mercoledì 26 giugno 2019

Città dello Sport Tor Vergata.

Come doveva essere.



La Città dello sport è una struttura architettonica progettata come complesso sportivo polifunzionale dall'architetto spagnolo, Santiago Calatrava, nell'area dell'Università degli Studi di Roma "Tor Vergata". Del progetto è stata realizzata la struttura di uno stadio del nuoto con l'intelaiatura della copertura che costituisce una caratteristica "vela a pinna di squalo" visibile da grande distanza e la struttura di base dell'altro palazzetto per il basket e la pallavolo.
Climater è incaricata dell'installazione dei canali e delle tubazioni all’interno degli archi strutturali e della realizzazione del sistema di condizionamento.

Com'è.

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CIO' CHE RIMANE DA EXPO MILANO.

Le Linguiadi - Marco Travaglio

L'immagine può contenere: 3 persone, persone che sorridono, cappello

Ma le avete viste le facce dei cosiddetti vincitori delle Olimpiadi nella foto di gruppo? E le fauci già spalancate dei Malagò, Montezemolo, Carraro, Pescante e Sala? Fauci già sperimentate sugli stadi di Italia 90 (spese lievitate dell’85%, ultima rata dicembre 2015), le Olimpiadi invernali di Torino 2006 (3,1 miliardi di debito, il 225% delle entrate, cattedrali nel deserto e trampolini nella neve), i Mondiali di nuoto 2009 (700 milioni di euro per il palazzo di Calatrava con le vele a pinna a Tor Vergata, mai finito; piscine sequestrate e/o di dimensioni sballate; scheletri in cemento armato abbandonati ai tossici e alle sterpaglie), l’Expo di Milano 2015 (retate di tangentisti e ’ndranghetisti, 1,5 miliardi di buco, mega-aree abbandonate). Magari ci sbagliamo e gli stessi personaggi, che hanno sempre fallito, al seguito di Giorgetti e Zaia si trasformeranno in tanti Quintino Sella e faranno tutto per bene, per tempo e al risparmio. Ma, nell’attesa, solo un pazzo smemorato può unirsi all’esultanza di lorsignori per avere “vinto” un evento che negli ultimi 50 anni – dati dell’Università di Oxford – ha regolarmente sforato i preventivi per una media del 257% (796% Montréal, 417 per Barcellona, 321 Lake Placid, 287 Londra, 277 Lillehammer, 201 Grenoble, 173 Sarajevo, 147 Atlanta, 135 Albertville, 90 Sydney, 82 Torino, 51 Rio). Lasciando ai Paesi e alle città ospitanti un conto salatissimo da pagare, che ha portato al default Atene e Rio, al debito-record Torino e le altre all’aumento vertiginoso delle imposte locali. Anche al netto delle eventuali tangenti. Infatti le città più avvedute – Sion, Calgary, Innsbruck e Graz – si sono ritirate, terrorizzate da quella che Oxford chiama la “maledizione del vincitore” (le Olimpiadi le vince chi le perde e le perde chi le vince: l’unico che ci guadagna è il Cio).
Il Giornale Unico degli Affari suona le grancasse e le trombette a reti ed edicole unificate, come se l’Italia avesse vinto la guerra mondiale e non un “evento” che dura 15 giorni. Ma è tutta propaganda per pompare Lega&Pd che si sono spartiti queste strane Olimpiadi invernali in una città senza montagne, Milano, e in un’altra che rischia di tracollare sotto il peso dei visitatori, Cortina, distante 409 km. L’alternativa era Torino che, oltre al dettaglio delle Alpi, aveva il pregio di costare poco grazie alle strutture del 2006. Ma tutti raccontano la fake news della sindaca M5S Chiara Appendino che avrebbe detto “no”. Balle: si era candidata, ma era stata respinta dal duo Giorgetti-Malagò che voleva relegare Torino al rango di ruota di scorta di Milano-Cortina, con un paio di gare secondarie tutte da ridere.
Non contenti, i trombettieri tirano in ballo pure Virginia Raggi per il no alle Olimpiadi 2024, che non c’entrano nulla con quelle invernali (costano il quintuplo). Senza contare che Milano, Cortina, Lombardia e Veneto sono ricchi, mentre Roma ha un buco di 13 miliardi dal 2008. Infatti nessuno lo ricorda, ma Roma ha rinunciato pure ai Giochi del 2020. E per mano di Mario Monti, non proprio un grillino nemico del Pil. Il 13 febbraio 2012 Monti revocò la candidatura lanciata dal duo B.-Alemanno perché “non sarebbe responsabile prendere un impegno finanziario che potrebbe gravare in misura imprevedibile sull’Italia per i prossimi anni”. Anziché vomitargli addosso anatemi e improperi, come accadde quattro anni dopo alla Raggi, e inneggiare alle Olimpiadi che portano sviluppo, lavoro e letizia, come fanno oggi, tutti beatificarono Monti come il nuovo Cavour. Applausi scroscianti dal Pd (Rosato, Bonaccini, Melandri, Bersani, Gentiloni, Sassoli e Letta) e dai giornaloni al seguito.
Oggi Repubblica titola “Miracolo a Milano (e a Cortina)”. Ma il 14.2.2012 plaudiva al ritiro della candidatura olimpica addirittura in tre articoli. Francesco Bei flautava: “Le ‘cricche’ d’affari romane, lo spettro del default greco, la vaghezza del piano, il rischio di una guerra diplomatica al termine dalla quale, alla fine, l’Italia sarebbe finita distrutta come un vaso di coccio. Sono molte le ragioni che hanno spinto Monti a pronunciare il suo no”. 
Gli faceva eco Tito Boeri: “La tragedia greca era iniziata proprio lì, con la candidatura ad ospitare le Olimpiadi. I sovracosti incorsi nella preparazione di Atene 2004 hanno contribuito a quella spirale di deficit pubblici crescenti, mascherati in vario modo per non pregiudicare l’ingresso nell’unione monetaria, che hanno portato alla crisi del debito”. Seguiva un’impietosa analisi finanziaria di Walter Galbiati: “Non esiste una formula matematica certa che possa valutare il ritorno economico che giustifichi lo spendere 5, 10 o 15 miliardi per realizzare i Giochi. Il ritorno di immagine e gli introiti aggiuntivi, che si trasformano in Pil, sono frutto di stime difficilmente ponderabili. I costi invece sono certi”.
Oggi il Corriere esalta “La vittoria di Milano e Cortina”, “immagine di un Paese giovane che sa sorridere” (le fauci della Banda dei Quattro). Sette anni fa tripudiava per lo scampato pericolo: “Tra il 2014 e il 2018 lo Stato avrebbe dovuto trovare una copertura di 800 milioni l’anno. Con buona pace di chi aveva parlato di Olimpiadi a costo zero”. E Sergio Rizzo irrideva ai “musi lunghi delle nostre alte gerarchie sportive” (i soliti Malagò, Montezemolo, Carraro e Pescante): “Si è arrivati a sostenere che sarebbe stata un’operazione ‘a costo zero’ con le spese coperte da introiti fiscali e incassi dei biglietti. Spese astronomiche già in partenza. Otto miliardi? Dieci? Quanti davvero? Il partito dei Giochi avrebbe dovuto ricordare che da troppi anni sbagliamo, e per difetto, ogni preventivo. Di soldi e di tempi”. E giù botte alle solite cricche: “Un impasto mostruoso di burocrazia, interessi politici e lobbistici che spesso alimenta la corruzione e ci fa pagare un chilometro di strada il triplo che nel resto d’Europa. E in due decenni non è cambiato proprio nulla. Anzi. Per rifare gli stadi di Italia 90 abbiamo speso l’equivalente di un miliardo e 160 milioni di euro, l’84% più di quanto era previsto? Nel 2009 ci siamo superati, arrivando ai Mondiali di nuoto senza le piscine, ma con una bella dose di inchieste”. Quattro anni dopo, Rizzo passò a Repubblica e massacrò la Raggi per aver ribadito il no montiano per il 2024. E ora magnifica “l’occasione per Milano per fare un altro salto nella graduatoria delle metropoli europee. E scavare ancora più in profondità l’abisso che già la separa dalla capitale”. Tutto fa brodo.
La Stampa è tutto un peana all’ “Italia che vince”, a “Mr Wolf Giorgetti missione compiuta”, mentre lacrima per “Torino beffata” e l’Appendino che “non si pente”. Quando invece era Monti a ritirarsi dai Giochi, elogiava “la coerenza di un no responsabile”, in sintonia con “le attese dei cittadini”. E persino il Sole 24 Ore, organo di Confindustria, oggi entusiasta perché “vince lo sprint dell’Italia”, nel 2012 definiva “l’avventura delle Olimpiadi un rischio il cui costo avrebbe creato un effetto sui conti pubblici difficilmente calcolabile”. Un po’ come Salvini, che quando Renzi candidò Roma per il 2026 twittava furibondo: “Gente che in tutta Italia aspetta una casa e un lavoro da anni. E Renzi pensa di fare le Olimpiadi. Ricoverateloooo”. E nel 2016 ribadiva: “Renzi propone le Olimpiadi a Roma nel 2024. Per me è una follia, sarebbe l’Olimpiade dello Spreco. Il fenomeno di Firenze pensi alle migliaia di società sportive dilettantistiche italiane, che fanno fare sport a tantissimi bambini e che rischiano di chiudere per colpa dello Stato, invece di fantasticare su improbabili Olimpiadi. Senza contare tutti i debiti e gli sprechi del passato e del presente. Tirino fuori i soldi per sistemare strade, scuole e ospedali”. Oggi lapida la Raggi per aver salvato Roma dal default, seguendo saggiamente i suoi consigli. E racconta la balla dell’Appendino contraria alle Olimpiadi, all’unisono con politici e giornaloni. I quali dimenticano un dettaglio: esclusa dai Giochi, la Appendino s’è rimboccata le maniche e ha battuto 40 città concorrenti (pure Londra e Tokyo) aggiudicando a Torino un evento sportivo molto meno costoso per lo Stato (78 milioni contro il mezzo miliardo, se basta, dei Giochi invernali) e più vantaggioso: le finali Atp di tennis, che portano alla città ospitante centinaia di migliaia di turisti e centinaia di milioni di introiti. E non durano 15 giorni, ma 5 anni. Però nessuno lo dice. C’è poco da rubare.

martedì 25 giugno 2019

Evasione fiscale, Ubs paga al Fisco 111 milioni. Scoperto manuale anti-Gdf. - Angelo Mincuzzi

Ubs, la banca svizzera verserà all’Italia 111,5 milioni di euro: “Evasione fiscale”

Ubs, la principale banca svizzera, verserà all’agenzia delle Entrate 111,5 milioni di euro per chiudere un contenzioso fiscale con risvolti penali.

C'era anche un manuale segreto che illustrava ai gestori patrimoniali di Ubs le precauzioni da adottare quando, senza esserne autorizzati, venivano in Italia per incontrare i clienti che investivano il proprio denaro nel colosso bancario svizzero. Slide e istruzioni simili a quelle ritrovate nel 2014 dagli uomini della Guardia di Finanza nella sede milanese del Credit Suisse durante un'inchiesta che aveva portato alla scoperta di un'evasione fiscale da 14 miliardi di euro e che si era chiusa con il pagamento di oltre 100 milioni al Fisco italiano. Ora quel copione si ripete per Ubs, la principale banca svizzera, che verserà all'Agenzia delle Entrate 111,5 milioni di euro per chiudere un contenzioso fiscale con risvolti penali. L’accordo è stato firmato la scorsa settimana nella sede della direzione provinciale di Milano dell’Agenzia. Il fronte penale, con un probabile patteggiamento, non si è invece ancora concluso.
Grazie all'attività svolta proprio dall'Agenzia delle Entrate sono, infatti, 220 le banche estere sulle quali la procura di Milano ha acceso un riflettore e sta, da tempo, indagando con un pool di magistrati apposito guidato dal procuratore Francesco Greco. Si tratta di istituti finanziari non solo svizzeri ma anche domiciliati in altri paradisi fiscali come Lussemburgo, Liechtenstein, Principato di Monaco, Isole Vergini Britanniche, Bahamas, San Marino, Panama, Dubai e molti altri.
Per mesi sono stati passati al setaccio i movimenti e le telefonate che I gestori patrimoniali di Ubs e delle altre banche si sono scambiati tra loro e con I clienti. I colloqui telefonici con i relativi metadati (posizione, celle agganciate, durata, giorno e ora) sono stati monitorati e classificati da un pool di agenti della Guardia di Finanza e di Vigili urbani di Milano in servizio presso la polizia giudiziaria della procura di Milano. Una quantità di dati e di informazioni impressionante.
Poiché tutti i redditi di capitale percepiti da soggetti non residenti sono assoggettati alla ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, le banche estere sono tenute a trattenere l'imposta sulle commissioni percepite sui mutui o sulla gestione patrimoniale e a girarla al Fisco italiano. Ma questo, per anni, non è stato fatto. Ed è su questo che gli uomini dell'Agenzia delle Entrate hanno lavorato in collaborazione con la Procura di Milano sfruttando l'enorme mole di dati finanziari ricavati dalla voluntary disclosure.

Iva, abbassare le aliquote non frena l’evasione. Almeno in Romania. - Riccardo Saporiti


Torna Fiume di denaro, l’inchiesta di Angelo Mincuzzi e Roberto Galullo sui paradisi fiscali. In quest’occasione l’attenzione si concentra sulla Romania, da vent’anni terra di delocalizzazione per molte imprese italiane. Infodata accompagna l’uscita di questa nuova puntata con un focus sull’evasione dell’Iva in questo Paese.
Sul grafico sono rappresentate, come percentuali, l’Iva incassata (in verde) e quella evasa (in rosso). Il dato arriva da un rapporto della direzione generale per la Fiscalità e l’unione doganale della Commissione Europea. Come si può osservare dal grafico, in buona sostanza il fisco rumeno riesce ad incassare solo due euro su tre di quelli che gli sarebbero dovuti.
Il risultato migliore, con un’evasione “ferma” al 34,47%, è il 2015, che è anche l’anno migliore per l’economia rumena. Nel senso che la previsione di incasso dell’Iva era pari ad oltre 87 miliardi di Leu, la cifra più alta nel periodo preso in considerazione.
Da notare che nel 2016 il governo di Bucarest ha introdotto una riforma fiscale che ha abbassato l’aliquota ordinaria dal 24 al 20%, con l’aliquota reale che è scesa dal 17,2 al 13,5%. Una decisione che però non è servita a ridurre l’evasione fiscale, che anzi è aumentata di un punto e mezzo rispetto all’anno precedente. Il risultato più significativo è rappresentato da una riduzione delle entrate fiscali legate all’Iva, scesi da 57 a 49 milioni di Leu. Cifra identica a quella incassata dal fisco rumeno nel 2012, quando però l’evasione dell’imposta sul valore aggiunto aveva sfiorato il 39%. In Romania, dunque, l’abbassamento delle aliquote non è servito a porre un freno agli evasori fiscali.

domenica 23 giugno 2019

Braccianti, arrestato Infante (Pd) 19 marzo 2019 „Braccianti ridotti in schiavitù: arrestato Pasquale Infante di Eboli“.

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Braccianti, arrestato Infante (Pd) 19 marzo 2019
Il capogruppo del Pd al Comune, di professione commercialista, è stato condotto agli arresti domiciliari. Nei guai anche la sorella che lavora con lui come consulente.


Nell’inchiesta contro il caporalato, che vede indagate 40 persone (35 destinatari di misure cautelari di cui 27 arresti domiciliari e otto obblighi di dimora e contestuale presentazione alla polizia giudiziaria), condotta dalla Procura Antimafia di Salerno con il supporto dei carabinieri del comando provinciale, spunta anche il nome di un politico salernitano.

L'identikit.

Si tratta di Pasquale Infante, capogruppo del Partito Democratico al Comune di Eboli. Quest’ultimo – insieme al marocchino Hassan Amezghal – è considerato dagli inquirenti al vertice dell’organizzazione “specializzata” nel traffico umano di braccianti agricoli dall’Africa alla Piana del Sele. A Infante, di professione commercialista, vengono contestati i reati di associazione a delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù e favoreggiamento dell’immigrazione  clandestina oltre all’elusione delle norme in materia di braccianti agricoli e caporalato. Secondo gli inquirenti sarebbe stato affidato a lui il compito di mettere in ordine le carte riguardanti lo sfruttamento dei migranti. Nel mirino sarebbe finita anche la sorella, Maria Infante, che lavora nello stesso studio di consulenza. Il gip non ha accolto la richiesta del pm di restrizione in carcere modificandola in arresti domiciliari ritenendo che non ci fosse il pericolo di inquinamento probatorio. Ovviamente, Infante si difenderà dalle accuse attraverso il suo legale di fiducia.


http://www.salernotoday.it/cronaca/inchiesta-braccianti-arresto-pasquale-infante-eboli-19-marzo-2019.html

Terremoto, il senatore Michele Pazzaglini indagato. "Donazioni dirottate". - POLA pAGNANELLI

L’ex sindaco e attuale senatore della Lega Giuliano Pazzaglini

La procura: somme inviate a due società controllate dall’ex sindaco di Visso. Ma lui non ci sta: "Agito in buona fede con massima trasparenza".

Macerata, 22 giugno 2019 - Un'ipotesi di peculato, sei di abuso d’ufficio e una di truffa. Queste le accuse mosse all’ex sindaco e attuale senatore della Lega Giuliano Pazzaglini, in concorso con l’ex presidente della Croce Rossa di Visso Giovanni Casoni. Per la procura, Pazzaglini avrebbe dirottato circa 120mila euro di donazioni su due società, costituite ad hoc per intercettare la generosità arrivata da tutta Italia verso i terremotati. Il procuratore capo Giovanni Giorgio ha chiesto alla Finanza di riesaminare le donazioni, e nei giorni scorsi ha inviato l’avviso di conclusione delle indagini.

Una contestazione, relativa all’accusa di peculato, riguarda una raccolta di denaro a favore dei commercianti del Comune fatta dal maceratese Vincenzo Cittadini con Moto Nardi, e dai motoclub Amici di strada di Civitanova e New Riders; 10.300 euro vennero consegnati al sindaco, che però non avrebbe versato quei soldi sul conto del Comune. Dopo le indagini, quella somma è stata messa sotto sequestro dal tribunale.

I casi di abuso d’ufficio riguardano invece altre donazioni, che Pazzaglini avrebbe dirottato su due società: la Sibil Projetc, di cui era socio, e la Sibil Iniziative, amministrata da Giovanni Casoni. A chi contattava il Comune per devolvere qualcosa, il sindaco avrebbe detto che se i soldi fossero finiti nel bilancio comunale sarebbe stato complicato utilizzarli per i terremotati. Era più semplice, avrebbe detto, girarli alle due società che si occupavano di iniziative in favore di chi aveva perso tutto. In realtà per la procura l’intenzione di Pazzaglini sarebbe stata quella di avvantaggiare le società.

Nella maggior parte dei casi si tratta di somme modeste. Una eccezione è la donazione della Emilbanca, a luglio del 2017: 91mila euro. Pazzaglini avrebbe chiesto alla banca di versare i soldi alla Pro loco. Poi all’inizio di settembre avrebbe convocato il direttivo della Pro loco per riaprire la collaborazione. In un secondo incontro avrebbe parlato della donazione in arrivo, specificando che parte dei soldi dovevano servire per le casette temporanee per i commercianti, un’altra parte per digitalizzare l’archivio storico, seimila per la Pedalata della Sibilla, e almeno 12mila però dovevano andare alla Sibil Iniziative come rimborso per l’organizzazione delle varie manifestazioni. L’ipotesi di truffa infine riguarda il fatto che un assegno, da duemila euro, sarebbe stato incassato in banca dalla compagna di Casoni.

La versione di Giuliano Pazzaglini.
«Eravamo rimasti in quattro gatti a Visso dopo il sisma, e in quattro gatti siamo riusciti a far ripartire il Comune. A questo punto, ha avuto ragione chi non ha fatto nulla e si è limitato a lamentarsi». C’è amarezza nella voce del senatore leghista Giuliano Pazzaglini, ma anche la fermezza di chi è sicuro di poter dimostrare «di aver agito in buona fede e nell’interesse della collettività». «La costituzione delle società era una cosa nota, fin da subito sono stato trasparente nel dire che in quella fase di necessità avrei contribuito in quel modo, l’ho detto in consiglio comunale. La nostra contabilità non ha utili, perché abbiamo solo fatto in modo che le donazioni fossero impegnate fino all’ultimo euro per lo scopo per cui erano state donate. Oltretutto, ho un parere del consigliere giuridico del commissario speciale alla ricostruzione che mi dà ragione: lo avevamo consultato per un’altra fattispecie, che però si attaglia benissimo anche a questa. Per il Comune e per i commercianti era stato escluso che ci fossero due ipotesi di delocalizzazione, e la nostra unica ipotesi era l’area del Parco Hotel da demolire, la nuova piazza. Allora ho pensato di scendere in campo come soggetto terzo, per dare modo ai commercianti di lavorare fino a quando non fosse stata pronta la nuova piazza».

Il senatore assicura di aver sempre avuto la massima trasparenza, «ma anziché motivo di linearità e correttezza è sembrato che volessi perseguire chissà quale intento. Se avessi voluto fare imbrogli non avrei usato la mia società, è evidente. La Sibil Iniziative tra l’altro ha quattro soci, io ho partecipato alla realizzazione della Pedalata per la Sibilla che ha consentito al Comune di avere un finanziamento da un milione di mezzo, gestendo tre operazioni per diecimila euro, tutte rendicontate. Dai bilanci risulta che le società a cui ho partecipato non hanno avuto un euro».

«Vivevamo nella situazione più disperata – ricorda l’ex sindaco –, l’80 per cento della popolazione era evacuata. Ho rinunciato all’aumento dell’indennità, mi hanno accusato per i rimborsi delle spese che avevo muovendomi con la mia auto ed è venuto fuori che avevo preso meno di quello che mi spettava. Non so cosa mi si contesti». Ieri Pazzaglini ha incontrato l’avvocato Giuseppe Villa, che lo difende con l’avvocato Giancarlo Giulianelli: «Abbiamo visto una parte degli atti, e preso atto che si tratta di un enorme malinteso, oppure ci sono aspetti da approfondire. Lunedì decideremo se presentare una memoria o chiedere di essere sentito per dare la mia versione».


https://www.ilrestodelcarlino.it/macerata/cronaca/michele-pazzaglini-indagato-1.4658346