verdini) nei governi R. e Gentiloni. Trasformismo? Macché, riformismo. Intanto una condanna prescritta in Cassazione dichiara B. corruttore di senatori: 10-20 righe, non di più, su tutti i giornali. Ora da FI si staccano la Polverini e l’ex badante Mariarosaria Rossi per votare la fiducia al governo, senza un euro in cambio. Apriti cielo: titoloni scandalizzati su tutti i media.
In tre anni di legislatura, 136 parlamentari hanno cambiato casacca per un totale di 150 casi (alcuni hanno voltato più gabbane), trovando ospitalità in tutti i partiti tranne i 5Stelle (che rifiutano l’adesione agli ex di altri partiti): avete mai letto qualche articolo indignato contro i partiti (tutti tranne uno) che premiano i trasformisti, anziché sbarrare loro le porte? Il trasformismo è un’ottima accusa da lanciare selettivamente contro il nemico di turno: cioè contro Conte, che difende il governo in piena pandemia dallo scilipotismo renziano appellandosi (per ora invano) ai 100 ex 5Stelle ed ex Pd perché rispettino la volontà dei loro elettori. Se anche in dieci ricordassero chi e perché li ha mandati al Senato, non sarebbero trasformisti, farebbero un raro atto di coerenza. E non servirebbe neppure un voltagabbana ex FI o ex Udc. Mercoledì Alfonso Bonafede, uno dei migliori ministri della Giustizia mai visti, spiegherà perché ha chiesto e ottenuto 2,75 miliardi anzichè gli iniziali 750 milioni di Recovery Plan per la giustizia: 16mila nuove assunzioni, processi più rapidi, digitalizzazione degli uffici, nuove carceri, ampliamento e ammodernamento di quelle esistenti in perfetta linea con le richieste dell’Ue. Dovrebbero votare tutti a favore, maggioranza e opposizione. Invece tutto il centrodestra, incluse Iv e Azione, voteranno contro per fargli pagare il blocco della prescrizione, peraltro promesso a suo tempo anche dal Pd e dall’Innominabile. Chi è stato eletto nel Pd sa benissimo che i suoi elettori voterebbero sì. Ma se qualcuno di Iv si azzarderà a essere coerente, passerà per voltagabbana. Vomitate, gente, vomitate.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/24/vomito-ergo-sum-2/6076323/

MERCOLEDI' GRASSO? - Rino Ingarozza


Ho già detto che, secondo me, tutta la strategia per far cadere Conte, si è decisa a Rebibbia subito prima di Natale, quando c'è stata la processione per andare a trovare il pregiudicato Verdini.

Ci sono tanti interessi in gioco. Tantissimi.
Ci sono le cariche pubbliche da rinnovare, processi da prolungare, gestione del recovery, elezione del Presidente della Repubblica, giornali che perderanno tutto il finanziamento pubblico e quindi si deve intervenire. Confindustria che chiede la sua abbondante fetta.
I Benetton, gli Agnelli, gli Angelucci da accontentare.
Ritornare al vecchio. La spartizione delle risorse. Un po' a me e un po' a te. Le mazzette (ma immaginate che potere si ha con 220 miliardi di euro in mano?)
Cantieri a vita persa di opere inutili e che non vedranno mai la fine. Un contentino milionario all'amico (dietro onerosa ricompensa), uno all'amico dell'amico (quanto devo?)
Venghino signori, venghino ..fatevi avanti ma non spingete, ce n'è per tutti.
Questa è la prospettiva. E volete che ci rinuncino? Sai quante telefonate in corso? Sai quante pressioni? Sai quante promesse?
Dicono che le pressioni le stia facendo anche Conte. Loro, lo dicono. Ma, onestamente, voi ce lo vedete Conte, che sa che ha il mitra puntato (in attesa di un errore che da due anni e mezzo non ha ancora commesso), prendere il telefono e chiamare un Senatore di Italia viva (grazie all'ossigeno) o di Forza Noi (dell'Italia chi se ne frega?) O della Lega ladrona? Possibile che ancora non hanno capito che il Presidente Conte ha un'integrità morale come nessuno? Chi ha dimostrato una certa abilità in queste cose, si sa benissimo da che parte stia.
E hanno una fretta tremenda di fare cadere il Governo. Hanno una fretta tremenda di relegare all'angolo quei rompiscatole dei 5 stelle. Quei grillini scassacaxxi. Hanno fretta per modificare e scrivere ex novo il recovery plan ma anche perché e, non c'è ancora nessuno che ne abbia parlato, se non buttano giù il Governo adesso, c'è il rischio di arrivare al semestre bianco. Per i pochi che non lo sanno, il semestre bianco è l'ultimo periodo (sei mesi, appunto) della Presidenza della Repubblica. Semestre bianco che avverrà da metà Luglio sino all'elezione del nuovo Presidente della Repubblica.
Perché è importante non arrivare al semestre bianco? Semplice, perché durante questo periodo, il Capo dello
Stato non può sciogliere le camere e quindi non si può andare al voto.
È più chiaro, adesso, il loro disegno?
Cosa accadrà mercoledì....... boh e chi lo sa.
Mr. Bean 2 (o, se preferite, rospo Bean) ha già detto che voterà no alla relazione sulla giustizia di Bonafede. E voterà no, senza averla letta. Pensate che paura deve avere, per sé e per i suoi genitori. Ne ha talmente paura che, pur di non farla passare, rischia di mandare l'Italia alle elezioni e, quindi, decretare la propria morte politica. Ma tanto, evidentemente, qualcosa gli avranno offerto, all'Hotel Rebibbia.
Credo che le sorti del governo dipendano dai Senatori di Italia viva (grazie all'ossigeno). Cosa faranno?
Certamente decideranno autonomamente. Mr. Bean 2 e' riuscito nell'intento di indisporre anche molti di loro. E la Bellanova non si spiega l'odio verso di lui.
Il loro voto dipenderà più da eventuali "offerte riparatrici" esterne, che dagli ordini di scuderia.
Vedremo.
Come ho già detto altre volte, mal che vada si va ad elezioni anticipate. Non muore mica nessuno ...almeno fisicamente. Discorso diverso per il recovery .... .speriamo che l'Europa non perda la pazienza.
E non è detto che vincano loro.
Certo, loro hanno una bella batteria di "fregnacciari" di "raccontaballe" di
"Imboccapopolo", tra giornali e TV.
Una sfilza di giornali e televisioni che, come ho già avuto modo di scrivere, andrebbero denunciati per vilipendio all'intelligenza umana.
Tanto che hanno fatto credere ai lombardi (ovvio, non a tutti) che, il fatto di essere stati in zona rossa, è colpa del Governo e non di Fontana che ha fornito i dati che prevedevano la chiusura. Salvo poi dire "ops mi sono sbagliato, i dati non erano giusti". Però voi prendetevela con Conte e con Speranza. E volete che Selfieman non diceva la sua? ("Il Governo deve pagare i danni"). Pur sapendo di chi fosse la colpa (perché se non lo sa è proprio un deficiente). Ma poi con quella frase è come se si stesse rivolgendo ad un paese straniero. Un paese straniero a cui chiede di risarcire la Padania. C'è poco da fare, l'indole è quella.
Il problema è che i lombardi ci hanno creduto. Praticamente è come se un paziente avesse detto al proprio medico di avere febbre a 42 e il medico gli avesse "ordinato" di ricoverarsi, scoprire che il paziente non ha saputo leggere il termometro e dare la colpa di ciò al medico, che gli ha detto di ricoverarsi. Novelli giuristi.
Credono a tutto, c'è poco da fare. D'altra parte non hanno chiesto conto a Fontana nemmeno della commissione dei camici al cognato e alla moglie .......colpa di Conte e della Raggi, ovviamente.
Ce l'ha detto Salvini.
Credo che, le eventuali elezioni, saranno una sorta di censimento politico ma soprattutto morale.
Capiremo quale ltalia gli italiani vorranno. L'Italia del bene comune, della solidarietà, dell'accoglienza, e del rispetto reciproco. L'Italia della convivenza civile e dell'amicizia con gli altri paesi democratici del mondo.
L'Italia dell'uguaglianza. Oppure l'Italia della Confindustria, delle banche, dei Benetton. L'Italia delle diseguaglianze. L'Italia dell'insofferenza, dell'odio per il diverso. L'Italia dell'isolamento mondiale. L'Italia come l'Ungheria
di Orban o l'America di Trump. L'Italia dei ricchi e dell'isolamento dei poveri.
L'Italia di Conte o dell'accoppiata Salvini-Meloni.
Certo, sarà singolare spiegare ai posteri il perché cadde il Governo Conte.
--Cadde sulla giustizia.
--Perché, voleva scarcerare i criminali?
--No, voleva che i criminali finissero in carcere.

sabato 23 gennaio 2021

E insomma anche questo Bonafede!! - Viviana Vivarelli

 

E leva la prescrizione!
E lascia le intercettazioni!
E metti la legge spazzacorrotti!
E rimetti in carcere i mafiosi liberati!
E velocizza i processi penali! E difendi le vittime domestiche! E vuole pure riformare il CSM! E processi più veloci ed efficienti! E non se ne può più....!

Vuoi mettere i bei tempi quando alla Giustizia c'erano Conso, Bondi, Mancuso o i meravigliosi Castelli, Mastella, Alfano, Nitto Palma!
Quelli sì che erano dei gran bei Ministri della Giustizia!

C'era molta più allegria nel Paese.

Sai mafiosi o corrotti quanto ridevano!
Ma ve lo ricordate quando Maroni raccoglieva le firme su Libero per protestare contro chi diceva che c'era la mafia in Lombardia?? Uno spasso!
Ma povero amore, anche Maroni, il tastierista, che fine avrà fatto?

Quando poi portava le scope verdi! 🙂 Che ridere!! Ora Salvini i mafiosi nel suo partito con cosa li spazza? Con la ruspa?

Viviana Vivarelli 

https://www.facebook.com/photo?fbid=4252750138073251&set=a.107740685907571

Ue: piano ad aprile, riforme e task force per controllare. - Salvatore Cannavò

 

Le nuove “istruzioni” sconfessano le critiche di Renzi e stampa. L’Europa vuole “soggetti specifici” per garantire sui fondi.

Dietro la “bufala” dei ritardi italiani sul Recovery fund si gioca una partita molto più seria e delicata che riguarda il tipo di “riforme” che l’Italia è chiamata a realizzare e le garanzie che l’Europa richiede per sborsare prestiti e sovvenzioni. Lo si legge chiaramente nelle nuove Linee guida (Guidance to member States Recovery and Resilience plans) che la Commissione europea ha licenziato ieri.

Ritardi immaginari. Quanto ai ritardi, il testo non lascia spazio a equivoci: il termine per presentare i piani nazionali di Ripresa e resilienza è fissato al 30 aprile. Solo il prossimo 9 febbraio, poi, tra l’altro, è prevista l’approvazione definitiva da parte del Parlamento europeo del Regolamento sulla governance del Recovery e Resilience Facility, il cuore del Next Generation Eu. Il regolamento è stato approvato dalla commissione Bilancio del Parlamento europeo lo scorso 12 gennaio e ora si attende il voto finale dell’aula e la deliberazione del Consiglio.

Il problema dei ritardi, tra l’altro, sta da un’altra parte e non riguarda l’Italia. Essendo parte integrante del Bilancio europeo e ricorrendo allo strumento delle “risorse proprie”, perché la Commissione possa raccogliere i fondi necessari serve la ratifica dei 27 Paesi della Ue. Ma solo Croazia, Cipro e, guarda un po’, Italia, l’hanno realizzata. La Germania ce l’ha in calendario il 9 aprile, la Spagna ancora non ha fissato una data.

Riforme necessarie Le Linee guida diffuse ieri, invece, lasciano intendere che la Commissione ha a cuore soprattutto i piani di riforma. In tal modo si mantiene la presa sugli Stati nazionali che, in cambio delle cospicue risorse, devono garantire riforme come, ad esempio, “quella delle pensioni, del mercato del lavoro” e in generale quelle “essenziali per garantire l’attuazione efficiente ed efficace degli investimenti” e in grado di garantire un uso improprio dei finanziamenti. Quindi “strategie anti-corruzione, anti-frode e anti-riciclaggio, amministrazione pubblica efficace, efficacia dei sistemi giudiziari e Stato di diritto”. L’indicazione delle riforme è generalizzata, vale per tutti: rispetto alla precedente formulazione, infatti, dalle Linee guida è scomparsa la frase “in alcuni casi” ed è stato aggiunto un paragrafo che impone di segnalare le riforme nel Facility plan.

Controlli specifici Le Linee guida sanciscono ancora che ogni Paese deve individuare degli specific actors, dei soggetti specifici responsabili di controlli “sufficientemente robusti per proteggere gli interessi dell’Unione” ed evitare “frodi, corruzione e conflitti di interessi”. I dispositivi di controllo saranno valutati e se considerati “insufficienti” bloccheranno l’erogazione dei fondi. I “soggetti specifici”, devono avere “capacità amministrative” e “poteri legali”. La preoccupazione del governo di definire una struttura ad hoc non era quindi un vezzo autoritario del premier Giuseppe Conte, ma rispondeva a una precisa richiesta dell’Ue. Così come la centralità che nella prima bozza, pesantemente attaccata da Matteo Renzi, aveva il capitolo Giustizia, rispondeva a una chiara priorità.

Ritardi effettivi In realtà il ritardo è stato provocato proprio da Renzi, che dal 7 dicembre ha messo in mora ogni progresso. Ieri il presidente del Consiglio ha dato seguito a quanto annunciato in Parlamento convocando i sindacati per discutere della bozza e poi anche le associazioni degli agricoltori. Un primo giro di tavolo in cui ogni associazione mette l’accento sulle proprie priorità. Oltre ai confronti sociali, però, l’attenzione è rivolta al Parlamento. Le audizioni potrebbero iniziare venerdì prossimo, 29 gennaio, e concludersi all’inizio della prima settimana di febbraio per poi passare alle relazioni da approvare in aula intorno a metà febbraio e forse anche più in là. A quel punto il Piano sarà inviato alla Commissione. Crisi di governo permettendo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/23/ue-piano-ad-aprile-riforme-e-task-force-per-controllare/6075696/