giovedì 6 ottobre 2016

Mps, indagati Profumo e Viola. - Stefano Elli 

Ansa


La procura di Siena ha aperto un fascicolo per false comunicazioni sociali e per manipolazione di mercato iscrivendo nel registro degli indagati sia l’ex presidente del Monte dei Paschi Alessandro Profumo sia il suo attuale amministratore delegato Fabrizio Viola
La notizia è giunta nel tardo pomeriggio di ieri anticipata dall’agenzia Reuters. Contestualmente si è appreso che il fascicolo, aperto sin dal 2015, è stato trasmesso già nel luglio scorso dalla procura senese a quella di Milano, per competenza territoriale. Il reato prevalente, infatti, cioè la manipolazione si sarebbe consumato laddove ha la sua sede Borsa italiana: dove si concentrano i suoi strumenti telematici di trasmissione delle informazioni. 
Al centro del nuovo dossier c’è una vecchia vicenda: quella dei due derivati Alexandria e Santorini che nei bilanci dal 2011 al 2014 sarebbero stati iscritti in bilancio in modo non corretto: non già per quello che erano, cioè strumenti di Credit default swap, ma di BTp. Sulla scorta dei bilanci finiti sotto la lente dei magistrati Mps ha varato due aumenti di capitale da 5 miliardi nel 2014 e da 3 miliardi nel 2015.
Una prosecuzione, dunque, di una falsa rappresentazione contabile iniziata nel 2008, sin dai tempi della gestione del Monte di Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, che assieme ad altri 11 amministratori e manager del Monte, hanno già incassato una richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura milanese per i medesimi reati e una condanna in primo grado, a Siena, per ostacolo alla vigilanza. Ciò che potrebbe profilarsi dunque è un secondo troncone di un’inchiesta già ben consolidata sotto il profilo istruttorio e documentale. Dal canto suo la banca ha comunicato in una nota che «l’indicazione di Viola e Profumo quali soggetti indagati, trae origine da un esposto effettuato da un azionista della banca che peraltro, in sede assembleare, aveva proposto l’azione di responsabilità nei confronti dei predetti soggetti, azione poi respinta con sostanziale unanimità di voti. - E prosegue la nota - A fronte della ricezione di un esposto la magistratura è tenuta all’apertura di un fascicolo. 

Inoltre, sui medesimi fatti la procura della Repubblica di Milano ha già avuto modo di sottolineare la proattività del nuovo management della Banca nel contribuire a far luce sulle responsabilità di coloro che hanno effettivamente dato vita a tali operazioni». Un atto dovuto, dunque, che potrebbe anche risolversi con una richiesta di archiviazione.

Ma chi sono i grandi oppositori della nuova gestione di Rocca Salimbeni che con i loro esposti hanno dato origine alla nuova inchiesta? Uno è Giuseppe Bivona, ingegnere, ex banchiere della City londinese e attualmente a capo di Bluebell partners, l’altro è un avvocato senese Paolo Emilio Falaschi. 

Bivona si è trovato ad agire indossando due distinte casacche: da una parte ha collaborato con il Codacons, il coordinamento dei comitati di difesa dei consumatori, e dall’altra ha agito come responsabile di un fondo internazionale di private equity il Bluebell. Né Bivona e la sua creatura Bluebell sono nuovi a iniziative di questo genere. 
Si tratta dei medesimi soggetti che hanno chiesto e ottenuto, insieme al fondo Amber Capital, la revisione da parte della Consob dei parametri di prezzo per l’Opa lanciata dal colosso giapponese Hitachi sulla Ansaldo Sts detenuta da Finmeccanica. 
Un’iniziativa che anche in questo caso, ha portato all’apertura di un’inchiesta della Procura milanese affidata al pm Adriano Scudieri.
Dal canto suo, Falaschi, è estensore di numerosi esposti sulla attuale gestione del Monte dei Paschi, dei quali l’ultimo, recentissimo, era indirizzato al Meccanismo di vigilanza unico Banca Centrale europea (l’organo di supervisione europeo) è datato 27 luglio. E a quanto risulta al Sole24ore sembra che una risposta sia già arrivata, il 10 agosto scorso, da Francoforte nella quale si richiede all’estensore ulteriore documentazione a supporto delle sue tesi.
Un agosto particolamente caldo come si vede, per ex e attuali amministratori del Monte. La scorsa settimana sempre da Siena, era giunta la notizia della notifica della chiusura delle indagini per associazione a delinquere transnazionale sulla cosiddetta «banda del 5%». Una pattuglia di manager del Monte, guidata dal’ex capo dell’area finanza della banca Gian Luca Baldassarri che avrebbe distratto milioni di euro dagli attivi della banca in operazioni dall’esito predeterminato.

http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2016-08-19/mps-indagati-profumo-e-viola-080503.shtml

Deutsche Bank accusata di collusione con Mps.

Deutsche Bank

Deutsche Bank accusata per collusione con Mps per aver nascosto le perdite dell’istituto italiano. L'istituto di credito tedesco nel 2013 avrebbe trasformato crediti in derivati.


Deutsche Bank, incriminata per collusione con Monte dei Paschi  per nascondere le perdite dell’istituto italiano, avrebbe occultato la transazione e decine di altre nei propri bilanci, secondo una verifica dell’istituto di vigilanza della Germania. E’ la ricostruzione fatta da Blomberg che ha potuto visionare una delle perizie.

I dirigenti di Deutsche Bank avrebbero trattato 103 operazioni simili, per un valore complessivo di 10,5 miliardi di euro (11,8 miliardi di dollari) per 30 clienti secondo la perizia, una copia della quale è stata vista da Bloomberg. L'istituto di credito tedesco avrebbe regolato la contabilizzazione di 37 di quei trade nel 2013, oltre a quello di Monte Paschi , trasformandoli da crediti, che erano stati tenuti fuori dai bilanci, in derivati.
L'uso diffuso di una transazione che è ora oggetto di un procedimento penale mette in evidenza l'appetito del creditore per la complessità in un momento in cui la banca stava espandendo il suo impero a reddito fisso. Mentre Deutsche Bank da allora ha tagliato le attività rischiose ed eliminato migliaia di posti di lavoro per rafforzare il capitale, enormi spese legali sono diventate una fonte di crescente preoccupazione per gli investitori, facendo crollare le azioni.
L'audit ha rilevato che, mentre Monte Paschi  è stato l'unico cliente che ha usato una transazione per fare un maquillage ai propri bilanci, Deutsche Bank non ha registrato correttamente operazioni simili con banche fatte dall’Italia all’Indonesia tra il 2008 e il 2010. Il rapporto ha anche detto che i vertici non hanno autorizzato correttamente l’operazione Monte Paschi , o rivisto adeguatamente la transazione dopo aver ricevuto un mandato di comparizione da parte della Federal Reserve Usa nel 2012.
Monte Paschi ha rivisto i conti nel 2013, dopo che queste transazioni sono venute alla luce, e ulteriormente rivisto i risultati nel 2015 su richiesta dell’autorità di vigilanza italiana. Deutsche Bank ha riaffermato che l’operazione non ha influenzato la sua redditività, e che la banca non ha rivisto gli utili prima del 2013, perché l'effetto complessivo non era significativo, ha sottolineato l'audit. Deutsche Bank alla fine di settembre del 2013 aveva un patrimonio di circa 1800 miliardi di euro.
"Deutsche Bank nel settembre 2013 ha riclassificato il modo in cui registrava sui libri contabili un certo numero di cosiddette operazioni pronti contro termine, riclassificazione che però non ha avuto alcun impatto sugli utili di Deutsche Bank", riportava la mail di Adrian Cox, portavoce della sede londinese della banca. "Il fatto che tali operazioni sono state trasformate in prestiti non comporta una connessione tra loro e con il caso particolare di Monte Paschi ."
Deutsche Bank e sei dirigenti, attuali ed ex, tra cui Michele Faissola (che ha curato i tassi globali a quel tempo) e Ivor Dunbar (ex co-responsabile del mercato dei capitali), sono stati incriminati da un tribunale di Milano il 1 ° ottobre 2008 per la transazione Monte Paschi  . Entrambi, insieme al co-ceo di Deutsche Bank Anshu Jain, hanno lasciato l'azienda.

Di recente la richiesta del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti di 14 miliardi di dollari per risolvere un'indagine sulla vendita di titoli garantiti da mutui residenziali, che è stata respinta dalla banca, ha sollevato le domande tra alcuni investitori e clienti circa la capacità di Deutsche Bank di resistere ai costi legali in attesa del giudizio. Il ceo John Cryan ha inviato una nota al personale la scorsa settimana dicendo che la banca è più sicura che in qualsiasi momento negli ultimi due decenni.

“I mercati sono rimasti scossi dalla possibilità che altri incidenti del genere debbano ancora accadere”, ha spiegato un analista londinese di Kepler Cheuvreux ai clienti il 29 settembre. L'istituto di credito ha circa 29 miliardi di euro di asset cosiddetti di livello 3, che sono i più difficili da valutare: il loro valore di mercato di circa 16 miliardi di euro fa tremare i polsi.

La verifica è stata effettuata dalla società di revisione contabile Peters Schoenberger & Partner, ed è stata commissionata da BaFin, il regolatore finanziario mercati tedesco, nel gennaio 2014 per esaminare il ruolo di Deutsche Bank nell’operazione Monte Paschi  e come i manager avevano reagito alla successiva indagine interna. La banca italiana aveva utilizzato il credito per nascondere una perdita da trading in una precedente operazione condotta con Deutsche Bank, come riportato da Bloomberg nel 2013. La verifica si è conclusa nel dicembre 2014.
Secondo l’audit, “La gestione del rischio da parte di Deutsche Bank per quanto riguarda una complessa operazione di finanziamento strutturato come quella con Mps  era palesemente inadeguata e inefficace, dati i rischi reputazionali impliciti”.

Conosciuti internamente come pronti contro termine migliorati, i deal sono stati tenuti fuori bilancio da Deutsche Bank annullandoli attraverso passività separate create nelle transazioni, secondo i documenti esaminati da Bloomberg. Deutsche Bank ha venduto le garanzie dei prestiti che il mutuatario aveva fornito, come per esempio i titoli di Stato, creando un obbligo per la banca di restituire alla fine i bond. Nella contabilità originale il credito è stato compensato da tale obbligazione, facendola di fatto scomparire. Tutto ciò avrebbe dato al bilancio Deutsche Bank un aspetto più sano aumentando i coefficienti patrimoniali.
Secondo la perizia, l’operazione di maquillage ha permesso di non contabilizzare subito le perdite e di poter invece beneficiare della contabilità per competenza e quindi di contabilizzarle nel corso di un periodo di tempo più lungo.

La revisione ha detto che Fed controllo di accordo Monte Paschi  di Deutsche Bank alla fine del 2011 ha portato a un mandato di comparizione qualche mese più tardi. BaFin ha espresso preoccupazione per la Deutsche Bank di "cosmesi di bilancio" poco dopo.

Anche quella volta al G8 di Genova era pieno di epilettici, no? #casocucchi

Referendum costituzionale, perché il Financial Times dice "no". - Tony Barber


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Riforma inutile, un "ponte verso il nulla": non servono leggi approvate più rapidamente, servono leggi migliori e che siano fatte rispettare.


Tony Barber sul Financial Times picchia duro contro la riforma costituzionale voluta da Renzi e contro l'Italicum. A cominciare dal titolo - Un ponte costituzionale verso il nulla - l'editoriale è una breve ma ficcante requisitoria non solo e non tanto sulla qualità della riforma quanto sulla sua irrilevanza.
In sostanza, dice Barber che queste riforme costituzionali volute da Renzi farebbero poco per migliorare "la qualità del governo, della produzione legislativa e della politica".
Perché, aggiunge l'editorialista del quotidiano britannico, quel che serve all'Italia non sono leggi approvate con più rapidità; servono invece meno leggi  e che siano migliori. Devono essere scritte con cura, precisa ancora, e fatte rispettare. Invece che lasciare che siano bloccate o aggirate dalla pubblica amministrazione, dagli interessi particolari o dai cittadini.
Anche per l'Italicum il giudizio è negativo: una riforma davvero pessima.
Barber affronta anche l'argomento usato nelle cancellerie europee, dal governo americano e nelle istituzioni dell'Unione: si dice che una sconfitta di Renzi al referendum provocherebbe una pericolosa instabilità poilitica e destabilizzerebbe il paese, dando il via libera al Movimento cinque Stelle, l'anti-establishment. 

Sbagliato, dice Barber: chi l'ha detto che una vittoria del no destabilizzerebbe il paese? 
Anzi, sarebbe una vittoria del "Sì" invece a far male, perché potrebbe rafforzare "la follia di mettere l'obiettivo tattico della sopravvivenza di Renzi" davanti alla necessità strategica di avere una democrazia sana per l'Italia.
Va aggiunto tuttavia che con questo editoriale Barber sembra aver cambiato idea rispetto a luglio quando scrisse che la sconfitta di Renzi al referendum "rischierebbe di gettare l’Italia in uno stato di prolungata instabilità politica ed economica".
Barber aggiungeva anche che la vittoria del "no" potrebbe mettere l’Italia, paese cruciale per la sopravvivenza dell’unione monetaria, nelle mani di un partito idiosincratico, del tutto inesperto a livello nazionale e che vuole far uscire il paese dall’eurozona".
D'altra parte si potrebbe anche dire che l'editoriale di luglio non entrasse nel merito della riforma ma si limitasse a valutare le possibili conseguenze del risultato referendario. Conseguenze sulle quali, comunque, Barber ha cambiato idea.
Intanto il Comitato per il Sì risponde a Barber. "Non abbiamo enfatizzato le voci della stampa estera che si sono espresse a favore della riforma costituzionale, così non ci strappiamo le vesti quando leggiamo posizioni critiche, come quella espressa ieri a titolo personale da Tony Barber sul Financial Times". 
Così dice un post che si legge sul sito internet del Comitato per il sì "Basta un sì".
"Secondo Barber - prosegue il post - l'Italia non ha bisogno di più leggi, ma di meno leggi fatte meglio. Siamo d'accordo, sapete? Solo che per ridurre la quantità di leggi cui gli italiani sono soggetti - cioè quella burocrazia con cui purtroppo facciamo quotidianamente i conti - occorrono leggi di semplificazione, riforme, piani ben strutturati. Cioè occorre un Parlamento che possa funzionare in modo più semplice e occorre che siano meglio chiarite le competenze dello Stato e quelle delle Regioni. Le troppe leggi scritte male e i mille ostacoli che queste incontrano per essere applicate sono il frutto della confusione dei poteri, del fatto che oggi "tutti fanno tutto". Non a caso, nei nostri manifesti affissi in giro per le città parliamo di "leggi più semplici".
"La riforma è il primo passo verso il futuro - si legge ancora - non il traguardo. Nessuno ha mai pensato che la riforma costituzionale sia una bacchetta magica per risolvere i problemi italiani. Noi crediamo piuttosto che la nuova Costituzione sara' una cassetta degli attrezzi a disposizione delle prossime generazioni di italiani per governare meglio l'Italia in un mondo estremamente complesso. Se noi italiani sapremo usare bene gli strumenti messi a disposizione, l'Italia ne beneficerà. Se non sapremo farlo, ne pagheremo le conseguenze".
"Ciò di cui siamo assolutamente convinti è la necessità della riforma per dare finalmente stabilità e governabilità all'Italia. Forse qualcuno all'estero è troppo attaccato al pregiudizio dell'Italietta debole e divisa per mettersi a studiare in concreto la riforma e coglierne gli aspetti salienti e la portata sistemica. E non ci riferiamo certo al Financial Times, che - al netto delle posizioni personali espresse in singoli articoli - non ha mancato di incoraggiare la modernizzazione del nostro Paese, anche attraverso la riforma costituzionale. A chi invece vorrebbe confinare l'Italia in un ruolo di ripiego, risponderà chi vota, cioè gli italiani, che si stanno informando ogni giorno di più".

mercoledì 5 ottobre 2016

Referendum, sul quesito parte il ricorso al Tar del Lazio: “E’ una truffa”. Benigni: “Se vince il No peggio della Brexit”.

Referendum, sul quesito parte il ricorso al Tar del Lazio: “E’ una truffa”. Benigni: “Se vince il No peggio della Brexit”

Sinistra Italiana e il Movimento 5 stelle hanno presentato un ricorso al Tar del Lazio contro il testo del quesito del Referendum. A parere dei ricorrenti, infatti, “il quesito così formulato finisce per tradursi in una sorta di ‘spot pubblicitario’, tanto suggestivo quanto incompleto e fuorviante, a favore del governo che ha preso l’iniziativa della revisione e che ora ne chiede impropriamente la conferma ai cittadini, che non meritano di essere ingannati in modo così plateale”.
Intanto il dibattito sul referendum continua e fa discutere la frase del premio Oscar Roberto Benigni che, intervistato da Le Iene, è tornato a esprimersi sulla Riforma costituzionale promossa dal governo. “La Costituzione è stata un miracolo, resta la più bella del mondo. I padri costituenti sono stati dei giganti perché hanno illuminato le macerie. L’Italia è rialzata grazie a loro. Ma ora è necessaria una revisione, nonostante nella riforma qualche cosa sia da rivedere”. E un merito all’esito ha detto: “Se vince il No sarà peggio della Brexit. Possiamo stare sereni se vince il Sì. Bisogna pensare al bene degli italiani”.
A presentare il ricorso al Tar sono stati gli avvocati Enzo Palumboe Giuseppe Bozzi (che attualmente difendono i ricorrenti messinesi dinanzi alla Consulta nel giudizio per l’incostituzionalità dell’Italicum), nella loro qualità di elettori e di esponenti del Comitato Liberali x il No e del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, e i senatori Vito Claudio Crimi (M5S) e Loredana De Petris (Sinistra Italiana-SEL). “I ricorrenti – si legge in una nota – lamentano che il quesito predisposto dal Quirinale non tiene conto di quanto stabilito dall’art. 16 della legge 352-1970, secondo cui, quando si tratti di revisione della Costituzione, il quesito referendario deve recare la specifica indicazione “degli articoli” revisionati e di ciò che essi “concernono”. Il quesito, aggiungono, “oltre a non specificare quali siano gli articoli della Costituzione interessati dalla riforma, alcuni dei quali ben più importanti di quelli citati (come la nuove modalità di elezione del Presidente della Repubblica e dei Giudici costituzionali di derivazione parlamentare), si limita invece a riprodurre il titolo del ddl di revisione, che, assieme al corretto ma insufficiente riferimento ad alcuni istituti incisi dalla revisione, riporta impropriamente anche una presunta finalità della legge (il c. d. contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni), che non trova specifico riferimento in alcuna delle norme revisionate, potendone semmai essere una conseguenza, neppure certa e comunque irrisoria”.
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"Gli M5S hanno presentato un esposto in Procura contro Renzi per le dichiarazioni sull’ipotesi della costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. A depositare l’esposto, dove si ipotizza il reato di manipolazione del mercato, il capogruppo alla Camera, Giulia Grillo e il deputato Andrea Colletti. “Il giorno dopo le dichiarazioni la quotazione del titolo della Salini Impregilo ha avuto un aumento del 6,75%, conseguenza certa delle dichiarazioni del Premier”. E non è questa l’unica grana giudiziaria per il governo: i grillini e Sinistra italiana hanno presentato un ricorso sulla formula del quesito del referendum del 4 dicembre."
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/10/05/referendum-sul-quesito-parte-il-ricorso-al-tar-del-lazio-e-una-truffa-esposto-m5s-su-frasi-renzi-per-ponte-sullo-stretto/3076784/

Siamo a questo punto?
Al governo non sono in grado di predisporre un quesito referendario e vogliono cambiare la Costituzione?
E che dovremmo dire della propensione del nostro, ahimè, PdC che, da perfetto ingenuo qual'è, rilascia pubbliche affermazioni che recano un enorme guadagno all'azienda amica...?
E' questa la gente che ci governa?

Campania, carabinieri indagano sui veleni nelle acque. E il sindaco del Pd cerca di far rimuovere il comandante. - Vincenzo Iurillo

Campania, carabinieri indagano sui veleni nelle acque. E il sindaco del Pd cerca di far rimuovere il comandante

E' successo in provincia di Avellino, a Solofra, capitale campana dell’industria delle concerie. La procura irpina ha aperto un fascicolo per avvelenamento, delitti colposi contro la salute pubblica e omissione d’atti d’ufficio. Secondo gli inquirenti, il primo cittadino dem Vignola ha contattato un ex senatore del suo partito (Enzo De Luca, solo omonimo del governatore) affinché intercedesse con il ministro Pinotti per far trasferire il comandante che indaga.

Solofra, capitale campana dell’industria delle concerie, l’acqua è contaminata dal tetracloroetilene, ci sono pozzi sequestrati da più di due anni e c’è il rischio che l’inquinamento si propaghi nei comuni irpini a valle. Risulta da una inchiesta della Procura di Avellino che ha aperto un fascicolo per avvelenamento delle acque, delitti colposi contro la salute pubblica e omissione d’atti d’ufficio. Ed il Pd locale, che governa il territorio, che fa? Trama al telefono per vedere se è possibile rimuovere il comandante della Stazione dei Carabinieri di Solofra che indaga sui presunti responsabili dell’inquinamento. Ovvero su di loro, ed in particolare su un sindaco dem. Intercettato mentre sollecita pressioni sul ministro della Difesa Roberta Pinotti (estranea a queste vicende e tirata in ballo a sua insaputa), dal quale dipendono gerarchicamente i militari dell’Arma.

Lo si evince dalle telefonate depositate dai pm alla conclusione di una prima tranche di indagini, che contesta a un manager e a un tecnico di Irno Service il reato di smaltimento illecito di rifiuti pericolosi. Si tratta delle intercettazioni del sindaco Pd Michele Vignola a colloquio con l’ex senatore, ex assessore regionale e componente della segreteria campana dem Enzo De Luca (solo omonimo del Governatore). 
Conversazione del 26 marzo 2014, ore 13.12. Vignola, indagato e col telefono sotto controllo, chiama De Luca: “Poi quell’altra cosa… mi stai facendo pigliare collera… una cosa che non ti posso parlare per telefono…”. De Luca: “Io tutto quello che potevo fare l’ho fatto…”. Vignola insiste: “Mah… e no… possiamo andare a Roma… al ministero della Difesa…”. De Luca ribatte: “Ho capito… devo parlare con quella madonna… devo parlare con Roberta (Pinotti, ndr)”. Vignola: “Me la devi fare questa cosa qua… me la devi chiudere… questa è una cosa personale… che ti sto chiedendo”.
E’ una delle quattro telefonate che il procuratore capo di AvellinoRosario Cantelmo cita come indizi delle manovre di Vignola “per intervenire su politici avellinesi di primo piano per far trasferire il comandante dei Cc di Solofra Giuseppe Friscuolo, evidentemente troppo attivo nelle indagini”. Indagini che secondo la Procura danno fastidio a un sindaco che “più che preoccuparsi della contaminazione della falda idropotabile del suo Comune, sia preso essenzialmente dal problema di non scontentare il potente ceto dei conciatori solofrani, costituente il suo bacino elettorale”.
Le telefonate tra Vignola e De Luca in cui si discute di come ‘arrivare’ al ministro si intensificano con l’avanzare delle indagini, culminate nel sequestro di due pozzi idropotabili di Solofra. Il 31 marzo 2014 De Luca informa Vignola: “Vado dopodomani a Roma, quasi certamente incontro pure la Pinotti”. L’11 aprile gli comunica che la missione è compiuta: “Ho fatto quella cosa… l’ho fatta al massimo livello… dovrebbe andare in porto… anche tranquillamente… quindi volevo tranquillizzarti su questo… e martedì forse vado di nuovo… detto questo, poi ci possiamo vedere in questi giorni…”. Segue lunga discussione su questioni politiche locali. Ma Vignola appare impaziente: “Che tempi ti hanno dato per questa cosa?”. Si riferisce, secondo gli inquirenti, al trasferimento del comandante Friscuolo. De Luca: “Gli ho detto di fare una cosa immediatamente… di intervenire fortemente e senza mezzi termini… e poiché la il capogruppo… tra l’altro con il Generale… e quella (la Pinotti, ndr) tiene proprio rapporti diretti… ehhh che ti devo dire…”.
Il comandante non è stato trasferito ed è ancora al suo posto, non ci sono tracce che De Luca abbia davvero provato a fare pressioni sul ministro Pinotti e il pm propende per la tesi che l’ex senatore abbia solo millantato per rabbonire il suo interlocutore e collega di partito. Resta da capire perché, di fronte alle insistenze di un sindaco che chiede la testa di un carabiniere servitore dello Stato, un ex parlamentare ed uomo delle istituzioni non abbia risposto “questo non si può fare, pensiamo invece a come disinquinare il nostro territorio”.

Nobel per la Fisica a Thouless, Haldane e Kosterlitz.

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Per la scoperta del volto 'esotico' della materia.


Il Nobel per la Fisica 2016 è andato a David Thouless, Duncan Haldane e Michael Kosterlitz, per la scoperta del 'volto' esotico della materia, ossia dei passaggi che avvengono da uno stato all'altro della materia in condizioni inusuali. Questi studi hanno aperto le porte alla ricerca di nuovi materiali e in particolare di quelli per la superconduttività ad alta temperatura.

Gli esploratori del cuore della materia
Thouless, dell'Università di Washington a Seattle, Haldane, dell'università di Princeton e Kosterlitz, della Brown University, tutti e tre di origine britannica, sono i fisici che fin dagli anni '70 hanno cercato di esplorare il cuore della materia. "Hanno studiato i passaggi che avvengono nella materia quando avviene il passaggio da uno stato a un altro", ha spiegato Marco Grilli, del dipartimento di Fisica dell'Università Sapienza di Roma.
I ricercatori premiati con il Nobel sono stati i primi a vedere che cosa succede quando si passa da un oggetto magnetizzato, come una calamita, a un oggetto che non lo è, oppure da un metallo normale a un metallo superconduttore, o ancora da un fluido normale a superfluido che non ha viscosità. 
Negli anni '70, ha proseguito Grilli, Kosterlitz e Thouless sono stati i primi a osservare i passaggi che avvengono nei materiali che hanno solo due dimensioni, scoprendo che "esisteva un modo nuovo nei quali la materia poteva passare da una fase a un'altra", ha spiegato ancora Grilli. In particolare hanno scoperto che durante questi processi, chiamati passaggi di fase, la materia parte da uno stato ordinato per diventare disordinata. Hanno scoperto inoltre che questo passaggio avviene con la formazione di vortici che si estendono progressivamente. Haldane si è occupato invece del modo in cui il passaggio da uno stato all'altro può avvenire in modo diverso in materiali diversi e che queste differenze dipendono dalla struttura interna, più o meno complessa. 

I vincitori del Nobel per la Fisica 2016 sono tutti e tre di origini britanniche e da decenni lavorano negli Stati Uniti.
David Thouless, 82 anni, è professore emerito nell'Università di Washington a Seattle. E' nato nel 1934 in Gran Bretagna, a Bearsden, e ha studiato negli Stati Uniti, nella Cornell University di Ithaca.
Michael Kosterlitz, 74 anni, insiegna Fisica nella Brown University di Providence. E' nato in Scozia, ad Aberdeen, nel 1942 e ha studiato a Oxford.
Duncan Haldane, 65 anni, insegna Fisica nell'Università di Princeton. E' nato a Londra nel 1951 e si è trasferito negli Stati Uniti dopo gli studi nell'università di Cambridge.

Cnr, premio ai 'mattoni' del futuro quantistico  
Il Nobel per la Fisica è un premio ''ai mattoni di un futuro quantistico''. Lo afferma il presidente del Condiglio nazionale delle Ricerche (Cnr), Massimo Inguscio, in merito all'assegnazione del Premio Nobel per la Fisica 2016 a David Thouless, Duncan Haldane e Michael Kosterlitz. ''Questi nuovi materiali quantistici 'esotici' - spiega Inguscio - proteggono dai disturbi dovuti a rumore, impurità e disordine. In tal modo vengono preservate quelle caratteristiche che aprono prospettive reali nello sviluppo di mattoni fondamentali per le tecnologie del futuro, ad esempio di bit quantistici estremamente stabili che potrebbero avvicinare la realizzazione di calcolatori rivoluzionari''. Il Cnr, in sinergia con il mondo universitario, sottolinea in una nota, ''lavora in questi campi di frontiera sia con nuovi materiali allo stato solido che con simulatori con atomi ultrafreddi. Ed è tanto impegnato in questo sforzo verso il futuro da coordinare la road map italiana nella importante flagship lanciata dall'Europa proprio sul tema delle tecnologie quantistiche''.