martedì 14 settembre 2021

BUON VIAGGIO SENATUR - Rino Ingarozza

 

"Sono contro l'obbligo vaccinale perché quest'obbligo esiste solo in Turkmenistan e Tagikistan".

Così parlò Matteo Salvini.
Giusto, vero.
Io, concettualmente, sono contrario agli obblighi. In tutti i campi. Anche se mi rendo conto che, a volte, sono, eccezionalmente, inevitabili.
Ma non è di questo che voglio parlare. Tutte le opinioni vanno rispettate.
Vorrei dire a Salvini che, da altre parti, esistono anche altre cose che in Italia non ci sono e, altresì, non esistono delle cose che in Italia ci sono o, come nel caso che dirò più avanti, cose che non c'erano ma ora ci sono, perché ci siamo adeguati.
In pratica, se devi prendere ad esempio quello che succede nel mondo, le regole di altre parti, lo si dovrebbe fare per tutte le cose e non solo per quelle che fanno comodo. Mi sembra una cosa talmente evidente che non ci vuole una laurea, un'intelligenza sopraffina, una persona attenta, per capirlo.
In pratica è una cosa che anche uno come Salvini dovrebbe capire (forse un po' meno i suoi elettori).
Entriamo nello specifico.
Caro Salvinuccio,
ricordo perfettamente che quando, insistentemente, perché sfuggivi la domanda, ti hanno chiesto se eri d'accordo al ripristino del vitalizio a Formigoni hai, testualmente, risposto: "'Se lo prevede la legge, è giusto". Anche stizzito.
Vorrei ricordarti che la legge prevedeva un'altra cosa (esattamente il contrario) ed è stata la commissione del Senato a ripristinare il vitalizio e sai chi c'era in commissione? I tuoi compari di partito e quelli di Forza Italia.
Poi vorrei anche ricordarti che grazie a te e a Forza Italia sono stati ridati i finanziamenti all'editoria. Tanto per.
Quindi, se proprio non volevi ridare il vitalizio ai condannati, bastava che dicessi ai tuoi uomini di votare contro. Ergo: Sei stato tu a ridare il vitalizio ai condannati, perché lo hai voluto tu e non perché lo prevedeva la legge. Forse solo in Turkmenistan e Tagikistan danno 7.000 euro (o l'equivalente nella loro moneta) a uno che ha rubato soldi pubblici.
Mi dirai, come hai detto, "Ma mica possiamo farlo morire di fame" riferendoti a Formigoni. Certo che no.
Poteva sempre fare domanda per il RDC, così poteva campare. In alternativa poteva fare il cameriere, per 600 euro al mese, visto che come hai detto tu è una cifra da accettare, perché congrua.
O, ancora, poteva emigrare in Turkmenistan o in Tagikistan. Semplice, no?
Ora sei con la bava alla bocca, insieme a quell'altra scienziata del nulla e quell'altra nullità col Kefiah in testa, perché l'unica legge che vorresti abolire è quella che, guarda caso c'è in quasi tutto il mondo, tranne che in Turkmenistan e Tagikistan (per semplificare) ed è il reddito di cittadinanza.
Qualcosa non torna. E non torna perché stai facendo una guerra per togliere il "'pane" a milioni di persone dopo aver dato "il carburante" per lo yacht, ai ricchi. Capisci?
Ti ricordo, ancora, che quasi in tutto il mondo, quando uno ruba, specialmente se ruba alla collettività, approfittando del suo ruolo, finisce in galera. Se poi a rubare è un partito, in galera ci finisce il suo segretario. Per esempio se, in Europa, un partito dovesse rubare (è solo un esempio) 49 milioni alla collettività, il suo segretario di quel momento storico e tutti quelli ritenuti responsabili, finirebbero in galera.
Sono invece certo (ma è solo una mia convinzione) che se un partito italiano dovesse rubare 49 milioni (una cifra a caso) ci si accontenterebbe di chiedere indietro i soldi in, diciamo 80 anni (ma anche questa è una mia supposizione) e il suo segretario verrebbe premiato con un seggio in Senato. Forse solo in Turkmenistan e Tagikistan, è così.
Altra cosa sono le accise sulla benzina. Quelle accise che sono state utili nei momenti difficili per alcune zone, colpite, per esempio, da terremoti e che, passata l'emergenza, non avrebbero più avuto ragion d'esistere. Non ci sono in nessuna parte del mondo.
Certo, capisco, nessun Governo le ha mai tolte, ma è anche vero che nessuno ha mai detto "è la prima cosa che farò se vado al Governo".
Solo uno l'ha detto e poi non l'ha fatto. Indovina chi è?
Forse solo in Turkmenistan e Tagikistan, lo si può fare.
Andando avanti, ti ricordo che in tutti i Paesi democratici, l'obiettivo delle leggi elettorali è quello di dare, con certezza, un Governo e non quello di colpire un partito o un Movimento che "fa paura". In tutti i Paesi si "gareggia" onestamente e non inquinando le regole. Capisci?
È quello che avete fatto in Italia con il Rosatellum.
In tutto il mondo, tranne, forse, in Turkmenistan e Tagikistan, le regole sono eque per tutti.
Infine vorrei ricordati che nessun Paese del mondo, tranne forse il Turkmenistan e Tagikistan (sempre per semplificare) si sognerebbe di candidare a Presidente della Repubblica o per qualsiasi altra carica istituzionale, un pregiudicato.
Quindi, come vedi, le cose che vanno bene, secondo le nostre convinzioni, si possono mantenere, mentre quelle che non vanno, si possono cambiare.
Guarda caso, però, l'unica cosa che vorresti cambiare è una misura che solo in pochi Paesi, come, per esempio, il Turkmenistan e il Tagikistan, non c'è. L'unica cosa fatta pensando al popolo, da trent'anni a questa parte e cioè il Reddito di cittadinanza.
Concludendo, il Turkmenistan e Tagikistan sono sempre lì, mica si spostano a seconda del tuo interesse o piacimento, altrimenti, visto che sono più le cose che ti aggradano, in questi Paesi, che quelle che non ti aggradano, qualche malpensante ti potrebbe dire: "'Ma perché non ti trasferisci lì?"
Buon viaggio, Senatur.

Rino Ingarozza (14/09/2021)

lunedì 13 settembre 2021

Ma mi faccia. - Marco Travaglio

 

Gombloddo! “Battaglia sul nucleare verde (sic, ndr). Cingolani a Cernobbio attacca: ‘C’è chi vuole farmi fallire’” (Repubblica, 5.9). Non fare il modesto: ci stai riuscendo benissimo da solo.

Attentato! “L’unica didattica a distanza che ha funzionato in questi anni è quella di Sergio Mattarella… la sua funzione educativa e maieutica verso la politica…” (Stefano Cappellini, Repubblica, 6.9). Sì, però piano con la saliva, se no poi affoga.

Il compagno Biscione. “I pm belve su Berlusconi: vogliono il suo scalpo. Il Pd lo candidi al Colle, così la politica si riprende il primato” (Piero Sansonetti, intervista al Giornale, 11.9). E lui uno strapuntino fisso a Mediaset.

Com’era verde la mia Betulla. “Eravamo tutti americani, ora lo siamo molto meno” (Renato Farina, Libero, 11.9). Veramente, più che americano, tu eri del Sismi.

Lombardi alla prima crociata. “Gelo di Roberta Lombardi su Raggi: ‘Io a Roma apolide dal 2016. Al ballottaggio con Gualtieri. Va preparato il dopo-Virginia’” (Messaggero, 9.11). Ma il dopo-Roberta mai?

Volare oh oh. “A Roma Michetti vola, anche contro la macchina del fango” (Giornale, 11.9). Infatti, a ogni confronto con gli altri candidati, scappa.

Maestri di giornalismo. “Perchè quello di Assange non è vero giornalismo d’inchiesta” (Aldo Grasso, Corriere della sera, 8.9). Vuoi mettere invece quello di Grasso.

Ahi che dolor! “Mi è caduto un mito e la cosa mi dispiace enormemente perchè il prof. Barbero è simpatico” (Grasso, ibidem, 11.9). Sono bei problemi: e adesso come facciamo?

La patente. “Anche Barbero, dopo Cacciari, Agamben e Vattimo, nobili intellettuali della Vieux Gauche, dà dignità e dunque – malgrado lui, malgrado loro– legittimità a una battaglia che in piazza degenera nella fascisteria della Nouvelle Droite” (Francesco Merlo, Repubblica, 8.9). Barbero, Agamben, Vattimo e pure Barbero: tutti fasci.

À la guerre comme à la guerre. “Boicottiamo Barbero e gli altri evasori vaccinali” (Domani, 9.11). Basta libri di storia: solo geografia e scienze.

Gente di poca fede. “L’ultima del processo Ruby ter. Il pm non crede che il Cav sia malato” (Libero, 9.9). Chissà come mai.

Un apostrofo rosa. “Raccontiamo i suoi flop e Gratteri si offende: noi non baciamo anelli” (Tiziana Maiolo, Riformista, 9.11). Meglio le mani.

Amori tossici. “Mi innamorai di Matteo Renzi, ma rifiutai di fargli da ministro” (Oscar Farinetti, Corriere della sera, 8.9). Già innamorarsi bastava e avanzava.

Il Piccolo Fratello. “Il talento di Mr. Renzi. ‘Sono felice qui’, dice, e se la misura della felicità è l’energia, l’entusiasmo, la generosità nel concedersi a selfie, autografi e domande, allora sì, Matteo Renzi è felice. Pare a tratti persino pacificato. Una passeggiata sui monti con il senatore di Iv e gli studenti della sua Scuola di formazione politica, tra vertigini, porte scorrevoli, dichiarazioni di felicità, ammissioni e idee sul futuro dell’ex ‘fratello piccolo’ degli italiani” (Paola Peduzzi, Foglio, 6.9). Non so voi, ma io mi sento tanto figlio unico.

Polli del Balcone. “Mentre la Cina agisce l’Europa non c’è e sa solo discutere. L’idea di andare in guerra è fuori dai nostri radar… Occorrono 15mila soldati Ue: ma chi decide come utilizzarli?” (Ernesto Galli della Loggia, Giornale, 9.9). Non so voi, ma io lo farei decidere a Galli della Loggia.

Canti orfinici. “Caro Bettini, Draghi salva l’Italia e tu vuoi cacciarlo? Roba da matti” (Matteo Orfini, deputato Pd, Riformista, 9.9). Ci si vede dal solito notaio.

Diritto allo studio. “Vaccini, pressing sull’obbligo. L’ipotesi si rafforza dopo la linea dura varata da Biden. Palazzo Chigi studia il piano per attuarlo, un mese per decidere” (Repubblica, 11.9). Come sarebbe “ipotesi”, “studia”, “un mese per decidere”? SuperMario l’ha annunciato solennemente il 3 settembre: non si era detto che Lui parla solo a cose fatte?

La parola all’esperto. “Se oggi la corsa per il Colle è vissuta come una partita a due tra Mattarella e Draghi, è perchè oggi fuori da questo schema si intravede solo il caos” (Francesco Verderami, Corriere della sera, 9.9). Uahahahahahah.

La parola all’esperta. “Montanelli comprò una sposa ragazzina… E la violentò più volte. Sappiamo anche questo, è stato lui a raccontare che lei non voleva” (Maaza Mengiste, “scrittrice”, Repubblica, 9.11). Montanelli non l’ha mai raccontato e non è mai avvenuto: Destà, la presunta stuprata, quando si risposò ed ebbe tre figli, chiamò Indro il primogenito. È la famosa la campagna di Rep contro le fake news.

Il titolo della settimana/1. “Afghanistan e ddl Zan: Salvini in Vaticano in cerca di una sponda” (Repubblica, 11.9). Pensa che l’Afghanistan sia un fiume.

Il titolo della settimana/2. “Emergenza fisco. Fermate le tasse” (Giornale, 9.9). Cavaliere, è lei?

Il titolo della settimana/3. “Appello a Mattarella. Riabiliti Berlusconi per riunire il Paese” (Alessandro Sallusti, Libero, 7.9). Ma soprattutto accorpare il Quirinale e San Vittore.

ILFQ

Una pagina del “Corriere” per gli 80 anni di Dell’Utri. - Valeria Pacelli

 

“Un omaggio a un vecchio amico”, che prende la forma di un’intera pagina sul Corriere della Sera, perché quello di ieri non era un compleanno qualunque. Marcello Dell’Utri, ex dirigente di Publitalia, ex fondatore di Forza Italia, ex senatore con nel curriculum una condanna definitiva (e già scontata) per concorso esterno, ha compiuto 80 anni.

E proprio da coloro che lo hanno conosciuto e ne hanno condiviso una parte del percorso in Publitalia è arrivata l’iniziativa: un augurio che ha preso le sembianze di un avviso a pagamento sul quotidiano di via Solferino. Circa 200 firme intorno alla scritta “Auguri caro Marcello” a caratteri cubitali.

L’idea è partita da una pagina Facebook che raccoglie ex dirigenti e lavoratori di Publitalia. “Sono tutti ex dipendenti dell’azienda rimasti amici di Marcello – spiega uno dei firmatari –. Sono vecchi dirigenti, impiegati e qualche segretaria che hanno deciso di fargli gli auguri in maniera abbastanza visibile”. Ma, viene ribadito più volte, “l’azienda non c’entra nulla e allo stesso modo il partito”. E quanto è costato questo regalo? “La cifra da versare non mi è stata ancora comunicata. Mi risulta che costi parecchio, però sono sempre 200 firme, eh”. E via dunque con la colletta, ma ci tiene a sottolineare chi ha firmato “è solo una cosa fra amici, non c’è bisogno di strumentalizzare”. Non è la prima volta che il Corriere pubblica avvisi a pagamento (come quello di ieri) su Dell’Utri. Era già successo nel giugno del 2014 quando era apparsa una pagina “Al tuo fianco, Marcello”, costellata da messaggi. All’epoca l’ex senatore era detenuto a Parma e ci fu una reazione del Comitato di redazione, con i giornalisti che criticarono la scelta della direzione di accettare la pagina. Ieri di nuovo, e tra tra i firmatari del “tanti auguri” non sono mancati Giancarlo Galan, ex governatore veneto ed ex ministro (che ha patteggiato una pena a due anni e 10 mesi nell’inchiesta Mose). E ancora: l’ex sottosegretario Giancarlo Innocenzi Botti e l’ex senatore Massimo Palmizio. Volevano far sentire la propria vicinanza a Dell’Utri, il quale – racconta chi lo sente spesso – “da tempo non ha rapporti né con il partito né con l’azienda”. Condannato in via definitiva a sette anni per concorso esterno, a dicembre 2019 l’ex senatore è tornato in libertà dopo aver scontato poco meno di sei anni grazie alla liberazione anticipata. Ora vive a Milano, “si occupa solo delle vere passioni: i libri antichi. È un vero collezionista e lo hanno anche assolto…” racconta un ex collega di partito facendo riferimento a un’indagine napoletana: Dell’Utri accusato di una presunta appropriazione di tredici volumi della Biblioteca dei Girolamini di Napoli a gennaio è stato assolto. C’è poi la grana della condanna a 12 anni in primo grado nell’ambito del processo sulla Trattativa. La sentenza d’appello è attesa per il 20 settembre, nel frattempo l’ex senatore ha potuto trascorrere un compleanno sereno.

ILFQ

domenica 12 settembre 2021

Colti sul Fatto. - Marco Travaglio


Noi giornalisti, si sa, siamo capaci di tutto. Infatti ieri ho letto l’anticipazione sul Corriere del prossimo libro di Sabino Cassese (ma me la pagherà). La prima reazione è stata domandarmi perché gli americani a Guantanamo, tra le varie forme di tortura per far cantare i loro prigionieri, non abbiano mai provato a leggergli qualche brano scelto di Cassese: quelli confesserebbero pure la Shoah. La seconda attiene alla tesi del libro, davvero sorprendente, per non dire sconvolgente, tanto è originale. Si domanda Cassese: se “gli intellettuali nutrono la democrazia”, e io modestamente lo nacqui, perché non mi si fila più nessuno? Si risponde Cassese: colpa dell’“epidemia dell’ignoranza” e del “trionfo dei populisti” che “pensano di poter fare a meno degli esperti”. Conclude Cassese: se la gente non mi dà retta, sfido che poi si sbaglia a votare; insomma “tempi bui, sia per gli intellettuali sia per i mezzi di cui si valgono”; dove andremo a finire, signora mia. Noi, pur notoriamente populisti e dunque ignoranti, siamo vicini al prof. Cassese nell’ora della prova. Ma segnaliamo sommessamente un piccolo equivoco sul concetto di intellettuale: che, da che mondo è mondo (e non Italia), è persona abbastanza colta da mettere in crisi le imposture del potere. Se invece è sempre dalla parte del potere per certificarne le bugie, è un giullare di corte, al massimo un servo erudito.

Se il prof. Cassese siede nel Cda di Atlantia (Benetton, Autostrade), ne esce con 700mila euro in saccoccia e poi scrive soffietti ai concessionari autostradali a edicole unificate, anche dopo i 43 morti sotto il ponte di Genova, ridergli in faccia non è ignoranza o populismo: è il minimo sindacale. Se il prof. Cassese paragona Conte a Orbán perché proroga lo stato d’emergenza Covid, paventando la dittatura sanitaria perché “senza emergenza non c’è stato di emergenza” e poi, quando lo proroga e riproroga Draghi, lo esalta come un sincero democratico e lo sprona financo a imporre l’obbligo vaccinale, che è un Tso per 5 milioni di persone, cosa deve pensare la gente, colta o ignorante che sia: che è un intellettuale o che è un voltagabbana un filo meno autorevole del divino Otelma? Si dirà: ma è un giudice emerito della Consulta! Sì, ma non è un’attenuante: è un’aggravante. È grazie a presunti intellettuali come lui che la gente preferisce i “populisti”. Fossero vivi Flaiano, Montanelli, Pasolini e Carmelo Bene, per citarne alcuni fra i più geniali e disparati, la categoria non sarebbe così sputtanata: il guaio è che sono rimasti i Cassese, talmente abituati a dividere il mondo fra chi dà retta ai Cassese e chi no, da non vedere che nessuno si fila più gli intellettuali da quando gli intellettuali sono loro. Per carità, tutta gente colta. Sul fatto.

ILFQ

sabato 11 settembre 2021

Matteo Salvini, il virologo da Papeete, per piacere, no. - Gianni Del Vecchio

 

Siamo abituati ad ascoltare e osservare Matteo Salvini in tutte le sue interpretazioni: il ministro poliziotto, l’apostolo col rosario, il politico gourmet, il tifoso sfegatato, il papà amorevole, l’amante appassionato e via dicendo. Basta dare un’occhiata alle sue pagine social e potrete aggiungere tanti altri personaggi alla mini-galleria qui descritta. Però il virologo Salvini, per piacere, anche no. Il leader leghista infatti è appena caduto nella trappola dei milioni di virologi da tastiera che ogni giorno sparano verità assolute su virus e vaccini, salvo poi ritrovarsi come propagatori, inconsapevoli o meno, di fake news. Trappola che avrebbe dovuto evitare con grande destrezza uno che sui social ha costruito gran parte del suo consenso. E invece la Bestia dà, la Bestia toglie.

“Le varianti nascono come reazione al vaccino. Se io provo ad ammazzare il virus lui prova a reagire variando, mutando”, ha detto collegato con gli studi di L’Aria che Tira, diffondendo così la sua verità a qualche milionata di telespettatori. Peccato però che la verità, quella vera e non quella propagandata, stia da tutt’altra parte. Non è un caso che a distanza di qualche minuto tutta la comunità dei virologi (quelli veri) è insorta per correggere il tiro totalmente sballato del Capitano. Matteo Bassetti ha dato fuoco alle polveri ricordando come “le varianti nascono quando le persone non sono vaccinate e il virus si muove liberamente, vedi la Delta in India dove la popolazione non era immunizzata e così si è sviluppata anche la Mu”. A dargli man forte poi è arrivato Massimo Galli che precisa come le varianti si generano tanto più facilmente quanto più il virus si diffonde. Quindi non c’è nessun legame con la vaccinazione. “Voi capite perché sono scoraggiato?” conclude con un laconico tweet Roberto Burioni.

Il Capitano delle fake news quindi ha appena preso una topica clamorosa, come avviene spesso alle persone che parlano più per strizzare l’occhio a una parte della popolazione che per amor di verità. E pensare che tutto ciò Salvini avrebbe potuto evitarlo nel tempo di un clic: gli sarebbe bastato andare sulla pagina “Dottore, ma è vero che?” della Federazione nazionale dei medici italiani e dare una veloce letta all’articolo nato proprio per smontare la bufala del vaccino che genera varianti. Sintetico, chiaro, a portata di tutti. Tempo di lettura 3 minuti. Tre minuti che avrebbero evitato al leghista la solita prestazione da Papeete.

Huffpost

Sciogliamo il popolo. - Marco Travaglio

 

Il 17 giugno 1953 gli operai affamati di Berlino Est scendono in piazza contro il regime della Germania Est, che grida alla provocazione fascista e invoca l’Armata Rossa. E il segretario dell’Unione degli scrittori gli dà manforte: “La classe operaia di Berlino ha tradito la fiducia che il Partito aveva riposto in essa. Ora dovrà molto faticare per riconquistarla”. Anni dopo Bertolt Brecht ribalterà quelle parole per evidenziarne l’assurdità: “Il Comitato centrale ha deciso: poiché il popolo non è d’accordo, il governo deve scioglierlo e nominarne uno nuovo”. Fateci caso: è ciò che oggi sostengono, restando seri, i cantori del piano Draghi Forever. Han faticato così tanto a rovesciare il Conte-2, figlio legittimo delle elezioni del 2018 (M5S primo, Pd secondo) e poi a incensare l’ammucchiata rissosa e inconcludente dei Migliori, che ora tremano all’idea di ricominciare daccapo. O, peggio, di affidare la scelta del prossimo governo agli elettori. Pretendono di decidere loro coi loro padroni, qui e ora. Solo che non sanno come dirlo né come farlo, sempre per via di quel guastafeste del popolo sovrano, che da una decina d’anni si ostina a votare chi non vogliono loro. Premia, pensate un po’, i “populisti” e, a giudicare dai sondaggi dell’estate che han visto crescere solo Meloni e Conte, persevera. Che fare?

Stefano Folli, col riportino a nido di cinciallegra sempre più spettinato, ci si arrovella ogni giorno su Rep. I bei tempi in cui incensava i governi B. e Renzi non tornano più: l’uno è al 5-6%, l’altro al 2. Salvini, che lui dava per acquisito alla causa “moderata” solo perché votava per Draghi, viene traviato ogni giorno dalla Meloni. I 5Stelle, dati da sempre per morti, godono discreta salute. E nel Pd, renziani a parte, l’amore per SuperMario non sboccia. Ma Folli non demorde: sogna “coalizioni più omogenee” che “taglino fuori i ‘populisti’ di destra e di sinistra” e “una maggioranza ridisegnata col ‘taglio delle ali’” contro il “bipopulismo” di Meloni&Salvini e del M5S. Ridisegnata da chi? Da lui e dai suoi compari, ça va sans dire. Sì, ma come? Cambiando la legge elettorale. Il Rosatellum, che tanto gli piaceva quando lo votarono Renzi, B. e Salvini, non gli garba più: ora serve “il proporzionale” o “il modello francese” che è “il modo migliore per plasmare alleanze abbastanza omogenee senza ritorni al passato”. Cioè a quella brutta usanza di far governare chi vince le elezioni. Noi non vediamo l’ora che si voti per goderci la scena: i “bipopulisti di destra e di sinistra” prenderanno il 60% e lui ci spiegherà come e qualmente spedirli all’opposizione “col taglio delle ali” per far governare gli sconfitti col 40%: sciogliendo il popolo e nominandone uno nuovo.

ILFQ

Facciamo un test a chi ha scritto i test di Medicina. - Francesco Prisco

 

Quattro domande non ammettono risposta: errore del ministero? O volevano ricordarci che i medici tutti i giorni si confrontano con quesiti irrisolvibili?

A che servono le università a numero chiuso? Ce lo chiediamo da sempre, ma puntualmente arriva qualcuno a tirarci le orecchie: servono a non sovraffollare le aule rendendo invivibili le lezioni, a non alimentare le illusioni di chi non studia, a non creare i disoccupati di domani. Come se un percorso di laurea di quattro/cinque anni, più eventuali specializzazioni, non fosse naturalmente selettivo. E invece no: la prima selezione pretendiamo di farla in entrata. Lo Stato, attraverso lo strumento dei test d’ingresso, «programma» i futuri professionisti, assicurando il lavoro ai migliori, ai più motivati.

E così, dal 1987, Medicina rappresenta l’idea platonica stessa del numero chiuso, la facoltà per definizione più esclusiva, quella che entrarci è una parola ma, una volta che sei entrato, hai svoltato per sempre. Ed entrarci significa innanzitutto sottoporsi a un test d’ingresso che è l’unico posto dell’Italia contemporanea in cui si pretende di dare senso compiuto all’espressione cultura generale. Di più: devi risolvere quattro quesiti irrisolvibili.

Nel test di quest’anno, infatti, c’erano una domanda di logica, una di cultura generale, una di biologia e una di matematica che non ammettevano risposte giuste, perché formulate male o perché chi le aveva formulate non aveva inserito la risposta giusta tra le possibili soluzioni al quesito. Enigmi da sfinge tebana di fronte ai quali la ministra dell’Università Maria Cristina Messa se l’è cavata con un giudizio salomonico: «Annulleremo le domande contestate e non ne terremo conto». Quindi arriva la nota ufficiale del Mur che ci informa che la domanda di matematica sarà «neutralizzata» per la «mancanza, nella stampa, di un segno grafico rilevante». Mentre «per le domande 2, 21 e 23, diversamente da quanto indicato, la risposta corretta non era la “A” ma, rispettivamente, la “E”, la “E” e la “D”». Tradotto in volgare: una domanda la abbiamo proprio cannata di brutto, mentre delle altre tre non sapevamo neanche noi la risposta corretta.

Sulle prime eravamo tentati di utilizzare queste poche righe per avanzare una modesta proposta: facciamo un bel test a chi ha scritto i test d’ingresso a Medicina. Non ci sembra molto sportivo infatti che da un lato della barricata ci siano 76mila ragazzi che rischiano il proprio futuro professionale e dall’altro un manipolo di oscuri burocrati ministeriali che non rischiano mai nulla. Ma forse, riflettendoci in maniera più approfondita, abbiamo capito il senso del loro operato: tutti i giorni, nell’esercizio della professione, un medico è costretto a confrontarsi con domande che non ammettono risposta. In qualità di medico, la ministra Messa non potrà che confermare.

IlSole24Ore