mercoledì 4 marzo 2015

Russia, io non so chi ha ucciso Boris Nemtsov. - Giulietto Chiesa

People attend a march to commemorate Kremlin critic Nemtsov in central St. Petersburg
Può sembrare banale dirlo, ma, con i tempi che corrono non lo è affatto: io non so chi ha ucciso Boris Nemtsov. Ma, poiché se ne deve parlare, essendo evidente l’eccezionale importanza del delitto, avvenuto a poche centinaia di metri dal Cremlino (non credo sfugga a nessuno il significato simbolico del luogo del misfatto), non resta che affidarsi a un freddo uso del normale buon senso. E il normale buon senso dice che Vladimir Putin è stato il bersaglio di questo attentato, insieme alla Russia che egli sta guidando in questo periglioso frangente. Ed, essendo il bersaglio, è ben difficile che egli ne sia stato autore, o ispiratore.
Lo dimostra proprio – a posteriori – l’ondata di accuse che sta dilagando su tutti i mass media occidentali. Angelo Panebianco, in un editoriale del Corriere della Sera, è arrivato addirittura a paragonare Putin a Mussolini, e l’assassinio di Boris Nemtsov a quello di Matteotti. Evidentemente Panebianco ha già concluso l’indagine, non si sa con quali elementi. Di certo non con l’uso del buon senso. E, per quanto concerne le analogie, sarebbe utile usarle cum grano salis. 
Bisognerebbe supporre, ad esempio, per seguire Panebianco nel suo ragionamento, che Boris Nemtsov costituisse un serio pericolo per Vladimir Putin. Ma così non era da parecchio tempo. Nemtsov era , al contrario, molto distante dall’apice di popolarità di cui godette quando Eltsin lo nominò primo vice premier del suo governo, ai tempi del suo – di Eltsin – declino alcoolico. Poi fondò il Partito “Unione delle forze di destra” (SPS) e entrò nella Duma, già come oppositore di Putin. Ma alla tornata successiva il suo SPS non raggiunse il quorum elettorale e rimase fuori dal parlamento. Da allora, negli ultimi anni, il declino della sua figura è stato costante. In uno degli ultimi sondaggi d’opinione Nemtsov non era nei primi sei posti tra le personalità di rilievo della politica russa.
Certo era noto, e non poco. Un bell’uomo, di grande fascino, amato dal pubblico femminile, dall’oratoria sciolta ed efficace. Ma non era attorno a lui che, da tempo, si riunivano le frastagliate e divise opposizioni extraparlamentari al governo di Putin. Questo spiega, ad esempio, perché Nemtsov decise di rilanciarsi recandosi in Ucraina e diventando, per un certo periodo, consigliere dell’allora presidente “arancione” Viktor Jushenko. Fallita la rivoluzione arancione, Nemtsov tornò a Mosca, restando in ombra, per riemergere solo l’anno scorso schierandosi contro la politica del Cremlino nella crisi ucraina. Su questa interpretazione – mio malgrado – mi trovo d’accordo con Edward Luttwak: non può essere stato Putin a inscenare questo assassinio, poiché Nemtsov “era sì una delle voci più critiche della politica di espansione di Putin in Ucraina, ma la sua protesta non era assolutamente in grado di minare la popolarità del presidente”.
Fin qui giusto. Del resto tutti i più recenti sondaggi erano lì a dimostrare, con l’86% dei consensi al Presidente in carica, che Putin può stare tranquillo, almeno da quella parte.
E fin qui basta il buonsenso. Ma la macchina comunicativa occidentale è in grado di annullare anche quello, e su larga scala. Così si spiega la rapidissima reazione dello stesso Putin, a poche ore dall’assassinio: una dichiarazione centrata su due pilastri. L’assassinio “è stato commissionato”, e “si configura inequivocabilmente come una provocazione”. Commissionato da chi? Putin non lo dice, per ora. Provocazione per cosa? La risposta l’ha data Mikhail Gorbaciov, ancora una volta arrivato in soccorso del suo nemico: “Per destabilizzare la situazione interna della Russia”.
Qui s’innesta la seconda interpretazione che è corsa anch’essa, in lungo e in largo, su molti media, seconda solo all’affermazione perentoria sulla colpevolezza di Putin. Interpretazione che potrebbe essere sintetizzata in questo modo: gli assassini sono da ricercare in Russia, tra gli ultra-nazionalisti russi; oppure tra i russi che volevano che Putin intervenisse militarmente in Ucraina, a difesa del Donbass; oppure in settori dei servizi segreti russi, anch’essi scontenti per la “debolezza” di Putin di fronte all’Occidente. In realtà sono varianti della stessa cosa. Che serve a un doppio scopo: concentrare l’attenzione “sull’interno”, affermando l’esistenza di un’altra frattura della società russa; e allontanando perfino l’idea che possa trattarsi di qualcosa che è venuto dall’esterno”.
Tutto è naturalmente possibile, ma dovrebbe essere suffragato da qualche elemento di prova o, quanto meno, di analisi. Ora ciò che è visibile è, al contrario, un consistente appoggio a Putin proprio dei settori nazionalisti, di tutti i settori nazionalisti russi. Non si è vista traccia, in tutti questi mesi di durissimo scontro tra l’Occidente e la Russia, di un’opposizione a Putin da parte di settori dell’esercito e delle cosiddette “strutture della forza”. L’ipotesi è dunque peregrina, anche se a sostenerla sono in molti, insieme a Edward Luttwak.
E non è a questa ipotesi che pensa Vladimir Putin. Lo sappiamo perché proprio lui aveva avanzato quella di un intervento “dall’esterno”. Lo fece, in pubblico, il 28 febbraio del 2012, durante un talk show. “Queste tattiche le conosco da tempo – disse – soprattutto quelle di chi sta all’esterno (…) Lo so: cercano una vittima sacrificale tra qualcuna delle personalità più in vista, per poi mettere sotto accusa i poteri dello Stato. Sono capaci di tutto. E lo dico senza alcuna esagerazione”. Ed era – si noti – il 2012, quando la crisi in Ucraina era ancora di là da venire. Putin ragionava però sulla base delle esperienze del decennio appena trascorso: agli Stati Uniti facevano capo una serie di “guerre”, più o meno civili, in Libia, in Siria, in Irak. Mancavano ancora all’appello l’Ucraina e la stessa Russia: l’obiettivo, il trofeo decisivo. Insomma Putin si aspettava che qualcuno, dall’esterno, tentasse di aprire un “fronte interno” per destabilizzare la Russia.
Ecco cosa intende dire oggi Mikhail Gorbaciov.
Ed è strano che, a differenza dei commentatori russi, in Occidente nessuno abbia avanzato l’ipotesi di inquadrare questo assassinio nella strategia americana che punta proprio alla demolizione di Vladimir Putin. Strano davvero. I commentatori “complottisti” di tutti i giornali occidentali manifestano qui una singola distrazione, o carenza d’immaginazione.
E c’è, infine, l’inquietante circostanza dell’intervista che Boris Nemtsov rilasciò al giornale online Sobesednik il 2 marzo del 2014, nella quale egli affidava alla preoccupazione della madre, la sua propria: di essere ucciso proprio da Putin. All’intervistatore, che lo incalzava, rispose che sì, anche lui “un poco” temeva questa eventualità. Quasi un tremendo, involontario suggerimento a chi – non sappiamo sotto quale meridiano – stava appunto cercando una “personalità in vista” da trasformare in “vittima sacrificale”.

Bufera gdf, “30 mila euro al mese” e gite in barca per “pilotare” le verifiche fiscali.

Bufera gdf, “30 mila euro al mese” e gite in barca per “pilotare” le verifiche fiscali

Dai verbali della Procura di Napoli emerge la "dolce vita" del colonnello Mendella, arrestato ieri nel corso di un'indagine su presunte anomalie nelle verifiche fiscali di alcune aziende napoletane. Indagato anche il comandante in seconda delle fiamme gialle generale Bardi. Nella carte anche il nome del generale in pensione Spaziante, al centro del caso Mose.

Fino a 30 mila euro al mese consegnati in scatole di cellulari, vacanze in Sardegna e gite in barca a Capri con i calciatori del Napoli. Sono alcuni dei vantaggi chiesti, secondo l’inchiesta della Procura di Napoli, per “pilotare” le verifiche fiscali in delle aziende napoletane dal comandante provinciale di Livorno della Guardia di Finanza Fabio Massimo MendellaIl colonnello è stato arrestato mercoledì con l’accusa di concussione per induzione nell’indagine dei pm Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock, con il coordinamento dell’aggiunto Alfonso D’Avino
Indagato anche il comandante in seconda, generale Vito Bardi. Sarebbe stato stato lui, secondo i pm, scrive il Corriere della Sera, il referente di un “sistema” di corruzione che potrebbe aver coinvolto, nella spartizione delle “mazzette”, anche altri ufficiali ancora in servizio. Bardi, scrive Il Mattino, un mese fa aveva scelto di ritirarsi, presentando la domanda di pensione anticipata per lasciare il servizio a luglio di quest’anno. Fra gli indagati, in un altro filone dell’inchiesta, anche l’ex numero due delle Fiamme Gialle Emilio Spaziante, il generale in pensione al centro del caso Mose. 
Dall’inchiesta su presunte anomalie nelle verifiche fiscali, delegata alla Digos, emerge che il colonnello Mendella, quando a luglio scorso era in servizio a Napoli, avrebbe omesso di compiere controlli sulle aziende di alcuni imprenditori in cambio di un’elargizione mensile “tra i 15mila e i 30mila euro”. L’accordo tra Mendella e l’imprenditore sarebbe continuato anche quando il colonnello fu trasferito a Roma. Per questo, su suo suggerimento, secondo i pm, la holding “Gotha s.p.a.“, trasferì la propria sede legale nella Capitale. L’indagine si è sviluppata dopo le dichiarazioni dell’imprenditore Giovanni Pizzicato, che il 14 novembre ha scelto di collaborare con i giudici.
“Nel 2005 venni avvicinato da un mio collega Pietro Luigi De Riu (finito in manette mercoledì per questa vicenda ndr.) mi disse che sarebbe stato bene che per la mia attività incontrassi un suo amico  – racconta l’imprenditore, secondo i verbali dell’indagine riportati dal Corriere della Sera -, il maggiore Fabio Massimo Mendella, con il quale fu organizzata una cena presso uno dei locali che all’epoca gestivamo, ‘La Scalinatella’ di Napoli… De Riu ci propose di trovare un accordo economico con Mendella, in misura proporzionale al volume d’affari della società. Mi fu detto che con 15 mila euro al mese avremmo potuto star tranquilli… Cominciai quindi a pagare, ma poi nel tempo i versamenti sono cresciuti a 20 mila e poi fino a 30 mila euro. Non abbiamo avuto mai alcun controllo generale o comunque mirato dalla Guardia di Finanza. Complessivamente avrò versato oltre l milione di euro. Questi versamenti sono stati tutti quanti effettuati a Napoli… in qualche circostanza io avevo messo i soldi contanti in una confezione di un cellulare richiedendo alle mie segretarie di consegnarli al dottor De Riu. L’ultimo dei pagamenti è avvenuto a settembre, ottobre del 2012. Il contante lo abbiamo ritirato in banca in Italia fino al 2011 più o meno, poi ho utilizzato somme che venivano prelevate dai conti presenti in Lituania e Bulgaria”. 
Il finanziere avrebbe ottenuto danaro ma non solo, scrive il Corriere della Sera, anche vacanze pagate in Sardegna, oltre a gite in barca con i calciatori del Napoli. L’imprenditore ha affermato infatti di aver pagato al Colonnello nel 2007 una settimana di soggiorno al residence Smeraldina di Porto Rotondo e di aver organizzato nel 2006 una gita a Capri con Paolo Graziano, attuale presidente degli industriali di Napoli. “La barca di Graziano era un Mangusta – ricorda Pizzicato – e a bordo della stessa c’era l’ex calciatore del Napoli Ciro Ferrara con la famiglia di Fabio Cannavaro, quest’ultimo a bordo della sua barca. La barca del Graziano fu da noi raggiunta con un gommone che era di proprietà di mio cugino, Sergio Reale. Noi partimmo da Ischia dove io ero con la mia barca, a bordo della quale c’era Mendella con la sua compagna, oltre De Riu con la sua fidanzata dell’epoca”. 

I giudici nell’ambito delle indagini hanno intercettato anche l’avvocato Marco Campora, noto penalista napoletano, amico di Mendella e legale di De Riu. Secondo l’accusa, scrive Repubblica.it avrebbe svolto un ruolo di “ponte telefonico” fra il colonnello e il commercialista “facendo da tramite per l’organizzazione degli incontri fra i due”. Il legale è stato raggiunto mercoledì da un decreto di perquisizione firmato dai pm Celeste Carrano e Giusy Loreto. I magistrati ipotizzano nei suoi confronti il reato di rivelazione del segreto d’ufficio. Secondo i pm, riporta Repubblica.it, Mendella e Campora parlavano con un linguaggio criptato, per esempio affermando di una “fantomatica ragazza” che aveva “visto le foto”. Allusione secondo i giudici alle immagini catturate dalla Digos e allegate a un’informativa coperta da segreto, che ritraggono l’avvocato con De Riu e Mendella. A informare l’ufficiale delle intercettazioni in corso sarebbe stato secondo gli inquirenti lo stesso legale. Campora attraverso attraverso i suoi avvocati Domenico Ciruzzi e Anna Ziccardi, ha dichiarato la sua “totale estraneità ad ogni ipotesi di reato”.

Helg, Montante e gli altri: le carriere antimafia finite tra accuse e sospetti. - Giuseppe Pipitone

Helg, Montante e gli altri: le carriere antimafia finite tra accuse e sospetti

L'arresto del presidente della Camera di Commercio di Palermo, che denunciava le estorsioni ed è ora accusato di praticarle, riapre in Sicilia la polemica sui "professionisti dell'antimafia". Fava: "Troppe protezioni e impunità". Don Ciotti: "Solo un'etichetta". E l'impegno autentico per la legalità rischia di essere travolto.

Da anni predicava la necessità di combattere il “pizzo” imposto da Cosa Nostra agli esercenti palermitani, si faceva promotore di iniziative antimafia e ingaggiava rumorose polemiche per sottolineare il coraggio di chi denunciava le estorsioni dei boss. Attività che avevano consentito a Roberto Helg, da quasi dieci anni presidente della Camera di Commercio di Palermo, di entrare di diritto nei ranghi del movimento antimafia: peccato che nel frattempo sia finito in manette per aver chiesto e intascato una tangente da centomila euro da un commerciante che chiedeva il rinnovo dell’affitto di alcuni locali dell’aeroporto del capoluogo.Scalo intitolato a Falcone e Borsellino, simboli della lotta a Cosa Nostra, citati a più riprese nelle iniziative presenziate da Helg. Abbandonato oggi persino dal suo legale, che giudica “incompatibile” questa difesa. Il motivo? L’avvocato Fabio Lanfranca ha scelto da anni di assistere le vittime di estorsione: lo stesso reato denunciato da Helg, ma di cui ora è accusato.
Solo l’ultimo emblema di un pericoloso fenomeno, un cortocircuito paradossale che rischia di polverizzare l’intero fronte della lotta a Cosa Nostra: l’antimafia utilizzata come status, un carrierismo  colorato da slogan e iniziative contro la criminalità organizzata che punta solo ad occupare luoghi di potere. “Occorre chiedersi cosa sia diventato oggi il fronte antimafia in Italia e  come abbia prodotto e protetto troppe carriere e troppi spazi di impunità” è il commento del vice presidente della Commissione Antimafia Claudio Fava. Gli fa eco il senatore ex M5S Francesco Campanella che sottolinea come oggi “chi gestisce sacche di potere possa farlo ergendosi a paladino e professionista di un’antimafia di facciata”. Un concetto già descritto pochi mesi fa da don Luigi Ciotti: “L’antimafia – diceva il fondatore di Libera – è ormai una carta d’identità, non un fatto di coscienza. Se la eliminassimo, forse sbugiarderemmo quelli che ci hanno costruito sopra una falsa reputazione. L’etichetta di antimafia oggi non aggiunge niente. Anzi”.
E quell’ “anzi” lasciato sospeso richiama immediatamente all’allarme lanciato da Leonardo Sciascia dalle pagine del Corriere della Sera il 10 gennaio del 1987: nell’ormai celebre articolo sui professionisti dell’antimafia, lo scrittore di Racalmuto mise nel mirino gli esempi sbagliati (cioè la nomina di Borsellino a procuratore di Marsala) ma intuì prima di tutti, in tempi non ancora maturi, ciò che oggi è diventato un sistema diffuso. Parole profetiche diventate adesso più che mai attuali. Il primo caso della mafia che si fa antimafia va in scena a Villabate, nei primi anni duemila: l’associazione Addiopizzo era appena nata e Francesco Campanella, presidente del consiglio comunale della cittadina palermitana, ebbe l’idea di creare un osservatorio per la legalità, attribuendo persino un premio a Raoul Bova, interprete sul piccolo schermo del capitano Ultimo, alias Sergio De Caprio, il carabiniere che arrestò Totò Riina. Peccato che Campanella fosse un mafioso (oggi è un collaboratore di giustizia), e che l’idea dell’Osservatorio fosse solo uno stratagemma per confondere le acque: la mafia che si fa antimafia, in quel caso con l’autorizzazione diretta di Bernardo Provenzano.
E più cresceva la coscienza antimafia, con le associazioni antiracket e le denunce pubbliche che si moltiplicavano, più si diffondevano i casi in cui il paravento della legalità veniva utilizzato per fare affari e carriere. Pochi anni dopo l’escamotage di Campanella, all’imprenditore Pino Migliore era arrivato un consiglio: iscriversi ad un’associazione antiracket. Peccato che quell’indicazione provenisse dagli stessi estortori mafiosi del commerciante palermitano. In questo senso il caso di Helg è solo la sintesi estrema. Prima della mazzetta in tasca, prima dell’assegno ottenuto come garanzia dell’estorsione futura, Helg era rimasto alla guida dei commercianti palermitani, nonostante lui stesso non lo fosse più dal 2012, e cioè da quando la catena di negozi di famiglia aveva dichiarato fallimento. Ciò nonostante, l’etichetta di frontman dell’antimafia gli ha garantito la permanenza al vertice di Confcommercio.
È così che il concetto di lotta a Cosa Nostra è diventato  passepartout per fare carriera. E poco importa se si tratti di una lotta di plastica, di cartapesta. Appena poche settimane fa era toccato ad un altro leader della lotta al racket messa in campo dagli imprenditori siciliani: Antonello Montante, presidente di Confindustria sull’Isola, delegato per la legalità dell’associazione di viale dell’Astronomia, membro (poi dimessosi) del direttivo dell’Agenzia per i Beni Confiscati. Da volto moderno dell’antimafia rampante Montante è finito trascinato addirittura in un’inchiesta per concorso esterno a Cosa Nostra: ad accusarlo non ci sono prove schiaccianti come per Helg (registrato mentre estorce denaro come un “picciotto” dei boss, qui l’audio), ma i verbali di ben cinque collaboratori di giustizia. Una storia che rimane ancora oggi a metà  tra il sospetto di un complotto politico giudiziario (in Sicilia si chiama “mascariamento”) e uno dei più grandi abbagli della storia antimafia recente.
A garantire l’assoluta trasparenza di Montante era stato nel settembre del 2013 il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, intervenendo ad un dibattito a Chianciano Terme, proprio al fianco del presidente degli industriali isolani. “In Sicilia – aveva tuonato il magistrato – è in corso una campagna di delegittimazione della vera antimafia da parte di centri occulti che vogliono screditare chi fa antimafia con i fatti, come Confindustria, Fai e Addiopizzo”. Poi aveva aggiunto: “Questa campagna di delegittimazione, che è anche una strategia della tensione, potrebbe tradursi in attentati e azioni eclatanti”. Oggi Montante è indagato proprio a Caltanissetta, la procura di Lari, che se è rifugiato nel no comment.
E se da Castelvetrano Giuseppe Cimarosa, cugino di secondo grado di Matteo Messina Denaro, annuncia la sua battaglia contro Cosa Nostra, ( e suo padre Lorenzo è considerato soltanto al momento un dichiarante), non ha ancora dato segni effettivi la presunta Rivoluzione di Rosario Crocetta, primo presidente di Sicilia dichiaratamente antimafioso, dopo che i suoi predecessori Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo sono finiti entrambi condannati per fatti di mafia. “La storia di Helg non ci riguarda, ma non possiamo tacere di fronte al fatto che in tanti, troppi, pensano che è venuto il momento di chiudere l’impegno antimafia, la denuncia della corruzione e che sia arrivato il tempo di una riappacificazione generale” tuona il governatore, che sembra fare dei precisi riferimenti che vanno oltre all’arresto di Helg. È noto come Crocetta abbia messo la lotta a Cosa Nostra e la battaglia per la legalità tra i primi punti del suo programma di governo: fino ad oggi non è stato sfiorato da nessuna indagine penale, ma dal Tar (sul caso Muos), fino alla Corte dei Conti ha ricevuto pesantissimi richiami a livello amministrativo. Come dire che la legalità non si annida solo nel condannare l’associazione criminale denominata Cosa Nostra. È il caso di Helg, nemico degli estortori mafiosi ed estortore freelance allo stesso tempo, secondo l’accusa. “Se un soggetto del genere parla di contrasto alla corruzione e poi viene arrestato per lo stesso reato il rischio vero è che si mette in discussione anche la battaglia oltre alle sue parole” dice oggi Raffaele Cantone, il magistrato campano che guida l’Anticorruzione.
All’orizzonte dunque sembra spuntare il pericolo maggiore, e cioè che l’utilizzo spregiudicato del brand antimafia distrugga alla fine l’unico, vero concetto di opposizione a Cosa Nostra: quello che passa dalle scuole, dalle iniziative culturali, dalle denunce serie, che non fa affari e non fa carriere. Ma la cui credibilità è minata oggi dai professionisti dell’anti-antimafia: ovvero gli utilizzatori di slogan contro Cosa Nostra per fini privati, che alla fine depotenziano la vera lotta contro la piovra e le sue connivenze. Una perversa evoluzione dell’allarme lanciato da Sciascia che solo sull’Isola dei paradossi poteva vedere la luce. E d’altra parte la Sicilia rimane sempre una Regione dove, parafrasando Enrico Deaglio, chi si ferma alla quarta versione dei fatti è un superficiale.

martedì 3 marzo 2015

Più antiche del previsto le polveri che formano pianeti e vita.


Le polveri che hanno dato origine ai pianeti e alle molecole della vita sono più antiche del previsto (fonte: ALMA/ESO)

Lo dimostra una galassia anomala, primitiva e polverosa.


Le polveri che danno origine ai pianeti e alle molecole della vita sono più antiche del previsto: lo dimostra la scoperta nell'universo giovanissimo di una galassia molto 'polverosa', osservata quando il cosmo aveva solo 700 milioni di anni ovvero circa il 5% della sua età attuale. 

Pubblicata su Nature, la scoperta si deve al gruppo coordinato dall'astrofisico Darach Watson, del Niels Bohr Institute e dell'università di Copenhagen. Alla ricerca ha partecipato anche l'Italia, con Anna Gallazzi, dell'Osservatorio di Arcetri dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). 

''La scoperta può avere implicazioni sulla formazione dei pianeti, che nell'universo potrebbe essere cominciata prima del previsto'' osserva Gallazzi.

Chiamata A1689-ZD1, la galassia è un'anomalia per il cosmo primordiale, ritenuto, finora, povero di polveri e potrebbe far riscrivere le prime fasi della storia dell'universo. Si immaginava infatti che le prime galassie fossero composte prevalentemente da gas perché la polvere viene 'fabbricata' dai processi di combustione nel cuore delle stelle e poi sparsa nel cosmo quando gli astri muoiono ed esplodono. 

Queste polveri poi si aggregano in nubi da cui nascono nuove stelle. Occorrono molti cicli di questo tipo per osservare la quantità di polveri, pari a circa 40 milioni di masse solari, individuate nella galassia primordiale. La galassia è anche ricca di elementi pesanti come carbonio, silicio, magnesio, ferro e ossigeno, che sono alla base della formazione dei pianeti e delle molecole organiche complesse.

Questi inattesi risultati implicano che il processo di formazione della polvere sia avvenuto nel tempo record di circa 100 milioni di anni e che si sia sviluppato di pari passo alla formazione delle stelle. ''La galassia - spiega Gallazzi - ha una massa di stelle pari a circa un miliardo di volte quella del Sole, un'età media delle sue stelle di circa 80 milioni di anni e un tasso di formazione stellare che ogni anno produce astri per una massa complessiva di 12 soli''.

Individuata dai telescopi spaziali Hubble e Spitzer, la galassia è stata osservata nel dettaglio dai grandi telescopi dell'Osservatorio Europep Australe (Eso) Vlt (Very Large Telescope) e Alma (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array).


Tangenti, arrestato presidente Camera di commercio di Palermo: intascava una mazzetta.


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Roberto Helg stava prendendo 100 mila euro da un ristoratore.

Roberto Helg, presidente della Camera di commercio e vicepresidente della Gesap, la società che gestisce l'aeroporto di Palermo, è stato arrestato ieri mentre intascava una tangente di 100 mila euro da un ristoratore, affittuario di uno spazio dell'aeroporto, che si era rivolto a lui per la proroga del contratto. 
Il ristoratore si era rivolto a Helg per ottenere condizioni favorevoli sulla proroga triennale del contratto d'affitto. La richiesta e la consegna del denaro sono state integralmente monitorate dalla polizia giudiziaria. L'accusa per Helg è di estorsione aggravata: ha prospettato al commerciante le difficoltà dell'operazione di rinnovo se non supportata dal suo intervento e dal pagamento di 50 mila euro in contanti e di 10 mila euro al mese per 5 mesi, con il contestuale rilascio, come garanzia dell'impegno, di un assegno in bianco del residuo importo di 50 mila euro.
Al sopraggiungere della polizia giudiziaria nella stanza di Helg attorno alle 17 di ieri, il presidente della camera di commercio aveva già ricevuto e messo in tasca l'assegno; sulla sua scrivania c'era anche una busta con 30 mila euro in contanti. Interrogato dai magistrati della Procura, Helg ha fatto ammissioni sulle quali sono in corso indagini.

QUELLO CHE PUTIN SA..- Mike Whitney

putin
Putin lo sa cosa è successo al volo MH17, ma non lo dice … per il momento.
"Abbiamo ripetutamente invitato tutte le parti a fermare immediatamente lo spargimento di sangue, e a sedere al tavolo dei negoziati. Crediamo fortemente che questa tragedia non sarebbe avvenuta se il 28 Giugno non fossero ricominciate le attività militari nell'Ucraina Orientale. Nessuno, tuttavia, ha il diritto di usare questa tragedia per perseguire i suoi fini politici. Eventi di questo tipo devono unire – e non dividere – le persone".
Dichiarazione ufficiale del Presidente russo Vladimir Putin sul volo Malaysia Airlines 17:
"Cerchiamo di essere chiari, sia la Russia che gli Stati Uniti sanno benissimo quello che è successo. Lo sanno senz’altro. Le loro Intelligences ed i loro sistemi orbitali hanno visto tutto ....".
Il volo “Malaysia Airlines 17” è stato abbattuto da un missile terra-aria lanciato dall'Ucraina Orientale, il piano di Washington denominato "pivot asiatico” (più conosciuto come “Pacific Pivot”. Per un’idea di massima si può consultare questo sito: http://en.wikipedia.org/wiki/East_Asian_foreign_policy_of_the_Barack_Obama_administration, ndt), che prevede, fra le altre cose, una testa di ponte in Ucraina per sabotare le relazioni commerciali tra Europa e Russia, è entrato in una nuova fase.
Da quel giorno i media occidentali e i membri di spicco dell'establishment politico degli Stati Uniti hanno usato l'incidente per lanciare pesanti attacchi contro la Russia ed il Presidente russo Vladimir Putin, ritenuto personalmente responsabile della morte dei 295 passeggeri.
Domenica scorsa, l'Amministrazione Obama ha lanciato quello che, a tutt’oggi, è il suo più imponente blitz propagandistico: la presenza pianificata del Segretario di Stato americano, John Kerry, su tutti e cinque i talk shows della Domenica mattina, dove ha dichiarato, senza alcun fondamento, che lo MH17 è stato abbattuto dai ribelli dell’Ucraina Orientale, sostenuti dalla Russia.
Secondo Kerry, la Russia non solo ha "sostenuto, armato e addestrato" i separatisti, ma ha anche fornito loro il sistema missilistico (BUK) che è stato utilizzato per abbattere il jet di linea. Sul programma della CBS "Face the Nation", Kerry ha dichiarato:
"Sappiamo per certo che i separatisti hanno queste capacità, sono stati addestrati dai russi sull’utilizzo dei sofisticati sistemi SA-11. C'è un'enorme quantità di prove, molte più prove di quelle che ho appena documentato, che portano al coinvolgimento della Russia sia nella fornitura di questi sistemi, che nell’addestramento del personale necessario" - (“Kerry Says Russia Trained Separatists to Use Antiaircraft Missiles”, New York Times).
Sorprendentemente, le affermazioni di Kerry non quadrano con quelle del suo capo, il Presidente Barack Obama, che aveva ammesso, il Venerdì precedente, di non sapere chi aveva abbattuto lo MH17, e nemmeno perché.
Il Presidente, in effetti, aveva detto che: "Penso che sia troppo presto per sapere quali siano le intenzioni di coloro che hanno lanciato il missile terra-aria ... L’identificazione dell’individuo o del gruppo che ha compiuto l’attentato, e le modalità su come è stato messo in atto, sono questioni che saranno oggetto di ulteriori informazioni".
Il fatto che né il contenuto delle scatole nere né le registrazioni della cabina di guida fossero ancora state rivelate, non ha impedito a Kerry di muovere delle accuse, cercando d’influenzare l'inchiesta. Kerry non ha nemmeno accennato alla possibilità che i militari ucraini, dotati anch’essi di sistemi missilistici BUK schierati nella zona, possano aver erroneamente abbattuto quell'aereo.
Nessuno dei cinque conduttori (dei talk shows) ha contestato a Kerry una qualsiasi delle sue affermazioni. Egli ha potuto esprimere il suo punto di vista senza alcun dibattito, proprio come nelle dittature.
Ma Kerry non si è fermato. Ha continuato sostenendo che Mosca, alcune settimane fa, aveva inviato “un convoglio di circa 150 unità – composto da veicoli corazzati per il trasporto-truppe, lanciarazzi multipli, carri armati ed artiglieria – nella parte orientale dell'Ucraina, destinato ai separatisti".
Inutile dire che nessuno dei principali media, o delle rispettive agenzie d’Intelligence (che seguono da vicino le attività sul confine), hanno detto una sola parola sul convoglio-fantasma di Kerry.
Senza immagini satellitari, o una qualche altra prova, si deve presumere che l'affermazione di Kerry sia affidabile quanto il suo fasullo "Libro Bianco", che aveva attribuito l'uso del gas “sarin” al ​​governo siriano, per aumentare il coinvolgimento degli Stati Uniti (in quella guerra), e per "stimolare il presidente Obama a decidere l’immediato bombardamento di obiettivi siriani", come ha sostenuto il giornalista Robert Parry.
E’ interessante notare, fra le altre cose, che il co-autore dell’articolo su Kerry, comparso sul “New York Times” di Domenica scorsa, non era altri che Michael R. Gordon. Nel 2002 Gordon, insieme a Judith Miller, aveva scritto un pezzo sui certi “tubi di alluminio” presenti in Iraq, per spaventare i lettori "attraverso le immagini dei funghi atomici", in sostegno alla guerra in quel paese.
La storia si è poi rivelata un’assoluta sciocchezza, ma aveva contribuito a spianare la strada all'invasione statunitense. Gordon era riuscito a sfuggire al biasimo, per aver scritto quell’articolo, mentre la Miller, del tutto screditata, fu mandata via.
Ora i politici ed i media stanno provandoci ancora … stanno cercando di far crescere la cosiddetta “febbre di guerra”, per portare l’opinione pubblica sulle loro posizioni, verso un altro intervento di sangue. Solo che, questa volta, il bersaglio non è davvero il popolo americano, ma quello europeo.
Il vero obiettivo è quello di generare un suficiente consenso sia per imporre ulteriori sanzioni economiche, che per dispiegare le forze NATO al confine occidentale della Russia. Washington vuol sabotare una maggiore integrazione economica tra l'UE e la Russia, per controllare il flusso di risorse vitali verso l'UE, per far crollare l'economia russa e per porre un casello (autostradale) tra i due continenti.
Fa tutto parte della strategia di Washington (il Pivot Asiatico, ndt), fondamentale per mantenere anche nel 21° secolo l'egemonia nel mondo. Dal “The New York Times”:
"I funzionari americani sperano che questa tragedia possa confermare (se gli investigatori accerteranno che l’aereo della Malaysia Airlines è stato abbattuto da un missile terra-aria sparato dai ribelli filo-russi, che lo avevano scambiato per un aereo militare) che Mosca ha deliberatamente violato la sovranità ucraina. Nonostante il Signor Obama avesse imposto solo il giorno prima delle nuove sanzioni contro la Russia, gli europei avevano rifiutato l’adozione di misure rigorose, per paura di compromettere i legami economici ....
L'Amministrazione ha già preparato ulteriori sanzioni, se il Signor Obama dovesse decidere di adottarle. Un alto funzionario dell'Amministrazione Obama, che ha insistito per l'anonimato per poter parlare più apertamente, ha sostenuto che: “la domanda è: sarà sufficiente tutto questo per far passare gli europei attraverso quella soglia? Non lo so con certezza, ma come potrebbe non esserlo?"
I funzionari europei sono stati cauti nelle loro prime reazioni – alla ricerca, prima di saltare alle possibili conseguenze, di tempo ed informazioni – ed erano riluttanti ad assegnare la colpa. Ma la maggior parte dei passeggeri era europea. La maggior parte di questi, 154 in tutto, era dei Paesi Bassi (Olanda), dove il volo ha avuto origine. Questo fatto potrebbe aumentare la pressione sui governi europei perché rispondano in modo adeguato .... alcuni analisti hanno detto che il disastro dovrebbe portare, inevitabilmente, ad una rivisitazione dell'approccio europeo verso la Russia.
"Si tratta, in definitiva, di far pressione sull’Europa perché faccia quello che avrebbe dovuto fare già da molto tempo –  ha dichiarato John E. Herbst, ex Ambasciatore americano in Ucraina, ora al Consiglio Atlantico di Washington – Ma la resistenza di chi si oppone, ovvero di chi è favorevole a che si proceda con passi di piombo, resta molto forte, e quindi non si andrà avanti. La loro posizione, però, ha appena ricevuto un colpo notevole, che dovrebbe portare ad un più forte pacchetto di sanzioni da parte dell’Europa" ...
Se è pur vero che il Signor Obama non ha espresso questa posizione, il suo ex Segretario di Stato, Hillary Clinton, ha però reso pubblico quello che i funzionari dell'Amministrazione dicevano in privato ... "Sono gli europei, e non noi, a dover prendere l'iniziativa sulla questione. E' stato abbattuto un aereo del volo Amsterdam-Kuala Lumpur sul territorio europeo. Ci dovrebbe essere indignazione, nelle capitali europee".
Vi rendete conto di quello che sta succedendo? Washington non si preoccupa dei fatti. Ciò che conta, per Obama e Co., è di far salire gli europei a bordo ("far aumentare la pressione all'interno dell'Europa"), per farli cadere nella trappola delle sanzioni, per interrompere le forniture di gas russo (privando Putin di una vitale fonte di reddito), e per avviare negoziati in Eurasia, volti all’insediamento di basi NATO.
Il fatto che le Agenzie d’Intelligence statunitensi siano coinvolte o meno nell’attacco missilistico, non cambia la sostanza della questione, Washington sta chiaramente traendo un vantaggio dalla tragedia.
Tenete a mente che la ragione per cui Putin non ha inviato truppe russe per fermare la violenza nell’Ucraina Orientale, è che l'UE è il suo più grande partner commerciale, ed egli non vuol far niente che possa mettere la parola “fine” ai loro rapporti d'affari.
La Russia ha bisogno dell'Europa, come l'Europa ha bisogno della Russia. Hanno una perfetta complementarità, ed è questo il motivo per cui Washington ha architettato questo ridicolo piano … per mettere il bastone fra le ruote.
Il fatto è che Washington vuole essere il Kingfish (slang americano, poliziotto prepotente e spietato che non rispetta le leggi ed è capace di tutto, anche di uccidere, ndt) dell’Eurasia, e controllare allo stesso tempo sia le risorse dei due continenti che la crescita delle economie regionali.
Per raggiungere l’obiettivo, ha bisogno di convincere i leaders ed i popoli dell'Unione Europea che Putin è uno spericolato aggressore, senza alcuna attendibilità. Ecco perché Kiev ha lanciato una provocazione dietro l'altra, da quando il legittimo governo ucraino (quello di Viktor Yanukovich) è stato estromesso, a fine Febbraio, e sostituito da un governo dittatoriale appoggiato dagli Usa.
La maggior parte delle provocazioni non sono state documentate dai media occidentali, anche se erano accompagnate da violazioni sistematiche delle Leggi internazionali e da crimini contro l'umanità … come ad esempio l’uso di ordigni incendiari al "fosforo" a Slavyansk, il 12 Giugno (phosphorous), o il bombardamento di una scuola materna nella stessa città (kindergarten in Slavyansk), o il deliberato  bombardamento degli ospedali dell’Ucraina Orientale (hospitals), o l'uccisione di alcuni giornalisti (killing of journalists ), o i colpi di mortaio lungo il confine con la Russia (across the border), o il massacro di Odessa, dove 42 persone sono morte carbonizzate nell’incendio del Palazzo dei Sindacati, appiccato dagli hooligans e dai neo-nazisti favorevoli alla “giunta”.
Nessuno di questi eventi è stato riportato dai media occidentali, dove la copertura degli eventi è tagliata su misura per far avanzare l'agenda dello stato-corporativo (palese il riferimento al modello corporativo proposto dal Fascismo, ndt).
Tutti questi incidenti sono stati concepiti avendo in mente un solo obiettivo: provocare Putin per indurlo ad inviare i carri armati, per poterlo successivamente definire come il nuovo Hitler.
Putin ha saggiamente evitato questa trappola decidendo, al contrario, di lavorare in collaborazione con i leaders europei (Merkel e Hollande), per cercare di convincere il Presidente ucraino, Petro Poroshenko, a fermare il bombardamento ad est, e ad accettare un immediato “cessate il fuoco”.
Poroshenko, che prende ordini da Washington, ha tuttavia rifiutato di porre fine alla violenza. Lunedì scorso il "re del cioccolato" ha lanciato un massiccio attacco alla città di Donetsk, che ospita quasi un milione di cittadini. Ecco il breve estratto di un report della RT di Lunedì 21 Luglio:
"E’ in corso un pesante scontro a fuoco in alcuni settori della città di Donetsk, con cannoneggiamenti che si sono ben sentiti dal centro della città. Le forze di auto-difesa hanno parlato di veicoli blindati (e di fanteria) pro-Kiev che cercano di infrangere le difese del terminal ferroviario centrale" - (“Kiev forces attack city of Donetsk, civilian casualties reported“, RT).
Un funzionario dell’auto-proclamata Repubblica Popolare di Donetsk, Sergey Kavtaradze, ha informato la Reuters che le truppe ucraine, dotate di carri armati e veicoli blindati, stanno cercando di infrangere le difese di Donetsk - (“Kiev forces attack city of Donetsk, civilian casualties reported“, RT)
Poroshenko non ha alcuna intenzione di rispettare un “cessate il fuoco”, perché in questo modo non verrebbe raggiunto l'obiettivo dell'Amministrazione Obama, che è quello di attirare Putin in una guerriglia lunga e sanguinosa. Questo è ciò che rende l'abbattimento dello MH17 così sospetto … potrebbe benissimo trattarsi di un’operazione “false flag”, destinata a gettar fango su Putin.
La questione dello MH17, in ogni caso, non resterà segreta ancora a lungo. Il giornalista Pepe Escobar ha sottolineato, in un recente articolo su Asia Times, di come l'Intelligence russa abbia raccolto tonnellate di dati, che aiuteranno a collegare fra loro i puntini. Ecco l’estratto di un recente articolo di Escobar, dal titolo "E' stato davvero un missile di Putin?":
"L’Intelligence russa sorveglia/traccia tutto ciò che accade in Ucraina dal 24 Luglio. Nelle prossime 72 ore, dopo aver studiato una montagna di dati, ottenuti utilizzando la telemetria, i radars e la localizzazione satellitare, saprà che tipo di missile è stato usato e da dove è stato lanciato. Potrà produrre persino le comunicazioni della “batteria” che ha agito. E tutto ciò avrà la forza di una prova di tipo forense”. - (“Quel missile era di Putin ?” Pepe Escobar, Asia Times)
Così, in un modo o nell'altro, verremo a sapere cosa è successo. Gli Stati Uniti e la Russia hanno i tutti i dati necessari a capire da dove il missile è stato lanciato, e chi è che lo ha fatto. Probabilmente hanno anche le registrazioni delle comunicazioni tra la “Air Traffic Tower” (ucraina) e l'aereo. Sanno tutto, ma devono essere cauti sia su quello che rivelano, sia su quando possono farlo.
La mia ipotesi è che Putin stia “trascinando i piedi” per essere sicuro che l'indagine sia completa, trasparente ed imparziale, e che non si tratti di un falso, utile a screditarlo agli occhi dei suoi partners commerciali.
Il team di Obama, chiaramente, vede tutto questo come un'opportunità per danneggiare Putin, in modo da indurlo ad usare prove false, come le foto sgranate che son saltate fuori sul “New York Times”, alcuni mesi fa, che avrebbero dovuto dimostrare di come gli esperti militari russi abbiano segretamente diretto la ribellione dell'Ucraina Orientale (le foto erano dei falsi).
Se il team di Obama cerca di fare un’altra bravata di questo tipo, questa volta Putin sarà pronto. E se dovesse avere una prova veramente solida sul fatto che l'aereo sia stato fatto saltare dai seguaci di Poroshenko, allora potrebbe esserci un autentico inferno da pagare. Potrebbe portare la “guerra per procura” di Obama ad una brusca frenata.
Si può solo sperare.

Renzi, atterraggio d’emergenza in elicottero. Ma questa volta non twitta. - Thomas Mackinson

Renzi, atterraggio d’emergenza in elicottero. Ma questa volta non twitta

Dalla bicicletta usata a Firenze ai Frecciarossa con cui si era presentato nella capitale da presidente del Consiglio, il premier cambia mezzo. E finisce su uno dei velivoli acquistati - a caro prezzo - da Berlusconi per risparmiare in realtà solo pochi minuti. Mentre il presidente della Repubblica Mattarella viene immortalato sui mezzi pubblici. Sull'account di Renzi nessuna citazione "dell'incidente". Da palazzo Chigi una nota in serata.

“Effettivamente là c’era​ l​a nebbia”. Ma niente allerta meteo, poca pioggia. Lo dice così la titolare del bar “Alba” di Civitella in Valdichiana, 1500 anime, che alle otto del mattino ha sentito i rumori delle pale avvicinarsi mentre i vetri del locale prendevano a vibrare. Il locale sta a 200 metri dal campo di calcetto “Victoria Beauty Fitness Spa”, su cui oggi è calato l’elicottero di Renzi,costretto all’atterraggio forzato, ufficialmente causa “maltempo”. Sulle prime si era parlato di guasto tecnico e anche al titolare del centro, Davide Grazini è stato detto questo. Ma la questione è scivolata in terzo piano rispetto alla notizia che, col passare delle ore, è assurta a piccolo caso politico. Si sprecano le reazioni di chi accusa Renzi d’aver cambiato idea: da irriducibile rottamatore della casta e delle auto blu a utilizzatore finale degli status symbol tipici della classe politica nostrana.
Fatto sta che l’Italia scopre, quasi per caso, che Renzi vola dritto al punto. Con elicottero di Stato. Lascia Firenze, dove vive la sua famiglia, e raggiunge Roma elitrasportato anziché con mezzi più economici. Che si sappia non fa certo piacere al passeggero, si capisce. Sul web e sui social network si sono subito scatenate facili ironie mentre stranamente silenzioso è rimasto l’account Twitter del premier. Forte di 4.268 tweet, sorvola sull’accaduto, limitandosi a commentare i dati Istat sull’occupazione (“Bene, ma non basta”). L’incidente sarebbe chiuso, se non fosse per l’immancabile codazzo di polemiche che porta la presidenza del Consiglio a commentare, in forma ufficiosa, dodici ore dopo, quando la polemica è ormai deflagrata.
Vale la pena fare un salto indietro. “Renzi, ecco come si muove il sindaco: dal taxi alla bici, dal treno alla Giulietta”. Così i giornali celebravano il rottamatore che si recava con l’Alfa al Quirinale per ricevere l’incarico di formare il suo governo. “Negli ultimi mesi – precisava il Corriere – Il sindaco di Firenze ha cambiato diversi mezzi di trasporto, passando dalla bici che inforca nella sua città, al taxi per le vie di Roma, fino a diverse auto”. E poi un pieno di fotonotizie su Renzi in Frecciarossa. Ma è passato un anno da allora. E si apprende così, incidentalmente, che ora viaggia con ben altri mezzi anche solo per lasciare la famiglia, che risiede e vive a Pontassieve, e raggiungere il posto di lavoro. Non che la cosa gli convenga poi molto, in termini di tempo risparmiato. Alla velocità di crociera di 290/300 km all’ora – guasti e/o meteo permettendo – quanto più velocemente potrà il premier arrivare a destinazione? A spanne forse 40 minuti in meno rispetto al treno. Senza considerare poi che i mezzi in questione sembrano essere destinati alla polemica. Comprati da Silvio Berlusconi nel 2010 – l’allora premier non andava d’accordo con i vecchi Agusta-Sikorsky SH3D, operativi dal 1978 – i due Agusta Westland aw139 costarono ufficialmente 37 milioni di euro. Ma l’Espresso valutò allora che la versione data in dotazione alla Repubblica italiana dovesse costare almeno 25 milioni di euro ad esemplare. Che sia un modo per ammortizzare la spesa?
Di certo, posto che la disciplina sui voli di Stato permette al premier di usare i voli blu senza dover dare giustificazioni – a differenza dei ministri - a dare contrasto e rilevanza ai mezzi usati dal premier, ironia della sorte, è il suo capolavoro politico, Sergio Mattarella. Solo una settimana fa il Capo dello Stato aveva compiuto lo stesso tratto nella direzione opposta armato del biglietto del cittadino comune: da Roma ha raggiunto Firenze non a bordo della macchina presidenziale o con la scorta ma, semplicemente, col treno. Al pari di un passeggero qualsiasi, sia pure accompagnato dal suo staff. Bisognerà vedere quanto durerà questa sorta di “pedagogia dei gesti” che punta a ridurre la distanza coi cittadini dando al prossimo l’impressione di considerarsi uno di loro. Perfino il Papa si muove su questa lunghezza d’onda, spostandosi con l’utilitaria.
Con Renzi questo atteggiamento, a quanto pare, è durato una manciata di mesi. Ha tenuto banco a lungo la questione dell’uso “disinvolto” del volo di Stato che il 30 dicembre ha portato premier e famiglia in vacanza in Valle d’Aosta. Polemiche, esposti. Ma a ben vedere Renzi era già atterrato a bordo campo con l’elicottero della Presidenza del Consiglio, gettando scompiglio.
Lo scorso agosto aveva un appuntamento semi-clandestino con Mario Draghi. Dovevano parlare della situazione dell’Italia ma senza troppo clamore, per non dare l’impressione agli altri Paesi della Ue che il governatore riservasse un trattamento di favore all’Italia. L’appuntamento doveva restare segreto, visto che non era riportato nell’agenda pubblica del premier. L’ex Governatore della Banca d’Italia era nella sua casa di campagna a Città della Pieve, in Umbria. Renzi pensa al blitz, un salto in elicottero per evitare pubblicità. Ma l’arrembaggio non è stato dei più silenziosi. “Sgomberate lo stadio, manovre militari”. Così viene comunicato alla squadra che si sta allenando su quel prato verde di Po’ Bandino, frazione pievese a pochi chilometri da Chiusi. “Ad attenderlo, sul prato dell’impianto sportivo – riferiva il Corriere umbro – le forze dell’ordine in borghese e due auto blu, dove sono saliti il presidente e gli uomini della scorta”. E la storia oggi si è ripetuta​ ma non è dato sapere se l’elitrasporto celava un segreto diverso, un semplice guasto o era il segreto di Pulcinella. La nebbia è rimasta.