martedì 7 aprile 2020

Restituiamo le braccia all’agricoltura: la terra ci salverà. - Pietrangelo Buttafuoco



Se nasce un bimbo o se muore un padre nulla e niente si ferma in campagna. La frutta, infatti, deve comunque essere colta, le capre – o le mucche – devono essere munte. E le pecore devono trovare un sempre nuovo andirivieni.

Gli animali non possono essere messi tra parentesi, non vanno in ferie e non conoscono Lockdown alcuno. Nel giorno della fine non serve a niente l’inglese: Coronavirus o meno, il latte reclama il bricco – altrimenti la bestia che lo produce va a morire – e così marcisce la frutta non colta o, ancora peggio, rinsecchisce tra i rami.

E davvero era un segno di dannazione, giusto a febbraio, quell’albero prossimo a gemmare ma carico di mandorle scheletrite: vecchie di un anno, ancora abbracciate alle loro scorze e però bucate dai tarli.

Un presagio di peste, quel grumo di mandorle morte impiccate tra le gemme vive: nessuno si era curato di fare la battitura in quel campo – questo era successo – e quel po’ di Ben di Dio si capovolgeva nella promessa di sventura.

Piantare alberi lungo il cammino è da sempre un viatico di salute – anzi, è un saluto – affinché non ci sia mai penuria; i rami che si allungano oltre i perimetri della proprietà non si potano mai, e mai vanno ripiegati all’interno, apposta per nutrire chi passa o chi si ferma per fare la foto al paesaggio: gli Erei, le Madonie e i Nebrodi che s’inghirlandano di ginestre, papaveri e margheritine per accostarsi a Etna, sempre imponente di malia.

È la terra di Cerere, madre di Proserpina, quella. La ragazza va e viene dalla bella stagione – e viceversa – alla vallata per vivificare sugli arbusti la linfa di cui si nutre il bisogno della gente. Le spighe sono prossime a maturare e quel mandorlo, oggi – sulla Strada statale 121 – ha già mutato i propri fiori nelle ghiotte e morbide drupe verdi.

È il morto che insegna a piangere e il presagio, dunque, è già decifrato: i frutti vivi sullo stesso ramo di quelli stecchiti significano empietà.

Ma nulla e niente si ferma. In quel punto c’è stata pioggia il 13 dicembre scorso per poi tornare il 25 marzo scorso, troppo poco per fare contento il massaro. Ma quel che si trova, si prende, sempre così ci si regola con le annate. E fare presto – adesso – significa come sempre, e però più di ogni altra volta, mettere mano alla zappa, governare i pascoli, dare dimora al fieno, vento alle spighe e la falce al grano.

Non si inverte la regola della ruota. Manco il tempo di chiudere la quarantena e si fa maggio, quindi giugno, ovvero la mietitura. Pare di vederle le ragazze, e i ragazzi con loro – tutti gli studenti che non hanno potuto finire scuola – precipitarsi alla volta dei poderi, in soccorso alle trebbiatrici, e così prendere la maturità al liceo della terra.

Per davvero, la vita dei campi, è tutta un’altra cosa. Può anche essere villeggiatura, la campagna; può perfino diventare una mistica dell’umanesimo ma come la talpa scava per se stessa, tra le zolle intrise del sudore della fronte, mai e poi mai potrà farlo per la storia.

Pare di vederli, tutti loro. Braccia restituite, tutte, all’agricoltura. La mobilitazione della gioventù, da subito, non può che essere contadina.

La terra, infatti, è la leva ultima e più inesorabile da cui l’umanità riscatta il proprio destino. L’applicazione immediata della tecnè è tutta di episteme agreste. Un diploma di perito agrario, già da subito, serve più di qualunque laurea in scienze della comunicazione. L’eterno andirivieni che resta, infatti, è quello di pane, paste e carne. È appunto ciò che rimane: il resto è scorie.

https://infosannio.wordpress.com/2020/04/06/restituiamo-le-braccia-allagricoltura-la-terra-ci-salvera/?fbclid=IwAR2ib-MzpK97F32DPlRutOoF1rVTr2ejV47Vxipk-AQ5hrP4Rcn6eBqG77k

Fisco, dalla prima casa al 730 tutte le proroghe e deroghe in arrivo. - Marco Mobili e Giovanni Parente


Deleghe online al Caf. Certificazioni uniche dei redditi fino al 30 aprile, Congelati fino al 31 dicembre i termini per non perdere il bonus prima casa. Versamenti sospesi per aprile e maggio.

Più tempo per la certificazione unica dei redditi: l’invio all’agenzia delle Entrate e la consegna a dipendenti e pensionati slitta al 30 aprile e senza sanzioni. Ma arriva anche l’assistenza fiscale a distanza con la delega online al Caf. Sospesi i versamenti di aprile e maggio per chi ha ricavi o compensi sotto i 50 milioni e ha subito un calo del 33% e per chi sta sopra i 50 milioni e ha subito un calo del 50 per cento. Rimessione nei termini per tutti i versamenti verso le pubbliche amministrazioni fino al 16 aprile. Congelati i termini per il bonus prima casa dal 23 febbraio al 31 dicembre 2020. Acconti d’imposta con il metodo previsionale senza sanzioni se se l’importo versato non è inferiore all’80% della somma che risulterebbe dovuta a titolo di acconto sulla base della dichiarazione relativa al periodo di imposta in corso. Sono tra i principali contenuti del pacchetto fiscale del decreto liquidità all’esame del Consiglio dei ministri di lunedì 6 aprile.

L’assistenza fiscale a distanza per il 730.
Dopo lo spostamento della scadenza al 30 settembre del termine ultimo di invio della dichiarazione deciso appena poche settimane fa, arriva l’assistenza fiscale a distanza. Nel decreto liquidità spunta, infatti, la possibilità di inviare la delega al Caf o al professionista abilitato con una copia dell’immagine accompagnata da una copia del documento di identità. Largo quindi a un documento stampato, firmato e poi scannerizzato. Ma chi non avesse stampante e scanner potrà ricorrere a metodi più innovativi, ad esempio con un video o un messaggio di posta elettronica accompagnato da una foto, anche attraverso il deposito nel cloud dell’intermediario.

Resta fermo l’obbligo di regolarizzazione, con consegna delle deleghe e della documentazione, una volta cessata l’attuale situazione emergenziale.

La certificazione unica per la dichiarazione dei redditi.
Tra le novità dell’ultima ora, arriva una vera e propria proroga per i sostituti d’imposta per la trasmissione della certificazione unica all’agenzia delle Entrate e la consegna a dipendenti e pensionati (i cosiddetti percipienti). Il termine per la certificazione unica 2020 viene infatti spostato al 30 aprile. Stessa scadenza entro la quale non saranno applicate sanzioni per chi effettuerà la trasmissione telematica.

Sospensione dei versamenti per aprile e maggio.
La sospensione dei versamenti di ritenute, Iva, contributi e premi assicurativi per aprile e maggio viene ancorata al parametro dei ricavi o compensi e al calo. In particolare, per imprese, autonomi e professionisti sotto i 50 milioni di euro di ricavi o compensi la sospensione scatterà se il calo è stato del 33% per marzo e aprile rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Per quelli sopra i 50 milioni la sospensione invece sarà condizionata a una riduzione del 50% sempre negli stessi mesi e sempre nel confronto rispetto all’anno scorso. I versamenti sospesi dovranno essere effettuati in un’unica soluzione nel mese di giugno 2020 o in 5 rate mensili di pari importo a decorrere dallo stesso mese.

Rimessione nei termini fino al 16 aprile.
Allo stesso tempo viene lanciata una ciambella di salvataggio a chi doveva effettuare qualsiasi tipo di versamento nei confronti delle pubbliche amministrazioni dopo la mini-moratoria generalizzata disposta dal 16 marzo al 20 marzo. Saranno così considerati tempestivi se recuperati entro il 16 aprile.

Bonus prima casa.
Arrivano termini più soft per non perdere il bonus prima casa da cui si decade se non si sposta la residenza entro 18 mesi o se non si riacquista entro un anno in caso di vendita prima dei 5 anni dal primo acquisto. I termini saranno congelati dal 23 febbraio 2020 al 31 dicembre 2020 e torneranno a decorrere allo scadere del periodo di sospensione.

https://www.ilsole24ore.com/art/fisco-prima-casa-730-tutte-proroghe-e-deroghe-arrivo-ADd4QTI

Pio Albergo Trivulzio, 30 morti da inizio aprile. Bare anche in chiesa. E arriva l'ispezione del governo. - Ilaria Carra

Pio Albergo Trivulzio, 30 morti da inizio aprile. Bare anche in chiesa. E arriva l'ispezione del governo

Nella casa di cura milanese solo a marzo, in piena emergenza coronavirus, sono deceduti 70 anziani. E ne continuano a morire.

MILANO - Il governo invia una squadra di ispettori al Pio Albergo Trivulzio. Il ministro della Salute Roberto Speranza e il suo vice Pierpaolo Sileri hanno deciso di approfondire la situazione di emergenza nel polo geriatrico più importante del Paese, sulla cui condotta la procura di Milano ha già aperto un'inchiesta con l'ipotesi di diffusione colposa di epidemie e omicidio colposo. Il sospetto sul quale anche Roma, ora, vuole vederci chiaro riguarda l'ipotesi che alla "Baggina", come da sempre i milanesi chiamano la storica struttura cui tutta la città è affezionata, siano stati nascosti casi di Covid-19 mettendo a rischio ospiti e operatori.

Nella struttura, compresa sia la Rsa sia la riabilitazione, sono morti solo a marzo, in piena emergenza coronavirus, 70 anziani. Ma gli ospiti qui continuano a morire: solo nella prima settimana di aprile se ne sono aggiunti altri 30, 26 nella casa di riposo e 4 temporaneamente nella struttura riabilitativa. Dove però i ricoveri sono stati bloccati a metà marzo, per via del rischio contagio, quindi i pazienti presenti sono "solo" 242 rispetto ai 350 di capienza normale.

Se si considera solo l'ospizio, dunque, dall'inizio dell'anno a ieri in tutto il complesso (via Trivulzio, Merate e Principessa Jolanda) sono mancati 147 ospiti, 44 in più rispetto ai 103 del 2019. L'obitorio del Pat è una stanza di sofferenza piena di lenzuoli bianchi arrotolati, sdraiati uno accanto all'altro. Altre sale sono state adibite a ricovero provvisorio di bare. Ognuna con un foglio di carta sopra, un nome, una storia. Nessuno, qui, ha fatto il tampone: che siano vittime del virus è, però, per la maggioranza quasi una certezza.

Il direttore generale del Pat, Giuseppe Calicchio, in una mail ha chiesto "con estrema urgenza" alla sua prima linea di avere un "dettaglio puntuale" sul numero di salme "ancora da porre in cassa" e "per ciascuna data di decesso". Nella stessa comunicazione, il dg ha stabilito che sia la dottoressa Vasaturo "a occuparsi della camera mortuaria", sostituendo il signor Riganti che d'ora in poi dovrà riferire a lei. E il bilancio dei morti, purtroppo, rischia di essere ancora più ampio: i numeri non tengono conto degli anziani che in queste settimane sono stati mandati a casa o ricoverati, e che solo in un secondo momento sono stati trovati positivi e, in molti casi, deceduti.

"Le ispezioni stanno partendo - dice Sileri - gli inviati del ministero chiederanno informazioni dettagliate e verificheranno tutti gli atti, avvalendosi anche dell'aiuto dei Nas". Come per altre Rsa, si dovrà dunque accertare se alla Baggina, come sostengono fonti sindacali, "gli ospiti morivano e si diceva che erano solo bronchiti", se davvero "si è voluta tenere sotto silenzio la grave situazione delle strutture". E se - come dice il professor Luigi Bergamaschini, al Pat vietavano le mascherine e quando lui le autorizza viene esonerato".

Oggi il Pat accoglie 1.012 fra ospiti e pazienti e conta, di solito, su 1.600 persone tra medici, infermieri, assistenti sociali nelle tre residenze per anziani e nei due centri d'assistenza. A marzo, però, sono stati 250 i lavoratori non operativi sul campo, alcuni in telelavoro, la maggior parte in malattia. Contagiati con ogni probabilità sul posto di lavoro e con sintomi da Covid-19 anche - un tema sul quale anche la stessa procura milanese sta indagando - per via delle (presunte) tardive disposizioni all'uso dei dispositivi di protezione.

La ministra delle Politiche agricole, Teresa Bellanova, definisce le morti al Pio Albergo Trivulzio "una stretta al cuore". E aggiunge: "Nelle case di riposo c'è la memoria di questo Paese. E dopo questa stretta al cuore avvertiamo il bisogno di chiarezza: serve una commissione d'inchiesta, come ha chiesto Renzi". Il suo collega agli Affari regionali, Francesco Boccia, chiede invece "alle Regioni di comunicare tempestivamente alla Protezione civile, attraverso il monitoraggio delle Ats, quali siano le Rsa in condizioni di maggior criticità". Anche Leu, con Nicola Fratoianni, in un'interrogazione chiede "tutte le necessarie attività ispettive per fare chiarezza e individuare eventuali responsabilità sui decessi".


https://www.repubblica.it/cronaca/2020/04/06/news/lo_scandalo_al_pio_albergo_trivulzio-253332595/?ref=fbpr&fbclid=IwAR2O6uBzBHdIHLnVOCJF_rH-eHhxDDn1smp_fhlPpPYGb5WbW6uuWV9N2So

lunedì 6 aprile 2020

Mascherine ordinate a ditte chiuse, ospedali senza medici e colpe a Conte: Fontana, o dell’apogeo del fallimento leghista. - Daniele Santi



Il Governatore Attilio Fontana si è lanciato lancia in resta alla carica di Conte in una sorta di redde rationem che dovrebbe indicare nel governo centrale del primo ministro Conte, nel calcolo del governatore leghista e del suo segretario in crisi teocratica – non misticateocratica – il responsabile assoluto di tutti i grossolani errori della giunta leghista che regge la Lombardia e che, finché tutto andava bene, tutto andava bene, sta rivelando tutte le sue incapacità.
Andiamo con ordine.
Le famose mascherine che da ieri sono obbligatorie in tutta la Lombardia, su ordinanza dell’indimenticabile Governatore, arrivano nella regione con enorme ritardo, sicuramente per incapacità di comunicazione tra leghisti – un must  – e governo, ma soprattutto perché il primo ordine venne fatto, per le famose questioni dei ribassi dei prezzi, ad una ditta che aveva cessato l’attività, ma era ancora nell’elenco dei fornitori della formidabile giunta del Pirellone oggi Fontana e già Formigoni.
Della cessata attività della ditta di cui sopra nessuno sapeva nulla in Regione, nemmeno il favoloso assessore Gallera che parla come se fosse un semidio, che anche alla deità c’è un limite. Soprattutto se sei squisitamente umano e nemmeno dei più perfetti.
Poi scoppiò il casus belli del Governo che non rifornì di mascherine la regione Lombardia, o meglio delle mascherine ordinate dalla regione Lombardia, arrivate come da ordine evaso, requisite [sic] dal governo per darle alla Protezione Civile che le ha distribuite a suo piacimento; è una appena avvertibile insinuazione leghista che dice e non dice “a chi cazzo volevano loro”.
Come sarebbero andate realmente le cose lo dice il consigliere regionale M5S della Lombardia Massimo De Rosa“Altro che briciole da Roma. Lo Stato paga, la Regione decide acquisti e distribuzione. I dati richiamano Fontana e Gallera alle loro responsabilità”.
Insomma il Pirellone si sarebbe mosso con grave ritardo, nonostante da Roma fosse partiti tutta la macchina dell’allarme, anche dalla protezione civile – che si sarebbe presa [sic] le mascherine, quelle ordinate dalla giunta Fontana ad una ditta che non esisteva più – e il 4 febbraio 2020 dalla Federazione dei Medici di Medicina Generale: avvertimenti indirizzati all’attenzione del Governatore Fontana della roboante dichiarazione all’ADN Kronos del 27 febbraio.
Spiega ancora il consigliere del M5S in Regione Lombardia De Rosa, citato da  Lanotiziagiornale.it“È calcolato che il fabbisogno regionale si attesti attorno ai 9 milioni di mascherine al mese. La Protezione Civile è arrivata in soccorso dell’inefficienza lombarda inviando circa 7,3 milioni di mascherine (quasi 5 milioni chirurgiche e 2,3 milioni Ffp2): l’80%”.  Nonostante ciò “La distribuzione dei DPI resta difficoltosa e le mascherine non arrivano dove dovrebbero arrivare”De Rosa cita come esempio le residenze per anziani, ambienti ad altissimo rischio, dove il numero degli ospiti deceduti cresce quotidianamente a dismisura e gli appelli dei medici restano inesauditi.
Ma al Pirellone vanno alla guerra con Giuseppe Conte mentre Salvini invece di fare il politico che dice di essere (ai gonzi che gli credono), parla di madonne, messe, chiese aperte per le festività pasquali per affidarsi ai numi, invece di mettere in campo azioni concrete che salvino più gente possibile.
Poi c’è la splendida cattedrale nel deserto, dicasi ospedale in Fiera, da 21 milioni di euro, in donazioni, da 600 posti, poi 500, poi 350 e quindi 24 posti reali – senza personale sanitario per farla funzionare, almeno fino a ieri – che suggella l’ennesimo capolavoro leghista nella Sanità lombarda fatta di privatizzazioni, inefficienze e di colpe al governo centrale – quando le competenze sulla Sanità sono regionali.
Se a Fontana non è chiaro si informi dal suo collega dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini che invece di andare in televisione a farsi bello, e lui potrebbe, sta in Regione a lavorare, fa poche chiacchiere e i posti letto aumentano. Anche in terapia intensiva.
E’ la differenza tra chi lavora, pur magari vedendo ciò che non va al governo centrale, ma occupandosi delle urgenze, in questo caso di salvare vite, e chi quaquaraquà dando la colpa al governo, onnipresente in televisione, dicendo tutto e il contrario di tutto, parlando di sé come si parlerebbe di un semidio – inutile citare ancora Formigoni e la sua pessima fine carriera – e poi la colpa è di Giuseppe Conte.

Matteo Salvini e la Lega sconfitti dall'Espresso. Il giudice: «Sui 49 milioni tutte notizie vere». - Paolo Biondani



Il leader del Carroccio sbugiardato dal tribunale: respinte tutte le querele per diffamazione. La sentenza assolve i cronisti ed elogia il «giornalismo d’inchiesta»: sulla maxi-truffa dei rimborsi elettorali, pubblicati solo «fatti documentati» (24 gennaio 2020)

Matteo Salvini è stato sconfitto dall'Espresso e sbugiardato dai giudici sullo scandalo dei 49 milioni confiscati alla Lega ma in gran parte spariti. Tutti i magistrati competenti hanno infatti dichiarato completamente infondate le querele per diffamazione proposte (e pubblicizzate) dal leader leghista, quando era ancora ministro dell'Interno, dal suo vice, Giancarlo Giorgetti, già sottosegretario alla presidenza del consiglio, e dal tesoriere del partito, l'onorevole Giulio Centemero. La sentenza dei giudici spiega che il lavoro dei giornalisti dell'Espresso rappresenta «indiscutibilmente» un esempio di «giornalismo d'inchiesta», che secondo la Cassazione va considerato «l'espressione più alta e nobile dell'attività d'informazione».

Le motivazioni del verdetto, depositate oggi, precisano che «con il giornalismo d'inchiesta l'acquisizione delle notizie avviene autonomamente, direttamente e attivamente da parte dei professionisti e non mediata da fonti esterne mediante la ricezione passiva di informazioni». I giornalisti dell'Espresso vanno quindi assolti con formula piena perché hanno pubblicato solo informazioni «verificate» e «documentate», di «indubbio interesse pubblico» ed esposte «con correttezza», con tutti i crismi del diritto-dovere di cronaca.





Per i vertici della Lega, la sconfitta giudiziaria è totale. Salvini, Giorgetti e Centemero avevano presentato una serie collegata di querele contro cinque articoli sullo scandalo dei 49 milioni, pubblicati dall'Espresso tra giugno e luglio 2018, firmati da Giovanni Tizian, Stefano Vergine, Paolo Biondani, Gloria Riva e Leo Sisti, chiamando in causa anche il direttore Marco Damilano. Il procedimento penale, per competenza territoriale, è stato esaminato dai giudici del tribunale di Velletri.

Nel giugno scorso i magistrati della Procura, chiamati a rappresentare l'accusa, hanno invece chiesto l'archiviazione, giudicando infondate tutte le ipotesi di pretesa diffamazione, dopo aver esaminato i documenti presentati dai giornalisti, illustrati nelle memorie difensive degli avvocati dell'Espresso, Paolo Mazzà e Clara Gabrielli. Il leader della Lega e i suoi fedelissimi, a quel punto, hanno rilanciato le loro accuse con una formale opposizione all'archiviazione, chiedendo ai giudici del tribunale (ufficio gip), questa volta, di rovesciare il verdetto e incriminare i giornalisti. L'udienza decisiva si è tenuta il 7 gennaio scorso. E si è conclusa con una sentenza, depositata questa stamattina, di assoluzione piena dei giornalisti.

Nelle motivazioni, i magistrati riconoscono che tutti gli articoli dell'Espresso «sono il risultato dell'attività d'inchiesta portata avanti dai giornalisti, i quali, come attestato dalla copiosa documentazione depositata in allegato alla memoria difensiva, hanno ricercato le notizie, ripercorso gli eventi e tentato di ricostruire, nei limiti del possibile, la gestione delle finanze del partito politico Lega Nord. Argomento, quest'ultimo, che riveste un indubbio rilievo, stante l'interesse pubblico alla ricerca della verità conseguente agli scandali finanziari che hanno travolto il partito in questione».


https://m.espresso.repubblica.it/attualita/2020/01/24/news/l-espresso-vince-contro-matteo-salvini-e-la-lega-e-giornalismo-d-inchiesta-non-diffamazione-1.343453?fbclid=IwAR2q25VrDgqgPtCFDPslkjEf8efOhV2GV_YiDSk0fKm0b107HJifDpWsJP4

Apri-chiudi: abbattere Conte. - Stefano Rossi



BURIONI, da Fazio: “Preoccupatevi più del meteorite che del virus”, 
ZAIA: “Province del Veneto devono uscire dalla zona rossa. Noi continuiamo a dire che vogliamo che le nostre tre province escano questa idea di zona rossa, rispettiamo le regole però non vogliamo avere tre province dentro sulla base di quella classificazione”, 8 marzo. Ma appena il 10, ipotizza la chiusura totale. “Il tema di avere un isolamento fiduciario fatto bene potrebbe essere la soluzione”. Usa il condizionale, però ha capito. 
- FONTANA: “L’allargamento della zona rossa per il momento non viene preso in considerazione, non penso ci siano le condizioni. Cerchiamo di sdrammatizzare”, 24 febbraio. 
- GALLERA a La7: “Stiamo pensando di chiudere i trasporti pubblici e ridurre le attività produttive”, niente di meno  il 20 marzo! 
- SALA: “Milano a luci spente non piace a nessuno, che sia una città riaperta al più presto”, su la Repubblica, 27 febbraio. Il giorno prima chiedeva al ministro Franceschini di riaprire i musei. 
- ZINGARETTI: “Niente panico, isolare i focolai”. Questo slogan seguiva l’annuncio di un aperitivo a Porta Ticinese, Milano, per proseguire a Bollate per una cena. Era il 27 febbraio. Il 10 marzo, il Sole 24Ore scriveva: “Una girandola di dichiarazioni”. Ma c’è un politico che ha battuto tutti i record. 
- SALVINI. Il 21 febbraio invitava ad ascoltare medici e scienziati che, a suo dire, avvertivano del pericolo imminente dell’arrivo del virus sui barconi. Ma il 24 febbraio su Twitter “Non è il momento delle mezze misure: servono provvedimenti radicali”. “Un mese fa chiedevo di riaprire tutto? Ho sbagliato”, 27 marzo. Il 27 febbraio annunciava in diretta fb “L’Italia riparte. Alla faccia di chi se la prende con medici, infermieri, governatori e sindaci. Saranno ancora una volta i cittadini, famiglie e imprese a salvare questo splendido Paese. Niente blocchi, chiusure o zone rosse. Vorremmo  che riaprissero musei, negozi, discoteche e bar”. 29 febbraio, a Porta a Porta: “Il mondo deve sapere che venire in Italia è sicuro, perché siamo un Paese bello, sano e accogliente altro che lazzaretto d’Europa come qualcuno sta cercando di farci passare”. Per la partita Juve-Inter twitta: “Che senso ha? Porte aperte o porte chiuse, per me si doveva giocare e offrire agli italiani qualche ora di serenità e al mondo un’immagine di tranquillità”. Pazzesco constatare che a El Pais, dava lui un immagine completamente diversa dell’Italia! Il 10 marzo, già in piena emergenza mondiale ecco le sue mirabolanti parole: “Amici, esco preoccupato dall’incontro col governo. Abbiamo chiesto misure forti, drastiche, subito: chiudere tutto adesso per ripartire sani. Fermi tutti per giorni…mettiamo in sicurezza la salute di 60 milioni di italiani….prima che sia tardi”.
- Anche Confindustria ogni giorno critica e contesta le scelte del governo che non ha mai ricevuto applausi da questo ente.
- Su Rai Tre, GALLERA ferocissimo: “Ormai sta emergendo la totale incapacità del governo di gestire qualcosa che loro dovevano prevedere”.
Queste dichiarazioni, al di là del folklore, come quelle di Salvini e Zingaretti, celano un problema per gran parte della politica, dell’imprenditoria e della finanza di questo Paese. La persona che siede sulla poltrona di Palazzo Chigi. Trattasi di un outsider e, in certi ambienti, è il peggior difetto che si possa avere. Come  un peccato capitale. Quei politici, imprenditori, giornalisti che, spesso, siamo abituati a vedersi insultare sui social e in tv, in realtà, all’interno del palazzo del Senato e Camera, o in alcune case di Roma, Cortina, Capalbio, Conte non ci ha mai messo piede. Anzi. In questi giorni, sommerso dai problemi nazionali da risolvere, il presidente Conte ha spesso deciso senza dare troppo conto a certi ambienti abituati ad essere corteggiati, sia pure in modo puramente formale, ma interessati più all’immagine pubblica da salvare, come i sindacati, le varie associazioni degli industriali e le opposizioni. Sarebbe bastato un comunicato stampa, una foto, un piccolo gesto formale.
Ma Giuseppe Conte, se viene attaccato, risponde a modo suo. E questo è il secondo peccato capitale: sfidare il vero potere italiano. Lui. Che è stato tirato per i capelli dentro la politica grazie al M5S. E questo è il terzo peccato capitale. Troppo.
Ne vedremo e ne sentiremo di tutti i colori pur di defenestrare Conte. In confronto, le dichiarazioni di Salvini, ci sembreranno salmi responsoriali.

Non è andato tutto bene e qualcuno ne dovrà rispondere. - Giulio Cavalli



Ad inizio marzo la Regione Lombardia dava il via libera al ricovero di pazienti Covid nelle case di riposo. In cui ora la situazione è fuori controllo e gli anziani continuano a morire.

Gli anziani morivano e a noi, nonostante l’evidenza dei sintomi, dicevano che si trattava solo di bronchiti e polmoniti stagionali»: sono le parole del delegato Cgil, Pietro La Grassa, a proposito del Pio Albergo Trivulzio, oltre milletrecento anziani ricoverati, il polo geriatrico più importante d’Italia. «Il risultato è che ora al Trivulzio abbiamo sette reparti isolati completamente e due vuoti perché non accettiamo più nuovi pazienti. Nella struttura di Merate novanta sono sotto osservazione. Al Principessa Jolanda di via Sassi due reparti sono in isolamento». E poi «quando l’epidemia non si poteva più nascondere, ci è arrivato l’ordine di non trasferire più i pazienti nel pronto soccorso dove di solito ricevono le cure necessarie», prosegue La Grassa, «il che di fatto significa: lasciateli morire nei loro letti. Niente tamponi, ci mandano allo sbaraglio».
«Chiederci di ospitare pazienti con i sintomi del Covid 19 è stato come accendere un cerino in un pagliaio: quella delibera della giunta regionale l’abbiamo riletta due volte, non volevamo credere che dalla Regione Lombardia potesse arrivarci una richiesta così folle»: lo dice Luca Degani, il presidente di Uneba Lombardia, l’associazione di categoria che mette insieme circa 400 case di riposo lombarde.
C’è una delibera della giunta Lombarda, la numero XI/2906, dell’8 marzo 2020, che chiedeva alle Ats, le aziende territoriali della sanità, di individuare nelle case di riposo dedicate agli anziani strutture autonome per assistere pazienti Covid 19 a bassa intensità. «Come potevamo accettare malati ai quali non era stato fatto alcun tampone né prima né dopo? Senza dire che il nostro personale sarebbe stato comunque a rischio. Si sono infettati medici e sanitari in strutture molto più attrezzate della nostra. Non ci hanno dato i dispositivi di protezione ma volevano darci i malati… insomma», racconta Degani.
Insomma no, non è andato tutto bene e sarebbe ora di smetterla di credere che il giornalismo debba solo celebrare la retorica del state tutti a casa e del si è fatto tutto il possibile. Questi fatti sono avvenuti nella Lombardia che ogni giorno ci tiene a fare la voce grossa contro il governo. E indovinate un po’ chi aveva proposto lo scudo penale in difesa dei dirigenti sanitari lombardi? Sì, proprio la Lega, quello stesso partito che in Lombardia governa e nomina i dirigenti. Accadeva tutto mentre Salvini cercava di distogliere l’attenzione sostituendosi al papa e chiedendo l’apertura delle chiese a Pasqua. E intanto avveniva questa porcata.
No, non è andato tutto bene e qualcuno dovrà risponderne. Perché quando si poserà la polvere dell’emergenza sarebbe il caso che ognuno si assuma le proprie responsabilità. Ognuno.
Buon lunedì.