domenica 23 giugno 2019

PUBBLICARE TUTTO. - Marco Travaglio



L’altro ieri il cosiddetto ministro dell’Interno Matteo Salvini si sentiva tanto ministro della Giustizia. Partecipando a Milano al Festival del Lavoro (per farsene un’idea, si suppone), ha proposto di mettere “in galera chi fa uscire dalle procure e chi pubblica sui giornali intercettazioni senza rilevanza penale e sulla vita privata”.
E l’ha detto con l’aria di chi ha fatto una pensata originale, come se centrodestra e centrosinistra non ci provassero da 25 anni.
Nelle stesse ore, al Csm, Sergio Mattarella teneva il discorso più severo e drammatico mai pronunciato da un presidente della Repubblica in quell’organo costituzionale, che nell’ultimo mese ha perso per strada 5 dei suoi 16 membri togati elettivi per avere partecipato (4 da svegli, uno nel sonno) ai conciliaboli notturni con il capo di Unicost Luca Palamara e con i deputati Pd Luca Lotti e Cosimo Ferri su chi nominare procuratore capo della Capitale e come sputtanare chi intralciava quelle manovre.
L’aspetto tragicomico della faccenda è che lo scandalo che ha terremotato e decimato il Csm si basa proprio su intercettazioni coperte da segreto e prive di rilevanza penale: quelle chieste dalla Procura di Perugia nell’inchiesta su presunte corruzioni di Palamara, disposte dal Gip, gestite dal Gico della Guardia di Finanza di Roma e trasmesse per la loro valenza disciplinare ad alcuni membri del Csm con l’obbligo di riservatezza, ma pubblicate parzialmente e in comode rate dai tre o quattro giornaloni ammessi al sancta sanctorum.
Trattandosi di atti segreti, chiunque ne abbia pubblicato anche un rigo ha commesso reato. Ma, diversamente che per altri scandali, non risultano indagini sui giornalisti e sulle loro fonti giudiziarie o investigative, di cui dovrebbero occuparsi le Procure di Firenze (competente su eventuali reati dei magistrati umbri) e/o di Roma (competente su eventuali reati di finanzieri romani o di membri del Csm).
Noi, che appena possiamo violiamo il segreto e ci battiamo per depenalizzare quel reato idiota sulla scorta della giurisprudenza della Corte di Strasburgo, non chiediamo certo di punire i nostri fortunati colleghi.
Solo ci domandiamo perché noi siamo indagati da 3 anni a Roma per aver fatto sull’inchiesta Consip molto meno di quel che stanno facendo da un mese i giornaloni sull’inchiesta Palamara-Csm.
L’aspetto paradossale della vicenda è che, senza fughe di notizie sulle intercettazioni, nessuno saprebbe nulla dello scandalo Csm: assisteremmo ogni giorno alle fughe con tante scuse di membri togati, alle vibranti denunce di Mattarella e del suo vice David Ermini.
E tutti ci domanderemmo perché gli uni se ne vanno e di che parlano gli altri. Perché, in base al Codice penale, nulla di ciò che è stato pubblicato avrebbe dovuto esserlo. E, siccome i pochi fortunati giornalisti in possesso dei faldoni segreti inviati da Perugia al Csm non li divulgano integralmente, ma vi colgono ogni giorno fior da fiore secondo i loro gusti personali, nessuno conosce il quadro d’insieme.
Un domani, quando sarà troppo tardi, si potrebbe scoprire che, accanto a una frase sputtanante per Tizio, ce n’era un’altra che lo riabilitava, ma è rimasta nelle penne dei depositari; o che chi oggi pare un santo è in realtà un diavolo, ma è stato graziato dagli omissis giornalistici; o viceversa.
Se, sugli scandali di pubblico interesse, il divieto di pubblicazione di atti segreti viene spesso violato, è perché non viene quasi mai perseguito e comunque le pene sono molto basse: il carcere è finto, facilmente sostituibile con un’“oblazione” (una multa di poche centinaia di euro).
Ora invece Salvini torna alla carica per alzare le pene e mandare in galera per davvero chi pubblica segreti “non penalmente rilevanti” e sulla “vita privata”.
Ma – come quasi sempre gli accade – non sa quel che dice.
Qui di vita privata non se n’è vista l’ombra, a meno di confondere i traffici per pilotare nomine giudiziarie, anche da parte del deputato imputato Lotti, col gossip sulle relazioni sentimentali o sulla salute. Ma tutte, diconsi tutte, le notizie fin qui uscite sullo scandalo Csm erano prive di rilevanza penale: infatti i togati che in base a quelle hanno lasciato il Csm non risultano indagati per quei traffici, e nemmeno i magistrati e politici loro interlocutori.
L’hanno fatto per questioni di etica e di opportunità e risponderanno eventualmente in sede disciplinare, non penale. Perché, almeno nella magistratura, non basta non commettere reati: si può finire nei guai anche per condotte inopportune, conflitti d’interessi, violazioni moral-deontologiche.
Quindi – paradosso dei paradossi – Salvini usa lo scandalo del Csm, che ha appreso solo grazie alle fughe di notizie non penalmente rilevanti, per chiedere la galera per chi le ha pubblicate.
“Non è civile – dice – che i giornali siano pieni di pezzi di intercettazioni senza nessuna rilevanza penale. È una cosa da quarto mondo”. Ma senza quei pezzi di intercettazioni penalmente irrilevanti né noi né lui né altri sapremmo nulla.
Se c’è una lezione da trarre dallo scandalo che sta travolgendo il Csm come ai tempi della P2, è che ne sappiamo troppo poco, mentre tutti i cittadini dovrebbero sapere tutto.
Per chiarire una volta per tutte chi ha fatto cosa. Il capo dello Stato, come presidente del Csm, dovrebbe chiedere la desecretazione integrale degli atti che hanno indotto i 5 consiglieri a dimettersi o ad autosospendersi e lui a pronunciare il severo discorso dell’altroieri. E metterli a disposizione di tutta la stampa. Così che nessuno sospetti l’esistenza di altri nomi e di altri comportamenti indecenti rimasti coperti.
Altro che galera. Come diceva il giurista americano Louis Brandeis, “la luce del sole è sempre il migliore dei disinfettanti”.

sabato 22 giugno 2019

Conte: "Nostri conti meglio del previsto".

Conte: Nostri conti meglio del previsto

Mercoledì prossimo il governo certificherà che il deficit previsto per il 2019 è pari al 2,1% del Pil, anziché al 2,5% come prevede la Commissione Europea. Lo dice il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, a margine del Consiglio Europeo a Bruxelles. Per tentare di evitare la procedura per debito, dice il premier, "c'è un binario tecnico che va avanti: ieri abbiamo deliberato per rendere operativo il congelamento già previsto di 2 mld. Completeremo mercoledì prossimo, con il Consiglio dei ministri: faremo l'assestamento per certificare come i conti vadano meglio del previsto". "Potremo certificare che saremo intorno al 2,1%, non al 2,5% come prescrive e prevede la Commissione Europea", aggiunge Conte. "Non serve dire 'non rispettiamo queste regole, non ce le applicate'. Fino a quando non le cambiamo, sono queste", rimarca il presidente del Consiglio.

Quanto al "candidato ideale" dell'Italia "alla presidenza della Commissione" europea, "lo voglio rivelare, è quello che si predispone a ridiscutere le nuove regole, sulla base di quello che ho scritto" nella lettera inviata ieri sera, dice il premier. Ma c'è qualcuno disposto a farlo? "Lo verificheremo", risponde. "Il Patto - aggiunge Conte - è di molta stabilità e poca crescita. Dobbiamo invertire un attimo queste regole. Vogliamo un dialogo su questo fronte: riteniamo che si debba lavorare per contrastare la disoccupazione. Riteniamo che ci sia da lavorare per la crescita, non solo economica, ma anche per lo sviluppo sociale. Sono questi i temi che vogliamo ridiscutere", sottolinea. In merito all'ipotesi che Angela Merkel possa diventare presidente della Commissione Europea, il premier replica che Merkel "ha grande esperienza politica. L'ultima volta che abbiamo parlato abbiamo accennato anche a questo aspetto, non mi è sembrata disponibile. Vedremo".
Alla domanda se il discorso del presidente della Bce Mario Draghi, in merito alla possibile ripresa delle misure di stimolo all'economia, abbia in parte disinnescato la minaccia della procedura per debito, facendo calare i rendimenti dei titoli di Stato, Conte risponde che il fatto che lo spread, "cali fa piacere, perché favorisce l'intero nostro sistema economico. Avere lo spread alto non ci agevola. Ma la procedura non è collegata al livello dello spread".
In una dichiarazione diffusa a margine del Consiglio Europeo, Conte scrive: "Oggi vedo ricostruzioni molto fantasiose sui giornali. Con la Lega ci sarebbero dissapori: vorrei sottolineare che con Salvini e Di Maio siamo entrati in riunione ieri mattina alle 8 per la riunione economica e ci siamo lasciati ieri sera a mezzanotte: mai avuto diverbi o contrasti". "Abbiamo posto le basi per l'assestamento di bilancio e per le riforme sulla giustizia - continua Conte - quanto al bilancio ieri abbiamo assunto in Consiglio dei ministri la delibera preliminare sul congelamento già programmato dei 2 miliardi e mercoledì prossimo completeremo con l’assestamento definitivo". "Non tagliamo nuove risorse - dice ancora il premier - semplicemente certifichiamo in un documento ufficiale i risparmi di spesa e le maggiori entrate e rendiamo definitivo il congelamento già programmato dei 2 miliardi".
"La mia lettera ha un contenuto politico e mira alla revisione delle regole nella prospettiva della nuova legislatura europea. In essa si chiarisce che l'Italia non vuole sottrarsi all’applicazione delle regole vigenti sulla procedura di infrazione", prosegue Conte. "Il binario di interlocuzione tecnica che è in corso con Bruxelles - aggiunge - chiarirà, con l’assestamento, che l’Italia rispetta le regole vigenti. La lettera però chiarisce le ragioni e la direzione del cambiamento. Attualmente nel Patto di stabilità e crescita c’è molta stabilità e poca crescita. Dobbiamo lavorare per incrementare le regole per contrastare la disoccupazione, per il salario minimo, per lo sviluppo sociale".
"Qualche giornalista oggi scrive che sarei venuto a Bruxelles con le mani vuote - afferma il premier nella dichiarazione scritta - Io rappresento un Paese del G7, il terzo Paese dell’Eurozona, la seconda azienda manifatturiera d’Europa: come si può pensare che io venga a mani vuote? Io rappresento tutte le migliaia di realtà imprenditoriali italiani che esportano in tutto il mondo con punte di assoluta eccellenza".
Ai vertici del governo italiano ci sarebbe vera preoccupazione per la possibile procedura per deficit eccessivo legata al debito che potrebbe essere raccomandata dalla Commissione Europea, e poi lanciata dal Consiglio. E' quanto si apprende a Bruxelles, a margine del Consiglio Europeo. Il negoziato sarebbe più difficile rispetto alla fine del 2018, perché la Commissione Europea che deve decidere se raccomandare o meno l'avvio della procedura è una Commissione uscente, che quindi è relativamente più libera di decidere applicando le regole.

Reggio Emilia, nel comune del Pd due inchieste con 33 indagati: “Così funziona il Sistema che spartisce appalti e nomine”. - Paolo Bonacini

Reggio Emilia, nel comune del Pd due inchieste con 33 indagati: “Così funziona il Sistema che spartisce appalti e nomine”

Alla fine dello scorso febbraio 18 dirigenti sono finiti indagati per falso ideologico e abuso d’ufficio. Tra gli altri la moglie del sindaco Vecchi, allora dirigente all’urbanistica. Pochi giorni fa la nuova e più pesante tegola sull'amministrazione comunale: 15 indagati, tra cui l’ex vicesindaco, un assessore, dirigenti di primo piano nella gestione degli appalti e dei soldi pubblici.

Lo hanno ribattezzato il “sistema Reggio Emilia”. È quello messo sotto accusa dalla procura della Repubblica per la seconda volta in soli quattro mesi. Due inchieste con 33 indagati travolgono la città già scossa da Aemilia, il più grande processo alla ‘ndrangheta nel Nord Italia. Il sistema Reggio lambisce l’amministrazione del rieletto sindaco Pd Luca Vecchi. Alla fine dello scorso febbraio 18 dirigenti del Comune di Reggio Emilia, in servizio nel 2013 (e in buona parte ancora oggi), sono finiti indagati per i reati di falso ideologico abuso d’ufficio. Tra gli altri la moglie dello stesso sindaco, allora dirigente all’urbanistica. Pochi giorni fa la nuova e più pesante tegola sulla testa dell’amministrazione comunale: 15 indagati, tra cui l’ex vicesindaco, un assessore, dirigenti di primo piano nella gestione degli appalti e dei soldi pubblici, il responsabile del servizio legale del comune e un gruppo di avvocati esterni. Con reati ipotizzati pesanti: turbativa d’asta, corruzione, abuso d’ufficio,falso ideologico e violazione del segreto d’ufficio. Il tutto negli anni tra il 2015 e il 2017, quando a portare la fascia tricolore era lo stesso Vecchi, successore e fedelissimo dell’ex ministro Graziano Delrio.
Per gli inquirenti il “sistema Reggio” che potrebbe emergere da entrambe le indagini – non collegate tra di loro – è una sorta di legge non scritta per l’assegnazione di incarichi e nomine, per la scelta di consulenti e professionisti, per la costruzione e l’assegnazione delle gare di appalto. Con l’obiettivo di favorire persone e imprese predeterminate. Emblematico il caso della nomina, nel maggio 2016, di Maria Teresa Guarnieri a direttrice della neonata azienda Asp Reggio Emilia che offre servizi e assistenza ad anziani, disabili e minori. Per quel posto era stata indetta una procedura pubblica ed erano arrivati 40 curricola, ma già da mesi si discuteva dell’opportunità di mettere al comando dell’azienda la dottoressa Guarnieri. Il presidente dell’Asp Raffaele Leoni, ex assessore provinciale, era d’accordo, il vicesindaco con delega al welfare, Matteo Sassi, nutriva dubbi. Se e quanto quel confronto “a priori” influenzò o condizionò la Commissione giudicatrice, che assegnò poi l’incarico fino al 2021, sarà l’indagine a stabilirlo. Intanto Leoni e Sassi sono entrambi indagati. Come è indagato l’avvocato Santo Gnoni, responsabile dell’ufficio legale del comune di Reggio Emilia e membro della Commissione.
I corposi sequestri di atti compiuti dalla Guardia di Finanza riguardano questa e altre vicende di nomine e assegnazione d’appalti, per volumi complessivi di decine di milioni di euro. E con l’ipotesi che ai risultati voluti si adeguassero poi i bandi, i concorsi, le gare e le Commissioni, seguendo procedure magari formalmente corrette ma tagliate su misura per i prescelti con gradi di libertà tali da condurre all’esito cercato. La corruzione e la violazione del segreto d’ufficio ipotizzate aprono nuove vie e nuovi moventi per raggiungere l’obbiettivo che resta comunque lo stesso: favorire i favoriti.
Nel caso del global service per la gestione degli impianti comunali a vincere – secondo le accuse – doveva essere la Gesta spa, società oggi del gruppo Coopservice, potente cooperativa con sede a Reggio Emilia, che ha vinto un appalto di quasi 12 milioni esteso fino al settembre 2022. Per i servizi di mobilità collettiva uniti alla gestione delle aree di sosta ha vinto il consorzio Tea controllato all’88% dalla società Til srl, a sua volta in mano all’azienda pubblica di trasporti Act. Qui si parla di 25 milioni di euro per un contratto fiume dal 2016 al 2024,  che sollevò perplessità anche da parte dell’Anticorruzione: secondo la guardia di Finanza era  cucito su misura per la Tea.
Paola Cagliari è invece direttrice dal giugno 2015 della Istituzione Scuole e Nidi dell’Infanzia, con un contratto a tempo determinato rinnovato nel 2017. È indagata in merito alla assegnazione delle attività dell’asilo nido “Giulia Maramotti” alla cooperativa Panta Rei, che da vent’anni gestisce servizi educativi in convenzione col comune in diverse scuole dell’infanzia. In associazione d’impresa con Reggio Children, il marchio educativo reggiano noto in tutto il mondo, Panta Rei gestisce anche la scuola aziendale dell’Eni a San Donato Milanese. In qualche modo aziendale è anche il nido Maramotti che riserva 30 posti dei 78 disponibili a dipendenti del Gruppo Max Mara, sulla base dell’accordo tra Fondazione Maramotti e Comune che nel 2008 portò all’apertura dell’asilo donato all’Ente Pubblico. 
Panta Rei gestisce la scuola da allora ma la gara pubblica indetta nel 2016 per il rinnovo del servizio fu oggetto di una battaglia legale. Panta Rei vinse con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, partendo da una base d’asta di circa 850mila euro. Il 3 agosto 2016 all’apertura delle buste la Commissione guidata da Paola Cagliari accertò che due delle tre imprese partecipanti, Panta Rei e la Cooperativa “Nasce un sorriso” di Potenza, non avevano allegato l’autentica notarile prevista alla firma sulla fidejussione. Trattandosi di “irregolarità formale e non sostanziale”, sta scritto nel verbale, la Commissione ritenne di non applicare nessuna sanzione. Due settimane dopo l’offerta del terzo concorrente che aveva ottenuto il punteggio più elevato, la Baby & Job srl di Roma, fu giudicata anomala per il ribasso del 10% nella proposta economica e la Commissione affidò nuovamente la gestione del nido alla Cooperativa Panta Rei. Fu fatta una “consegna anticipata d’urgenza”, nell’agosto 2017, con un contratto valido fino al 30 giugno 2020. La Babj & Job si oppose a questa decisione ricorrendo al Tar di Parma e perse la causa perché, sentenziò la Corte, non si rilevavano “nel complessivo agire dell’Amministrazione profili di irragionevolezza e illogicità tali da palesare una distorsione nell’esercizio del potere valutativo”.
Su questi e altri fronti sarà l’analisi dei materiali sequestrati e delle intercettazioni ambientali a dire se esista davvero o sia solo fantasia il “Sistema Reggio”. Gli indagati sostengono di non aver commesso illeciti. Il Pd tace mentre il sindaco è fiducioso tanto nell’operato della magistratura che in quello dei suoi assessori e dirigenti. Ma sul suo futuro pende una spada di Damocle pesante come 33 avvisi di garanzia.

venerdì 21 giugno 2019

Csm, indaga anche Milano: “Nuove intercettazioni Lotti-Palamara. Dall’ad Eni documenti per screditare il pm Ielo?”

Csm, indaga anche Milano: “Nuove intercettazioni Lotti-Palamara. Dall’ad Eni documenti per screditare il pm Ielo?”

L’Espresso rivela la trasmissione da Perugia al capoluogo lombardo di un’intercettazione coperta da segreto in cui l’ex ministro sostiene di aver ricevuto dall’ad Eni documenti sul fratello del magistrato. Lo stesso magistrato che ne aveva chiesto il rinvio a giudizio. L'ex sottosegretario replica: "Mai nessuna carte dall'ad di Eni". Anche l'azienda energetica smentisce.

Anche la procura di Milano indaga sullo scandalo che ha travolto il Consiglio della magistratura. La procura di Perugia ha trasmesso ai colleghi lombardi alcune intercettazioni dell’inchiesta in cui è coinvolto Luca Palamara: si tratta di dialoghi, ancora coperti da segreto, tra Luca Lotti e lo stesso ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati. In quelle conversazioni – ancora top secret – l’ex ministro afferma di aver avuto dall’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi alcune carte sul fratello del procuratore aggiunto di Roma, Paolo Ielo. Si tratta dello stesso magistrato che ha chiesto il rinvio a giudizio del braccio destro di Matteo Renzi per favoreggiamento, nell’ambito dell’inchiesta sulla Consip.
Lo scoop dell’Espresso – A dare la notizia della nuova costola dell’inchiesta è il sito del settimanale l’Espresso. Conversando con Palamara, Lotti parla di un dossier per screditare Ielo. Quel dossier è basato su alcune consulenze che il fratello del pm anticorruzione, Domenico, ha avuto dall’Eni. In quella conversazione, omissata nella prima informativa della polizia giudizia, Lotti confida a Palamara di essere in possesso di alcune carte sul fratello di Ielo. A dargli quelle carte sarebbe lo stesso Descalzi, che dell’Eni è amministratore delegato. Quella conversazione è ancora in fase di riscontro. 
L’indagine sul depistaggio. – È possibile che Lotti avesse millantato o che chiarisca il senso della sua frase. L’indagine è affidata ai pm milanesi Fabio De Pasquale, Laura Pedio e Paolo Storari.  Descalzi è attualmente imputato a Milano per corruzione internazionale. Sempre la procura guidata da Francesco Greco sta indagando sul dossieraggio organizzato per deviare le indagini della procura di Milano sulle tangenti pagate in Nigeria. Indagini per le quali proprio Descalzi è a processo. Quel dossieraggio fu organizzato dall’avvocato Piero Amara, l’ex legale dell’Eni al centro dell’inchiesta sulle sentenze comprate al Consiglio di Stato.
Le intercettazioni del Gico: “Martedì gli faccio avere quella cosa.” – Ma torniamo a quelle carte per screditare Ielo. Scrive il Gico della Guardia di Finanza: “L’attività di ascolto del colloquio fra presenti della notte del 9 maggio 2019 permetteva di rilevare l’esistenza di un esposto presente alla I Commissione del Csm di interesse, per come si rileva dalla conversazione, da parte dei soggetti presenti”. Il riferimento è alla ormai nota riunione nella saletta dell’albergo a Roma. Presenti, oltre a Lotti, Palamara e il deputato del Pd Cosimo Ferri, cinque consiglieri del Csm: sono Corrado Cartoni, Antonio LepreLuigi Spina e Gianluigi Morlini Paolo Criscuoli. Quattro si sono dimessi, Criscuoli si è autosospeso. Oggetto di quell’incontro sono le manovre per nominare il nuovo procuratore di Roma. Ma si parla anche di un esposto inviato al Csm dal pm Stefano Fava per segnalare conflitti d’interesse del fratello di Giuseppe Pignatone e dello stesso Ielo. L’Espresso riporta il testo di altre intercettazioni. A un certo punto Lotti chiede a tutti gli altri: “Che cosa deve arrivare al presidente della situazione di Roma”. Il consigliere Spina risponde: “Poco, perché formalmente noi ancora poco sappiamo, perché quel cazzo di Cd che sta in cassaforte e domani dovremmo chiedere… è il Cd dove stanno gli atti” . Dice Lotti: “Io martedì mattina ti faccio arrivare questa cosa”. E Spina risponde: “Fagliela arrivare lunedì”. Non si sa di cosa si parla perché i finanzieri omissano parte dello scambio. Quindi: da una parte Lotti incontrava Palamara e i consiglieri del Csm per manovrare la nomina del nuovo procuratore capo di Roma. Dall’altra avrebbe ricevuto documenti per nutrire un dossier contro Ielo, procuratore aggiunto della Capitale. Lo stesso ufficio giudiziario che lo voleva a processo.
La replica di Lotti ed Eni. – Lotti ha smentito ogni ipotesi accusatoria : “Nego di aver ricevuto qualsiasi pezzo di carta o informazione dal dott. Descalzi con il quale, oltretutto, non ho contatti dal 2016”. Una replica sulla vicenda arriva anche dall’Eni. “Eni – fa sapere l’azienda energetica -smentisce in modo categorico che l’Amministratore Delegato, Claudio Descalzi, abbia mai consegnato al Dottor Lotti documentazione relativa al fratello del Dottor Paolo Ielo (pm della procura di Roma, ndr). A questo proposito, considerata l’estrema gravità delle affermazioni rese pubbliche dalla testata senza alcun supporto di prova o riscontro, l’amministratore delegato di Eni si riserva di intraprendere le opportune vie legali a tutela della propria reputazione”. In merito al procedimento in corso presso il Tribunale di Milano per ipotesi di corruzione internazionale in Nigeria, Eni “confida che il processo potrà accertare la completa estraneità della società e del management rispetto ad asserite condotte illecite legate all’acquisizione del Blocco Opl245, estraneità testimoniata anche dagli esiti delle verifiche interne che gli organi di controllo della società hanno affidato a più riprese a consulenti indipendenti di reputazione internazionale”. Infine, in merito alle indagini relative al presunto ‘depistaggio, Eni “ribadisce la fermissima convinzione di essere la parte lesa in ogni prospettiva e prospettazione legata, o comunque connessa, alle ipotesi inerenti presunti depistaggi delle attività investigative presso qualsivoglia procura della Repubblica dello Stato Italiano, o altrimenti in relazione alle nuove ipotesi di reato emerse ed attualmente sotto indagine”.

Apre a Palermo l’albergo di Hard Rock più grande in Europa, in palio 180 posti di lavoro.



Il programma di avviamento si concluderà nel dicembre del 2019.

Il terzo albergo di Hard Rock nascerà dalla riqualificazione di un complesso già esistente a Campofelice di Roccella, in provincia di Palermo. La realizzazione di un hotel a 5 stelle – grazie all’investimento di oltre 28 milioni di euro dei quali 7,1 di agevolazioni concesse da Invitalia, l’agenzia nazionale per lo sviluppo d’impresa che fa capo al ministero dell’Economia – creerà un impatto occupazionale con 180 posti di lavoro. 

L’albergo sarà il terzo più grande di Hard Rock in Europa dopo quello a Ibiza e a Tenerife. Il programma di avviamento si concluderà nel dicembre del 2019 e la struttura girerà intorno alla musica e al marchio Hard Rock Hotel, il ramo alberghiero del colosso fondato nel 1971 a Londra e divenuto famoso in tutto il mondo per le insegne di Hard Rock Cafe. Con il contratto di sviluppo si potrà ristrutturare una struttura già esistente, sostenere aziende che vogliono investire nel territorio con un impatto positivo sulll’economia e sulle opportunità di lavoro in Sicilia. (in foto l’hotel dell’Hard Rock a Tenerife)

https://www.direttasicilia.it/2019/06/07/apre-a-palermo-lalbergo-di-hard-rock-piu-grande-in-europa-ci-sono-180-posti-di-lavoro/?fbclid=IwAR0ixrUL6xVhVCpQX1T_5SORWADG8p0uI3Cp8rtogzr39XStkS7rjkp5lo0

Csm, Mattarella: “Quadro sconcertante e inaccettabile, ha minato autorevolezza delle toghe. Da oggi si volta pagina”.

Csm, Mattarella: “Quadro sconcertante e inaccettabile, ha minato autorevolezza delle toghe. Da oggi si volta pagina”

Il discorso del Capo dello Stato al plenum straordinario dopo gli scandali rivelati dall'inchiesta di Perugia: "Grande preoccupazione per il coacervo di manovre nascoste". Via alla riforma della composizione e formazione del Csm: "Modifiche ritenute opportune e necessarie". Ermini: "Voto per la procura di Roma? E' valido". Si insediano Marra e Pepe, entrambi di AeI, la corrente che fa capo a Davigo.

“Oggi si volta pagina nella vita del Csm”. È più un auspicio quello del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenuto personalmente al plenum straordinario del Consiglio superiore della magistratura. Una partecipazione –  quella del presidente di diritto di Palazzo dei Marescialli – che arriva proprio mentre il mondo delle toghe è travolto dagli scandali.  E che serve, in un certo senso, per far ripartire i lavori del Csm dopo le dimissioni di quattro consiglieri. “Il saluto e gli auguri sono accompagnati da grande preoccupazione. Quel che è emerso, da un’inchiesta in corso, ha disvelato un quadro sconcertante e inaccettabile“, dice Mattarella. Il capo dello Stato sottolinea come quanto avvenuto abbia “prodotto conseguenze gravemente negative per il prestigio e per l’autorevolezza non soltanto di questo Consiglio ma anche dell’intero Ordine Giudiziario”. Poi esprime l’esigenza di “modifiche normative, ritenute opportune e necessarie, in conformità alla Costituzione”. Un’esigenza, quello del cambio delle regole interne al Csm, sulla quale sono tutti d’accordo: da Piercamillo Davigo di Autonomia e Indipendenza a Giuseppe Cascini di Area. E dall’esterno pure Matteo Salvini è favorevole al cambio dei “criteri di elezione, di rappresentanza e la logica delle correnti, i poteri di nomina, suggerimento e raccomandazione”. Il cambio del sistema elettorale del Csm è in questo momento oggetto di studio da parte dei tecnici del ministero della giustizia.
Ermini: “Voto per procura di Roma è valido”- Dal plenum, poi, emerge una notizia. A diffonderla è David Ermini, vicepresidente del consiglio:  la votazione della Commissione sul procuratore di Roma “è valida”, “passa al Plenum e il Plenum è sovrano”. Proprio la successione di Giuseppe Pignatone al vertice di piazzale Clodio era una delle preoccupazioni dei partecipanti agli incontri notturni con Luca Lotti, Luca Palamara Cosimo Ferri. I deputati dem, insieme a Palamara e cinque consiglieri del Csm puntavano su Marcello Viola, pg di Firenze, che in commissione aveva ottenuto quattro voti. Al plenum si ripartirà dunque con Viola favorito mentre Francesco Lo Voi e Giuseppe Creazzo avevano raccolto un voto a testa.
L’inchiesta di Perugia: “Un coacervo di manovre nascoste” – L’attenzione a piazza dell’Indipendenza è però tutta per il discorso di Mattarella. “Il coacervo di manovre nascoste, di tentativi di screditare altri magistrati, di millantata influenza, di pretesa di orientare inchieste e condizionare gli eventi, di convinzione di poter manovrare il Csm, di indebita partecipazione di esponenti di un diverso potere dello Stato, si manifesta in totale contrapposizione con i doveri basilari dell’Ordine Giudiziario e con quel che i cittadini si attendono dalla Magistratura”, dice il presidente parlando ai consiglieri. “La reazione del Consiglio ha rappresentato il primo passo per il recupero della autorevolezza e della credibilità – prosegue il presidente della Repubblica – che occorre sapere restituire alla Magistratura italiana”, anche per “i grandi meriti e i pesanti sacrifici” di tanti giudici  che non devono essere “offuscati”.  Il Capo dello Stato sottolinea che “occorre far comprendere che la Magistratura italiana e il suo organo di governo autonomo, previsto dalla Costituzione, hanno al proprio interno gli anticorpi necessari e sono in grado di assicurare, nelle proprie scelte, rigore e piena linearità”. “La giustizia è amministrata in nome del popolo italiano e in base alla Costituzione e alla legge: queste indicazioni riguardano anche il Consiglio superiore della magistratura. Questo è l’impegno che al Consiglio chiede la comunità nazionale ed è il dovere inderogabile che tutti dobbiamo avvertire”, conclude Mattarella.
Mattarella: “Servono modifiche normative, ma compito è del parlamento” –  Il presidente della Repubblica esprime poi l’esigenza di “modifiche normative, ritenute opportune e necessarie, in conformità alla Costituzione”. Una riforma della composizione e formazione del Csm che non compete alla sua carica: “Viene annunciata una stagione di riforme sui temi della giustizia e dell’ordinamento giudiziario in cui il Parlamento e il Governo saranno impegnati”. Il presidente della Repubblica – ha continuato – “potrà seguire – e seguirà con attenzione – questi percorsi ma la Costituzione non gli attribuisce il compito di formulare ipotesi o avanzare proposte. Il CSM, peraltro, può – ed è, più che opportuno, necessario – provvedere ad adeguamenti delle proprie norme interne, di organizzazione e di funzionamento, per assicurare, con maggiore e piena efficacia, ritmi ordinati nel rispetto delle scadenze, regole puntuali e trasparenza delle proprie deliberazioni”.
Correnti d’accordo con Mattarella: “Cambiare norme” –Un auspicio, quello di una riforma delle regole del Csm, condiviso da tutte le correnti.  “Per evitare di ripetere errori del passato, occorre una riflessione seria ed approfondita sulla eterogenesi dei fini che ha caratterizzato le riforme approvate in passato”, ha detto durante il Plenum il togato di Area, Giuseppe Cascini, che nelle settimane scorso aveva accostato il terremoto sul mercato delle nomine allo scandalo della P2. Riforme che hanno “rafforzato il peso negativo di correnti, localismi, individualismi, cordate elettorali”. “Sono attonito  dal constatare come l’anelito di dare giustizia sia stato sostituito da un pericoloso carrierismo, dalla caccia alle medagliette, titoli da invocare al fine di ottenere promozioni. Questo si è innestato su un’altra pericolosa deriva”, quella della “spinta aziendalistica, con soluzioni volte ad aumentare la produttività che si sono rivelate controproducenti. Bisogna ripensare l’intero modello dell’organizzazione giudiziaria e riportare l’etica del magistrato al dovere di rendere giustizia”, ha detto Piercamillo Davigo di Autonomie e Indipendenza.  “Occorre riaffermare il prestigio del Csm, restituendo centralità alle regole”, ha spiegato Marco Mancinetti  di Unicost, sollecitando un “primo giorno di una nuova consiliatura”. Mentre Loredana Micchichè (Magistratura Indipendente) ha invocato “una prospettiva di necessaria autoriforma, il rispetto di quelle regole programmate, in relazione alle quali si è verificato un pericoloso scollamento”.  “Nessun consigliere deve avere contatti con i candidati a un posto su cui il Consiglio dovrà esprimersi; né qui, né fuori di qui – ha elencato Alberto Maria Benedetti, laico eletto dal M5S – tutti i candidati devono essere trattati alla stregua di concorrenti a un pubblico concorso, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Regole minime, di carattere soprattutto etico, che, forse, dovremmo pensare perfino a codificare, a sostegno di chi non abbia sufficiente cognizione etica per arrivare da solo ad afferrarle”. “La riforma, mi pare sia sotto gli occhi di tutti, è necessaria, ma non spetta a noi farla, spetta al parlamento. È il sistema elettorale probabilmente che ha generato lo strapotere delle correnti”, dice Ermini.
Si insediano Marra e Pepe: il gruppo di Davigo raddoppia – Il Plenum del Csm ha intanto convalidato l’elezione dei due nuovi consiglieri togati, Giuseppe Marra e Ilaria Pepe, entrambi di Autonomia e Indipendenza, il gruppo di Piercamillo Davigo, che in questo modo raddoppia la sua rappresentanza a Palazzo dei Marescialli. I due togati subentrano a Gianluigi Morlini e Corrado Cartoni, due dei consiglieri che si sono dimessi perché i loro nomi figurano nell’inchiesta di Perugia sulle nomine ai vertici degli uffici.  La convalida dell’elezione di Marra e Pepe è stata approvata all’unanimità dal Plenum del Csm che ha anche disposto il collocamento fuori ruolo dei due nuovi togati, una passaggio tecnico che consente ai due di insediarsi. Il Csm ha poi indetto le elezioni suppletive per sostituire gli altri due togati dimessi, Antonio Lepre e Luigi Spina, eletti nel collegio dei pm, nel quale non è possibile la sostituzione per mancanza di candidati non eletti. Il presidente della Repubblica, come già annunciato, ha fissato il voto per il 6 e 7 ottobre.

Conte: «Stime Ue fuori dalla realtà. Ogni sforzo per evitare la procedura».

Ue, fumata nera su nomine commissione. Conte sulla procedura: “Situazione difficile”. E tratta con Macron e Merkel
Scontro totale tra Italia e Unione europea sui conti pubblici. La trattativa con l’Europa parte in salita, con il governo molto preoccupato per i futuri passi sulla procedura e fermo nel contestare le stime della Commissione che ritiene lontane dalla realtà. L’Italia non arriva a Bruxelles «a mani vuote», precisa il premier Giuseppe Conte appena atterrato nella capitale belga per il vertice europeo.
Ma poi, dopo i colloqui avuti a margine del Consiglio, esprime il timore sull’esito del negoziato e cerca un ultimo contatto con Merkel per cercare una via d’uscita dall’impasse.
«La situazione è molto difficile», ha detto il premier italiano nella notte tra giovedì e venerdì 21 giugno, «ma farò ogni sforzo, fino all’ultimo per evitare la procedura di infrazione». E a chi gli chiede se sia necessario fare un intervento ulteriore all’assestamento di bilancio, come una manovra correttiva, per venire incontro all’Ue, Conte risponde: «sarebbe una richiesta ingiusta, e inaccettabile». Ne ha anche per le nomine il primo ministro del primo esecutivo gialloverde: «C’è stallo, è stato dato mandato a Tusk di parlare con i rappresentanti in Parlamento Ue per vedere di superare il criterio degli Spitzenkandidaten». Nel corso della notte c’è stato un lungo colloquio tra Conte e il presidente francese Emmanuel Macron nell’albergo di Bruxelles dove entrambi alloggiano. Assieme ai due, seduti al tavolo nel bar dell’hotel, il premier lussemburghese Xavier Bettel mentre nella stessa stanza, in fondo, era seduta a un tavolo diverso la cancelliera tedesca Angela Merkel. L’incontro si è tenuto dopo la cena dei leader Ue sulle nomine per i top jobs europei.
Sul tavolo i leader Ue non hanno solo il complicato risiko di nomine delle nuove istituzioni, ma anche la lettera con cui Conte assicura che l’Italia non intende «sottrarsi ai vincoli europei», e con cui annuncia che grazie a più entrate e meno spese raggiungerà gli obiettivi di deficit. Il premier porta alla Ue un tesoretto di almeno cinque miliardi, capace di frenare la corsa del deficit 2019 al 2,1%, invece del 2,5% previsto dalla Commissione Ue. Senza un compromesso politico, però, potrebbero non bastare perché Bruxelles chiede un aggiustamento più ampio. Conte gioca anche su un altro terreno, più politico, mettendo in discussione le regole che considera sbagliate e controproducenti, «come dimostra il caso della Grecia».
Ma Bruxelles non è disposta a seguire l’Italia in questa partita: «Lavoriamo per evitare la procedura, ma non lo si fa attraverso commenti sulle regole», ha avvertito il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici. Il premier spiega che nella trattativa con l’Ue c’è «un binario tecnico» e un «binario politico». Ed è su questo secondo punto che critica «un patto di stabilità e crescita che è molta stabilità e poca crescita», proponendo di «invertire» la situazione. La sua lettera «contiene un messaggio politico chiaro. Non vuole dire che non rispettiamo le regole, finché non cambiano sono queste». Ma chiede di rivederle, tanto che per l’Italia il «candidato ideale» alla presidenza della Commissione è «quello che si predispone» a rivedere un sistema «controproducente», che ha contribuito ad «allontanare le istituzioni europee dalle tante periferie».
Per ora però, chiarisce Moscovici, «non bisogna perdere tempo a parlare di modifiche a norme concordate da tutti, ma occorre lavorare per evitare la procedura per debito eccessivo». L’iter è partito, e va interrotto prima del 2 luglio possibilmente, giorno in cui la Commissione potrebbe adottare la raccomandazione di apertura della procedura che poi l’Ecofin dell’8-9 luglio dovrà approvare. I commissari e i tecnici sono al lavoro sulla lettera, e aspettano che mercoledì il Cdm approvi l’assestamento di bilancio. Non conterrà tagli di nuove risorse, assicura Conte, ma certifica «in un documento ufficiale» risparmi e maggiori entrate, rendendo «definitivo» il congelamento già programmato dei 2 miliardi che facevano già parte dell’accordo di dicembre. Ma questo tesoretto potrebbe non bastare: i due miliardi congelati dall’accordo di dicembre sono già stati incorporati nelle previsioni Ue, quindi vanno esclusi. Ne restano solo tre e, sulla carta, Bruxelles chiede un aggiustamento dello 0,4% del Pil per il 2018 e dello 0,5% per il 2019. Solo per sanare il 2018, quindi, servirebbero oltre sei miliardi. Impegnandosi a fare risparmi anche sul 2019 e assicurando l’aumento dell’Iva o misure alternative per il 2020.
https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-06-20/conte-deficit-21percento-e-non-25percento-come-prevede-ue-153724.shtml?uuid=ACEng7S



Divergenze Italia-Ue sui conti, negoziato in salita.

Colloqui informali di Conte con i leader, Roma preoccupata.

Al termine della prima giornata del Consiglio europeo restano le divergenze tra Italia e la Commissione Ue sulle stime sui conti pubblici. La trattativa del premier Giuseppe Conte, che nel corso della giornata ha avuto diversi colloqui informali con i leader Ue, resta in salita e a tarda sera resta nel governo italiano la preoccupazione per la riuscita del negoziato. Con la convinzione che le stime della Commissione sui conti e sul deficit italiano siano lontane da quelle reali sui cui si basa la posizione italiana.

Il premier Giuseppe Conte è a Bruxelles per il Consiglio Europeo. Ieri l'invio della lettera sui conti pubblici italiani all'Europa. "La Commissione Ue ha ricevuto la lettera del premier Conte, e la sta ora analizzando", fa sapere un portavoce della Commissione Ue.
"Prenderemo anche in considerazione la risposta di Conte ieri - ha detto agli Affari economici Pierre Moscovici rispondendo ai giornalisti entrando al summit del Pse - ma in questo momento una procedura per debito è giustificata, quindi andiamo a lavorare, in maniera costruttiva, per evitarla. Ma non lo si fa attraverso scambi, commenti sulle regole: lo si fa sul rispetto delle regole che sono intelligenti e favoriscono la crescita".
"La lettera - ha detto il premier prima del Consiglio conmmentando le parole di Moscovici - contiene un messaggio politico chiaro. Non vuole dire che non rispettiamo le regole, finché non cambiano le regole sono queste". 
"Il nostro candidato ideale alla presidenza della Commissione Ue è quello che si predispone a cambiare le regole" europee, ha detto replicando a un'altra domanda.
"Se siamo in un sistema integrato - ha evidenziato - dobbiamo competere con le sfide globali ma all'interno dell'Ue le regole devono essere uguali per tutti. Io voglio competere, ma a parità di armi".
 "Mercoledì in Cdm - ha fatto sapere Conte - faremo definitivamente l'assestamento di bilancio per certificare che i conti vanno meglio del previsto". Mercoledì in Cdm, "noi potremo certificare che siamo attorno al 2,1% del deficit e non al 2,5 come prevede la commissione Ue", ha detto ancora sottolineando come, nella trattativa con l'Ue c'è "un binario tecnico" e un "binario politico". Su quest'ultimo punto Conte ribadisce che l'Ue ha "un patto di stabilità e crescita che è molta stabilità e poca crescita, dobbiamo invertire un attimo queste regole".
"Qualche giornalista - è andato all'attacco Conte - scrive che sarei venuto a Bruxelles con le mani vuote: io rappresento un Paese del G7, il terzo Paese dell'Eurozona, la seconda Azienda manifatturiera d'Europa: come si può pensare che io venga a mani vuote? Io rappresento tutte le migliaia di realtà imprenditoriali italiani che esportano in tutto il mondo con punte di assoluta eccellenza".
Prima del Consiglio il premier italiano ha avuto un colloquio con la Cancelliera Angela Merkel.

Un "tesoretto" stimato all'incirca sui 5 miliardi, composti da maggiori entrate rispetto alle previsioni, risparmi da reddito di cittadinanza e quota 100 e i due miliardi congelati nella legge di bilancio. E' questa la cifra a cui, spiegano fonti governative, l'esecutivo giallo-verde è al lavoro in queste ore di trattativa con l'Ue e in vista del Consiglio dei ministri di mercoledì chiamato a varare l'assestamento di bilancio. Non c'è alcuna manovra correttiva, l'assestamento certifica come procedono i conti, spiegano le stesse fonti.


Ue, fumata nera su nomine commissione. Conte sulla procedura: “Situazione difficile”. E tratta con Macron e Merkel.

I leader europei non hanno trovato l'accordo sui posti chiave a Bruxelles: sarà necessario un nuovo vertice convocato per il 30 giugno. E' stata una notte di trattative anche per il premier: "La situazione è molto difficile ma farò ogni sforzo, fino all’ultimo", ha detto. "Non vorrei che prevalesse un'interpretazione irragionevole" delle regole.

L’Europa non trova l’accordo sulle nomine per i posti chiave a Bruxelles. Dopo una notte di trattative il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha annunciato un nuovo summit per il 30 giugno: “Nessun candidato ha ottenuto la maggioranza”. Ma è stata una notte complicata anche sul fronte italiano, con Giuseppe Conte impegnato a sondare il terreno e le posizioni degli altri leader europei sulla possibile procedura d’infrazione per debito eccessivo. “La situazione è molto difficile ma farò ogni sforzo, fino all’ultimo“, ha detto il premier nell’albergo di Bruxelles dove alloggia parlando con i cronisti che lo hanno descritto “infuriato“. Conte ha poi incontrato il presidente francese Emmanuel Macron: un lungo faccia a faccia tra le 2 e le 3 della notte, a cui si è aggiunto il premier lussemburghese Xavier Bettel e poi anche la cancelliera tedesca Angela Merkel.

“Serve un pacchetto che rispecchi la diversità dell’Unione europea e serve tempo per trovarlo. Ci incontreremo di nuovo il 30 giugno”, ha annunciato Tusk. Il vertice dei 28 leader è stato un flop: si dovranno rivedere appena due giorni prima dell’elezione del presidente del Parlamento Ue. Le discussioni nel frattempo andranno avanti anche in occasione della loro partecipazione al G20 di Osaka. Decisamente destinata a tramontare anche l’ipotesi degli Spitzenkandidat: Tusk ha ricevuto il mandato dei leader a convincere il Parlamento a mettere da parte il sostegno ai candidati di punta scelte dalle varie formazioni su cui comunque non è stata trovata una maggioranza parlamentare. Sembrano essere usciti di scena il capo negoziatore della Ue sulla Brexit Michel Barnier, che non godrebbe del gradimento della cancelliera Merkel, ed il premier e la presidente croati Andrej Plenkovic e Kolinda Grabar Kitarovic, dato anche il contenzioso della Croazia con la Slovenia. Altrettanto fuori dai giochi appare la presidente della Banca mondiale, la bulgaraKristalina Georgieva.

A dare il senso delle difficoltà era stato sempre Tusk che poco prima dell’inizio del vertice aveva twittato: “Più cauto che ottimista”. Una sintesi dell’incontro con Merkel e Macron che non hanno allentato di un centimetro la morsa del loro braccio di ferro. Merkel, col Ppe, è tornata a fare quadrato sul candidato di punta Manfred Weber, rivendicando ancora una volta la presidenza della Commissione europea per il bavarese. Macron – col sostegno di Liberali e Socialisti – ha ribadito, dal canto suo, un netto no all’opzione, avvertendo. Mentre il premier Conte ha indicato quale candidato ideale dell’Italia per la presidenza della Commissione Ue, chi sarà pronto “a cambiare le regole” europee.
Conte nella notte di Bruxelles si è impegnato però soprattutto sulla partita per evitare l’apertura della procedura di infrazione per debito eccessivo. In teoria deve discutere di nomine, del futuro commissario italiano, in pratica sonda gli umori degli altri leader sull’argomento. Secondo il Corriere della Sera, ha già ottenuto una promessa da Malta, Spagna, Portogallo e Francia: nel colloquio al tavolo del bar dell’albergo con Macron si è aggiunta poi anche la cancelliera Merkel. Si sono visti sorrisi e un clima cordiale. Il premier però avverte: “È una situazione davvero molto complicata”. È infastidito dalle parole dette giovedì dal commissario agli Affari economici Pierre Moscovici e teme che possano prevalere “interpretazioni troppo rigide” delle regole, come spiega in un’intervista a Repubblica. “Le regole si interpretano e non vorrei che prevalesse un’interpretazione irragionevole“, spiega Conte, o peggio “punitiva“: “Sarebbe molto grave”.

Il premier continua a ribadire di voler “contestare i numeri” e non i vincoli nella trattativa sulla procedura. “Riteniamo di avere i conti in ordine, siamo sicuri delle nostre ragioni e non siamo disponibili a inseguire delle stime che non rispondono alla realtà“, spiega ancora a Repubblica. E a chi gli chiede se per venire incontro all’Ue sia necessario fare un intervento ulteriore sui conti, dopo l’assestamento di bilancio, come una manovra correttiva, Conte risponde: “Sarebbe una richiesta ingiusta e inaccettabile“.