Ma davvero è solo una questione di conte, quanti deputati e quanti senatori? O di ambizioni frustrate di Gianfranco Fini? I numeri contano e conteranno, ci mancherebbe altro. E contano pure le ambizioni, che probabilmente portarono a suo tempo il presidente della Camera a convolare a nozze con il Cavaliere con leggerezza adolescenziale. Ma quel che sta venendo al pettine della Seconda Repubblica è qualcosa di più e di più duraturo. E’ il nodo di una destra conservatrice in culla che il paese non ha mai conosciuto. Che avrebbe dovuto prendere il volo quasi vent’anni fa, finalmente liberata dall’implosione dellaDc metà destra e metà sinistra.
E che invece è rimasta soffocata nelle spire mediatiche e finanziarie del progetto di potere personale di Silvio Berlusconi, con tutte le ricadute a noi vicine: l’alleanza privilegiata con la Lega, l’incontro posticcio tra nord e sud, l’eversione travestita da moderatismo, l’assalto all’arma bianca alla Costituzione, l’inciviltà del discorso pubblico, la rottura radicale tra i concetti di ordine e legge. La questione che si apre finalmente per la storia politica italiana è quella di potere disporre di una destra normale, fisiologica. Non la destra che piace alla sinistra, sia chiaro. Ma una destra che, vincendo, non pone problemi circa l’identità di fondo del paese. Una destra che non gonfia a forza di estrogeni ideologici le divisioni culturali, civili e politiche tra i cittadini. Che non mette in discussione i grandi principi della decenza istituzionale. Insomma, una partita vera. Che ci riguarda tutti.
Da il Fatto Quotidiano del 17 aprile