martedì 19 aprile 2011

Berlusconi punta al duello finale "Scontro ormai inevitabile col Colle".



Il premier risponde al Quirinale: "I pm hanno passato il segno, non io. Se prevalessero i pm, sarei costretto a lasciare l'Italia". E attacca: "Napolitano non ha detto nulla sulle intercettazioni date alla stampa". Letta non media.
di FRANCESCO BEI
ROMA - La scudisciata lo colpisce mentre è in riunione, ad Arcore, con gli avvocati Ghedini e Longo. Gli portano le agenzie con l'intervento di Napolitano e Berlusconi, inforcati gli occhiali da lettura, scuote la testa indignato: "Non ho nulla di cui rimproverami, l'intervento che ho fatto a Milano lo pronuncerei di nuovo. E questo Lassini nemmeno lo conosco". Il premier dà ordine ai suoi di non replicare al Quirinale, silenzio assoluto, ma chi si fa interprete del pensiero del Cavaliere riferisce del duro sfogo contro il "doppiopesismo" che il capo dello Stato avrebbe usato nei suoi confronti. "Se c'è qualcuno che ha superato il limite sono i magistrati e da tempo. Eppure Napolitano non ha mai detto nulla, nemmeno quando hanno passato alla stampa quelle intercettazioni del presidente del Consiglio che avrebbero dovuto essere distrutte".

Insomma Berlusconi, anche se la diplomazia istituzionale gli impone di non commentare la lettera del presidente della Repubblica, in privato non fa nulla per nascondere la sua irritazione. Oltretutto, sebbene giuri di non sapere nemmeno "che faccia abbia" l'autore dei manifesti sui pm "brigatisti", il premier si sente chiamato in causa in prima persona da Napolitano quasi fosse il mandante dell'iniziativa. Per questo stavolta non farà marcia indietro, non abbasserà i toni come pure gli chiedono molte delle colombe del partito, a partire da Gianni Letta. Ormai, anche con il capo dello Stato, la linea scelta è quello dello scontro.

Non che Berlusconi lo cerchi, ma non si tirerà indietro: "Saranno i nostri elettori a rispondere a Napolitano". Il premier è convinto infatti di aver ingaggiato "l'ultima battaglia", quella che deciderà del suo destino senza possibilità di rivincita. "Se i pm dovessero prevalere mi spolperebbero, mi toglierebbero le aziende, dovrei lasciare l'Italia. Ma questo non accadrà mai". Il terreno dello scontro finale Berlusconi lo ha già individuato: sarà la legge sulla prescrizione breve, l'unica arma che lo metterà al riparo dalla sentenza Mills. Il capo dello governo, spiegano i suoi, non si fa illusioni, è convinto che Napolitano non promulgherà il provvedimento rispedendolo dritto in Parlamento. "Lo scontro con il Colle sarà inevitabile - pronosticano gli uomini del Pdl - e allora tanto vale creare il clima giusto. Perché l'intenzione di Berlusconi è quella di riapprovare la legge in quattro e quattr'otto, senza modificarla di una virgola".

La partita sulla giustizia s'intreccia strettamente con quella elettorale. Berlusconi è preoccupato dei sondaggi su Letizia Moratti, che sembra condannata a giocarsi il tutto per tutto al ballottaggio. Così ha deciso di polarizzare la campagna elettorale, giocando la carta del referendum tra sé e i pubblici ministeri. Un modo per mobilitare un elettorato del centrodestra deluso, tiepido verso il sindaco uscente, che potrebbe essere spinto al voto soltanto se sentisse il proprio leader in pericolo. È quello su cui punta Berlusconi, che non fa nulla per attenuare i toni contro i magistrati. "Nell'ultima settimana - riferisce un esponente del Pdl milanese - grazie ai comizi del presidente del Consiglio, la lista Pdl è cresciuta di quattro punti nei nostri sondaggi".

L'assaggio di questa escalation studiata a tavolino l'hanno avuto i corrispondenti delle più prestigiose testate internazionali (prima che apparissero i manifesti di Lassini sui muri di Milano), sui quali il Cavaliere ha "testato" la prima volta l'equazione pm=Br. In un lungo sfogo di quattro ore, che sarebbe dovuto restare off the record, Berlusconi aveva infatti usato parole del tutto identiche a quelle del suo "sconosciuto" attacchino milanese. Racconta uno dei giornalisti testimoni del monologo: "Sembrava indemoniato. Ci disse che le Brigate rosse usavano il mitra come i pm usano oggi il potere giudiziario. Anzi, aggiunse che l'attacco dei pm è persino più pericoloso per la democrazia rispetto a quello delle Br, perché viene portato da funzionari pubblici. Parlò di eversione". Giudizi che lasciarono basiti i giornalisti. Ora i più avveduti nel Pdl, vedendo avvicinarsi un conflitto istituzionale senza precedenti, cercano di gettare acqua sul fuoco. Maurizio Lupi sostiene ad esempio che "il richiamo di Napolitano è rivolto a tutti, non solo a noi. Non dimentichiamoci che il segretario dell'Anm disse che la maggioranza non era legittimata "moralmente" a fare la riforma della giustizia". Su Lassini poi la sentenza sembra già emessa. "Da Alfano a Moratti - dice Lupi - siamo tutti d'accordo nella condanna di quei manifesti". Lassini "se ne deve andare", commenta laconico Paolo Bonaiuti. Ma anche se Lassini - come sembra inevitabile - sarà costretto a lasciare la lista del Pdl, Berlusconi tirerà dritto nel suo attacco: "A Milano ci giochiamo tutto. Se vinco vado avanti fino al 2013".

http://www.repubblica.it/politica/2011/04/19/news/berlusconi_punta_al_duello_finale_scontro_ormai_inevitabile_col_colle-15118086/?ref=HREA-1


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