giovedì 15 febbraio 2024

Il mistero dei giganteschi crateri scoperti in Siberia: di che si tratta? - Valerio Novara

 

Gli scienziati stanno indagando su alcuni giganteschi crateri coperti di permafrost, in Siberia. Ecco cosa hanno scoperto.

Otto giganteschi crateri profondi 50 metri nel permafrost siberiano hanno sconcertato gli scienziati sin dalla loro scoperta, più di dieci anni fa. Una nuova teoria potrebbe finalmente spiegare come si sono formati. I crateri si trovano nelle penisole russe di Yamal e Gydan e non ne esistono altri come questi nell’Artico. Nel corso degli anni i ricercatori hanno proposto diverse spiegazioni, dagli impatti dei meteoriti alle esplosioni di gas naturale.

Una recente teoria suggerisce che i crateri si siano formati dove un tempo c’erano laghi che ribollivano di gas naturale proveniente dal permafrost sottostante. Questi laghi potrebbero essersi poi prosciugati, esponendo il terreno a temperature gelide che hanno letteralmente sigillato la fuoriuscita di gas. Il conseguente accumulo di gas nel permafrost potrebbe essere stato poi rilasciato attraverso esplosioni che hanno successivamente creato questi giganteschi crateri.

Cosa hanno scoperto gli scienziati.

Il permafrost, cioè lo strato di terreno perennemente gelato che si trova anche nelle penisole di Yamal e Gydan, varia nel suo spessore: da pochi metri a quasi mezzo chilometro. Probabilmente il suolo si congelò più di 40mila anni fa, imprigionando antichi sedimenti marini ricchi di metano che gradualmente si trasformarono in gigantesche riserve di gas naturale. Queste riserve producono calore, che scioglie il permafrost dal basso, lasciando sacche di gas alla base.

Anche il permafrost si sta sciogliendo.

Anche il permafrost in Russia si sta sciogliendo a causa del cambiamento climatico. Nei luoghi in cui è già sottile, lo scioglimento di entrambe le estremità e la pressione del gas potrebbero anche causare il collasso dello strato di permafrost rimanente, innescando future esplosioni. Questo “effetto champagne” spiegherebbe la presenza di crateri più piccoli attorno agli otto crateri scoperti, poiché enormi pezzi di ghiaccio espulsi dalle esplosioni hanno ammaccato il terreno. Il rilascio di gas naturale e metano durante queste esplosioni potrebbe attivare un pericoloso circolo vizioso climatico se le temperature globali continuassero ad aumentare e se si accelerasse lo scioglimento del permafrost.

https://www.passioneastronomia.it/il-mistero-dei-giganteschi-crateri-scoperti-in-siberia-di-che-si-tratta/

«L’ignorante sa molto. L’intelligente sa poco. Il saggio non sa niente, ma l’imbecille sa sempre tutto». - Guendalina Middei

 

Qualche giorno fa avevo scritto un post su Dante e Ulisse, citando la celebre frase: «Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza». Al che un signore mi scrive: «Ignorante! Si scrive conoscenza non canoscenza (con la a)!» Non contento mi snocciola l’etimologia della parola conoscenza, seguita da tutta una serie di insulti e dall’invito a tornare sui banchi di scuola.
Ecco, anche i bambini sanno che Dante usò la parola «canoscenza» ma non ci fu verso di convincere il signore che era in errore. E non è la prima volta che mi capitano questi episodi. Una volta usai la parola «scancellare» per rendere omaggio alla Morante, e di di nuovo il saccente di turno con la massima arroganza possibile mi diede dell’ignorante.
Vedete, con il tempo ho notato una cosa. Le persone che magari hanno letto migliaia di libri, ma non hanno un diploma sono sempre umili. E lo stesso vale per i grandi. Ti parlano con semplicità, non si vantano mai di ciò che sanno. «È curioso a vedere» diceva Leopardi, «che quasi tutti gli uomini che valgono molto, hanno le maniere semplici.» Sono quelli convinti di sapere già tutto che sono presuntuosi. E pericolosi. Con i paladini delle grandi certezze non puoi ragionare. Non puoi dialogare.
Ecco, voi potete potete credere in ciò che volete, potete leggere, studiare, e aumentare di giorno in giorno la vostra conoscenza, ma siate sempre pronti a rimettervi in discussione. Siate umili soprattutto! Non c’è nessuna vergogna nel dire «credo, non so». Chi spara sentenze invece spesso finisce per essere come il signore di cui vi ho parlato prima: uno sciocco presuntuoso.

IL MISTERIOSO CRONIDE DI CAPO ARTEMISIO. - OLGA GIORDANO

 

Il Cronide di Capo Artemisio è un perfetto connubio tra possanza fisica e armonia anatomica. Con i suoi oltre due metri di altezza, campeggia in una delle più affollate sale del Museo archeologico di Atene, costituendo uno dei pochi esemplari bronzei risalenti all'antica Grecia giunti fino a noi. Poche sono le notizie relative alla storia di questa eccezionale scultura: fu rinvenuta nel 1926, nelle acque del mare Egeo, prospicienti al comune di Artemisio, sull'isola di Eubea, nei pressi del relitto di una nave, probabilmente diretta a Roma, e trasportante manufatti artistici, intorno al 200 a.C.. Sempre accanto al relitto, fu rinvenuta un'altra grande scultura bronzea, nota come "Fantino di Artemision", raffigurante un bambino su un cavallo in corsa. Le operazioni di recupero di queste opere furono funestate dalla morte di un sub e tale evento condizionò tanto negativamente gli animi, che l'impresa fini per languire. L'identità stessa della divinità rappresentata è oggetto di pareri discordi tra gli studiosi, in una ormai decennale querelle, tra chi sostiene si tratti di Zeus, nell’atto di scagliare la sua letale saetta, e chi invece sostiene l'identità di Poseidone, colto anch'egli nell’atto di lanciare il suo tridente. Probabilmente, l’oggetto che potrebbe dirimere la questione, giace ancora sepolto tra i fondali sabbiosi del mar Egeo. Tuttavia, la posizione delle dita della statua farebbero propendere per l’identità di Poseidone: infatti, mentre la mano di Zeus, solitamente, impugna la folgore a piena mano, piegando tutte le cinque dita, nel caso della nostra statua, le dita piegate sono solo tre, compatibili con il lancio calibrato di un oggetto più lungo. 


Questi dubbi, unitamente al fatto che le due divinità sono rappresentate spesso con sembianze e pose simili, ha fatto preferire agli archeologi il termine "Cronide", cioè figlio di Crono, ascendenza comune ad entrambe le divinità in questione. Zeus e Poseidone, infatti, erano entrambi figli di quel Crono, dio del Tempo, tristemente noto nella mitologia greca, per l'abitudine di divorare i suoi figli, nati da Rea, ossessionato dal timore di venire detronizzato e ucciso da uno di essi, come gli era stato profetizzato. Cosa che, puntualmente accadde, poiché neanche gli dei possono sfuggire al proprio destino, quando Rea invece del neonato Zeus, nascosto a Creta e affidato alle cure dei Cureti, che ne coprivano i vagiti con le loro rumorose danze, offrì in pasto al marito una pietra avvolta in fasce. Così, Zeus una volta adulto, costrinse il padre a rigurgitare i numerosi fratelli maggiori, meraviglia mitologica, e lo sconfisse nella Titanomachia. Ma questa è un’altra storia. Il Cronide è stato datato al 480,-470 a.C., e viene annoverato tra i migliori esempi dello stile severo, una fase artistica di transizione tra l’età arcaica e il pieno classicismo, in cui si fa strada un nuovo concetto di movimento dove la staticità e la rigidità statuarie si evolvono verso pose più rilassate e di plastico realismo. In questa fase si afferma il "chiasmo", una formula risolutiva della rigidità della figura, che grazie alla flessione di arti corrispondenti e allo schema compositivo inverso, teorizzato da Policleto, ricorda la lettera "chi" (x) dell'alfabeto greco, conferisce una fluidità di movimento alla scultura mai sperimentata in precedenza e che trova l'espressione più sublime nel pieno classicismo dei Bronzi di Riace. Cosi, pur essendo immobile, il Cronide vibra di un sotterraneo dinamismo, che percorre la muscolatura perfetta, cristallizzata nella tensione del lancio e nel saldo appoggio podalico, su cui si distribuisce l'intero peso del corpo. Il volto, chiuso in un atarassico distacco, e incorniciato da capelli ricci e corti e da una barba lunga e curata, connotazione di maturità, ha orbite vuote, un tempo impreziosite con avorio, argento e rame per rendere lo sguardo più vivido. Non c’è traccia del tradizionale sorriso arcaico, presente nelle statue dei kouroi, i giovani ideali (e che ritroviamo nelle sculture etrusche, ad esempio l’Apollo di Veio) Tuttavia, si coglie la concentrazione dello sguardo lungo la direttiva del braccio teso, evocante una potenza inesorabile. Non conosciamo l’autore dell’opera ma, certamente, fu realizzata con la tecnica della fusione a cera persa, tipica della lavorazione bronzea. È il prototipo perfettamente rappresentativo della divinità, la cui bellezza atletica, lontana dalle contingenze umane, è fonte di meraviglia e ammirazione e al contempo di timore e sgomento reverenziale. Un’emozione antica che attraverso i secoli giunge fino a noi.

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mercoledì 14 febbraio 2024

Rilevati per la prima volta i filamenti di materia oscura della ragnatela cosmica.

 

Rilevati i filamenti di materia oscura.

Rilevati filamenti di materia oscura! Gli scienziati hanno finalmente ottenuto un importante traguardo nello studio dell’Universo: per la prima volta, sono stati individuati direttamente i filamenti di materia oscura che compongono la ragnatela cosmica.

Utilizzatto il Fenomeno del Weak Lensing.

Per compiere questa importante scoperta, un team di ricerca dell’Università di Yonsei ha sfruttato il fenomeno del weak lensing, che consiste nell’utilizzare la deformazione dello spaziotempo causata dalla forte gravità di ammassi e superammassi galattici.

Rilevamento dei Filamenti di Materia Oscura.

Utilizzando il telescopio giapponese Subaru, il team ha concentrato la propria ricerca sull’ammasso della Chioma, situato a 321 milioni di anni luce dalla Terra nella costellazione della Chioma di Berenice. Qui, hanno individuato le estremità terminali dei filamenti di materia oscura che circondano l’ammasso, estesi per milioni di anni luce e noti come filamenti intracluster (ICF, Intra-Cluster Filaments).

Leggi anche Cos’è la materia oscura?

Il Significato della Scoperta.

Questa scoperta rivoluzionaria fornisce nuove prove osservative per testare le teorie sull’evoluzione cosmica e sulla sua struttura su larga scala.

Importanza dell’Ammasso della Chioma.

L’ammasso della Chioma, uno dei più grandi e luminosi del cielo notturno, è stato scelto per questa ricerca in quanto contiene oltre 1000 galassie ed è ricco di materia oscura. Fin dai primi studi condotti su questo ammasso negli anni ’30, è stato evidente che la sua massa non poteva essere spiegata solo dalla materia visibile, suggerendo l’esistenza della materia oscura.

Implicazioni del Rilevamento dei Filamenti.

La scoperta dei filamenti intracluster fornisce sostegno al modello cosmologico attuale e apre la strada a nuove metodologie per lo studio e l’analisi degli ammassi di galassie.

Collegamento con la Struttura su Larga Scala dell’Universo.

L’allineamento dei filamenti rilevati nell’ammasso della Chioma con quelli su larga scala suggerisce un collegamento diretto tra la struttura dell’Universo e la formazione degli ammassi di galassie.

Contributo alla Comprensione della Materia Oscura.

Complessivamente, questa scoperta contribuisce in modo significativo alla comprensione della distribuzione e delle proprietà della materia oscura nell’Universo, aprendo nuove prospettive per la ricerca futura in questo campo affascinante.

Leggi anche La vita extraterrestre potrebbe essere a base di Materia Oscura?

Implicazioni per la Ricerca Futura.

I risultati di questo studio aprono nuove prospettive per la ricerca futura sull’Universo e sulla materia oscura. La possibilità di individuare direttamente i filamenti di materia oscura nella ragnatela cosmica fornisce agli scienziati una preziosa base per approfondire la comprensione della struttura e dell’evoluzione dell’Universo.

Nuovi Approcci di Studio.

L’identificazione dei filamenti intracluster nell’ammasso della Chioma suggerisce nuovi approcci di studio per esplorare la distribuzione e le proprietà della materia oscura. Questi approcci potrebbero includere l’utilizzo di tecnologie avanzate e telescopi sempre più potenti per esaminare altri ammassi di galassie e confermare la presenza dei filamenti di materia oscura.

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Conferma dei Modelli Cosmologici.

La scoperta dei filamenti di materia oscura all’interno dell’ammasso della Chioma fornisce ulteriori conferme ai modelli cosmologici attuali. Questi modelli prevedono l’esistenza di una vasta rete di filamenti che connettono gli ammassi di galassie, e la loro individuazione diretta contribuisce a consolidare la nostra comprensione dell’Universo.

Nuove Domande da Esplorare.

Allo stesso tempo, questa scoperta solleva nuove domande e sfide da esplorare. Gli scienziati potrebbero cercare di comprendere meglio la natura e le proprietà della materia oscura, nonché il suo ruolo nella formazione e nell’evoluzione delle strutture cosmiche su larga scala.

In conclusione, il rilevamento dei filamenti di materia oscura nella ragnatela cosmica rappresenta un importante passo avanti nella nostra comprensione dell’Universo. Questa scoperta apre nuove prospettive per la ricerca astronomica e cosmologica, e promette di fornire risposte fondamentali su alcuni dei misteri più profondi dell’Universo.

https://www.universo7p.it/rilevati-per-la-prima-volta-i-filamenti-di-materia-oscura-della-ragnatela-cosmica/spazio/

Scoperto il sito archeologico che svela i segreti dell’umanità. - Piero Luciani

 

Göbekli Tepe e Karahan Tepe: pilastri della storia umana.

La scoperta di Göbekli Tepe e Karahan Tepe ha suscitato un intenso interesse, stimolando la Turchia a valorizzare questi siti neolitici come simboli culturali globali e attrazioni turistiche. Il World Neolithic Congress, previsto per il 2023 a Şanlıurfa, e il progetto Taş Tepeler, con un finanziamento di 12 milioni di euro e un investimento di 20 milioni di dollari, testimoniano questo impegno. L’obiettivo è portare due milioni di turisti all’anno, esplorando dodici siti, tra cui quelli ancora sepolti. 

Le antichità di Göbekli Tepe e Karahan Tepe.

Göbekli Tepe e Karahan Tepe, risalenti a circa 12mila anni fa, sono significativamente più antiche di Stonehenge e delle Piramidi egizie. Hanno spinto gli studiosi a riconsiderare le teorie sul Neolitico, suggerendo che gli antichi umani fossero capaci di costruire strutture monumentali e di esprimere un’arte simbolica, nonostante mancassero di ruota, scrittura, agricoltura o domesticazione degli animali. Questi siti erano probabilmente centri di ritrovo per il commercio, la preghiera e la venerazione divina, anticipando la transizione dall’individualismo alla socialità e dalla vita nomade a quella sedentaria. 

Göbekli Tepe: un enigma da decifrare.

Nonostante Göbekli Tepe sia stato dichiarato sito Unesco, rimane un enigma. Le recenti scoperte, tra cui tracce di abitazioni e canali per l’acqua piovana, hanno sfidato l’idea che fosse un puro santuario rituale. Gli enormi monoliti a forma di T, alti fino a 5,5 metri e pesanti 30 tonnellate, sono disposti in otto recinti ovali coperti da un tetto circolare, con immagini di uomini e animali che suggeriscono un ambiente molto più verde rispetto all’attuale. 

Karahan Tepe: testimonianze di un’antica civiltà.

Karahan Tepe offre un panorama simile, con 266 obelischi a T, meno imponenti di quelli di Göbekli Tepe ma ugualmente significativi. Tra questi, spicca la scultura della probabile più antica testa umana scolpita nella storia. 

Il museo archeologico di Şanlıurfa: una finestra sul passato.

Il Museo archeologico di Şanlıurfa, il più grande della Turchia, offre una visione completa dal Paleolitico all’era ottomana. Include reperti da Göbekli Tepe e Karahan Tepe, come la riproduzione del recinto D di Göbekli Tepe e l’impressionante statua dell’Uomo di Urfa, datata 9.000 a.C., che rivela l’importanza della divinità maschile nel Neolitico. 


Göbekli Tepe e Karahan Tepe rappresentano non solo un tesoro archeologico ma anche una sfida alle teorie esistenti sull’evoluzione umana, proponendo una narrazione in cui la religiosità e la socialità precedono l’agricoltura e la sedentarizzazione. Queste scoperte continuano a sollevare domande fondamentali sulla nostra comprensione delle origini della civiltà umana.

https://www.tempoitalia.it/2024/02/magazine/scoperto-il-sito-archeologico-che-svela-i-segreti-dell-umanita/#:~:text=G%C3%B6bekli%20Tepe%3A%20un%20enigma%20da%20decifrare&text=Gli%20enormi%20monoliti%20a%20forma,pi%C3%B9%20verde%20rispetto%20all'attuale.

martedì 13 febbraio 2024

Xochicalco morelos, Mexico. -

https://www.facebook.com/photo?fbid=890916639704907&set=a.519572843505957

 








Xochicalco è un importante sito archeologico della cultura del periodo Epiclasico, situato nella parte occidentale dello stato messicano di Morelos circa 38 km a sud-ovest di Cuernavaca e ad un centinaio di km da Città del Messico

Il nome Xochicalco in lingua nahuatl significa "casa dei fiori".

Il periodo di massimo splendore di Xochicalco venne dopo la caduta di Teotihuacán, vi sono ipotesi che la città non fosse estranea alla caduta dell'impero di Teotihuacán.

Le principali costruzioni cerimoniali sono situate in cima ad un'altura con resti di edifici accessori (non ancora portati alla luce) nell'area circostante.

Il sito fu occupato nel 200 a.C., gli edifici più rilevanti vennero edificati fra il 700 e il 1000, la popolazione all'epoca era presumibilmente pari a circa 20.000 persone.

https://it.wikipedia.org/wiki/Xochicalco

Ritrovato metallo meteorico in alcuni reperti dell’età del bronzo. - Marco della Corte

 

I ricercatori hanno stabilito che due manufatti di un tesoro dell'Età del Bronzo scoperto in Spagna furono realizzati con metallo meteorico.

Alcuni di essi sarebbero stati realizzati con metallo meteorico. Certo, non è la prima volta che gli studiosi scoprono reperti antichi forgiati con ferro meteorico: nel corso della storia sono stati riportati alla luce coltelli, frecce, pugnali o gioielli modellati con del materiale extraterrestre.


Il ferro proveniente dai meteoriti era molto probabilmente considerato un dono degli dei nei tempi antichi e per questo motivo con esso erano costruiti esclusivamente oggetti utili in campo bellico, per la caccia o che fossero particolarmente preziosi. Da notare poi che nell’Età del Bronzo l’umanità non aveva ancora imparato l’estrazione dei minerali dalla roccia e la sua fusione e l’utilizzo di metallo meteorico non era certamente qualcosa di quotidiano, bensì esclusivo.

Il Tesoro di Villena e l’utilizzo di metallo meteorico in alcuni manufatti.

Il Tesoro di Villena consiste in una raccolta di ciotole, braccialetti e bottiglie realizzati con materiali preziosi quali oro, argento, ferro e ambra. Un patrimonio artistico consistente in ben 59 oggetti creati con i precitati metalli, per un totale di circa 10 kg, con 9 oggetti di oro a 23,5 carati.

La storia però non finisce qui, dato che, negli ultimi tempi, gli studiosi del Museo Archeologico Nazionale della Diriyah Gate Development Authority (Arabia Saudita) e del CSIC Institute of History hanno condotto una ricerca che ha svelato come almeno due manufatti del Tesoro siano stati prodotti con del metallo meteorico. Una scoperta che arricchisce la nostra consapevolezza riguardo alle arti e alla tecnologia a disposizione degli uomini dell’Età del Bronzo. 

Prima della scoperta della fusione, il ferro era considerato un metallo dal valore inestimabile e, di conseguenza, quello proveniente dai meteoriti era l’unico ferro di cui l’uomo poteva disporre per la creazione di manufatti come collane, armi e strumenti. Questo metallo meteorico è interessante, in quanto è composto da una lega formata da ferro e nichel, con una presenza maggiore del secondo, di solito superiore al 5% in peso. 

La ricerca si è concentrata in particolare sui precitati due oggetti del Tesoro: un braccialetto di ferro e quella che dovrebbe essere la parte superiore di un bastone o di uno scettro, ossia, una piccola semisfera cava ornata da una sottile lamina d’oro traforata. In seguito, i due manufatti sono stati inviati al Curt-Engelhorn-Centre of Archaeometry gGmbH per effettuare una spettrometria di massa.

I risultati degli esami hanno svelato come il cappuccio della semisfera era, con ogni probabilità, costituito da metallo meteorico, ovvero, da ferro meteorico. Per cercare di fugare qualsiasi dubbio è stata fatta una comparazione con la composizione globale del meteorite di ferro Mundrabilla, caduto sulla Terra circa un milione di anni fa. 

Gli autori dello studio hanno spiegato tramite alcune dichiarazioni riportate da StileArte“I dati disponibili suggeriscono che il cappuccio e il braccialetto sono i primi due pezzi attribuibili al ferro meteoritico nella Penisola iberica, compatibile cronologicamente con la tarda Età del Bronzo, ovvero, prima dell’inizio della produzione terrestre di ferro”.

Non solo il Tesoro di Villena. Sempre di recente, in Svizzera, l’attenzione degli studiosi si è concentrata su una punta di freccia realizzata con una scheggia ricavata da metallo meteorico durante la fine dell’Età del Bronzo. Si ipotizza che l’oggetto è stato ricavato probabilmente a freddo, tramite le tecniche di fresatura e di limatura. La cosa curiosa è che il meteorite in questione non sarebbe caduto nelle vicinanze. 

Secondo i risultati dei marcatori chimico-fisici, il metallo meteorico sarebbe stato portato in Svizzera dall’Estonia, dove sarebbe caduto proprio durante l’Età del Bronzo. Tale meteorite risulta essere compatibile da un punto di vista fisico e chimico con l’arma rinvenuta in territorio elvetico. 

https://reccom.org/metallo-meteorico-in-alcuni-reperti-delleta-del-bronzo/