lunedì 4 novembre 2013

AUTUMN, 3 ANNI, UCCISA DALLA MAESTRA ALL'ASILO: "NON SI ERA TOLTA IL CAPPOTTO" - Silvia Natella

Autumn Elgersma (Facebook)

NEW YORK - Gettata a terra come un oggetto, ma Autumn Elgersma era una bambina di soli tre anni, uccisa da chi avrebbe dovuto prendersi cura di lei solo perché non si era tolta il cappotto. 
La bambina, dello Stato dell'Iowa, è morta in seguito alle ferite riportate alla testa dopo che la sua maestra d'asilo nido, la trentatreenne Rochelle Lynn Sapp, l'ha gettata a terra perché non aveva obbedito.
La donna, in un primo momento, aveva raccontato alla polizia che la piccola era caduta da una rampa di scale. La versione non aveva convinto gli inquirenti perché le lesioni non corrispondevano al tipo di caduta. Messa alle strette ha confessato ed è ora accusata di omicidio colposo.
Per la bambina non c'è stato nulla da fare e neanche la corsa in elicottero le ha salvato la vita. Una volta giunta in ospedale le è stato diagnosticata una frattura del cranio con trauma cerebrale. Autumn è morta in ospedale dopo due giorni di agonia, mentre la Sapp
è stata arrestata.


http://www.leggo.it/NEWS/ESTERI/uccisa_autumn_elgersma_maestra_cappotto_iowa/notizie/349886.shtml

Dovremmo pretendere che chi assolve il compito di prendersi cura dei nostri bambini sia persona preparata, preposta e idonea allo scopo. E' esecrabile che chiunque possa gestire un asilo pur non essendo in possesso dell'idoneità e della pazienza necessarie allo scopo.

Ecco i 30 nomi degli esseri umani morti in carcere dal giorno in cui Giulia Ligresti è tornata a casa, fino a oggi. - Sergio Di Cori Modigliani



"Sono intervenuta per una detenuta che rischiava di morire, non siamo tutti uguali davanti alla legge? Escludo che ci siano detenuti di serie A e di serie B. Rispondo sempre a chiunque mi telefoni per sollecitarmi un caso importante".
                                      Ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, 2 novembre 2013


Un morto suicida ogni settimana, un morto per malattia (vaga e indefinita) ogni dieci giorni.
L'Unione Europea, dopo aver capito che l'Italia non soltanto non avrebbe mai risolto ma neppure risposto alle continue sollecitazioni per risolvere la cosiddetta "emergenza carceri" ha avviato regolare procedura di infrazione grave -con pene pecuniarie pesantissime e immediate- contro la Repubblica Italiana, nazione definita "totalmente negligente" nell'applicare i parametri base di rispetto umano di una società civile.
In Europa, l'Italia è considerata una nazione autoritaria che pratica la tortura.
Vedi caserma Diaz, più di dieci anni fa.
C'è chi, in Europa, vuole portare il caso al Consiglio Europeo, alla Commissione Europea e al Parlamento di Strasburgo per denunciare la Repubblica Italiana per "crimini contro l'umanità".

Ecco, qui di seguito, i nomi dei deceduti per suicidio o perchè privi di adeguata assistenza sanitaria nei penitenziari dove erano stanziati dal luglio del 2013 a oggi, da quando Giulia Ligresti ha goduto di un "beneficio di carattere umanitario" (e come persona sono davvero contento per lei perchè è stata salvaguardata la sua salute privata).
Sono 30 esseri umani.
Non erano stati condannati a morte perchè la pena capitale è stata abolita in tutte le 28 nazioni della Unione Europea.
Eppure sono morti.
Nessuno si è occupato di loro.

Corso Egidio 81 anni 26-ott-13 Malattia, carcere di Ferrara

Italiano anonimo 43 anni 20-ott-13 cause "ancora da accertare" carcere di Avellino
Nuvoletta Angelo 71 anni 20-ott-13 Malattia, carcere di Parma
Occania Amedi 41 anni 19-ott-13 cause "ancora da accertare" carcere di Teramo
Nahri Said 33 anni 17-ott-13 Suicidio, carcere di Pesaro
Simsig Giulio 50 anni 17-ott-13 Suicidio, carcere di Trieste
Vadalà Antonino 61 anni 16-ott-13 Malattia, non specificata nè definita, carcere di  Secondigliano
Caccianti Sergio 82 anni 15-ott-13 Malattia, carcere di Roma Rebibbia
Valpiani Davide 49 anni 13-ott-13 Suicidio, carcere di Perugia
Asslamal Fouad 37 anni 23-set-13 cause "ancora da accertare" carcere di Livorno
Pellecchia Raffaele 55 anni 17-set-13 Malattia, carcere di Avellino
Faliero Vincenzo 43 anni 17-set-13 cause "ancora da accertare" carcere di Civitavecchia (RM)
Tunisino Anonimo 43 anni 16-set-13 Cause "ancora da accertare" carcere di Spoleto (Pg)
Continanza Nicola 39 anni 16-set-13 Cause "ancora da accertare" carcere di Bologna
Paiusti Francesco 66 anni 15-set-13 Malattia, carcere di Salerno
Ler Fulvio 53 anni 9-set-13 cause "ancora da accertare" carcere di Salerno
Panariello Angelo 64 anni 5-set-13 Suicidio, carcere di S. Angelo d. L. (Av)
Mokhar Ahmed Mohamed 24 anni 4-set-13 Suicidio, carcere di Caltanissetta
Spuzic Resad 35 anni 3-set-13 cause "ancora da  accertare" Siena
Mariani Walter Luigi 58 anni 31-ago-13 cause "ancora da accertare" carcere di Opera (Mi)
Suladze Shota 29 anni 28-ago-13 Suicidio, carcere di Taranto
Daoudi Abdelaziz 21 anni 16-ago-13 Suicidio, carcere di Padova Circondariale
Italiano Anonimo 51 anni 13-ago-13 Suicidio, carcere di Prato
Anaki Moustapha 31 anni 10-ago-13 causa "ancora da accertare" carcere di Crotone (Cie)
Viorel Neicu 30 anni 1-ago-13 Malattia "ancora da definire" carcere di Sassari
Vignoli Mario 66 anni 29-lug-13 Suicidio, carcere di Cremona
Marsala Giovanni 40 anni 28-lug-13 Suicidio, carcere di Velletri (Rm)
Bottini Piero 53 anni 25-lug-13 Suicidio Roma, carcere di Rebibbia
Maragkos Nikolaos 53 anni 21-lug-13 Suicidio, carcere di Rossano (CS)
Tunisino Anonimoo 40 anni 3-lug-13 Suicidio carcere di Napoli Secondigliano

In memoriam.

ZONA FRANCA. - Giorgio Mottola

Zona franca

I commessi del Senato sono tra i pochi lavoratori che in Italia possono andare in pensione a 53 anni. 
Nel 2012 Palazzo Madama aveva elevato i limiti dell’età pensionabile dei suoi dipendenti adeguandola a quella del resto del Paese. 
Ma, leggendo tra le righe, si scopre che l’obbligo riguarda appena 50 dipendenti su 840. E intanto lo scorso luglio c’è chi ha provato andare in pensione persino a 52 anni.

http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-57822e32-c183-4f75-99bc-4e3749af3787.html

Quadri trovati a Monaco, domani conferenza stampa procura.


      AFP

Berlino, 4 nov. (TMNews) - Bisognerà attendere fino a domani per sapere qualcosa di più sulla sensazionale scoperta fatta nel 2011 tra i rifiuti e il disordine in un appartamento di Monaco di Baviera: 1.500 opere d'arte fra cui dei Picasso, dei Matisse e dei Chagall, numerose delle quali verosimilmente provenienti dalla spoliazione degli ebrei da parte nazista. La procura della città bavarese di Augusta, a cui competono le indagini sul caso, ha convocato per domani una conferenza stampa sulla vicenda che, prima della rivelazione ieri del settimanale Focus che è riuscito a mettere le mani sui fascicoli dell'inchiesta, era stata tenuta per oltre due anni sotto silenzio.

Anche il governo ha mantenuto il segreto il più possibile, probabilmente per l'immenso compito che rappresenta l'identificazione delle opere e la ricerca della loro origine o dei loro proprietari. Dopo la rivelazione, l'esecutivo ha solo ammesso di essere al corrente "da diversi mesi" della scoperta fatta dai doganieri del capoluogo bavarese. Il governo "ha aiutato gli inquirenti fornendo esperti di arte 'degenerata' e di opere rubate dai nazisti", si è limitato a spiegare oggi il portavoce dell'esecutivo berlinese, Steffen Seibert, nel consueto incontro del lunedì con la stampa. (segue, con fonte Afp)


http://www.tmnews.it/web/sezioni/esteri/quadri-trovati-a-monaco-domani-conferenza-stampa-procura-PN_20131104_00118.shtml

Può funzionare l'ASL?



Si, se si trova, in un giorno fortunato, l'impiegata esperta, brava, soddisfacente.
Dopo le vicissitudini passate, ci siamo apprestati ad affrontare un'altra giornata gravosa, consapevoli di dover perdere il nostro tempo, magari inutilmente.
Con nostra grande sorpresa, invece, oggi non abbiamo perso i tempi d'attesa ai quali eravamo abituati e, pertanto, preparati; non abbiamo dovuto rimandare all'indomani, come era spesso capitato, ed abbiamo anche avuto la fortuna di trovarci davanti un'impiegata molto preparata, esauriente, e....veloce nel saper usare la macchina infernale: il pc.
Abbiamo risolto il nostro problema con tranquillità usufruendo di un ottimo servizio.
Non capita spesso, ma quando capita, va menzionato.
Grazie di cuore a chi svolge il suo lavoro con coscienza e preparazione.


CDG. 

Io speriamo che me la cavo...



https://www.facebook.com/photo.php?fbid=248129835340958&set=a.100152170138726.130.100004318290153&type=1&theater

Lo «scivolo d’oro» dei militari italiani. - Goffredo Buccini





Per i cinquantenni esenzione dal servizio di 10 anni con l’85% di stipendio. Resta anche il diritto alla pensione piena.


L’appuntamento è in un bar di largo Argentina: a due passi dai palazzi dove si disegna proprio in questi giorni la nuova faccia delle nostre forze armate. 
Il vecchio ufficiale, ora «consulente istituzionale», chiede l’anonimato bevendo caffè lungo e ben zuccherato: «Sa, ho l’amaro in bocca». Sembra in imbarazzo: «La facciamo, sì, la riforma, ma la scarichiamo sulle spalle degli italiani». Tira fuori le carte. «Mi dica lei se in un Paese di esodati e precari possiamo portare avanti un testo del genere: è uno scivolo d’oro, come diavolo si fa a spiegarlo alla gente?».

La riforma delle riforme, lanciata con lo slogan «meno generali, più tecnologia», sta tutta qui, atti del governo 32 e 33, decreti attuativi della legge 244 del 2012 voluta da Giampaolo Di Paola, allora ministro del governo Monti dopo una carriera da ammiraglio approdata sullo scranno di capo di Stato maggiore della Difesa. 
I provvedimenti del governo Letta recepiscono il lavoro dell’esecutivo precedente, Mario Mauro assorbe la visione del predecessore con le stellette. «Trentacinquemila uomini in meno in dodici anni» e una formula magica che prevede una sostanziosa redistribuzione dei carichi di spesa: quest’anno in un bilancio di circa 14 miliardi per la «funzione difesa» (la «funzione sicurezza» con i carabinieri è a parte) i costi del personale gravano per il 67 per cento, il 10 per cento va all’addestramento (pericolosamente scarso) e il 23 agli investimenti; il mantra di Di Paola è 50, 25 e 25. Ovvero meno uomini, armi migliori e usate meglio.
Ma, attenzione: nel dimagrimento il trucco c’è e s’intravede. 

Molto resta a carico della spesa pubblica e quindi delle nostre tasche, tramite tre canali: il passaggio del personale ad altro ministero, il prepensionamento e, soprattutto, l’«esenzione dal servizio», comma sesto dell’articolo 2209, il punto più controverso nella disciplina del periodo transitorio: dai 50 anni in poi (dieci anni prima del congedo) si può entrare in un magico limbo, lo «scivolo d’oro» appunto, grazie al quale si conserva l’ottantacinque per cento dello stipendio senza lavorare più nemmeno un solo giorno, con tanto di pensione piena; non è esclusa neppure la facoltà di fare altri lavori (il reddito non si cumula). 
Questo bonus decennale per le forze armate in (libera) uscita verrà inserito nel codice dell’ordinamento militare a meno che Camera e Senato non si mettano di traverso in modo plateale (è solo previsto un loro parere) spingendo il governo a ripensarci. 
Fino a oggi il comma dorato stava attraversando zitto zitto l’ultimo guado tra Palazzo Madama e Montecitorio. Eppure era proprio difficile non accorgersene. 
«Quando ho visto quella norma, ho fatto tre salti sulla sedia! 
Così com’è non passerà. 
Non è un articolo di legge, è una provocazione», tuona Gian Piero Scanu, capogruppo pd in commissione Difesa. 
«È vero, fa effetto», ammette Domenico Rossi, ex generale e adesso deputato di Scelta civica: «Però, ci pensi, è la via d’uscita della generazione delle missioni, i cinquantenni di adesso avevano 35 anni in Kosovo. 
Non è che si possono mandar via così». 
Già, ma non è che tutti i trentacinquenni degli anni Novanta andassero in missione... «Va bene, ma non ne faccia una questione di percentuali. 
E comunque la legge era diversa, il Cocer (la rappresentanza “sindacale” dei militari, ndr ) ha ottenuto di aumentare dal settanta all’ottantacinque per cento la quota di stipendio mantenuta intatta». 
Nelle commissioni di Camera e Senato, si combatterà sugli articoli della riforma. 
Ed è da qui che è opportuno partire per cogliere chiaroscuri, miserie e nobiltà dei nostri uomini e donne in divisa.
La faccenda è dura da semplificare, perché ha ragione il capo di Stato maggiore dell’Esercito, Claudio Graziano, quando dice che «ci serve la certezza di risorse adeguate per l’addestramento del personale e l’ammodernamento, se adeguatamente vogliamo andare in missione. 

Non si tratta di una spesa, ma di un investimento». 
Insomma, il comma d’oro è una goccia che cade nel pieno d’una grande, autentica trasformazione dei nostri militari, passati dalla derisione negli anni della contestazione allo straordinario lavoro nelle missioni, dal Libano in poi, e già radicalmente rinnovati nel 2001 con l’abolizione della leva. 
Quando si parla dei loro sprechi si pensa, per dire, ai circoli (storica la querelle su quello degli ufficiali a palazzo Barberini, a Roma) o agli stabilimenti balneari (tutta roba che ormai è affidata in buona parte a privati con grande contrarietà dei Cocer). 
E certo fa sorridere la battaglia a suon di finanziamenti di Fregene nord contro Fregene sud, scolpita nel rapporto Monti di due anni or sono, un milione di qua, duecentomila euro di là alle rispettive spiagge con cabine riservate alle stellette. 
Fanno mugugnare noialtri gli alberghi camuffati da centri di addestramento dove soggiornare da Dobbiaco ad Alghero per una trentina d’euro a persona; l’«ausiliaria» che ancora consente un 24 per cento in più di pensione garantita per un molto improbabile richiamo in servizio nei cinque anni successivi al congedo (dovesse scapparci una guerra...); già nel 2006 la senatrice Silvana Pisa, Sinistra democratica, rilevava persino le spese di «rifacimento letti» negli appartamenti di generali e ammiragli al top della carriera, parte di un esborso di tre milioni e mezzo l’anno per la pulizia dei loro 44 alloggi di servizio e rappresentanza.
«Noi rischiamo di diventare strumento delle lobby e voi cercate il colore», ci rimprovera la nostra fonte al bar di largo Argentina. Già. Lo «scivolo d’oro» della riforma può fare imbestialire i comuni cittadini ma la partita vera delle spese e, forse, degli sperperi, si gioca su altri tavoli. Gli F-35, con una faida sanguinosa in cui il ministro Mauro ha rischiato di restare impallinato, sono stati solo un assaggio: tutto ora è al vaglio del Parlamento. La commessa più ghiotta per un futuro molto futuribile si chiama Forza Nec: ventidue miliardi di spesa possibile nei vent’anni che verranno; si tratta di digitalizzare l’esercito, immaginando il soldato del 2030 molto prossimo a un robot (l’acronimo Nec sta per Network enabled capability , capacità di fare rete coi sensori sul campo di battaglia). 

Già nel 2006 Di Paola riteneva «prioritaria e ineludibile» la trasformazione «net-centrica» (sic) delle forze armate, salvandola dalla scure montiana della spending review. Con verosimile soddisfazione di Selex Es, la società di Finmeccanica che, quale «prime contractor», gestirà a tempo debito tutto da sola, senza gara né confronto sui prezzi, come consentono le procedure. Il domani in un affarone, insomma, senza voler in alcun modo revocare in dubbio le capacità tecniche dell’azienda italiana.
Tuttavia lo scenario non è pacificato. «Nessuno conosce le cifre esatte, ma chi pensa che Forza Nec sia cosa fatta, sbaglia di grosso. Mauro è molto... incline ad assecondare le richieste dell’amministrazione militare, ma la ricreazione è finita», dice ancora Scanu. 
Fabio Mini, già comandante delle nostre forze in Kosovo, si spinge molto oltre: «Ci sono sistemi per dare soldi all’industria italiana». 
Cioè? 
«Dall’industria dipendono gli incarichi dei vertici militari, cooptati dalle cordate politiche. I debiti si pagano». È un’affermazione molto grave, generale... «Beh, va così. L’ho pure scritto nel mio libro “Soldati”, senza fare nomi, naturalmente». 
Naturalmente.
Sotto le uniformi, battono cuori intossicati. 

La legge di Stabilità è stata l’occasione d’un sotterraneo scontro di lobby per la conquista dei finanziamenti. 
Si chiudono caserme dove mancano i soldi per la bolletta della luce, e le ristrettezze esasperano. 
Perfino il prossimo viaggio umanitario in Africa della portaerei Cavour ci viene segnalato come spreco da una fonte di un’altra arma, «130 giorni di navigazione, ci costa venti milioni. Quanti ospedali potrebbero farci laggiù?». 
Alla fine il nostro esercito è come noi, generosità e invidie, grettezze e slanci, questa è l’Italia del 2013. 
Alla stazione Trastevere due bersaglieri sono di pattuglia con un appuntato dei carabinieri (è la vecchia operazione «strade sicure» che volle La Russa da ministro, soldati e forze di polizia assieme): sono ragazzini, prendono 900 euro per i prossimi quattro anni, «è dura», e dopo non andrà molto meglio. 
Stipendi bloccati dal 2010 come tutti, l’idea della «specificità» del lavoro fagocitata dalla crisi. «Se mi promuovono colonnello sono rovinato, ci perdo», mastica amaro un amico prossimo ai gradi. 
Più grane, meno quattrini. Merito e coraggio negletti come sempre. 
«Usiamo le missioni per addestrare i ragazzi, se no addio!». 
In quelle missioni, dal 1982, sono caduti 103 dei nostri, dall’Afghanistan in poi i feriti sono 651. 
«Io vorrei che il Paese se ne ricordasse», dice l’ex generale Rossi: «Ci sono posti dove si decidono vita e morte in un secondo. 
Chi sta di notte in un avamposto a Bakwa tra colpi e rumori nel buio, beh, vorrei che non si sentisse troppo solo». 

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Se questa riforma andrà in porto, propongo che chi l'ha ideata e chi l'ha votata venga dato in mano agli esodati che non hanno né stipendio né pensione, lasciandoli liberi d'agire come meglio credono. Mi sono spiegato? (M.P.)