giovedì 17 ottobre 2013

Slot: una pagina vergognosa per Letta e il Pd. - Riccardo Bonacina

A fine agosto ne avevo scritto dicendo: "Questo no! Questo non è possibile! Sto parlando del decreto sull'Imu presentato ieri sera da Letta, Alfano e Saccomanni. E Mi riferisco al fatto che tra le voci a copertura dell'abolizione della prima rata Imu ci siano 600 milioni per una sanatoria prevista ai concessionari delle slot machine.
È un'indecenza", commentavo (per leggere l'articolo con dettagli della sanatoria ecco il link). Ma siccome al peggio non c'è mai fine, martedì la notizia di un ulteriore sconto di 100 milioni ai signori delle slot. Cosa volete che vi dica oggi? Per evitare parolacce e improperi ai nostri governanti vediamo di spiegare l'ennesimo orrore stando ai fatti.
Allora. La proposta di sanatoria contenuta nel decreto Imu, chiedeva di chiudere un contenzioso risalente al 2007 (contestati 98 miliardi di evasione) con una cifra del 25% di quanto la Corte dei Conti chiedeva ai concessionari slot, 2,5 miliardi di multa. Martedì un emendamento del governo, presentato in Aula alla Camera, sul Decreto Imu chiede di abbassare ulteriormente la percentuale al 20%.. Coloro che pagano subito il 20% del danno quantificato nella sentenza di primo grado potranno così chiudere subito il proprio contenzioso davanti alla Corte dei Conti.
Se i dieci concessionari decidessero di aderire, prosegue questa sarebbe la ripartizione con le multe rimodulate al 20%: Bplus 179 milioni, Cirsa Italia 24 milioni, Sisal Slot 49 milioni, Gtech 20 milioni, Gmatica 30 milioni, Codere 23 milioni, HBG 40 milioni, Gamenet 47 milioni, Cogetech 51 milioni e Snai 42 milioni. Per un totale, invece di 600 milioni di soli 500.
Una vera vergogna e la prova del nove della nullità della politica incapace di tenere a bada gli appetiti dell'industria più rampante d'Italia, quella dell'azzardo legale. La terza industria italiana!
Una politica che non riesce a stabilizzare una misura primaria e necessaria come il 5 per mille alle realtà non profit (questione, guarda un po' di 100 milioni), si inchina a imprese che come Gtech nel 2012 hanno realizzato super profitti, Gtech, ha avuto ricavi (netti di imposte indirette come il Preu) pari a 3 mld di euro, ebitda al 34% pari a 1 mld di euro e utile operativo pari al 17% (!) .
Una politica degna di questo nome avrebbe proposto una sanatoria corrispondente al 75-80% della multa e se le concessionarie non avessero aderito, si sarebbe automaticamente previsto di innalzare il Preu (questo avremmo voluto vedere scritto nell'emendamento di un governo serio), un sostituto di imposta (tassa unica sul gioco), tasse che non si vedono nei bilanci delle concessionarie perché è tassazione alla fonte ( New slot: 12,7 % Poker e simili online: 20% Giochi di abilità online 3%). Essendo tassa sostitutiva: il Preu assorbe ogni altra imposizione indiretta, quindi non pagano neppure l'Iva!
Invece, il governo Letta ha abbassato ancora un po' i propri pantaloni. E con lui anche il Parlamento che ha dato l'ok all'emendamento. Da segnalare, nel capitolo "Vergogna", il fatto che su 297 deputati del Pd solo 8 hanno votato no all'emendamento disobbedendo all'indicazione del Gruppo Parlamentare (Epifani che schifo, però!). Ecco i loro nomi in rigoroso ordine alfabetico: Lorenzo Basso, Bobba Luigi, Bragantini Paola, Cani Emanuele, Coppola Paola, Donati Marco, Senaldi Angelo, Tullio Mario.
Qualcuno, poi ha deciso di uscire dall'Aula per non prendere parte al voto, non sentendosi di andare contro l'indicazione del Gruppo Parlamentare ma neppure di dire sì all'emendamento della vergogna.
Ma l'arcano è presto spiegato:
La lobby del gioco e i soldi al pensatoio di Letta. - Ilario Lombardo

Il premier Enrico Letta


Roma - Tutto è incominciato con il servizio delle Iene sulle lobby che, secondo un collaboratore di un senatore, pagano alcuni parlamentari per fare pressioni e modificare le leggi in Commissione. Un assist perfetto, colto al volo dal Movimento 5 Stelle, che oggi si presenterà nell’aula di Palazzo Madama per denunciare «anni di intrecci di interessi tra la politica e la lobby del gioco». A leggere l’interrogazione sarà Giovanni Endrizzi, il senatore veneto che al Sert di Rovigo si occupa delle patologie generate dalla dipendenza dall’azzardo.
Il M5S chiederà l’attenzione del Parlamento soprattutto su un nome : Enrico Letta. Proprio il premier che nel 2011, quando era semplice deputato Pd, ha ricevuto una finanziamento come sponsor per il suo think tank VeDrò, da parte di Lottomatica e Sisal, due multinazionali dell’azzardo, la seconda dal 2010 presieduta dall’ex ministro di Prodi, Augusto Fantozzi. La cifra del contributo si aggira intorno ai 20 mila euro.

Sicilia, l’Eldorado dei baby pensionati: ricchi grazie a legge dell’era Cuffaro. - Giuseppe Pipitone

Sicilia, l’Eldorado dei baby pensionati: ricchi grazie a legge dell’era Cuffaro


Non c'è traccia di esodati o decreti che aumentano l'età minima pensionabile. Nel 2012 la Regione Sicilia ha sfornato ben 365 nuovi baby pensionati con assegni da quasi 7mila euro. E c'è chi, dopo la pensione, torna a lavorare come esperto o come assessore: tutto a spese dei contribuenti.
L’ultimo in ordine di tempo si chiama Giovanni Tomasello, ha 57 anni e di mestiere faceva il segretario generale dell’Assemblea regionale Siciliana. Da ieri si è unito alla pletora di baby pensionati sfornati ogni anno dalla Regione Sicilia: motivi di famiglia ha spiegato il super dirigente nella lettera al presidente del Parlamento regionale Giovanni Ardizzone.
La storia delle maxi pensioni dei dirigenti dell’Ars non è esattamente una novità. Il prestigio del Parlamento più antico d’Italia non può evidentemente morire dentro le mura di Palazzo dei Normanni, dove il decreto Fornero è rimasto, fino ad oggi, fuori dalla porta. Da queste parti non c’è traccia di esodati, decreti che aumentano l’età minima pensionabile ed altre amenità. C’è invece una leggina piccola piccola, che l’Ars varò nel 2005, quando il governatore era Salvatore Cuffaro. All’epoca, nessuno sospettava che l’allora presidente, poi condannato per mafia, avesse una naturale pulsione per accudire i poveri, e che anni dopo potesse finire presto a scontare la pena affidato ai servizi sociali alla missione Speranza e Carità di Biagio Conte.
Sarà per questo che quella norma minuscola approvata dal parlamento siciliano individuava nell’ultimo stipendio percepito la base pensionabile dei dipendenti della Regione Sicilia. Una bella fortuna per Felice Crosta, che dopo pochi mesi a capo dell’Agenzia per i rifiuti è andato in pensione alla modica cifra di 41 mila euro al mese, ovvero 1400 euro al giorno. Quel mezzo milione di euro di pensione fece il giro d’Italia con il risultato che la Corte dei Conti decise di alleggerire l’assegno annuale di Crosta ad “appena” 219 mila euro. Queste però sono storie di pensioni normali. O meglio, pensioni d’oro, anzi di platino, riconosciute a persone che hanno più o meno raggiunto l’età pensionabile. Perché la Sicilia è anche, e forse soprattutto, terra di pensionati baby, ancora in forma, e in grado di essere attivi su più fronti, mentre percepiscono assegni a sei cifre dalla collettività.
Un esempio? Pier Camillo Russo di mestiere faceva il segretario generale della Regione Siciliana, fino a quando chiese di andare in pensione ad appena 47 anni. Il motivo? Doveva accudire il padre malato. Poco male, perché grazie ad un altro paio di leggine, la 104 del 1992 e la 335 del 1995, i dipendenti pubblici con familiari che versavano in gravi condizioni di salute potevano chiedere e ottenere di andare in quiescenza. Chiaramente addolorato, Russo era diventato pensionato della Regione Sicilia e con un assegno di quasi settemila euro al mese poteva dedicarsi ad accudire il padre. Poco dopo però ci ha ripensato, accettando l’invito dell’ex governatore Raffaele Lombardo ad entrare in giunta come assessore all’Energia: pensionato baby della Regione Sicilia e amministratore della stessa in un colpo solo. Il caso di Russo, però, non è l’unico. Anzi i pensionati baby, all’ombra di Mamma Regione, non si contano più. Solo nel 2012, secondo la Corte dei Conti, i dipendenti andati in pensione ben prima dell’età pensionabile sono ben 365: tutti ben remunerati da un sostanzioso assegno mensile. Perché in Sicilia niente deve mai essere esiguo, nemmeno le pensioni degli ex dipendenti andati a riposo ancora quarantenni.
Un ex direttore generale percepisce ogni mese di pensione 6.420 euro, mentre un dirigente si ferma a quota quattromila. Cifra aumentate esponenzialmente negli ultimi anni, dato che nel 2008 la pensione di un direttore generale si fermava a cinquemila euro al mese, il trenta per cento in meno rispetto ad oggi. Cifre che incidono e non poco sul bilancio regionale: nel 2012 i pensionati della Regione Sicilia erano infatti 16.377 e costavano alle casse isolante 656 milioni di euro all’anno, circa il dieci per cento dei sei miliardi di debiti che – sempre secondo la corte dei conti – gravavano sui bilanci di Palazzo d’Orleans a fine 2012.
Senza contare che il Fondo Pensioni della Regione, che gestisce gli assegni per i pensionati, costa da solo altri 385 mila euro all’anno. Ma non è tutto. Perché Pier Camillo Russo non è l’unico ad aver fatto marcia indietro, volendo continuare a servire la collettività anche dopo la pensione. Cosimo Aiello, per esempio, era andato in pensione a 51 anni per assistere la madre malata. Grazie alla nomina a capo di gabinetto, arrivata provvidenzialmente poco prima della pensione, poteva contare un assegno mensile invidiabile. Il lavoro però è sacro e non è facile separarsene facilmente. Ecco quindi che Aiello, subito dopo la pensione, ha iniziato a collezionare incarichi: consulente del Teatro Bellini di Catania alla modica cifra di 48 mila euro, commissario dell’orchestra sinfonica siciliana, commissario dell’Ersu (l’ente che assegna le borse di studio agli universitari), più la nomina a commissario dell’ente portuale di Catania, poltrona che secondo Il Sole 24 Ore varrebbe ben centomila euro al mese. Tutto questo mentre continuava a percepire la pensione, che gli era stata concessa a causa delle gravi condizioni in cui versava la madre. Un vizio tipico dei baby pensionati della Regione Sicilia: escono dalla porta e rientrano dalla finestra. Tutto a spese dei contribuenti.
La pensione dell’ex gran commis di Palazzo dei Normanni, quindi non ha niente a che vedere con le minime da 500 euro perché così dice la legge siciliana. Lo stesso trattamento sarà riservato al suo successore, Sebastiano Di Bella, subito nominato dallo stesso Ardizzone, che ne avrà evidentemente apprezzato le doti, dato che lo ha già avuto alle sue dipendenze come capo di gabinetto. E se il nuovo segretario generale dell’Ars, essendo già sulla sessantina, ha messo nel mirino la maxi liquidazione, il predecessore di Tomasello, Gianliborio Mazzola, nel 2007 era riuscito a fare perfino di meglio, incassando una buonuscita da un milione e settecento mila euro. Lapidario il commento dell’allora presidente di Palazzo dei Normanni Gianfranco Micciché. “Quando ho firmato la sua liquidazione, mi sono sentito un deficiente ”. E chissà come si saranno sentiti tutti gli altri siciliani, quelli che devono aspettare i 67 anni d’età per per avere poche centinaia di euro al mese.

Studentessa in auto blu. - Accursio Sabella

Studentessa in auto blu

Nelli Scilabra ieri ha votato alla Facoltà di giurisprudenza per il rinnovo degli organi dell'Ateneo. Ma per raggiungere l'università ha usato la vettura di servizio, scatenando la protesta di alcuni colleghi-studenti. La replica: "L'auto doveva accompagnare l'assessore in aeroporto, in vista di un impegno al ministero. Quella sosta era di passaggio".

PALERMO - L'auto blu si ferma davanti al portone principale della facoltà di Giurisprudenza, in via Maqueda. Poi parcheggia in piazza Bellini. Attenderà per qualche minuto il ritorno del passeggero “illustre”. Da quell'auto, in effetti, pochi minuti prima era sceso uno studente “eccellente”. In Facoltà per esprimere la propria preferenza per il rinnovo del consiglio di corso di laurea. Ma a molti dei colleghi d'Università, quella scena, non è andata giù.
Già. Perché lo studente, anzi, la studentessa in questione è Nelli Scilabra, assessore regionale alla Formazione e all'istruzione. E fino a pochi mesi fa, leader di uno dei movimenti studenteschi universitari, la “Rum”. Il componente della giunta di Crocetta fa la sua comparsa tra i corridoi e i cortili che fanno da qualche anno da scenografia alla sua carriera universitaria, ancora in corso. Una “parentesi scolastica”, quella di ieri, tra i tanti impegni di governo. Una “puntatina” in Facoltà, prima di salire su un aereo, destinazione Roma. Appuntamento al Ministero dell'Istruzione.
Ma, come detto, l'utilizzo dell'auto di servizio ha fatto storcere il naso ad alcuni tra gli studenti presenti. Alberto Di Benedetto, ad esempio, frequenta Scienze politiche ed è dirigente di 'Azione Universitaria'. “Mi stavo recando alla facoltà di giurisprudenza per raccogliere alcuni documenti – racconta – quando ho visto arrivare l'auto blu, con tanto di lampeggiante acceso, e quindi scendere dall'auto l'assessore Nelli Scilabra”. Un'immagine subito raccontata sul profilo di Facebook, con tanto di caustico commento: “Vai a lavorare”.
“Non capisco – aggiunge però Di Benedetto - per quale motivo abbia dovuto usare l'auto blu per recarsi a votare. In quel momento, Nelli Scilabra non era un assessore, ma una semplice studentessa. E ci pare davvero assurdo che queste cose accadano proprio in un periodo nel quale siamo bombardati da annunci e spot su presunte 'spending review'”. Ma il sentimento esternato dallo studente di Scienze politiche non è un fatto isolato. Altri studenti, presenti alla facoltà di Giurisprudenza, però, preferiscono non rendere noto nome e cognome. Ma confermano: “Sì, l'assessore è arrivata dopo le nove, è scesa dall'auto blu, ha votato ed è andata via velocemente”.
Nessuno scandalo, però, secondo l'assessorato. Dallo staff di Nelli Scilabra, infatti, ecco la spiegazione: “L'assessore – precisa il capo della segreteria particolare, Alessandro Balsamo - semplicemente questa mattina era in partenza per Roma, per impegni istituzionali al Miur. L'assessore – prosegue - abita a poche centinaia di metri dalla Facoltà di Giurisprudenza, pertanto l'auto di servizio è passata a prenderla alle 9 del mattino, un brevissima tappa in Facoltà che veniva di passaggio e poi è corsa in aeroporto per prendere il volo alle 10. Nessuno scandalo, nessun abuso ma la semplice volontà dell'assessore di esercitare il proprio diritto di voto alle elezioni universitarie. Mi fa sorridere - aggiunge Balsamo - che Nelli Scilabra possa essere il bersaglio di una caccia al privilegio, quando in molte occasioni mi ritrovo personalmente a darle passaggi con la mia scassatissima e impolveratissima Citroen C2 nera, altro che casta...”. Un racconto che si scontra con la versione dei fatti fornita da altri studenti. “Non è la prima volta che quell'auto blu arriva a giurisprudenza per accompagnare l'assessore”. O meglio, la studentessa.


http://m.livesicilia.it/2013/10/17/sudentessa-auto-blu-scilabra-universita-elezioni_389098/

Formazione, caccia ai soldi spariti spunta anche una villa in Florida. - Michela Giuffrida



La Procura di Catania valuta una rogatoria internazionale per seguire flussi di denaro e proprietà di beni all'estero. I pm stanno valutando l'ipotesi una rogatoria internazionale per seguire flussi di denaro e proprietà di beni, ad esempio per una villa a Miami che sarebbe stata nella disponibilità di uno degli indagati.

Ma dove sono finiti i nove milioni di euro  -  ed è una stima al ribasso  -  drenati a fondi regionali e comunitari dagli enti di formazione professionale travolti dall'inchiesta della Procura di Catania? E il milione e mezzo che, sempre secondo gli investigatori, Giuseppe Saffo avrebbe intascato personalmente? Com'è possibile che in cinque anni i quattro enti gestiti in famiglia  -  madre e figlio, zio e nipote, e rispettive mogli  -  siano riusciti con tanta sistematica semplicità a ottenere quasi sessanta milioni di euro di contributi? Stipendi e privilegi di dipendenti "eccellenti" avevano una contropartita? Saffo & c. agivano da soli o per conto terzi? A chi dovevano rispondere a fronte della "incredibile disinvoltura " che attribuiscono loro i magistrati?

Eccoli, gli interrogativi sui quali stanno lavorando Giuseppe Gennaro e Alessandro La Rosa, titolari dell'inchiesta, coordinata dal procuratore Salvi e dall'aggiunto Patanè, che lunedì a Catania è sfociata in dieci arresti. E alcune delle tracce, nel senso più tangibile del termine, porterebbero oltre lo Stretto, addirittura all'estero. Tanto che si starebbe valutando una rogatoria internazionale per seguire flussi di denaro e proprietà di beni, ad esempio per una villa a Miami, in Florida, che sarebbe stata nella disponibilità di uno degli indagati. Altri indizi portano invece a Palermo. Perché  -  e tornano gli interrogativi  -  nessuno si è accorto, dagli uffici periferici alle stanze di vertice dell'assessorato, di quanto avveniva a Catania?Omissioni, coperture?

Di certo c'è che quello di lunedì era un blitz annunciato, che ha posto fine a uno stillicidio  -  per gli indagati  -  che andava avanti da oltre due anni. Da quando  -  a luglio del 2011  -  i finanzieri sbarcano al lido Graziella-Le Palme. Lo stabilimento balneare, ritrovo chic sul lungomare della Plaia, è considerato dagli inquirenti "la base operativa del malaffare". Qui, nella cassaforte dell'ufficio di Giuseppe Saffo, imprenditore del settore balneare e personaggio chiave dell'indagine, i finanziari sequestrano documenti, custoditi nella memoria di un computer, che lasciano poco all'immaginazione. Ma anche decine e decine di assegni. Come quelli  -  circolari  -  firmati da Saffo senza essere neppure collegati al pagamento di fatture. O come quelli che  -  all'interno della medesima banca  -  nella stessa giornata e solo con qualche minuto di distanza, venivano prima emessi dalla banca in suo favore e poi da lui incassati proprio allo sportello accanto. "Una condotta incredibile", ripeteva nel giorno degli arresti il sostituto Giuseppe Gennaro.

Come apparentemente incredibile è il continuo travaso di denaro tra gli appartenenti al clan familiare (mogli, mamma, zio, nipote) che firmavano assegni gli uni in favore degli altri. Perché? "Spregiudicato" viene definito pure l'operato di Maria Trovato, dipendente dell'Ispettorato provinciale del lavoro. Ieri la donna  -  i cui due figli hanno lavorato a più riprese negli enti sottoposti al suo controllo contabile  -  è stata interrogata. Ma non ha chiarito gli ok dati a una trentina di progetti la cui rendicontazione era incompatibile con l'erogazione dei fondi europei. Accertamenti che adesso si spostano a Palermo. Dove, nel 2011, i finanzieri avevano già prelevato materiale negli uffici dell'assessorato alla Formazione, trovando roba interessante soprattutto sull'Iraps.

Uno stillicidio, si diceva. E così lo ha definito ieri  -  per altri versi  -  anche Raffaele Lombardo. L'ex presidente della Regione, al palazzo di giustizia per l'udienza del processo che lo vede imputato di concorso esterno in associazione mafiosa, non ha commentato il coinvolgimento della sorella, Angela Lombardo, avvocato, alla quale l'Anfe ha corrisposto complessivamente 120 mila euro di stipendi. Né della cognata, Francesca Padella, retribuita per 66 mila euro. Entrambe figurano nella lista che i magistrati hanno indicato come quella dei "dipendenti immaginari" di Anfe e Iraps. Saveria Grosso, tirata in ballo da indiscrezioni giornalistiche, ieri tremava di rabbia, al fianco del marito Raffaele Lombardo. "Ma di che stiamo parlando? Io entro all'Enap  -  ha spiegato la signora  -  poi sciolto, nel 1986. Nel 2001 prendo un periodo di aspettativa non retribuita, non sono più rientrata, e nel 2009 mi è stato notificato il licenziamento ". Di "aspettativa non retribuita" parla pure Marcello Pulvirenti, inserito tra gli assenteisti eccellenti dell'Anfe, storico consulente-segretario dell'ex sindaco di Catania Raffaele Stancanelli: "Non mi sono mai assentato dall'Anfe per lavorare al fianco di Stancanelli, ero in aspettativa".


http://palermo.repubblica.it/cronaca/2013/10/17/news/formazione_caccia_ai_soldi_spariti_spunta_anche_una_villa_in_florida-68775454/

Leggi anche:

http://www.siciliainformazioni.com/sicilia-informazioni/58684/formazione-scandalo-senza-confini-la-testa-del-serpente-e-a-palermo

Mafia: processo trattativa, Napolitano citato come testimone.


http://luniversale.it/wp-content/uploads/2013/05/giorgio-napolitano2.jpg

Palermo, 17 ott.- (Adnkronos) - Il Presidente della Repubblica deporra' come testimone al processo per la trattativa tra Stato e mafia. 
Lo hanno deciso i giudici della Corte d'assise di Palermo, presieduta da Alfredo Montalto, che hanno cosi' accolto, seppure in parte, la richiesta avanzata nelle scorse udienze dal pm Nino Di Matteo. 
Il Capo dello Stato Giorgio Napolitano era stato citato dai pm per riferire in aula sulle "preoccupazioni espresse dal suo consigliere giuridico Loris D'Ambrosio nella lettera del 18 giugno 2012 - si legge nella richiesta della Procura di Palermo - concernenti il timore di D'Ambrosio 'di essere stato considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi', e cioe' nel periodo tra il 1989 e il 1993".

14 euro in più in busta paga. - Marco Pomar



Lavoratore italiano: vai in concessionaria, guarda gli ultimi arrivi. 
Vedi se la nuova Punto è disponibile, se ci sono tutti gli opzional. Se non ci sono gli opzional, desisti. 
Poi passa dall’agenzia di viaggi. Vedi se con questi soldi in più riesci a farci una vacanza seria con tutta la famiglia. Se ci sono offerte le prendi al volo. Se no, desisti. 
Poi, coi soldi in più che ancora rimangono, passa dal centro commerciale. Prendi un nuovo televisore in 3D. Che sia però in 3D sul serio. Accendilo, se vedi Brunetta a grandezza naturale lo prendi, se no desisti. 
Alla fine delle spese in più, vai a Palazzo Chigi. Aspetta fino a quando non passa Letta, o Alfano, è uguale. Gli sputi in un occhio. Che sia l’occhio aperto, però. Se no desisti.


https://www.facebook.com/pomar.marco/posts/10202160920087072

mercoledì 16 ottobre 2013

Legge di Stabilità, il taglio di cuneo fiscale promesso da Letta diventa una mancia. - Stefano Feltri

Legge di Stabilità, il taglio di cuneo fiscale promesso da Letta diventa una mancia

Il premier evita il temuto intervento sulla Sanità, ma lo stimolo all'economia si riduce a poche decine di euro all'anno. Ma Pd e Pdl sono contenti. Mentre la nuova Service Tax, Trise, colpirà anche gli inquilini oltre che i proprietari. Previste inoltre 500 milioni di tagli alle detrazioni e deduzioni.

Enrico Letta riesce nel suo obiettivo principale: non scontentare nessuno nel passaggio più difficile di queste settimane, l’approvazione della legge di Stabilità, un intervento di politica economica che prevede oneri per lo Stato di 11,9 miliardi in tre anni (fino al 2016) e nel complesso smuove 27,3 miliardi. “La manovra non toglie nulla alla Sanità e fa scendere tasse per famiglie e imprese”, annuncia in una conferenza stampa convocata a metà della riunione del Consiglio dei ministri, in tempo per i tg della sera. Al suo fianco torna Angelino Alfano, vicepremier del Pdl, felice di poter vantare i risultati del suo ruolo di“sentinella delle tasse”. Sono tutti contenti: la stangata diventa una spolverata di rigore con accenni di spesa per scavallare almeno la scadenza della mezzanotte, termine per mandare la bozza della legge di Stabilità alla Commissione europea a Bruxelles che farà un’esame preliminare prima del Parlamento.
Letta aveva preso un impegno: questa legge di stabilità dovrà essere ricordata per un forte intervento sul cuneo fiscale, cioè sul carico di tasse e contributi che pesa sulla busta paga del dipendente e sul datore di lavoro. Nelle simulazioni della vigilia si parlava di 4-5 miliardi all’anno con benefici – a spanne – di 200 euro a lavoratore. Ma l’intervento sarà minimalista: 10 miliardi in tre anni, nel 2014 soltanto 2,5 così ripartiti: 1,5 per ridurre l’Irpef per le fasce di reddito medio basse (e si capirà più avanti quali), cifra che sale a 1,7 e 1,8. Ci sono poi 40 milioni per ridurre l’Irap quota lavoro e 1 miliardo a vantaggio delle imprese, come intervento sui contributi sociali. Alla fine il beneficio per i lavoratori sarà di poche decine di euro all’anno, a meno che la platea dei beneficiari venga così ridotta da rendere il regalo fiscale più consistente anche se riservato a pochi intimi. Comunque l’impatto sull’economia sarà poco percepibile, infatti protestano sia la Confindustria che i sindacati, entrambi concordi sul fatto che lo stimolo alla crescita non produrrà effetti sensibili.
Ma non importa, perché riducendo le ambizioni sul cuneo, Letta è riuscito a evitare i tagli alla Sanità di cui si parlava nelle bozze della manovra: 4,5 miliardi di euro che avevano fatto protestare il ministro della Salute Beatrice Lorenzin e tutte le categorie coinvolte. Niente tagli, dunque, con il Pd che si tranquillizza perché l’effetto si sarebbe sentito soprattutto nelle Regioni del centro-nord, come Toscana ed Emilia (c’è però un miliardo di euro di riduzione dei trasferimenti dallo Stato alle Regioni, un taglio che secondo il premier peserà soltanto sulle spese di funzionamento, cioè sulla “macchina”). In quota centrosinistra vanno anche tutti gli interventi sociali: il blocco dell’aumento dell’Iva per le cooperative e il rifinanziamento dei fondi per la non autosufficienza (250 milioni). Nel 2014, dice il documento del governo, ci saranno 6,4 miliardi di euro per “azioni sociali, progetti di investimento e impegni internazionali”.
Il Pdl può intestarsi la “vision della manovra”, come dice Alfano, cioè “meno spesa e meno tasse”. Letta usa la sua ormai consolidata tattica di comunicazione retorica: l’elenco. Cita tutto, incluse misure solo futuribili come la tassazione dei capitali italiani in Svizzera sulla base del lavoro della commissione guidata dal pm Francesco Greco, il cui lavoro è pronto da mesi ma finora ignorato dall’esecutivo, e un piano di privatizzazioni i cui contenuti sono sempre vaghi. Glissa invece con una certa abilità sui dettagli della tassazione immobiliare: è ormai chiaro che la Service Tax, che ora si chiamaTrise, sarà pesante, che colpirà anche gli inquilini oltre che i proprietari e che dovrebbe coinvolgere anche la prima casa (nessuno sa, inoltre, da dove arriveranno i 2,4 miliardi necessari a evitare il pagamento della rata Imu di dicembre). Ma al Pdl l’argomento non è congeniale, quindi Letta evita di approfondire. E i 500 milioni di tagli alle tax expenditures, cioè detrazioni e deduzioni, si potrebbero anche chiamare “aumenti delle tasse”, ma Letta non usa formule così brutali.
“Le ultime misure dell’Italia sembrano andare nella direzione giusta”, aveva detto il commissario europeo Olli Rehn alla vigilia del Consiglio dei ministri, a marcare una certa benevolenza dell’Europa. Lo dimostra il fatto che Letta si impegna a spendere 3 miliardi senza coperture. Lui e Saccomanni lo presentano come una mossa frutto dell’uscita dalla procedura d’infrazione europea, un premio ai nostri sforzi. In realtà si tratta semplicemente di spesa in deficit, quella che abbiamo fatto per decenni: il deficit in rapporto al Pil nel 2014 salirà da 2,3 a 2,5. E così si trovano 3 miliardi. Ma la procedura d’infrazione non c’entra molto, il merito è del governo di Mario Monti che ha lasciato in eredità un deficit 2014 abbastanza lontano dalla soglia di guardia del 2,9 per cento da lasciare spazio per interventi di spesa come quello voluto da Letta.
Dietro gli slogan restano molte domande. La prima è se l’Europa riterrà sufficienti le coperture. L’altra – sollevata da Confindustria – è se questi interventi sono sufficienti a spingere la crescita. Il ministro Saccomanni si sbilancia: “Non cresceremo a ritmi cinesi, ma possiamo arrivare al 2 per cento”. Sembra tanto, ma il governo aveva già stimato prima della manovra un Pil a + 1,7 per cento nel 2015 e + 1,8 nel 2016. Quindi, di fatto, anche Saccomanni ammette che la manovra non servirà a molto.