lunedì 26 luglio 2021

Green pass e Pil, cosa rischia l’Italia se rallenta la campagna vaccinale. - Dino Pesole


 










Le prospettive per l’economia italiana restano incoraggianti ma la ripresa va protetta dai rischi legati alla circolazione delle varianti e dalla frenata delle prime dosi. È prioritario evitare nuovi provvedimenti restrittivi in autunno.

Le prospettive per l’economia italiana restano incoraggianti, tanto che la Banca d’Italia fissa l’asticella per il Pil del 2021 al 5,1%, contro il 4,5% previsto dal governo in aprile, ma non si possono sottovalutare le incognite, che ancora una volta hanno a che fare con la ripresa dei contagi e con l’andamento della campagna vaccinale.

L’attenzione è ora tutta sul “Green pass”.

Approvato in Cdm il decreto su Green pass e nuove restrizioni anti-contagio, scatterà l’obbligo anche in zona bianca di presentare la certificazione verde per spettacoli, viaggi, sport. Una scelta resa necessaria dall’andamento dei contagi, con il chiaro intento di prevenire fin d’ora che in autunno si debba ricorrere a nuovi provvedimenti restrittivi che avrebbero immediate conseguenze sull’economia, ponendo a serio rischio la ripresa. La variante Delta del virus va contrastata con decisione, come mostrano i dati della capitale che ha visto quintuplicarsi i contagi in seguito ai festeggiamenti seguiti alla vittoria della nazionale italiana di calcio ai campionati europei dello scorso 11 luglio.

Il problema è che si è in presenza di un pericolo reale, e come ha spiegato la commissaria europea per la salute e la sicurezza alimentare, Stella Kyriakides la variante Delta sarà dominante a fine agosto, e dunque occorre potenziare al massimo la campagna vaccinale che resta l’unico strumento a disposizione per evitare una nuova ondata dei contagi.

Cosa rischiamo se frena la campagna vaccinale?

Il calcolo è presto fatto. Senza green pass e senza un’accelerazione della campagna vaccinale che conduca in autunno all’immunizzazione di gran parte della popolazione, il Governo sarebbe costretto a ricorrere a nuove chiusure, a imporre nuovi limiti alla libertà di circolazione delle persone in coincidenza peraltro con l’avvio dell’anno scolastico.
Gli effetti della variante Delta, peraltro, si sono già evidenziati sul fronte delle prenotazioni con un impatto sull’andamento della stagione turistica. Il turismo è fondamentale per la ripresa, poiché contribuisce per il 13% al Pil.

L’incertezza resta elevata - ha avvertito il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco - e la vaccinazione sta senz’altro contribuendo alla ripresa economica. Potremmo cedere sul terreno decimali, se non punti di Pil, ed è un rischio che va assolutamente scongiurato. Nella situazione fotografata dalla Commissione europea nelle sue recenti stime macroeconomiche del 7 luglio, il Pil del nostro Paese crescerebbe del 5% quest’anno e del 4,2% il prossimo, a patto però che si prosegua a ritmo incessante nella campagna vaccinale.

Pil e riforme.

Arginare l’avanzata della nuova variante del virus è del resto precondizione indispensabile per preparare il terreno (anche in termini di inversione delle aspettative e di ripristino del clima di fiducia di cittadini e imprese) perché le riforme in agenda possano dispiegare a pieno i loro effetti.
Nessuna riforma, anche la migliore e ben strutturata, può produrre risultati nel breve e medio periodo, se non si inserisce in un contesto economico e sociale in grado di valorizzarne a pieno le potenzialità.
Sulla riforma della giustizia, restano distanze all’interno del Governo (in particolare da parte del Movimento 5 Stelle) per quel riguarda i contenuti delle norme approvate lo scorso 9 luglio dal Consiglio dei ministri (la maggior parte degli emendamenti presentati finora si concentra sul tema caldo della prescrizione).

Ma entro fine luglio dovrebbero vedere la luce anche il disegno di legge delega sulla riforma fiscale e la nuova legge sulla concorrenza. Una road map molto impegnativa, che il presidente del Consiglio Mario Draghi giudica indispensabile per accedere non solo ai primi fondi in arrivo dall’Europa (pari a circa 25 miliardi) ma soprattutto le tranche successive del Next Generation Eu.

In Europa si corre ai ripari

Dalla Francia all’Olanda e alla Spagna, è corsa al green pass per salvare le economie dalle conseguenze di nuovi provvedimenti restrittivi. Se si andasse verso nuove chiusure in piena estate, ne pagherebbe le conseguenze il Pil dell’eurozona in primis, e a cascata anche la nostra economia.
Le stime della Commissione prevedono che l’Unione europea possa tornare ai livelli di crescita antecedenti all’esplodere della pandemia entro la fine del 2022. Ma è evidente che in autunno anche la stima per l’Italia dovrebbe essere rivista al ribasso se fosse necessario varare nuovi provvedimenti restrittivi.

Una certa aleatorietà è insita in tutte le previsioni, ma in questo caso lo scarto tra le stime formulate finora e lo scenario che potrebbe determinarsi in autunno resta ampio. Per la nostra economia ciò significherebbe allungare i tempi per un pieno recupero dei punti di Pil persi nel 2020 (8,9%), con un impatto evidente sul versante dell’occupazione. Ecco perché occorre non solo ricorrere a tutti gli strumenti a disposizione per incrementare il numero delle somministrazioni del vaccino (con annesso il green pass) ma anche attivare una campagna informativa a tappeto che sintetizzi un semplice concetto: la libertà di non vaccinarsi ha dei costi e va tutelata la libertà di non essere infettato da parte di chi si è vaccinato o si accinge a farlo.

IlSole24Ore

EPPUR SI MUOVONO. - Rino Ingarozza

 

Ho visto i filmati, i reportages delle manifestazioni contro il green pass.
Ascoltando i partecipanti nei vari filmati e nelle poche interviste (l'intervistatore di Fanpage è stato offeso ripetutamente e malmenato)
ho capito che più che per il green pass protestavano contro il vaccino.
Protestavano al grido "'originale" di dittatura sanitaria e libertà libertà. Termini veramente originali.
Facendo un po' di cronistoria e partendo dall'inizio abbiamo visto più volte la gente in piazza e man mano le motivazioni cambiavano, venivano aggiornate, con molta confusione, direi.
E allora siamo passati da
"È tutto studiato per far fuori i cinesi"
a "Sono stati i cinesi per far fuori l'occidente"
a "Vogliono dimezzate la popolazione mondiale" a "Vogliono introdurci un microchip per controllarci" (giuro, l'ho sentito più volte) a "Non ce n'è coviddi" a "'è solo un raffreddore" a "la mascherina non serve a niente" a "ci vogliono tenere chiusi in casa"
"Si sono inventati il covid per favorire le case farmaceutiche che producono il vaccino" a "Non si sa cosa c'è dentro il vaccino".
E quindi abbiamo avuto i "no covid"
i "no masch" i "'no vacc" i "no chiusur" i "no apertur" i " no lockdown" i "no green pass" i "'no dittatur sanitar" i "no qualsias cos".
Bene, intanto credo che bisogna fare i complimenti a questi manifestanti perché sanno di tutto. Sanno di medicina (in modo particolare di epidemiologia), sanno di servizi segreti, di strategie, di vaccini, di cure, di politica, ma anche di moda, di cucina, di cinema, di calcio. Sanno di tutto.
Credo che manifestare il proprio dissenso sia una cosa assolutamente lecita e doverosamente accettabile. Quello però che non è accettabile è la protesta comunque. La protesta contro le misure per il covid. Solo e soltanto per il covid. Anche con motivazioni contrastanti tra loro, o, permettetemelo, alcune alquanto ridicole.
Ma voglio anche sorvolare sulle motivazioni, però mi nasce spontanee una domanda, per questi signori:
- in Italia abbiamo avuto le pensioni baby (per alcune categorie privilegiate), la continua crescita del debito pubblico, numerosi condoni per evasori e furbetti vari, aumenti notturni di emolumenti per i Parlamentari nazionali, consiglieri regionali e comunali. Abbiamo avuto Governi disastrosi, aumenti continui dell'età pensionabile, innumerevoli politici colti con le mani nella marmellata, addirittura mafiosi certificati. Abbiamo avuto Berlusconi, Monti, Fornero, Renzi ed ora Draghi. Abbiamo avuto persone che bruciavano il tricolore, che offendevano un popolo, odiatori seriali. Abbiamo avuto e abbiamo pennivendoli venduti che raccontano le loro verità ('quelle che fanno comodo ai loro padroni) e non le verità.
Abbiamo gente che siede in Parlamento da venti trent'anni. Abbiamo avuto Parlamenti che hanno ignorato un voto popolare sul finanziamento pubblico ai partiti, cambiandogli solo il nome.
Abbiamo avuto un personaggio che ha tolto la massima garanzia per i lavoratori e cioè l'articolo 18. Lo stesso personaggio che ha "spergiurato" di abbandonare la politica, in caso di sconfitta nel referendum da lui indetto.
Abbiamo avuto continui aumenti ingiustificati di tutto.
Abbiamo avuto aumenti e ripristini di vitalizi ai condannati.
Tentativi di immunità per le loro porcate.
Abbiamo avuto tutto questo e molto altro.
Allora la domanda è:
DOVE ERAVATE?
Tutti il lockdown? In perenne "'e a me che me ne frega?"
Eppur si muovono.
Rino Ingarozza (26/04/2021 FB)

sabato 24 luglio 2021

L'assessore Adriatici in località segreta, un teste: ha mirato e sparato. -

Piazza Meardi, il luogo in cui l'assessore alla sicurezza Massimo Adriatici ha sparato ad un uomo davanti al bar Ligure uccidendolo, Voghera

Proposta del Pd per maggiori controlli sulla detenzione delle armi.

L'assessore alla Sicurezza di Voghera Massimo Adriatici, non si trova più nella sua abitazione, dove è ai domiciliari per l'uccisione di un cittadino marocchino di 38 anni, Youns El Boussetaoui. La decisione di portarlo in un luogo segreto , a quanto si è saputo, è avvenuta su richiesta della difesa in quanto su alcuni social sono apparse immagine dell'abitazione dell'uomo politico.

L'uomo di cui i legali dei famigliari di Youns El Boussetaoui hanno depositato la testimonianza era già stato sentito dai pm e dai carabinieri mercoledì scorso.

Nella sua testimonianza afferma di aver visto il politico prendere la mira e sparare. Agli inquirenti però, a quanto si apprende, non aveva riportato questa circostanza.

Intanto il gip di Pavia ha convalidato l'arresto dell'assessore alla Sicurezza del Comune di Voghera Massimo Adriatici confermando, per l'uomo politico, gli arresti domiciliari. Adriatici è accusato di eccesso colposo di legittima difesa.

Nell'ordinanza con cui conferma i domiciliari il gip di Pavia scrive di "pericolosità dell'indagato" intesa come attitudine a "porre in essere reazioni sovradimensionate nel caso in cui si trovi in situazione di criticità". "Ciò che si vuole evidenziare è che lo stesso Adriatici ha dichiarato di aver estratto la pistola dalla tasca in un momento in cui era ancora lucido e consapevole delle proprie azioni", scrive il gip nell'ordinanza visionata dall'ANSA.

Più controlli sulla detenzione di armi da fuoco e per il rilascio e il rinnovo della licenza di porto d'armi. E' quanto prevede una proposta di legge depositata dal deputato Pd Walter Verini alla Camera, con firme di deputati Pd, M5s, Iv e Leu. Il testo, presentato prima dei fatti di Voghera e visionato dall'Ansa, è di 4 articoli e prevede che sia una commissione medica a rilasciare un certificato di idoneità psicofisica alla richiesta e al rinnovo del porto d'armi, con revoca per "segni anche iniziali di disturbi psico-comportamentali". Aumenta i controlli sulla vendita ed estende gli obblighi di comunicazione ai familiari.

Massimo Adriatici è "persona stimata e rispettata in città di cui abbiamo apprezzato il lavoro di questi mesi,". Lo ha scritto il sindaco Paola Garlaschelli in una lettera agli abitanti della cittadina pavese parlando della "tragedia che si è consumata" e della "strumentalizzazione mediatica che hanno assunto fatti che la magistratura è stata chiamata a chiarire". "Sono giorni difficili per la nostra comunità - scrive il sindaco nella lettera aperta -. Siamo increduli per la tragedia che si è consumata, scossi dal clamore che ha investito la nostra città e dalla strumentalizzazione mediatica che hanno assunto fatti che la magistratura è stata chiamata a chiarire. E' successo qualcosa di molto grave che inevitabilmente ci induce a riflettere profondamente. E' morta una persona in circostanze drammatiche e un assessore della mia giunta, persona stimata e rispettata in città, di cui abbiamo apprezzato il lavoro di questi mesi, è stato travolto da un fatto tragico. Non sta a noi giudicarne le responsabilità o le colpe. Insieme ai colleghi della giunta ed ai consiglieri di maggioranza ho ritenuto che un rispettoso silenzio fosse in questi giorni la scelta più saggia".

"Indagare, ricostruire i fatti ed emettere sentenze non è compito di chi amministra la città, anzi - aggiunge Garlaschelli - rischierebbe solo di complicare il lavoro delle forze dell'ordine e della Magistratura, che stanno lavorando con grande impegno per accertare le responsabilità dell'accaduto. Voghera è una città oggi ferita come lo siamo noi tutti. Ho il dovere di difenderla e di descrivere la realtà, che è ben diversa da quella che sta emergendo". 

ANSA

Luca Bernardo, la denuncia: “Il medico candidato col centrodestra a Milano gira armato in ospedale”. Lui: “Di notte, mai in corsia. Querelo”.

 

Il consigliere regionale lombardo di + Europa - Radicali a Repubblica: "Non è un pettegolezzo: è una cosa nota nel mondo della pediatria milanese". L'interessato prima smentisce poi, interpellato dai giornalisti, cambia versione: "Se la notte rimango in ospedale, visto che sono stato minacciato, mi è capitato di portarla".

“Un candidato sindaco che va in giro armato non mi sembra un dettaglio insignificante. Aggiungerei: il candidato sindaco di una città di 1,4 milioni di abitanti. Io credo che Bernardo abbia il diritto e il dovere di chiarire”. Sono accuse pesanti quelle che Michele Usuelli neonatologo e consigliere regionale lombardo di + Europa – Radicali ha mosso a Luca Bernardo, primario di pediatria all’ospedale Fatebenefratelli ed esperto di bullismo in corsa per la poltrona di primo cittadino di Milano per il centrodestra, dalle colonne di Repubblica.

Accuse che però l’interessato respinge al mittente, minacciando querele. Anche se sulla questione ha dato due versioni diverse. “Ho il porto d’armi da 10 anni come tutti i medici”, ha dichiarato. E se in un primo momento, interpellato dall’Adnkronos ha smentito di essere “mai entrato in corsia con un’arma” e di averla “mai portata addosso”, intervenendo a margine di un evento a Milano, ha ammesso: “La pistola non l’ho mai portata in corsia in mezzo ai bambini. Sono sicuro al 100%. Se qualcuno mi ha visto vada in procura con le fotografie. Io sono entrato con l’arma in ospedale, l’ho avuta addosso, ma mai in corsia e mai quando giro o sono dentro con i pazienti. Ci mancherebbe altro. Significa che se la notte rimango in ospedale, visto che sono stato minacciato, mi è capitato di portarla, ma mai in corsia ne mai succederà. La tengo addosso, rimango nel mio studio e non visito”. L’ultima volta che ha portato la pistola in ospedale, risale a “diversi mesi fa”, ha detto. “Sinceramente non ricordo, non è la mia compagna di vita, la mia compagna di vita è mia moglie. Attualmente è in cassaforte da tanto tempo, anche perché al momento non ho necessità di portarla. L’arma è in cassaforte e lì rimane”. Il porto d’armi, ha ribadito Bernardo, “l’ho fatto perché, come alcuni altri medici, ho avuto problemi con alcuni pazienti che a volte possono essere instabili e alcuni miei colleghi sono stati uccisi da pazienti. Per fortuna io sono qui vivo, vegeto e candidato al Comune”.

A sollevare il caso è stato appunto il consigliere regionale di +Europa. “Gira con la pistola. Anche in ospedale, anche in reparto”, ha dichiarato a Repubblica. Aggiungendo che “non è un pettegolezzo: è una cosa nota nel mondo della pediatria milanese. Quando un primario entra in reparto ha addosso gli occhi di tutti”. Usuelli ha quindi chiesto spiegazioni e rassicurazioni a Bernardo, con il quale ha ricordato di aver lavorato insieme in gioventù: “È il più giovane primario che abbia mai conosciuto. Quando diventi primario così giovane i casi sono due: o sei un genio o hai costruito rapporti che ti hanno aiutato. Di Bernardo conosco pregi e limiti”. Quindi ne ha sottolineato la capacità di tessere relazioni che lo avrebbero aiutato con i finanziamenti per l’ammodernamento del suo reparto.

Ma la vicenda – soprattutto dopo che l’assessore leghista alla Sicurezza Massimo Adriatici a Voghera ha sparato e ucciso con la pistola che portava con sé in piazza Youns El Boussetaoui – ha scatenato commenti e scambio di accuse fra centrodestra e centrosinistra. Tra le prime a commentare c’è stata la deputata lombarda del Pd Lia Quartapelle: “La destra spieghi subito perché un medico che entra armato in ospedale renderebbe Milano più sicura”. Mentre il senatore di Leu Francesco Laforgia ha aggiunto: “Come potrebbe rendere ‘Milano più sicura’ un candidato sindaco, medico pediatra, che gira armato in ospedale?”. Mentre su Facebook è intervenuto l’eurodeputato dem Pierfrancesco Majorino: “Senza parole”, ha scritto. Poco dopo l’assessore milanese Paolo Limonta e Elena Lattuada di Milano unita hanno dichiarato: “E’ impensabile che un medico giri armato considerata la delicatezza del suo lavoro, tanto più in un reparto ospedaliero dove ci sono bambini”. Difende Bernardo invece il deputato Fdi Marco Osnato: “A Usuelli dico che anche lui ha bisogno del porto d’armi visto che le spara così grosse”. Così come l’assessore regionale alla sicurezza di Fdi Riccardo De Corato che parla di “diffamazione elettorale”, e l’azzurro Gianmarco Comazzi che rincara accusando Usuelli di “squallido attacco personale”.

ILFQ

Girano armati, ma non sanno che già questa situazione, nel caso gli capitasse di sparare e uccidere, costituirebbe prova a suo discapito perché insinuerebbe il sospetto di preventiva intenzionalità di uccidere?
Il porto d'armi ne legalizza il possesso, ma non che si possa andare in giro con l'arma in tasca.
Può girare armato solo chi rischia di essere vittima di furti, sequestri o ritorsioni, come nel caso degli Ufficiali giudiziari, ai parenti dei mafiosi pentiti, a chi è sotto scorta, ai tabaccai e gioiellieri, a imprenditori che, per motivi di lavoro, trasportano ingenti somme di denaro o beni di lusso.
E' da esaltati portarla ovunque si vada e denota anche una forte paura motivata dalla coscienza sporca per aver agito male in una qualsiasi situazione.
cetta.

Pronti a tutto. - Marco Travaglio

 

Nel vedere Conte e i 5Stelle dibattersi fra le opposte tentazioni di uscire dal governo e di restarvi, e intanto arrabattarsi per “migliorare” con ritocchini tecnici il Salvaladri&mafiosi della Cartabia, sorge il dubbio che non abbiano ancora colto il punto: questo governo non è nato per portare i migliori al posto dei peggiori, ma per far fuori Conte e i 5Stelle, per giunta coi loro voti (senza, non sarebbe mai nato); e la “riforma della Giustizia” non è nata per abbreviarne i tempi come chiede l’Ue, ma per piegarli nell’ultima genuflessione (dopo quelle su Figliuolo, salario minimo, licenziamenti, transizione antiecologica, cashback ecc.). Il disegno è spappolarli e annettersi la parte “governista”: cioè Grillo che li ha cacciati in questo cul de sac e Di Maio&C. che ci han subito preso gusto. Il tutto in vista della prosecuzione del regimetto di larghe imprese anche nella prossima legislatura, per potare le due ali non allineate al Sistema: da una parte la Meloni, dall’altra Conte e quei 5Stelle che ancora ricordano perché sono nati, stanno in Parlamento e al governo.

Non capirlo è indice di una preoccupante auto-sotto valutazione. Altrimenti tutti i “grillini” capirebbero che, nel Paese dell’Illegalità, la blocca-prescrizione di Bonafede non è UNA riforma fra le tante, ma LA riforma: la quintessenza del principio di legalità – la legge è uguale per tutti – che Flaiano definì l’unica vera rivoluzione italiana. E sui principi fondamentali non si tratta in nome della riduzione del danno o del male minore. O, se si tratta, bisogna farlo da posizioni di forza. Cioè essere pronti a tutte le opzioni: anche a uscire dal governo. Il che non vuol dire andarsene subito, ma essere disposti a farlo. Se la controparte – Draghi, massimo garante della Restaurazione – ha anche solo il sentore che non usciranno mai qualunque cosa faccia, continuerà a fare qualunque cosa, minacciando dimissioni che non darà mai, per metterli (anzi lasciarli) genuflessi. Si può capire che Conte non voglia debuttare uscendo dal governo, vista anche l’informazione da Terzo mondo che lo dipinge come un vedovo del potere, anziché come un giurista che – come tutti i giuristi degni di questo nome – conosce gli effetti catastrofici del Salvaladri&mafiosi. Ma, se la trattativa non dovesse eliminarli tutti – e sono tanti –, Conte dovrebbe tornare a interpellare gli iscritti sulle tre opzioni possibili: restare al governo, ritirare i ministri e dare l’appoggio esterno solo sui provvedimenti condivisibili, passare all’opposizione e rovesciarlo. La “fiducia” è una cosa importante e ogni governo deve meritarsela coi fatti. Tantopiù se è il governo Draghi ad aver bisogno del M5S e non il M5S ad aver bisogno del governo Draghi.

ILFQ

Silicio cristallino fotovoltaico Moduli solari Crescita del mercato, analisi dei fornitori 2021, dimensioni, principali regioni, profili aziendali, tendenze del settore, dinamiche emergenti, aggiornamenti di ricerca, prestazioni globali e previsioni fino al 2023

 

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Elenco dei profili aziendali nel mercato Silicio cristallino fotovoltaico Moduli solari:
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Dinamiche di mercato Silicio cristallino fotovoltaico Moduli solari:
Driver di mercato: norme governative favorevoli a livello globale.
 
Mercato Trend: maggiore adozione di microreti aumenterà l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili, come solare PV.
 
Mercato sfida: la preferenza per le fonti di energia non rinnovabili è alto nel mercato.
 
Norme governative favorevoli.
La continuazione della politica incoraggerà le aziende produttrici ad investire in R & S per sviluppare la tecnologia più conveniente e più affidabile per abbattere il costo dei sistemi solari fotovoltaici. Molti altri paesi in tutto il mondo minerale formulazione di politiche per promuovere lo sviluppo di tecnologie per l’energia solare. Un esempio notevole è la (FIT) la politica di feed-in-traffico formulato per incoraggiare gli investimenti in tecnologie legate alle energie rinnovabili.

Aumento dei fonti alternative di energia.
Molti paesi preferiscono utilizzare i combustibili fossili al posto delle energie rinnovabili. Questo perché l’abbondanza di combustibili fossili disponibili per alimentare i loro bisogni e generare elettricità. Il costo di stabilire una fattoria di energia rinnovabile per la produzione di energia è estremamente costoso. L’uscita di energia elettrica da fonti rinnovabili non è alla pari con l’uscita dai combustibili fossili. Così. la preferenza per le fonti di energia non rinnovabili è alta nel mercato.

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DFO - digital financial officer

venerdì 23 luglio 2021

Legge sulla Giustizia: colleghi e politici, imparate a leggere. - Peter Gomez

 

Napoleone era solito ripetere che non bisogna “mai attribuire alla malizia ciò che spiega adeguatamente con l’incompetenza”. In questi giorni, sfogliando i giornali e assistendo in tv al dibattito sulla riforma Cartabia, abbiamo avuto la prova di quanto l’imperatore dei francesi avesse ragione. 

Come sempre accade quando si discute di giustizia la vis polemica ha preso il sopravvento. In ben pochi si sono così addentrati negli aspetti tecnici del disegno di legge e chi lo ha fatto ha spesso dimostrato di non aver letto la norma o di averla letta senza però capirla. In questo senso la palma d’oro spetta alla politica. Ieri, ad esempio, Matteo Salvini, intervistato da Il Giornale, ha definito “un’osservazione singolare” la constatazione del procuratore nazionale antimafia, Cafiero de Raho, che aveva sottolineato come la riforma, se approvata senza correzioni, avrebbe indebolito la lotta a Cosa Nostra e ’Ndrangheta. “Nella riforma Cartabia”, ha affermato sicuro Salvini, “quel tipo di reato viene escluso dalla norma sulla prescrizione. Sono stato ministro dell’Interno: con la Lega al governo non ci saranno mai passi indietro su questo tema”. Purtroppo per Salvini, e purtroppo per i cittadini, è vero il contrario. Il disegno di legge prevede semplicemente che i processi per mafia e terrorismo, se particolarmente complessi, evaporino in appello in tre anni, al posto di due e in Cassazione in 18 mesi, al posto di 12. Per i dibattimenti di questo tipo non esiste insomma nessuna esclusione dalla riforma. Salvini però ha almeno un’attenuante: la ministra Marta Cartabia che in Parlamento gli ha confuso le idee. 

Alla Camera la ministra ha sostenuto che quel tipo di processi “non andranno in fumo” perché “nei procedimenti per mafia e terrorismo le contestazioni spesso riguardano reati per i quali la legge prevede la pena dell’ergastolo. Quindi si esclude ogni tipo di improcedibilità”. Un’affermazione falsa visto che i reati che non si prescrivono, come l’omicidio o la strage, vengono contestati solo a una piccola parte dei presunti mafiosi o loro fiancheggiatori.

Peggio, però, di chi siede in Parlamento, o al governo, fanno i mass media. Negli ultimi giorni, ad esempio, Repubblica e Il Messaggero se la sono presa con Giuseppe Conte perché ha detto: “Non accetteremo mai che il processo per il crollo del ponte Morandi possa rischiare l’estinzione”. Per i due quotidiani quella di Conte è una bugia, perché la legge ha una data di entrata in vigore successiva al disastro di Genova. Chi lo scrive però dimostra solo di non sapere che in tribunale si applica sempre la norma più favorevole all’imputato. Difficile sostenere, come fanno alcuni consulenti di Cartabia, che qui ci si trovi davanti a una semplice norma di natura processuale per la quale il cosiddetto favor rei non scatta. Le conseguenze della nuova legge sono infatti sostanziali. Se ho commesso una rapina con la vecchia prescrizione c’erano 15 anni di tempo per arrivare a sentenza definitiva. Ora ce ne sono solo due per celebrare l’appello e uno per la Cassazione. Poi scatta l’improcedibilità. Nei dibattimenti si annunciano perciò pioggia di ricorsi alla Consulta, con relativo rischio di impunità anche sul ponte Morandi. 

Per questo noi che alle balle dei politici e dei governanti di ogni colore siamo ormai rassegnati (nel recente passato, sia chiaro, ne ha detta qualcuna pure Conte), ci sentiamo di rivolgere un appello ai nostri colleghi. Cari giornalisti, per fare il nostro lavoro non serve una laurea. Serve però l’impegno e lo studio degli argomenti di cui ci si occupa. Se non ve la sentite cambiate mestiere.

ILFQ