C’è un solo mestiere più ambìto del ct della Nazionale e del virologo: il premier. Fior di editorialisti, comodamente assisi sulle rispettive poltrone, insegnano ogni giorno a Conte cosa si deve, anzi non si deve fare ai tempi del Coronavirus. Cosa farebbero al suo posto non lo dicono, ci mancherebbe: mica spetta a loro. Ma non dubitano che il premier dovesse fare e dire l’esatto opposto. “Un governo che non governa non serve a niente” (Andrea Malaguti, Stampa). “Aiuto! Salvateci! Si salvi chi può!”, “Si poteva, si doveva fare qualcosa di diverso? Certo” (Marcello Sorgi, Stampa). “Nel passaggio dalla pochette al maglione, Conte non ci ha guadagnato nulla” (Massimo Giannini, Repubblica). “Conte: la lotta è tra il Morbo e Io e a vincere sarà il sottoscritto” (Mario Ajello, Messaggero). “Il premier ha sfoggiato una varietà di ‘mascherine’… confermando l’attitudine da Zelig” (Massimiliano Panarari, Stampa), “Un governo arrivato al capolinea” (Giovanni Orsina, Stampa), “Precauzioni eccessive per non prendersi la responsabilità” (Luciano Fontana, Corriere), “Il governo ha letteralmente chiuso la vita pubblica ed economica del Centro-Nord” (Maurizio Molinari, Stampa).
L’Editorialista Unico rende ingiuste le accuse di allarmismo peloso e catastrofismo strumentale a Salvini e ai giornali di destra. Non perché Conte sia infallibile o incriticabile, anzi. Noi, per dire, lo sollecitiamo da giorni (in beata solitudine) a rispondere sulle gravissime questioni che rendono indecente l’intenzione di confermare Claudio Descalzi all’Eni. E anche sulla gestione del virus le critiche sarebbero benvenute. Ma a patto che si indicasse un solo atto o una sola frase di Conte che abbia agevolato il contagio o il panico. Invece nessun critico entra nel merito. Era sbagliato blindare la zona rossa con l’esercito per evitare che qualche svitato (com’è accaduto) fuggisse per infettare un po’ di gente in giro? Limitare le occasioni di affollamento per ridurre le possibilità di contagio? Autorizzare il telelavoro e lo smart working? Usare il pugno di ferro coi governatori regionali in fregola di originalità? Andare in tv, anche nei programmi più pop, a spiegare ai cittadini cosa fare e cosa sta facendo il governo con parole e toni tutt’altro che allarmistici ed esagitati, mentre i Due Cazzari seminavano panico e sfiducia? Boh. Molto meglio dire “Virus, governo ladro” e tenersi sul vago, a parte le giaculatorie contro il “populismo virale” (che stavolta non c’entra una mazza) e i soffietti sulla “saggezza quirinalizia” (Panarari, Stampa).
Così non si deve spiegare come mai l’Organizzazione mondiale della sanità si complimenti con Conte&C. per bocca del direttore europeo Hans Kluge: “Le autorità italiane stanno attuando misure in linea con la strategia di contenimento a livello globale. Per farlo, hanno dovuto prendere decisioni risolute ma corrette”. Idem il commissario Ue alla Salute, Stella Kyriakides: “Grazie al governo italiano per le misure messe in campo, molto veloci, per ridurre la minaccia del virus”. Elogi ignorati anche dai tromboni che hanno sempre l’Onu e la Ue sulla punta della lingua. Gli stessi che fino all’altro giorno la menavano con la “barbarie” e l’“ergastolo processuale” della blocca-prescrizione e ora oscurano le lodi della Commissione europea alla “benvenuta riforma Bonafede”, alla Spazzacorrotti e alle misure anti-evasione del governo Conte.
Col senno di poi, Fontana (quello del Corriere, senza mascherina), ripete il mantra che non bisognava “bloccare i voli diretti dalla Cina senza controlli ferrei di quelli che utilizzavano scali intermedi”: ma non spiega che danno avrebbe fatto il blocco dei voli diretti (al massimo è stata una precauzione inutile, ma si può dirlo solo oggi e non quando fu adottata e si ignorava che il virus fosse già arrivato in Italia), né come si possa scovare chiunque sia tornato dalla Cina con scali intermedi (mission impossible per tutto il mondo, infatti nessuno ci ha neppure provato). Sorgi invece avrebbe “bloccato anche i voli indiretti” (come se Conte avesse giurisdizione su aeroporti e compagnie di tutto il resto del mondo). Fontana, all’unisono con l’omonimo in maschera, deplora l’“uscita improvvida del premier sulla sanità lombarda”, protetta come il Papa dal dogma dell’infallibilità malgrado le falle scoperte nel sistema sanitario by Formigoni&C. e pure nell’ospedale di Codogno (dal Paziente 1 ai posti letto mancanti, agli infermieri rispediti al lavoro prima di sapere se sono infetti). Giannini, in perfetta sintonia con Sallusti, accusa Conte di non aver “saputo esercitare la sua ‘auctoritas’ con le Regioni” (e che doveva fare, oltre a trascinarle alla Consulta: bombardarle col napalm?). E di aver “dato fuoco alle polveri” dell’allarmismo in tv col suo tipico linguaggio incendiario. Intanto i pompieri di Repubblica spegnevano il fuoco con titoli sobrii sugli “untori”, “Paralisi da virus”, “Mezza Italia in quarantena” e “Italia? No grazie”. Per evitare lo stridio di tante unghie sui vetri, sarebbe molto meglio dirla tutta, e cioè che Conte non piace all’Editorialista Unico perché non fa marchette né insider trading agli editori (come qualche predecessore) e non proviene dai circoletti politico-affaristici che hanno prodotto tanti premier intoccabili del recente passato. Fortuna che Giovanni Orsina svela serafico il movente dei signorini grandi firme: il sogno, anzi l’incubo, di un’“ampia convergenza emergenziale”, cioè un inciucione che apra “una finestra di opportunità per Renzi” e naturalmente per Salvini, affinché siano loro, dopo le elezioni anticipate, a eleggere “il nuovo capo dello Stato”. Ve li meritate, i Due Cazzari. Il guaio è che poi ce li ciucciamo noi.
Il Fatto Quotidiano 29 febbraio 2020