domenica 11 maggio 2014

Pensionati in fuga dall’Italia: vita da ricchi con la stessa pensione e i risparmi. - Chiara Daina

Pensionati


Per l’Istat sono 473mila gli over 60 che vivono all’estero, in Paesi dell'Unione europea, ma anche nel Caribe, in Asia e Maghreb. Partono soprattutto per motivi economici, perché stanchi dello stile di vita e di pensioni insufficienti e sono attirati da Stati con un regime fiscale agevolato. La testimonianza a ilfattoquotidiano.it: "La mia seconda vita è a Sofia. Voglio che le mie ceneri siano gettate nel Mar Nero".

L’Italia non è nemmeno un Paese per vecchi. Oggi i pensionati sono in fuga insieme ai giovani
Per l’Istat sono 473mila gli over 60 che vivono all’estero. Gli ultimi a partire lo fanno soprattutto per motivi economici. Nel nostro Paese un pensionato su due prende meno di mille euro al mese. E così fa le valigie chi non vuole rinunciare allo status di un tempo. Chi altrimenti dovrebbe trasferirsi a casa del figlio per arrivare a fine mese. Chi è deluso dalla politica, dallo sfacelo dell’economia, dalla maleducazione delle persone. Chi è in cerca del benessere, lontano da ansie e stress e possibilmente al caldo. Chi dopo la morte del coniuge non ce la fa più a frequentare i soliti luoghi. Costa Rica, Thailandia, Filippine, Colombia, Brasile e Cuba dove, secondo l’Inps, i pensionati italiani da 20 nel 2010 sono passati a 70 dopo l’apertura delle frontiere a gennaio 2013. E ancora Panama, Canarie, Tunisia, Marocco, Capo Verde, Kenya e Bulgaria sono le mete di ritiro più gettonate nell’ultimo anno. Le nuove terre di residenza dove qualcuno desidera perfino essere seppellito.
La gentilezza della Thailandia – “Qui la gente è gentile e ti saluta per strada”, dice Antonio Mammato, 65 anni, che due anni fa ha salutato la costiera amalfitana per trasferirsi a Phuket, in Thailandia (dove vivono 350 pensionati italiani, cioè 200 in più rispetto a tre anni fa). Il senso di sicurezza che avverte per strada lo fa respirare: “Posso lasciare il motorino con il casco nelle zone più affollate e nessuno me lo ruba”. Ingegnere ed ex dipendente comunale: “Ho chiuso lo studio dopo la morte di mia moglie nel 2001. Per ora vivo di risparmi ma sono in attesa della pensione Inpdap, mille euro netti al mese: qui è lo stipendio di un dirigente!”. Antonio vive in un monolocale di fronte all’università, per l’affitto spende cento euro al mese, più 15 euro circa per le bollette, e giura: “La stanza mi serve solo per dormire, il resto del giorno lo passo fuori. Il clima è sempre bello”. E dell’Italia dice: “Sembra un formicaio impazzito. Io non voglio più vivere così”. In Thailandia si può permettere di tutto: “Pago 1,20 euro per un pasto, 2,50 per una camicia e 4/5 per un paio di pantaloni. E 200 euro di tasse all’anno. Ho una bella macchina e vivo nel quartiere più esclusivo dell’isola”. Se fosse rimasto in Italia non avrebbe potuto mantenere lo stile di vita di quando lavorava. Anche la compagnia non gli manca. “Ho tanti amici italiani”.
Come Giovanni Giurlanda, 62 anni, di Padova, ex impiegato di banca, dal 2006 in Thailandia. “Sono partito perché non sopportavo l’idea di starmene da solo con le mani in mano”, racconta Giovanni, divorziato dal 2002. Cosa fa in Thailandia adesso? “Vivo! Ho scoperto uno stile semplice e più naturale: vado in spiaggia e a pescare quasi tutti i giorni, gli abitanti vivono alla giornata e ti trasmettono molta serenità”. Giovanni prende duemila euro di pensione. Si è comprato una casa dove abita con la sua nuova compagna. “Un altro motivo per cui me ne sono andato dall’Italia è l’arroganza delle persone, la poca serietà dei politici e la situazione che non si smuove. Ero stanco di tutto questo, davvero”.
Al sole di Tenerife – La signora Elena, toscana di nascita, nella vita precedente faceva la stilista a Milano. Poi tre anni fa ha voltato pagina, a Tenerife. Oggi studia spagnolo e sta all’aria aperta con le amiche. Perché ha fatto le valigie? “Non per soldi. In Italia soffrivo di mal di schiena. Qui mi sono ripresa: il microclima delle Canarie mi aiuta sia fisicamente sia psicologicamente. Poi, mi creda, non ho più potuto assistere al degrado culturale, alle piccole industrie che chiudevano a favore delle grandi catene. Ai governi vergognosi. È stato troppo umiliante”. Quali sono i vantaggi dell’isola? “Il clima, caldo e non piovoso tutto l’anno, e il fatto di essere nell’Unione Europea con un’impostazione da Paese nordico:burocrazia e sanità efficiente, ordine, pulizia, ambiente curato. Mi fa sentire rispettata”. Pensa di rientrare in Italia? “Mai. Neanche nella tomba. Voglio essere seppellita qui”.
Panama, Costa Rica, Belize: alla ricerca di regimi fiscali agevolati e qualità di vita – “In un anno le richieste di pensionati sono aumentate del 30 per cento – dice Alessandro Castagna, responsabile di Voglioviverecosì, il portale dedicato a chi vuole cambiare vita -. Andalusia e isole Canarie sono le destinazioni più frequenti perché sono abbastanza vicine, fanno parte dell’Unione Europea, godono di un buon sistema sanitario, c’è poca criminalità, burocrazia efficiente e la lingua è facile”. La conferma arriva anche da Massimo Dallaglio di Mollotutto, altro sito web utile per farsi un’idea delle opportunità oltreconfine -. Gli anziani vogliono informarsi sulle mete migliori, sul costo della vita, su come si fa a trasferire residenza e pensione all’estero. Noi abbiamo referenti italiani in loco con cui possiamo metterli in contatto. In generale – precisa Dallaglio – attirano i Paesi con un regime fiscale agevolato, per esempio laTunisia, dove si sborsa il 25 per cento di tasse sul 20 per cento di reddito. E c’è un accordo che garantisce ai pensionati italiani una copertura medica totale.
Anche in Costa Rica, dopo un pagamento mensile in base al reddito (massimo cento euro), si ricevono le cure completamente gratis. Mentre in Belize, altra nuova meta di ritiro, i vantaggi fiscali vanno dal rimborso di tutte le spese necessarie per il cambio di residenza, allo sconto del 50 per cento su tutte quelle di soggiorno temporaneo sostenute prima di acquistare o affittare una casa, sulle assicurazioni mediche e i biglietti aerei. E a Panama – aggiunge – per chiunque abbia una pensione governativa o corporativa di almeno 700 euro al mese la residenza è quasi automatica”.
“In Tunisia vita da re per chi non ha problemi di salute” – Adriano Martelli, 66 anni, ex infermiere, si è rifatto una vita in Tunisia, raggiunta quattro anni fa. Con la sua pensione, da 900 euro, a Torino si era dovuto trovare un secondo lavoro per sopravvivere. “Da quando sono qui ho guadagnato quindici anni. Non ho mai preso un raffreddore, e ho smesso di prendere le pastiglie per gastritemal di testa e pressione, non ne ho più bisogno”. Ha scelto questo Stato perché ci abitavano già degli amici. “Alla fine del mese in Italia non mi rimaneva più niente: 400 euro per un monolocale da 30 metri quadri, poi le bollette e le spese per la macchina”.
Susa, città turistica tunisina, ha preso in affitto un piano di una casa sul mare: oltre cento metri quadrati, arredato, per 260 euro al mese. E ne spende altri 150 per cibo e detersivi. “Vivo con poco più di 400 euro al mese e faccio una vita da re: ho la donna delle pulizie, otto telefoni cellulari (il prezzo è di circa 20 euro l’uno), una tv, faccio shopping e vado al ristorante almeno due volte alla settimana. Un pasto mi costa circa cinque euro”. Adriano in Tunisia non ha più bisogno dell’auto. “Mi muovo con i pulmini pubblici: si fermano dove vuoi tu, basta alzare la mano. Il biglietto non costa neanche 50 centesimi. Anche i taxi sono economici: un euro per sette chilometri”. Unico neo: la sanità. “Le strutture sono fatiscenti. Consiglio di venire qui soltanto a chi non ha problemi di salute”.
Nel 2013 l’Inps ha registrato 250 pensionati residenti in Tunisia, quasi cento in più rispetto al 2010. Renato Fortino è socio dell’agenzia “Case in Tunisia”, nata nel 2008, che si occupa di assistere in loco chi è intenzionato a stabilirsi nel Paese (dal permesso di soggiorno al trasferimento della pensione, apertura del conto in banca fino ai corsi di francese e arabo). “Nel 60 per cento dei casi si tratta di pensionati che in Italia prendono dai 500 ai 600 euro al mese, reddito che una volta trasferito in Tunisia è lordo e di questo l’80 per cento è defiscalizzato, mentre la base imponibile è solo sul 20 per cento del rimanente (pari a circa il 6/7 per cento). Questo target cerca case in affitto da 180 a 230 euro al mese, di solito con una camera da letto e salone. Ma non ci sono solo i piccoli pensionati – precisa Fortino – Abbiamo seguito anche ex medicidirettori di banca, imprenditoridirigenti statali, che qui lievitano il loro potere di acquisto. Ultimamente arrivano italiani di mezza età tagliati fuori dal mercato del lavoro che qui provano a reinventarsi: dal maestro di tennis all’istruttore cinofilo e psicologo”.
“Addio Lecco, spargete le mie ceneri nel Mar Nero” – La Bulgaria è l’ennesimo Eldorado per anziani: quelli italiani sono 364 contro i 106 di tre anni fa. Franco Luigi Tenca, 66 anni, è uno di questi. Vive nella capitale, Sofia, da ottobre 2009. Ex camionista di Mandello del Lario, in provincia di Lecco, separato dal 2005 e in pensione dal 2007 con 1200 euro al mese. È stato intervistato dalle Iene e dopo che il servizio è andato in onda, a gennaio, la sua casella di posta elettronica è stata presa d’assalto: 1600 mail in dieci giorni da parte di pensionati, tutti italiani, di cui il 20 per cento già residente all’estero: “Mi hanno scritto dalle Canarie, Francia, Svizzera, Belgio, Germania, Lituania, Sudafrica, Mauritania, Congo, Brasile, Filippinee New York”, dice Franco, ancora incredulo. Gli hanno chiesto di tutto: “Come si sta, dov’è la Bulgaria, quante tasse ci sono, se c’è l’euro, se è vero che l’assicurazione della macchina costa un terzo (vero), quanto tempo serve per avere il trasferimento della pensione lorda e della residenza”. Risposta: “Dipende da quanto impiega il Comune italiano di residenza a mandarti il certificato di cambio di residenza. A me lo hanno spedito dopo 20 giorni ma c’è chi aspetta anche 5 mesi. Comunque qui nel giro di una settimana l’ufficio immigrazione ti fornisce la tua carta d’identità bulgara. Prima però devi presentare un documento di riconoscimento italiano, un contratto di affitto e un conto corrente in una banca locale, che apri subito con 50 euro. Dopodiché vai in ambasciata per l’iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, cioè l’Aire”.
Nel frattempo Franco è diventato referente per Mollotutto e quasi ogni settimana accoglie gruppi di pensionati che vengono qui per un sopralluogo. “La mia mail è franco.tenca@alice.it. Pubblicatela pure!”. Franco vive con la nuova moglie, una signora bulgara della sua età, in un appartamento in centro di 50 metri quadri, che gli costa al mese 20 euro di affitto: “Mia moglie è inquilina dai tempi del regime comunista e il canone è rimasto uguale”. Altrimenti per un alloggio arredato della stessa superficie si spendono 200 euro. Cinquanta euro in più per 80 metri quadrati. Per le bollette? “40 euro al mese di elettricità e 12 per l’acqua. Qui non c’è il gas, abbiamo il boiler e il piano di cottura elettrico”, spiega Franco. E la spesa? “300 euro al mese per due persone. Anche il fisco non strozza: circa il 18 per cento di tasse e il sei per cento se sei pensionato”. Risultato: “Oggi vivo da nababbo e non più da barbone come in Italia, dove al venti del mese ero costretto ad attingere ai risparmi, che a forza di fare così sarebbero finiti alla svelta”. Svantaggi? “La lingua, ma la gente è cordiale e appena può ti aiuta, mi ricorda gli italiani negli anni ‘60 e ’70”. La Bulgaria è entrata nell’Unione europea nel 2007 ma non ha adottato l’euro: “La moneta è il lev e vale quasi due euro”, risponde Franco alle decine di pensionati che gli continuano a scrivere. Tornerà a Lecco prima o poi? “Assolutamente no. Voglio che le mie ceneri siano gettate nel Mar Nero”.

sabato 10 maggio 2014

Mafia, Dell’Utri condannato: estradizione o latitanza? Le 72 ore decisive. - Giuseppe Pipitone

Mafia, Dell’Utri condannato: estradizione o latitanza? Le 72 ore decisive


E' il tempo necessario per capire se l'ex senatore di Forza Italia sconterà sette anni di detenzione in un carcere italiano o se invece potrà rimanere a piede libero in Libano. L'avvocato: "Il reato di cui è accusato è il concorso esterno in associazione mafiosa: un reato fumoso, non riconosciuto negli altri stati”.
Condannato in via definitiva per concorso esterno a Cosa Nostra, ma ancora oggi lontano dall’Italia. Passeranno settantadue ore prima che Marcello Dell’Utri possa conoscere il suo destino: sette anni di detenzione in un carcere italiano o la remota possibilità di tornare a piede libero in LibanoL’ex senatore è detenuto dal 13 aprile scorso in un ospedale di Beirut, guardato a vista dagli agenti della polizia locale. È proprio in ospedale che Dell’Utri è venuto a conoscenza della sentenza della Cassazione, che ha messo il bollo sulla sua condanna, informato in diretta dai familiari che a loro volta erano stati avvisati dai legali.
L’amico fidato di Silvio Berlusconi era stato arrestato dall’intelligence libanese in una suite dell’hotelPhoenicia, come ordinato dall’Interpol, dopo che si era reso irreperibile a pochi giorni dalla sentenza della Corte di Cassazione. “Sono dimostrati i rapporti mai interrotti che Dell’Utri ha avuto con le famiglie mafiose palermitane in favore delle quali ha svolto un ruolo di mediatore del patto di protezione personale e delle sue attività, siglato nel 1974 da Silvio Berlusconi”, ha detto nella sua requisitoria il sostituto procuratore generale Aurelio Galassochiedendo la conferma della condanna emessa dalla corte d’appello di Palermo il 25 marzo 2013. Richiesta avallata dalla prima sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Maria Cristina Saitto, dopo quattro ore di camera di consiglio. Immediatamente dopo è arrivato l’ordine di carcerazione del sostituto pg di Palermo Luigi Patronaggio, trasmesso al Ministero della Giustizia, che ora dovrebbe allegarlo alla richiesta di estradizione spedita in Libano.
Al momento dell’arresto a Beirut sul capo di Dell’Utri non pendeva alcuna condanna definitiva: secondo il Trattato bilaterale che disciplina i rapporti giuridici tra Italia e Libano, l’ex senatore era quindi da considerarsi soltanto un indagato. Ecco perché il procuratore generale di Beirut Samir Hammoud ha fatto appello all’articolo 21 della stessa convenzione Italia – Libano, chiedendo a via Arenula di avere a disposizione non solo ordine d’arresto e le motivazioni della condanna d’appello, ma anche gli atti relativi alle altre sentenze emesse a carico di Dell’Utri. Documenti che il Ministero della Giustizia italiano ha dovuto tradurre in francese, riuscendo a spedirli in Libano soltanto il 5 maggio scorso, 23 giorno dopo l’arresto di Dell’Utri. “Per quanto riguarda l’estradizione non cambia nulla: semplicemente la richiesta di custodia cautelare sarà sostituita dall’ordine di carcerazione”, ha detto l’avvocato Giuseppe Di Peri, storico legale di Dell’Utri, specificando che “l’ex senatore è assistito a Beirut da un legale libanese”, l’avvocato Akram Azoury,“esperto del diritto locale”.
L’avvocato Azoury conoscerà sicuramente molto bene il Trattato che disciplina i rapporti tra Libano – Italia. Soprattutto l’articolo 23, quello che sancisce come si possa “porre fine all’arresto provvisorio se, nel termine di trenta giorni dall’arresto, il governo richiesto non avrà ricevuto uno dei documenti menzionati al secondo comma dello articolo 21. La liberazione esclude l’arresto e l’estradizione se la domanda di estradizione perviene successivamente”. In pratica le autorità libanesi dovranno decidere il destino di Dell’Utri entro i prossimi tre giorni: e poco importa se nel frattempo l’ordine di custodia cautelare si sia trasformato in un ordine di carcerazione per scontare la pena definitiva.
“Stiamo anche ragionando sull’ipotesi di un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, aggiunge l’avvocato Di Peri a ilfattoquotidiano.it. “Non bisogna dimenticare – spiega – che oltre ad una vicenda lunga vent’anni, il reato di cui è accusato Dell’Utri è il concorso esterno in associazione mafiosa: un reato fumoso, non riconosciuto negli altri stati”. Un reato che anche in Libano dovranno studiare prima di concedere l’estradizione. “Credo che questa vicenda non si possa considerare ancora conclusa”, conclude l’avvocato Di Peri. La stessa speranza del suo assistito: Marcello Dell’Utri, uomo cerniera tra BerlusconiCosa Nostra e fondatore del primo partito italiano degli ultimi vent’anni.

venerdì 9 maggio 2014

Expo 2015, l’intercettazione: “Formigoni vita da miliardario. La stessa di Lupi”. - Giovanna Trinchella

Roberto Formigoni

Anche i presunti corrotti contro la bella vita dei politici. Sergio Cattozzo, ex segretario regionale Udc della Liguria e Gianstefano Frigerio, ex deputato forzista, entrambi arrestati nell'inchiesta sugli appalti Expo sono protagonisti di una conversazione che ha quasi del surreale.
Anche i presunti corrotti contro la bella vita dei politici. Sergio Cattozzo, ex segretario regionale Udc della Liguria e Gianstefano Frigerio, ex deputato forzista, entrambi arrestati nell’inchiesta sugli appalti Expo, sono protagonisti di una conversazione che ha quasi del surreale e che vedono nel mirino l’ex presidente lombardo Formigoni e l’attuale ministro dei Trasporti, Lupi. 
I due, è il 4 marzo scorso, parlano di tante cose e Cattozzo, considerato uno degli intermediari degli affari illeciti, dice di aver visto “Mimmo Zambetti“, l’ex assessore regionale lombardo, finito a processo perché accusato di aver ricevuto voti dalla ‘ndrangheta, e di averlo trovato sereno.
Gli interlocutori ci mettono poco a passare da Zambetti a un altro imputato eccellente Roberto Formigoni, ex governatore lombardo e ora senatore Udc, finito nei guai in più inchieste per i benefit, le vacanze e i viaggi, avuti, secondo i pm di Milano, per aver favorito con le delibere di giunta la Fondazione Maugeri e l’ospedale San Raffaele. 
Dell’ex presidente della giunta lombarda i due dicono: “Quando era in ferie era una vita da miliardario proprio… “. Cattozzo è molto critico: “Ma guarda lui a Montecarlo va sempre all’Hermitage, Hotel de Paris, siamo ai cinque stelle lusso e va al Luigi XV… è la stessa vita che fa Lupi … arriva con uno yacht di trenta metri e va a mangiare tutte le sere da Alghero e da quello famoso… Andreucci. Champagne e aragoste“.
Frigerio lancia un’altra stilettata: “Che parvenu provinciali… ma vadano a dare via …”. La critica di Cattozzo continua impietosa: “Ma propria una ricchezza sfrenata… proprio vistosa… arriva questo yatch che sembra una nave… poi attorniato di belle donne… omissis … vanno lì da Andre (….) lì da … che è lui che ha la stella d’oro ad Alghero… cioè io ci posso andare … lui noi… io sono un libero cittadino”. Frigerio concorda e aggiunge: “Non sono a carico dello Stato … punto” e Cattozzo: “Non ho incarichi… e invece loro fanno una vita anche a Chiavari, Roberto, Lord Nelson.. i ricchi quelli veri…. guadagnando anche 10mila euro al mese non ti puoi permettere quella vita lì con 10mila euro al mese… eh… quindi.. ha esagerato troppo”.

Gentile, l'imbarazzo dei ministri: Lupi e colleghi se la danno a gambe.



It's media.



A VOLTE CAPITA

A volte capita di stupirsi nel vedere qualcosa che non ti aspetti.
Mi è successo con un servizio del TGR Sicilia che raccontava il comizio del M5S con Beppe Grillo a Palermo senza trucchi, senza insinuazioni e raccontando in maniera imparziale i fatti seppur nel poco tempo a disposizione.
Lidia Tilotta, giornalista di Rai 3 Sicilia, ha fatto questo. 
http://goo.gl/FiltZe
Mi congratulo con lei.

Giancarlo Cancelleri

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Expo 2015, la “cupola” e i politici: da Berlusconi e Bersani passando per Lupi. - Giovanna Trinchella

C'è una sequela impressionante di nomi di politici nazionali chiamati in causa in intercettazioni ed evocati per spartire appalti e decidere nomine di peso. Una su tutte viene così rivendicata dagli indagati: "La nomina del segretario generale dell'Autorità dei Trasporti l'abbiamo fatta noi".
Un caveau in Svizzera per custodire le mazzette, una onlus come ufficio operazioni costantemente “bonificato” per evitare di essere intercettati, funzioni pubbliche “vendute” e “impegnate” anche per il futuro, e l’ultima bustarella consegnata e “fotografata” dagli inquirenti il 24 aprile scorsoC’è questo, ma anche altro nell’inchiesta della Procura di Milano su Expo che fa pensare al ritorno di Tangentopoli: le mazzette, i colletti bianchi e i politici. E tutti che discutono di nomine, di gare e di persone di fiducia da collocare in società come Finmeccanica, Terna, Poste, Eni, Enel. “Avanzamenti di carriera”, grazie a “protezioni politiche”, promessi a manager e pubblici ufficiali disponibili a pilotare le gare a favore degli imprenditori che versavano le tangenti, questo il cuore dell’indagine. 
C’è poi una sequela impressionante di nomi di politici nazionali chiamati in causa in intercettazioni ed evocati per decidere nomine o spartire appalti. Sì perché Gianstefano Frigerio, ex deputato Fi, l’ex senatore Luigi Grillo e il compagno G, Primo Greganti, ancora in buoni rapporti con i vertici del Pd, continuavano a frequentare i palazzi del potere e i loro inquilini. Come sempre, quando si tratta di inchieste di livello, compare il nome del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi. Ma questa volta viene citato dagli indagati anche l’ex segretario del Pd Pierlugi Bersani. Che fa sapere con una nota: ”Mai pronunciate le frasi che secondo alcune indiscrezioni di stampa mi vengono attribuite da terzi. Sono tutte illazioni o millanterie prive di qualsiasi fondamento”. 
Da Berlusconi a Bersani, i politici evocati dagli indagati. L’ex premier per esempio è stato sollecitato, secondo quanto emerge dalle intercettazioni, dall’ex parlamentare Gianstefano Frigerio (arrestato) anche con l’invio di bigliettini ad Arcore, per raccomandare a lui e al governatore della Lombardia Roberto Maroni il direttore pianificazione acquisiti di Expo Angelo Paris (arrestato oggi, ndr) come successore di Antonio Rognoni (arrestato il 20 marzo scorso, ndr) al vertice della società Infrastrutture Lombarde. In una intercettazione del 28 marzo 2014 due indagati scrive il gip di Milano “confermano la circostanza per la quale Frigerio ha effettuato, a dire degli stessi sodali, un ulteriore intervento presso Maroni e presso Berlusconi per raccomandare la nomina di Paris presso Infrastrutture Lombarde spa”. Uno dei due interlocutori, Giovanni Rodighiero, ritenuto dagli investigatori “stretto collaboratore di Frigerio”, sostiene di avere visto Frigerio “andare ad Arcore...sai che io non dico tutte le settimane ma il lunedì” e il venerdì c’ho sempre la lettera da portare…solo che adesso bisogna stare molto più abbottonati, ti spiego anche il perché…c’è il cerchio magico da Berlusconi”. Quanto all’invio di messaggi scritti da parte di Frigerio attraverso Rodighiero ad esponenti politici di vertice per perorare la posizione di Paris “si evidenziano alcuni dati oggettivi – spiega il gip – a riscontro del contenuto delle intercettazioni”. In particolare, il giudice evidenzia che i cellulari “in oggetto hanno effettivamente agganciato ripetitori ubicati nel Comune di Arcore”. 
Viene invece tirato in ballo il nome di Bersani per un’altra nomina quella di Giuseppe Nucci, rimasto fuori dalle nomine dello scorso settembre di Sogin (la società di Stato responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi). Sergio Cattozzo, ex segretario regionale Udc della Liguria, dice aver parlato con Primo Greganti: “Anche lui (Greganti, ntd) era convinto che si potesse ancora correre su Nucci presidente perché Pierluigi Bersani ha detto ‘io sono d’accordissimo’”. Una frase de relato, naturalmente. Il nome dell’ex leader democratico emerge anche in un’altra intercettazione del 7 settembre 2012 e cuore della conversazione è la “Città della Salute“, nuovo polo sanitario che dovrà accorpare l’Istituto dei tumori e il Besta, affare da 40 milioni di euro. È Frigerio che parla con Rognoni: “… Ho sentito un po’ a Roma Bersani e poi gli altri, sulla Città della Salute, tu devi cominciare a fare delle riflessioni, poi senza responsabilità tue, mi dici come far partire un colosso macello perché è una cosa grossa quindi…”, la conversazione prosegue con la affermazione che Palladio si tirerà dentro Maltauro (imprenditore arrestato), “perché è piccolo, poi Bersani mi a ha detto ‘a sinistra che fate?’ bisogna che senta se Rognoni mi dice Manutencoop per me va bene…”. I due si accordano poi per “costruire un concorrente valido”. Secondo Frigerio quindi l’ex segretario del Pd avrebbe chiesto se nelle gare c’era spazio anche per le cooperative.  
Tra i tanti nomi della politica viene anche fuori il nome del ministro dei Trasporti e Infrastrutture: in una intercettazione ambientale del 29 aprile 2013 Frigerio, “asserisce anche che deve mandare un biglietto a Maurizio Lupi (dal 27 aprile 2013 responsabile del ministero), con il nome di Antonio (Rognoni ) per suggerirglielo come presidente Anas”. Dall’entourage del ministro però arriva una smentita: “Quel biglietto non è mai arrivato, si tratta di un millantatore“. 
In un altro colloquio del maggio 2013 con Sergio Cattozzo (arrestato), Frigerio “sottolinea ancora – scrive il gip – che anche Maurizio Lupi è ‘amico di quelli di Manutencoop’ e che questi, ‘insieme ai ciellini‘, sarebbero già intervenuti per fargli fare da capocordata nel progetto di Città della Salute”. Frigerio, si legge ancora, “sostiene, inoltre, di conoscere bene i legami che ci sono tra Manutencoop e i ‘ciellini’ tanto che negli ultimi anni con Formigoni, a dire dell’indagato, Manutencoop avrebbe già ottenuto importanti lavori”. 
Sempre Frigerio dice di aver mandato una lettera a Fedele Confalonieri, presidente Mediaset, perché la “cupola” vorrebbe che la commissione nominata per la gara inerente la “Città della Salute”, e nominata dall’arrestato Rognoni, non sia modificata; ma anche che a concorrere al posto di direttore generale di Infrastrutture Lombarde siano alcuni dei suoi uomini fidati: “Sto facendo quella cosa lì…parlare persino con Fedele Confalonieri… perché è una persona autorevole… gli ho spiegato bene la cosa … quindi… stiamo premendo anche su quello”.  
Obiettivo della cupola anche Guerini, vice segretario del Pd. L’ex Dc Frigerio voleva “tirare dentro” anche Lorenzo Guerini, da poche settimane vice segretario del Pd e sindaco di Lodi. In una intercettazione del 24 febbraio scorso Frigerio e Cattozzo parlano dell’appalto per la “Città della Salute” e del rischio che il contratto salti. Per questo immaginano di entrare in contatto con una serie di politici ex democristiani: dall’attuale ministro dell’Ambiente Luigi Galletti all’ex segretario dell’Udc Lorenzo Cesa fino a Guerini. Se poi questi siano andati in porto fine però non è chiaro. Frigerio suggerisce a Cattozzo: “Cesa … prima ne parli a Cesa, poi vedi Galletti e poi al limite portiamo Alberto da Galletti e lo facciamo potenziare da Vito (?) … nel frattempo studiamo .. se c’è un’operazione di commissariamento va bene… io devo parlarne a Guerini a Lorenzo devo parlarne… perché adesso quel matto lì di Renzi vuol fargli fare il segretario del partito… Così lo tiriamo dentro il Guerini… Stiamo parlando di 7 miliardi di lavoro”. 
“La nomina all’Autorità dei Trasporti è nostra”. “La nomina del segretario generale dell’Autorità dei Trasporti l’abbiamo fatta noi”. C’è anche questo passaggio nell’ordinanza di custodia cautelare che svela come le aderenze della cupola in ambito politico potessero condizionare non solo appalti e soldi ma nomine pubbliche di peso. A parlare così è sempre Frigerio, il tramite tra l’associazione, le imprese di riferimento e i pubblici ufficiali per dirottare il sistema degli appalti. “Abbiamo portato Scino (Antonio Mario) a fare il segretario generale, quella nomina l’abbiamo fatta io e Sanese”. All’altro capo del telefono Rognoni. È ottobre del 2013, governo Letta. Fino ad allora il piatto tipico erano gli incarichi ai vertici delle società regionali, come Sogin Spa o A2A ma di lì a pochi mesi l’associazione alza il tiro. “Guarda che i tempi stringono perché già cominciano a lavorare sulla grande ondata di nomine che è a primavera (…) decidono un sacco di cose dalle Poste a Finmeccanica, Eni, Enel, Terna”.

QUELLE FERITE APERTE SUL FUTURO.... - H.S.

moro

Da qualche anno a questa parte il 9 maggio – data in cui, nell'ormai remoto 1978, venne rinvenuto il cadavere del Presidente della DC Aldo Moro e, come pochi forse ricordano, venne dilaniato da un ordigno il povero Peppino Impastato con il solito corollario di messinscene e depistaggi – è stato proclamato giorno della commemorazione dei morti e delle vittime per strage, mafia e terrorismo e, come di consueto, non mancheranno i soliti esercizi di retorica a beneficio soprattutto – ed è tremedamente triste ribadirlo – dei parenti e dei familari degli assassinati. 
Il tutto è arricchito questa volta dall'apparente intraprendenza del giovane e dinamico Presidente del Consiglio, il quale, sulla base della nuova e recente legge del 2007 sulla regolamentazione dei servizi di informazione e di sicurezza e sulla disciplina del "Segreto di Stato", ha ben pensato di disporre la rimozione del "segreto" dai documenti riguardanti le più gravi stragi compiute nel nostro paese dal 1969 al 1984, con l'apparente intento di consentire agli interessati e agli studiosi di consultare quel materiale utile a schiudere le porte della verità e, quindi, a perseguire eventualmente i responsabili di quegli atroci gesti rimasti in vita.

A una prima disamina della decisione assunta dal Presidente del Consiglio Renzi l'osservatore più superficiale potrebbe anche giubilare di fronte al presunto "coraggio" di un giovane leader che si mostra interessato a far luce su molti capitoli oscuri – e criminali – della nostra storia di italiani difficile e sofferta anche se permangono troppi e legittimi dubbi... Davvero si sta tentando di intraprendere un percorso del tutto inedito da parte della nuova generazione dei rappresentanti delle istituzioni ? 
Ne dubitiamo...

Qui non si tratta di rimarcare e sottolineare il solito opportunismo da campagna elettorale – in un paese come il nostro, fra l'altro, in cui sembra che le elezioni debbano tenersi quasi quotidianamente offuscando qualsiasi analisi realmente scientifica e razionale – ma di riaffermare i vari motivi di perplessità di fronte ad argomenti tanto complessi e scottanti. 


Innanzitutto pare non sia mai stato varato un regolamento attuativo che renda operativa quella legge che, sulla carta, dovrebbe riconoscere la possibilità e la facoltà, se non l'obbligo, di rimuovere dopo trent'anni il "Segreto di Stato" sui materiali attinenti gravissimi reati come le stragi. Ragione sufficiente a rendere quantomeno difficoltosa e ardua la consultazione delle carte da parte degli addetti ai lavori, considerata la mancanza di una disciplina di "dettaglio".
In secondo luogo quelle carte – giudiziarie e non – che, comunque, non esauriscono i punti e i dettagli delle singole vicende, sono già stati visionati e consultati dai magistrati inquirenti e dagli investigatori incaricati senza che vi fossero ravvisate particolari notizie di reato "collegate" o che, comunque, non venisse rintracciata alcuna prova veramente utile per coltivare nuove "piste" e identificare altri soggetti da incriminare

Certo, siamo anche consapevoli dei limiti e dei "perimetri" entro cui gli organismi inquirenti si sono sempre mossi, spesso confrontandosi con altri "servitori dello Stato" coinvolti a diverso titolo... 
Tuttavia è pur vero che, singolarmente presi, quei documenti non aggiungono, nè tolgono nulla di quel che già è possibile sapere e analizzare.
In ultimo la decisione del Premier riguarda i numerosi episodi di strage impunita e non rivendicata (Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Italicus, stazione di Bologna, Ustica, ecc...) ma lascia fuori, ad esempio, l'affaire Moro – che proprio recentemente è balzato nuovamente agli onori delle cronache in più occasioni, seminando ulteriori dubbi circa l'esclusiva firma e matrice brigatista del delitto -, così come altri delitti e attentati spesso mirati consumati nei confronti di politici, magistrati, carabinieri, poliziotti, prefetti, giornalisti, ecc... generalmente attribuiti esclusivamente alla mafia, alla criminalità organizzata o a varie "sigle" del terrorismo nostrano. Così come, ad esempio, vengono lasciate fuori le bombe e le stragi riconducibili alla "strategia della tensione" mafiosa del biennio 1992 – 1993, la stessa stagione della "rivoluzione giudiziaria" di Mani Pulite".  

Tutto sommato, anche escludendo i documenti da "declassificare", chi veramente lo voglia può attingere alle fonti più svariate e disparate e ivi riscontrarvi elementi di estremo interesse. Penso naturalmente alle numerose relazioni e alle documentazioni partorite dalle varie Commissioni Parlamentari d'Inchiesta (Stragi e terrorismo, Antimafia, Loggia P2, Moro, escludendo la "Sindona" ancora, pare, blindata), agli atti giudiziari, al materiale rintracciabile negli archivi della PS, dell'Arma dei CC e dei numerosi corpi repressivi del nostro Stato, alle testimonianze e alle interviste, agli articoli di giornale e alle altre fonti secondarie come le opere di saggistica, ecc... Senza dimenticare gli archivi degli Stati esteri e, in questo senso, vanno menzionati per il loro lavoro quasi insostituibile gli storici esperti di "misteri italiani" Mario J. Cereghino e Giuseppe Casarrubea, che hanno setacciato con perizia i National Archives di College Park (USA) e Kew Gardens (GB) allargando qualche spiraglio sulla longa manus dei servizi statunitensi e britannici in diversi frangenti della nostra più o meno recente storia repubblicana. Sul versante della ricerca e con diversi accenti di vis polemica vanno citati diversi autori – storici, ricercatori e giornalisti specializzati – che hanno mantenuto viva la fiamma della memoria fornendo ulteriori stimoli per la ricerca della verità. 

Mi permetto di menzionare i più noti, brillanti e sagaci, aperti all'adozione di letture nuove, alternative e profonde... E mi vengono in mente Sergio Flamigni, Gianni Flamini, il prof. Giuseppe De Lutiis, Paolo Cucchiarelli, Aldo Giannuli, Giacomo Pacini, Stefania Limiti, Antonella Beccaria, Giovanni Fasanella, il compianto "pistarolo" Marco Nozza, ecc... Naturalmente se ne potrebbero citare altri, ugualmente importanti, pionieri di un percorso che, forse, sta conoscendo un'autentica svolta. Fra gli stranieri non posso non citare l'inglese Philip Willan, autore dell'incredibile "The Puppetmasters" e l'americano Webster Tarpley... Nonostante l'intraprendenza di questi esperti e specialisti, tuttavia la ricerca è stata confinata in una nicchia da tenere quasi a distanza dal comune cittadino, troppo affaccendato e occupato in altri interessi...

Portella della Ginestra, i golpe più o meno "virtuali" (De Lorenzo, Borghese, Sogno, Cavallo, Pacciardi), promessi e rientrati, Piazza Fontana e le bombe del 12 dicembre 1969, Peteano, Questura di Milano, Piazza della Loggia, Italicus, Ustica, Stazione di Bologna, Rapido 904, le bombe "mafiose" del biennio 1992 – 1993. E ancora, le decine di attentati mirati, falliti e riusciti: Mattei, Scaglione, Feltrinelli, Calabresi, Pasolini, Occorsio, Coco, Alessandrini, Rossa, Pecorelli, Bachelet, Amato, Reina, Mattarella, La Torre, Terranova, Costa, Calvi, Dalla Chiesa, Chinnici, Sindona, Palermo, Rostagno, Falcone, Borsellino, Alpi, ecc... E naturalmente Aldo Moro, l'"affaire Moro", il crocevia dei grandi crimini e "misteri" italiani. All'apparenza tutti questi tragici e sanguinosi episodi sembravano semplicemente slegati, frutto della preoccupante diffusione di svariate forme di criminalità mafiosa o terroristica. Invece a ripercorrere i fatti e a rileggersi le carte – e non quelle "classificate" – si avverte la ripezione di certi schemi, la presenza di precise modalità "operative" che fanno sospettare che un filo rosso avesse attraversato la nostra storia fin dalle radici della Repubblica e anche molto prima...  Il punto è che siamo rimasti a lungo ancorati ad un'interpretazione dei fatti puramente giudiziaria e "legalitaria" – spesso evocata e diffusa da pur coraggiosi magistrati impegnati a contrastare preoccupanti fenomeni criminali con tutte le risorse che passa il convento – che, comunque non è stata capace di allargare il proprio orizzonte e di disvelare taluni intrecci e collegamenti che, ormai,  è difficile non riconoscere... Per semplificare, ad esempio, servizi, segreti, P2, massoneria, strutture paramilitari e clandestine simil GLADIO, Cosa Nostra e le altre mafie, le sigle più inquietanti del terrorismo nostrano e non solo, riciclaggio di denaro sporco, i traffici di rifiuti, scorie radiattive, stupefacenti, armi, preziosi, ecc... sono state affrontate come se fossero stati fenomeni del tutto separati l'uno dall'altro, mentre le più recenti novità – e si pensi al caso Moro – si sono incaricate di liquidare questo approccio che dovrebbe rimanere confinato necessariamente alle aule di tribunale. 

Fin dal Dopoguerra si palesano schemi operativi e di comportamento che si ripetono fino ai tempi più recenti lasciando campo alle ipotesi costruite sull'esistenza di protocolli per le azioni e le operazioni clandestine. Per rispondere alle domande cruciali e ineludibili occorre formulare con precisione quelle domande... 
Ad esempio, perchè gli organismi informativi e di sicurezza non dovrebbero perseguire i mandanti, gli ispiratori e, a volte, i diretti esecutori, di attentati indiscriminati e mirati ? Perchè invece viene frapposto il silenzio, si abusa del "Segreto di Stato", si  occultano documenti e testimoni ? 
Perchè vengono condotte fantasiose e incredibili campagne di depistaggio e di inquinamento delle prove da parte dei cari spezzoni dei servizi segreti ? 
Perchè si eliminano i testimoni scomodi ? 
Perchè ? 
Quali possono essere gli interessi che spingono uno Stato ad accettare queste condotte ? 
Logica vorrebbe che i poliziotti arrestassero assassini pluriomicidi, mafiosi, criminali incalliti per assicurarli alle cure di una magistratura caparbia ed efficiente. 
In maniera schematica e semplificatoria potremmo affermare che interviene la "Ragion di Stato", ma quale Ragione ? 
La necessità di mantenere la riservatezza per proteggere e tutelare testimoni e collaboratori di giustizia non ha retto ad una più ficcante prova dei fatti. Le alternative non sono poi molte da mettere sul piatto: o lo Stato è esso stesso assassino o dentro lo Stato cova degli assassini che, poi, è costretto a proteggere o uno Stato o più Stati stranieri (alleati ?) sono coinvolti in questi gravi delitti contando su note coperure...

Un altro aspetto ricorrente nei grandi delitti e "misteri" italiani è la compartecipazione di più soggetti apparentemente diversi e cointeressati nel portare a termine i progetti criminosi. Anzi, spesso chi finisce nel mirino degli inquirenti diventa il comodo capro espiatorio, si tratti del folle o del fanatico isolato, della gang malavitosa o del gruppuscolo estremista o pseudoterrorista. Le menti rimangono quasi sempre nell'ombra così come i moventi più "profondi" delle stragi e degli attentati...  Addirittura più recentemente è emerso da particolari testimonianze che diverse operazioni stragiste e terroriste sono state compiute da diversi "gruppi di fuoco", cellule i cui componenti erano probabilmente all'oscuro di quale fosse la funzione di ognuno. Se c'è una grande lezione che si può ricavare dai grandi crimini e dai grandi delitti è la complicità e la contiguità di svariati soggetti spesso associati e uniti da transitorie e temporanee necessità "tattiche". Questo schema si palesa soprattutto per quel che concerne i cosiddetti grandi "delitti di mafia" in cui la sola ed esclusiva presenza dei "picciotti" quadra sempre meno...

Nonostante la discreta mole di materiale documentale raramente ci si è arrischiati a tentare un'interpretazione più generale dei fatti, a disegnare un quadro più ampio e vasto e a collegare eventi e storie apparentemente distanti per mettere ordine là ove il caos e l'arbitrio sembrano regnare senza rimedio. A dire il vero qualche recente eccezione degna di nota – e da segnalare ai lettori interessati – bisogna citarla e, in particolare, penso all'ottimo "Doppio livello" di Stefania Limiti e, sul versante degli intrecci con Cosa Nostra italoamericana e siciliana, "Una lunga trattativa " di Giovanni Fasanella, entrambi pubblicati da Chiarelettere, a dimostrazione di un rinnovato interesse a interrogarsi e a riflettere sulla nostra storia più "oscura". Comunque in questi ultimi anni la piega presa dalla pubblicistica in materia potrebbe far ben sperare e allargare orizzonti rimasti miseramente "provinciali" e limitati in questi ultimi vent'anni.

Occorrono la pazienza e la perizia necessarie a ricostruire il "contesto", per riprendere il titolo di un inquietante romanzo di Sciascia che preconizzava la catena di delitti di magistrati agli inizi degli anni Settanta ispirando l'ottimo "Cadaveri eccellenti" del grande regista Francesco Rosi ("Salvatore Giuliano", "Le mani sulla città" e ""Il caso Mattei"). A mio avviso non si può non adottare un approccio "pasoliniano"...


Eravamo solo agli inizi della stagione delle stragi e del terrorismo e poco o nulla era alla portata di un pubblico bene e ragionevolmente informato, eppure l'eclettico e polemico poeta ed intellettuale friulano aveva fornito un'interpretazione efficace e, ancora oggi, non troppo lontana da quella che reputiamo essere l'essenza di quel che accadde allora, sulla cosiddetta "strategia della tensione". Nel corpus di scritti – spesso pubblicati dall'allora "progressista" Corriere della Sera – conosciuti come "Scritti corsari" Pasolini offriva un ritratto impetuoso, caustico e quasi senza speranza della trasformazione antropologica dell'Italia e del suo popolo, ormai avviati ad abbracciare la società dei mass media e il consumismo, secondo i "dettami" di quello che oggi chiameremmo neocapitalismo di marca "angloamericana" e "anglosassone" e neoliberista e che, all'epoca, il nostro etichettava semplicemente come "nuovo fascismo".


Naturalmente per Pasolini esisteva un rapporto fra la "strategia della tensione" e quell'Italia in frenetica trasformazione indotta da una sorta di "potere invisibile". E'evidente che, anche per far passare un nuovo assetto politico, economico, sociale e culturale era necessario giocare la carta del ricatto della paura, incentivando le politiche securitarie di "legge ed ordine". 

Di particolare interesse  è la teoria "pasoliniana" sui due mondi o sui due stati che convivono nel Belpaese. Certo c'è un paese disonesto, violento, corrotto, ignorante e un paese onesto, pacifico, intelligente – che all'epoca si identificava con il PCI, o, meglio, con i suoi elettori e la sua "gente" – in continua tensione fra loro, ma costretti anche a parlarsi, a capirsi, a trattare, ecc... In qualche misura Pasolini anticipava ed "elaborava" il "bipolarismo" all'italiana che non necessariamente si identifica in toto con due grandi partiti o schieramenti. Da qui nasce la "congiura del silenzio" che si protrarrebbe fino ai nostri giorni, per convenienza, per ragione di "partito", per pura e semplice ossessione per una presunta stabilità. Al di là dei troppo citati "Io so"... Questa specie di "congiura del silenzio" ha finito per avvelenare il clima di un paese che, peraltro, già si caratterizzava come una democrazia monca e assai imperfetta. 
Pasolini non condivideva fondamentalmente la convinzione dei "compagni" circa la colpevolezza democristiana nei fatti di strage anche se spesso ripeteva che una rifondazione del paese poteva compiersi solo con un processo a quella classe dirigente
Ai suoi occhi i vecchi ministri e politici democristiani – ormai inadeguati a governare un paese postmoderno – erano responsabili della protezione dei veri autori, ispiratori e mandanti della "strategia della tensione", detentori del "vero potere". Per contro, dialogando con la DC e cercando di accreditarsi come "partito democratico", il PCI aveva rinunciato ad inseguire la verità per una sorta di "ragion di partito" che, comunque, l'intellettuale Pasolini non poteva condividere. E' forse sulla base di questo atteggiamento che, alla fine, quei due mondi, quei due popoli finirono per mischiarsi e per confondersi a detrimento dei principi e dei valori sanciti dalla Costituzione. Ed è allora inevitabile che si succedano in rapida sequenza le varie P2, P3, P4, ecc... e che si verifichino connubi e trattative "Stato – mafia" che celano risvolti e retroscena che non riguardano solo i mafiosi e che investono le nuove architetture delle istituzioni italiane. E tutto alle spalle del cittadino italiano... Come può un paese del genere sopportare la verità sulle stragi, sugli omicidi eccellenti della mafia, sul terrorismo, ecc... ?

Per incamminarsi realmente e senza tabù di sorta sulla strada della verità occorre liberarsi dal peso della retorica "antifascista" che ha impedito di andare fino in fondo per cogliere l'essenza della nostra storia repubblicana. Indubbiamente i partiti nati dalla Resistenza hanno partorito una grande e ottima Costituzione avanzata e ispirata ai più validi principi della democrazia, del cattolicesimo sociale, del socialismo e del liberalismo, ma una serie di fattori hanno impedito a questa "carta" dal carattere fortemente programmatico di realizzarsi. In effetti, e a tutti gli effetti, il nostro è il paese del "golpe", anzi, dei golpes striscianti portati quotidianamente contro i principi costituzionali, spesso a beneficio di un "presidenzialismo" nascosto e di un "premierato" sostanziale, promossi proprio da quei partiti e da quei gruppi che, in teoria, avrebbero dovuto difendere e incoraggiare un parlamentarismo più democratico, efficiente e aperto alle istanze del paese. Il più celebre di questi tentativi di "golpes strisciante" rimane senza dubbio il piduista e "gelliano" Piano di Rinascita Democratica, di stampo anche molto "anglosassone" – si pensi solo al concepimento di una sorta di bipartitismo o di bipolarismo che precorreva i tempi – e ispirato anche a un famoso documento della Trilateral del trio neoliberista e neoconservatore Rockefeller – Kissinger – Brzezinsky. Questo elitarismo, queste concezioni oligarchiche assai diffuse presso i grandi finanzieri, imprenditori, diplomatici e politici – spesso iscritti e affiliati alla massoneria – non è certo estraneo al consumo dei grandi crimini rimasti impuniti...

In particolare vorrei segnalare due peculiarità che hanno segnato il nostro paese e ne hanno fatto una Repubblica refrattaria alla verità. Innanzitutto, al di là della realtà dei partiti che dovrebbero rappresentare le domande di democrazia e diritti dei cittadini, la scena è stata dominata da lobbies, consorterie, sodalizi politico – economico – finanziari – massmediatici l'un contro l'altro armati per il controllo delle principali risorse strategiche e per il mero profitto economico. 

Fra queste possiamo annoverare tranquillamente certe logge massoniche popolate da "fratelli" facoltosi e le varie mafie nostrane – Cosa Nostra siculoamericana, la camorra campana, la ndrangheta calabrese, ecc... -. Dagli anni Ottanta ad oggi il "bipolarismo" italiano ha preso le forme della contesa fra il "sodalizio" economico – politico costruito intorno a Berlusconi e quello che fa riferimento all'ing. De Benedetti. Una "piccola" guerricciola combattuta sui terreni politici, finanziari e massimediatici: se il Cavaliere ha fondato un partito azienda modellato sulla propria persona, l'Ingegnere ha sponsorizzato dietro le quinte il movimento "legalitario" Giustizia e Libertà. In mezzo l'universo confindustriale concentrato nella RCS – Corriere della Sera. E' inutile ricordare come anche le "piccole guerre" non escludano i colpi bassi e le vittime sul campo...

Last but not at least non si può fare a meno di trascurare i risvolti internazionali a fondamento della nostra Repubblica reale... Troppo spesso ci si dimentica che, nonostante la Resistenza, il nostro paese è uscito sconfitto dalla Seconda Guerra Mondiale e ha dovuto accettare le condizioni imposte dagli Alleati angloamericani i quali, peraltro, hanno iniziato la loro marcia sulla penisola anche grazie all'apporto dei mafiosi italoamericani e siciliani. 


Poco conta se poi gli americani hanno sostituito i britannici ricoprendo un ruolo egemone... Non solo lo sviluppo sociale, economico e culturale italiano ha dovuto progressivamente adattarsi al modello "angloamericano", ma gli States hanno fatto del nostro paese la gigantesca portaerei dell'Alleanza Atlantica sul Mediterraneo nel nuovo preteso contesto della Guerra Fredda. 
Avremmo imparato in ritardo che, in realtà, la distanza tecnologica, economica e militare fra la superpotenza statunitense e l'URSS era siderale e che il "pericolo rosso" è stato accampato troppo spesso come pretesto per far lievitare le spese militari e per consentire a determinati soggetti di lucrare beatamente. 
"L'anticomunismo" celava ambizioni egememoniche supportate anche dagli interessi di soggetti "criminosi". Infatti, caduto il gigante sovietico e pressochè scomparso il comunismo, sono apparsi all'orizzonte nuovi nemici da combattere – islamici, stati – canaglia, signori della guerra, narcotrafficanti, mafiosi, terroristi, ecc... - a giustificazione delle cifre spropositate per mantenere in piedi un gigantesco sistema di "difesa" e "sicurezza" globale. 
A partire dagli anni della guerra gli States – con il concorso dei loro alleati – in primis Israele e i paesi europei dell'area NATO – hanno sviluppato un gigantesco apparato e dispositivo per la "guerra totale", da combattere con ogni mezzo e risorsa – non solo strettamente militare, ma anche poliziesca, ideologica, politica, finanziaria, economica, scientifica, psicologica, massmediatica e perfino criminosa -. Milioni su milioni di dollari sono stati investiti nella cosiddetta "guerra clandestina", "segreta", "sovversiva" e "psicologica", nella quale sono stati impiegati tutti gli strumenti possibili per condizionare ed orientare le pubbliche opinioni. Come è stato ammesso da un importante direttore della CIA – William Colby – l'Italia è stato un grandissimo laboratorio per le operazioni clandestine che è anche servito per operazioni golpiste come quella cilena. Un affermazione tanto grave che vorrà dire pure qualcosa nel paese della "strategia della tensione" e delle stragi impunite... 
Quali operazioni le agenzie di intelligence USA e  alleate hanno compiuto in Italia nel quadro del programma CHAOS  per le azioni clandestine di infiltrazione e provocazione ? Di certo, se vogliamo rendere visibile quel filo rosso che collega i crimini più devastanti della Repubblica, non possiamo trascurare di illuminare la "pista americana" e quell'intreccio che riporta all'apparato suppostamente "anticomunista" – ma spesso utilizzato anche per azioni più inconfessabili – che coinvolge, oltre agli States e agli alleati occidentali, il Vaticano, la massoneria, Cosa Nostra siculoamericana e l'alta finanza e imprenditoria. In un poche parole il "vero Potere". 
Non è un caso che per circa vent'anni – dagli anni Sessanta agli anni Ottanta – la loggia coperta Propaganda Due si fosse trovata al crocevia fra questi soggetti costituendo quello che Gelli stesso ha definito "l'ombrello dell'anticomunismo" in Italia. Ed è innegabile che le fortune di Gelli & c. inizino quando la massoneria italiana della "famiglia" di Palazzo Giustiniani sottoscrive un protocollo di impegno "anticomunista" con i "fratelli americani" e quando vengono impiantate le logge americane e NATO nel Belpaese presso l'ambasciata statunitense (la loggia Colosseum) e le basi militari. L'ineffabile Presidente – "gladiatore" Cossiga ammetterà che la stessa loggia P2 era nata presso la base militare americana di Bagnoli come una sorta di gruppo misto di militari e civil servants al servizio degli States... Non sorprende, allora, la carriera da "spioni" dei due presumibili massimi rappresentanti della P2, lo stesso Licio Gelli e Umberto Ortolani. 
Forse se vogliamo capire il ruolo assegnato al Belpaese nel quadro atlantico occorre domandarsi quale fosse il contenuto dei codicilli segreti dei Protocolli NATO sottoscritti nel 1949. Quali le modalità operative degli agenti segreti e speciali ? Quali dispositivi scattano quando vengono avviate le operazioni coperte ? Qual'è il ruolo degli UPSA (Uffici Protezione e Sicurezza Patto Atlantico) istituiti presso i Ministeri della Difesa e degli Interni ? Quale disciplina regola i rapporti fra i "servizi" americani e quelli italiani ? Cosa è realmente STAY BEHIND – la rete paramilitare allestita dagli statunitensi e dai britannici e inquadrata nell'Alleanza atlantica – e quali compiti hanno i suoi nuclei come GLADIO ? Cosa sono i Piani di Sopravvivenza ? Perchè costantemente si ripetono, senza eccessivo clamore – le illegalità da parte degli apparati statunitensi nei paesi europei (pensiamo alle Extraordinary Renditions, ad Echelon, al Datagate, al citato CHAOS, ecc...) ? Per tacere dei traffici di rifiuti, armi e droga di cui il nostro paese è il crocevia e che riempiono le casse della criminalità organizzata autoctona e non... E tutto in un paese ove la presenza di basi militari americane e NATO è capillare come in nessun altro paese... 

Dobbiamo fare i conti con noi stessi, senza sconti per nessuno, ristabilire la verità per ripristinare i principi della Costituzione e, a mio avviso, ciò non sarà possibile finchè non gettiamo la zavorra delle reticenze, dei silenzi, delle menzogne e delle ipocrisie interessate nella pattumiera della Storia.

La verità bisogna dirla tutta...

O saremo sempre attaccati a catene invisibili e non vedremo mai il volto degli ispiratori, dei mandanti e degli assassini...

Forse c'è poco tempo per rimarginare quelle ferite ancora aperte sul futuro...


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